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Ma per un ingiurioso destino la pallottola

Nel documento : ili r![ f' li.. (pagine 110-118)

,

I

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ni

DUE

AMANTI

STORIA 82

caduta dalle mani di Lucrezia, corse sino presso al fuoco, dove dalcalore disciolta la neve eliquefatta la cera, scoprì la celata carta, la quale dalle vecchie matrone che colà si scaldavano e da^lenelaocheiviera presente

, fu tosto letta: perciò nuove que-rele, lequaliPacoroevitònonpiùcollescuse,

ma

colla fuga.

Questo maiavventurato amoreggiamento tornò a vantaggio diEurialo. Conciossiachc intanto che il marito i passi e le azioni di Pacoro spiava, aprivaliberoil

campo

alle in-sidie di Eurialo.

La

quale cosafa prova di quanto sia vero ilproverbio,nonessere age-voleimpresa ilcustodirequello,chedamolti è con ardore desiderato.

Aspettavano gli amanti che dopoleprime nozze presto si celebrassero le seconde.

Era

trala casa diLucrezia e quella del suo vi-cino un così angusto chiassuolo, che ap-poggiando i piedisull’uno e 1’altro

muro

,

])otevasi senza molta fatica alla finestra di Lucrezia salire.

Ma

questo far non si po-teva se non durante la notte.

Avvenne

che a Menelaofu necessario di andarein villa, e quivi albergare una sera; il perchè dagli amantiera aspettato quelgiorno non

meno

che so fosse uno dicarnovale. Ilgiorno tra-montato, Eurialo, mutate le vesti, infilò il viottolo nel quale era la stalla di

iUene-.

lao.In questa si mise Eurialo, ammaestrato da Sosia, e trailfienosi nascoso, tanto che l’ora aspettata venisse.

Dove

non stette

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DI

DUE

AMANTI 83 molto che

Dromo,

mozzo da stalla di

Me-nelao, volendo empirela rastrelliera, comin-ciò a torre del fieno da quella parte dove era Eurialo.

E

già volendonetorre dell’al-tro, avrebbe con laforcatrovato 1’amante

,

se non che Sosia, che di ciò sospettava

,

come

accorto,avvedendosidel pericolo, disse:

Dromo

sta saldo,dàquala forca, lascia farea

me,io provvederò cheallebestienonmanchi strame.

Tu

inquestomezzoattendi ^llacucina, edàopera chestasera noiabbiamo bene da cena, dappoi che noiabbiamoquestaventura che ’l padroneè restatoquesta serain villa.

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STOKIA 84

Ora

è tempo di godere

, la qual cosa con

più sicurtà e meglio sipuò farecon la pa-drona

; cheè tuttaliberale e gioconda, che col messere, il quale nonò altroche bizzar-ria

, dispetto e onta; ha sempre rogne, nè

si può vivere conluiun’orainpace.

Guarda

con qual empia maniera dà tormento ai no-stri ventri, e sempre pare tema di non si morire di fame, nè comporta che ci ro-diamoifrusti di bigio ed ammuffito pane.

Porta in tavolai rilievi del di innanzi.

Fa

saltare dall’una all’altra sera il salmone e ranguilla marinata, tiene serrati insino aiporri, acciò nongli tocchino.

Oh

tapino chi con tanta parsimonia cerca arricchire!

Imperocché qual può essere più stolta cosa che vivere

come

povero permorir ricco?

lila viva la padrona, che non paga di ci-barci concarnedi buonvitello e di tenero capi’etto

,ci fa compartire eziandio epolli e tordi,e copiagrande delmigliorvino.

Or

su,Dromo,va,attendi perchèsifacciagrassa cucina.

Lascia a

me

la cura, rispose

Dromo;

ben più m’è a grado di stropicciare a tavola che i cavalli. Oggi ho condotto il padrone in villa, che la versiera il porti via. Per tutto il tempo mai non fiatò, se non se giuntal’ora del vespero,o quandotni diede a ricondurre i civalli,dissemi, che alla pa-dronadovessidire, non esser egli per ritor-nare questasera. Ti lodo, o Sosia, che hai finalmente incominciato ad avere in uggia

pi6;lgeclby

DI

DUE

AMANTI 85

i costumi del padrone. Per

me

1’avrei già piantato e cercatone un altro

, se non mi allettasse la, padrona facendomi dare ogni mattina dibuone vivande.Questa notte non

si ha a chiuder occhio;

ma

dobbiamo bere ed annegare nelvino, fino a che il giorno non venga a trovarci. Allafè! noivogliamo adoperareinmodo,che quello spilorcionon possainun mesefartanta masserizia,quanta noi sciuperemo inuna cena.

UdivaEurialoquestiragionamentide’servi, e seco ne ridea, non dubitando tuttavia che de’suoi intervenisse lo stesso, e partito che fu

Dromo,

usci del fieno dicendo:

Oh

che beata notte avrò io, Sosia

,per tuaopera

,

chequi m’hai condotto.

Ben

accortamente hai adoperato, acciò io non fossiscoperto.

Meritamente ti sono obbligato:

ma

tu non mi troveraipunto ingratoverso di te.

Già era venuta Torà deputataquando Eu-rialo lietissimo, tuttoché già in duepericoli intoppato avesse,arrampicando il muro, en-trò per lafinestra nellacameradov’era Lu-crezia, la qualeFamanteaspettando,eadorna d’ogni vezzo alfocolare sedeva.

E

subitoche veduto ebbeEurialo, glicorse incontro elo strinse nellesue braccia. Fansi carezze, ab-bracciansi, baciansi, ea Venere corrono con tese vele,finche stanchidal navigare a Ci-terà,conCerereeconBaccosiricrearono.

Ma

0quanto fugaci sono ledelizie,oquanto lun-ghii fastidi e le sollecitudini!

Kon

appena Eurialo avevapassata un’oratraledolcezze.

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STORIA

cdecco Sosia,ilqualeannunziaessere giunto

il padrone, e laletiziadisgombra. Eurialo è sbigottito, e di fuggire si studia. Lucrezia, fattocelare le mense, vola incontroalmarito, e del ritornosiallegra.Marito mio,ella disse, tusii il ben tornato.Ioticredeva già diven-tato

uomo

divilla,tantotempotuvi restasti.

Guardati bene che io non abbia sentore di nulla. Perché a casa non ti rimani? Per-chè ti adoperi ad affliggermi colla tua as-senza? Ogni volta che tu da ine ti

di-DI

DUE

AMANTI 87 parti, io sonosempre inangustie, e di con-tinuo hotema che tuti senta infiammato di alcuno estraneo amore, siccome è il costume de'mariti di essere alle loro mogli infedeli, della qual sospizione, semivuoi rinfrancare, e’giova che tu non rimanga mai più fuori alla notte; avvengachè senza di tenon pos-sono i miei sonni essere invermi

modo

gio-condi. Ti prego, cena qui Intanto, e poi ci

porremo a letto.

Erano alloranella sala, dove di consueto pranzarsolevano,e inquellafaceva ognisforzo per trattenerviil marito, intantoche Eurialo potessepigliar tempo e seampare, perilche era necessario un qualche ritardo.

Ma

Miìne-lao che di già cenato aveva,s’affrettavaad entrare nella camera. Allora Lucrezia:

Oh

quanto poco mi vuoi tu bene! perchè non hai voluto cenare incasa tua? Oggiperchè tueri alla

campagna

uscito, non hogustato cosa alcuna, nèdi cibonè dibevanda. Ep-pure erano venuti alcuni del contado di Ko-salia,portando non so qual vino, chedissero esseregeneroso Trebbiano;

ma

io tanto era mesta, nonneho pureassaporatounagoccia.

Ora però che cisei, andiamo insieme, se ti

aggrada, nella cantina,evediamosequel vino è tanto squisito

,com’essi hanno affermato.

— E

così dicendo, con una

mano

lalucerna econl’altra il maritoprese, enellacanova

il condusse, e s’intrattenne ora questa, ora quella bottea spinare, e quando pensò che Eludalo esser potessein salvo, tornòcol

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STOUIA 88

rito nelPodioso talamo. Intanto Eurialo in quella

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