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Due ulteriori ipotesi: la revisione costituzionale

Capitolo II – Lo scioglimento nel dibattito in Assemblea costituente

2. Le idee elaborate nella Commissione ministeriale di studio (dicembre 1945-giugno 1946)

2.2. Due ulteriori ipotesi: la revisione costituzionale

Il discorso della convocazione anticipata delle elezioni era stato a sua volta affrontato anche al momento della discussione circa la facoltà di revisionare la Costituzione. Questa possibilità veniva presentata per la prima volta da Giannini, relatore sul tema della rigidità della Carta costituzionale il quale aveva ipotizzato tre soluzioni. Per quanto riguarda la prima, le Camere avrebbero proposto la revisione costituzionale, dopodiché si sarebbero sciolte per permettere ai cittadini, con il loro voto, di ‹‹scegliere i loro rappresentanti sulla base del programma relativo alla modificazione costituzionale proposta››. Trascurando la seconda, che non teneva in considerazione l'eventualità dissolutoria, si riporta l'ultima idea, secondo cui l'iniziativa di revisione costituzionale sarebbe provenuta dal corpo elettorale, a cui avrebbe seguito «o lo scioglimento delle Camere, o almeno l'obbligatorietà delle Camere a deliberare intorno alla proposta di revisione costituzionale»131.

Tutta la discussione che sarebbe seguita denota come il rinnovo delle Camere fosse considerato essenziale, nell’ottica che i loro componenti avrebbero dovuto ricevere un mandato espresso e specifico da parte dei cittadini sul punto della modifica della Costituzione. Addirittura, questa

130 Queste le parole di Giannini, perfettamente riassuntive: ‹‹lo scioglimento ad opera del Capo dello Stato presuppone

che questo abbia una funzione a sé, staccata. Se cioè il Capo dello Stato ha una funzione regolata dalla Costituzione è evidente che lo scioglimento può essere fatto da lui›› (cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p. 369).

131 Cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., pp. 97-98. Come variante alla prima idea, avevano depositato un testo scritto anche

misura si sarebbe mutata in una vera e propria sanzione nei confronti del Parlamento, qualora collegata alla semplice iniziativa proveniente da una frazione del corpo elettorale132.

Entrambe queste suggestioni andavano incontro ad alcune critiche. La previsione della fine anticipata della legislatura a seguito di deliberazione modificativa del testo costituzionale avrebbe spento qualsiasi iniziativa parlamentare, in quanto difficilmente l’Assemblea avrebbe avviato o concluso un procedimento conducente al suo scioglimento133. Peraltro, da parte di alcuni appariva

eccessivo pervenire ad una tale sanzione anche solo per revisioni di dettaglio, per cui sarebbe stato opportuno circoscrivere questa eventualità ai soli grandi interventi, di sistema134. Vi era anche chi,

accogliendo queste preoccupazioni, suggeriva di relegare questioni di revisione costituzionale verso la fine della legislatura, così da non interrompere bruscamente il lavoro delle Camere135. Si

aggiunga che con questo sistema si sarebbe sconfessato il principio, classico del costituzionalismo liberale, del divieto di mandato imperativo.

Obiezioni riceveva anche l’alternativa dello scioglimento conseguente a iniziativa popolare. Innanzitutto, si replicava che un sistema del genere sarebbe stato foriero di ‹‹una continua instabilità politico-sociale››136. Inoltre, paventando uno stretto controllo dei partiti sulle masse, si sarebbe

messo in mano a una forza politica consistente la decisione di ricorrere alle urne137; d’altronde, sul

legame tra partiti politici e cittadini, si poneva la questione dell’influenza che i primi avrebbero esercitato sui secondi e viceversa, in una discussione che contrapponeva emblematicamente le diverse visioni del ruolo dei partiti nel fare da collettori tra istituzioni e popolo sovrano138.

Durante il dibattito si era ventilata anche l’ipotesi che lo scioglimento colpisse una sola Camera, a seconda di quale di queste avesse avuto il merito dell’iniziativa modificatrice139, o a seconda di

quale di queste fosse legittimata per suffragio universale diretto140.

132 Terracini era stato convinto promotore di questa prospettiva: cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., pp. 99 ss e 131-132.

133 Era la stessa relazione di Giannini a porsi questo problema: cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p. 124. Orrei, cosciente di

questa implicazione, aveva fatto un tentativo per annacquare la meccanicità del sistema, sostituendo lo scioglimento automatico con l’iniziativa popolare, a cui far eventualmente seguire la dissoluzione (cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p.

127); l’eliminazione dell’automatismo – replicavano Rocco, Terracini e Zanobini – avrebbe però svuotato il significato della partecipazione popolare ai processi modificativi della Costituzionale (cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p.

134).

134 Era Boeri a manifestare questa preoccupazione: cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p. 121.

135 Cfr. le parole di Morelli, in G. D’ALESSIO, op. cit., p. 113; tra l’altro, si evinceva anche una personale propensione

verso una generale configurazione del potere dissolutorio quale prerogativa del Capo dello Stato.

136 Queste le parole di Severi, in G. D’ALESSIO, op. cit., p. 106.

137 A questa obiezione di Boeri – che parrebbe fuori luogo, o perlomeno, risulterebbe più appropriata in relazione alla

proposta Giannini, secondo cui l’automaticità avrebbe reso i partiti arbitri della legislatura per il tramite della revisione – Terracini replicava che di questo potere ne avrebbero al contrario beneficiato gli elettori; Boeri sottolineava, in risposta, con la necessità di prevedere una pausa di riflessione: per questo scambio di opinioni, cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., pp. 107-108.

138 Interessante lo scambio di battute fra Piccardi e Mortati, con il primo preoccupato ‹‹che un gruppo o un partito

abbia la possibilità di avere nelle mani le sorti del corpo elettorale››, ed il secondo convinto che ‹‹la maggioranza degli elettori è fuori dai partiti politici, sicchè l’orientamento dell’opinione pubblica non si può mai prevedere, [… in modo da] tendere all’attuazione di principi della democrazia diretta›› (cfr. G. D’ALESSIO, op. cit., p. 131).

139 Cfr. l’intervento di Zanobini, in G. D’ALESSIO, op. cit., p. 103. 140 Cfr. l’intervento di Terracini, in G. D’ALESSIO, op. cit., p. 104.

A seguire, si comincia a rafforzare fra i commissari l’opportunità di coinvolgere il corpo elettorale attraverso l’istituto del referendum. La sua combinazione con lo strumento dissolutorio però suscitava qualche perplessità: da una parte, si riteneva pericolosa, in quanto si sarebbero potute provocare agitazioni popolari ad hoc per revocare il Parlamento in carica141; dall’altra, si riteneva

inopportuno, poiché avrebbe significato convocare i cittadini alle urne per ben due volte ravvicinate142.