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Il divieto di scioglimento durante il “semestre bianco”

Capitolo II – Lo scioglimento nel dibattito in Assemblea costituente

4. I limit

4.2. Il divieto di scioglimento durante il “semestre bianco”

Un interesse ben più corposo è stato dimostrato nei confronti del divieto di sciogliere le Camere nel corso del cd. semestre bianco, da parte sia della dottrina che del mondo istituzionale e politico. La formula originaria dell’art. 88, secondo comma, Cost. disponeva che il Capo dello Stato ‹‹non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato››, ma essa è stata destinataria di una serie di modifiche, sia tentate che effettuate.

La prima tappa è stata nel 1963, con la presentazione pressoché contemporanea di tre iniziative di un certo rilievo: l’11 settembre il gruppo parlamentare del Pli depositava un disegno di legge costituzionale (con primo firmatario Bozzi) finalizzato alla soppressione di tale divieto, in collegamento all’introduzione dell’espresso divieto di immediata rieleggibilità per il Presidente della Repubblica che si trovasse in scadenza di incarico353; il 17 settembre era il Presidente Segni

350 Lo dimostra la vicenda dello scioglimento anticipato del 1979, a cui il Presidente Pertini ha dato corso nonostante il

parere contrario del Presidente del Senato Fanfani.

351 Per tutte queste considerazioni, cfr. F. MOHRHOFF, op. cit., pp. 16-17, G. FERRARA, op. cit., pp. 181-182.

352 In questo senso, P. COSTANZO, Lo scioglimento delle Assemblee parlamentari: studio sui presupposti e i limiti dello

scioglimento nell’ordinamento repubblicano italiano, cit., pp. 230-231, il quale tiene anche a sottolineare che non

sono tanto i fatti parlamentari ad essere portati alla conoscenza del Capo dello Stato, bensì le opinioni qualificate dei soggetti che se ne fanno portatori; contra, M. L. MAZZONI HONORATI, op. cit., p. 1326, la quale ritiene che l’opinione

contraria dei Presidenti delle Camere dovrebbe spingere il Capo dello Stato a procedere con estrema cautela e a considerare la maggiore responsabilità.

353 Questo l’articolato della proposta di legge costituzionale n. 397:

‹‹Art. 1. Al primo comma dell’art. 85 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le parole: ‹‹Cessato dalla carica per qualunque causa, egli non può essere immediatamente rieletto››.

stesso a sollecitare, attraverso un messaggio rivolto ai due rami del Parlamento, una riforma in tal senso degli artt. 85 e 88 Cost.; il 16 ottobre era il Governo Leone a dare seguito agli auspici quirinalizi mettendo in campo un suo disegno di legge costituzionale354. La seconda tappa cadeva il

15 ottobre 1975, giorno in cui il Presidente Leone replicava in termini analoghi al messaggio del suo predecessore Segni, invocando anch’egli un deciso intervento revisionista in questo senso. Infine, era stata la l. cost. 4 novembre 1991, n. 1 a riscrivere definitivamente il comma secondo dell’art. 88, introducendo, alla previsione originaria, un’eccezione: ‹‹salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura››.

Ma ora si proceda con ordine, a partire dalla formula del 1948 e dalla ratio ad essa sottesa, peraltro oggetto di letture non propriamente coincidenti. In primo luogo, è opinione diffusa, sulla base anche dei lavori preparatori emersi in Costituente attorno all’emendamento Laconi, l’interpretazione che motiva l’inserimento di un tale divieto con il timore che un Presidente della Repubblica in scadenza possa esercitare pesanti pressioni sui parlamentari, sostanzialmente il suo collegio elettorale, in modo da ottenere la rielezione all’ufficio quirinalizio: il semestre bianco servirebbe quindi ad impedire un rinnovamento delle Camere disposto dal Presidente per assicurarsi una maggioranza favorevole alla sua riconferma. Secondo questa logica, l’art. 88, comma secondo, deve essere letto in combinato disposto con l’art. 85, comma terzo, secondo cui, ‹‹se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi dalla loro cessazione, la elezione del Capo dello Stato ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati poteri del Presidente in carica››: in questo modo, come spiega chiaramente Mohrhoff, ‹‹sarebbe evidentemente inopportuno che il Presidente della Repubblica venisse eletto da Camere prossime allo scioglimento le quali, non rispecchiando esattamente, ormai, la volontà popolare metterebbero il neo eletto di fronte a Camere nuove ed eventualmente orientate in modo diverso da quelle precedenti››, facilmente incorrendo nel rischio che questo possa ‹‹essere espressione di realtà sociali già superate e conseguentemente trovarsi in conflitto con gli esponenti di quelle più recenti››355. I fautori della teoria presidenzialista,

che accentuano questa lettura per avvalorare il proprio orientamento, potrebbero altresì puntare sull’efficacia della sola minaccia di scioglimento: nel senso che, in quest’ottica, si assumerebbe che il Capo dello Stato in scadenza potrebbe paventare ai parlamentari lo scioglimento se questi stessi non lo rieleggessero.

Ma essa non convince fino in fondo. Innanzitutto, perché il Presidente della Repubblica, secondo il nostro sistema costituzionale, non avrebbe i mezzi legali per interferire nello sviluppo della

Art. 2. Il secondo comma dell’art. 88 della Costituzione è soppresso››.

354 Questo invece il testo del disegno di legge costituzionale n. 599:

‹‹Art. 1. Il primo comma dell’art. 85 della Costituzione è sostituito dal seguente: ‹‹Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni e non immediatamente rieleggibile››.

Art. 2. Il secondo comma dell’art. 88 della Costituzione è abrogato››.

relazione fiduciaria, e quindi provocare una crisi di Governo al solo fine di assecondare un interesse personalistico: tanto meno avrebbe la forza per “pilotare” il procedimento di elezione presidenziale, soggetto agli accordi che intercorrono tra i partiti politici presenti in Parlamento356. In secondo

luogo, come sottolineato da Reposo, questa visione esclude che il Presidente possa perseguire motivi diversi dalla propria rielezione, quali potrebbero essere situazioni favorevoli al di fuori del Parlamento, oppure indebite persuasioni del collegio elettorale nei confronti di un determinato successore, proposte dalle forze politiche che si vogliono favorire: tanti potrebbero essere i ‹‹riflessi negativi suscettibili di manifestarsi anche senza l’effettivo compimento di azioni scorrette da parte del Capo dello Stato, ma soltanto per la prossimità temporale dei due atti››357 (cioè interruzione

della legislatura e rinnovo del settennato).

Infine, se si assume, come è stato ampiamente fatto, che il potere di sciogliere anticipatamente le Camere è diviso fra vertice dello Stato e vertice dell’Esecutivo, allora sarebbe il Governo a far valere, all’interno del sinallagma di controllo reciprocamente esercitato, la garanzia da distorsioni o abusi della controparte. E all’eventuale obiezione che potrebbe essere posta portando l’esempio di un Gabinetto completamente asservito alla volontà presidenziale, due sarebbero le risposte che vi si potrebbe opporre: o questo sarebbe un Governo dalla natura prettamente presidenziale, e quindi al limite della legittimità; oppure il Ministero sarebbe autonomo, e quindi si assumerebbe la completa responsabilità per l’avvenuta controfirma, in primis quella politica innanzi al popolo che elegge, ma al limite anche di fronte alla Corte costituzionale che si trovasse a sindacare un conflitto di attribuzioni (se non anche un giudizio di accusa)358.

La seconda ratio individuata in dottrina per giustificare la previsione del divieto di sciogliere durante gli ultimi sei mesi del settennato presidenziale è quella che storicamente si riconduce a Mortati – il quale non la ritiene esclusiva ma integratrice della ragione precedentemente esposta –: l’Autore, sulla cui scia si sono inserite altre autorevoli voci (in particolare altri sostenitori della teoria dell’atto complesso), parla cioè di una ‹‹presunzione del depotenziamento della rappresentatività nel periodo più vicino alla scadenza del mandato››, durante la quale si suppone che il Presidente si ritrovi in una ‹‹minore idoneità […] a quelle difficili e complesse valutazioni di opportunità politica che la decisione sullo scioglimento comporta››359. Tale motivazione sembra più

convincente, poiché fa parte del patrimonio della democrazia la consapevolezza che la

356 Sul punto, cfr. A. REPOSO, Riflessioni in tema di “semestre bianco”, cit., pp. 408 ss., ma anche A. GALATELLO-

ADAMO, Osservazioni in margine al messaggio presidenziale sulla non rieleggibilità del Presidente della Repubblica, in Rass. dir. pubbl., 1964, p. 272.

357 A. GALATELLO-ADAMO, op. cit., pp. 415-416, il quale riprende ed estende l’intuizione rilevata da Sica: cfr. V. SICA,

Intervento, in AA. VV., Una revisione costituzionale: eleggibilità del Presidente della Repubblica e potere di scioglimento, in Rass. parl., n. 1-2/1964, p. 85.

358 Cfr. M. VOLPI, Lo scioglimento anticipato del Parlamento e la classificazione dei regimi contemporanei, cit., pp.

220-221.

legittimazione degli organi elettivi si affievolisca mano a mano che ci si allontani dal momento della loro investitura360: è per contro vero che, dato che il principio per cui potere e responsabilità

vanno di conserva (è inscritto nel genoma democratico) sarebbe opportuno che la regola del semestre bianco rimanga a livello convenzionale o di correttezza, senza che sia positivizzata, in quanto un tale irrigidimento rischierebbe di risultare dannoso se confrontato con le controindicazioni insite nell’istituto stesso361.

Alcuni giuristi hanno indicato un terzo motivo dietro al divieto in questione. Galizia, ad esempio, parla di ‹‹volontà della Costituzione di mantenere salda la condizione istituzionale del Capo dello Stato, che potrebbe essere incrinata da un eventuale sospetto, nell’opinione pubblica, circa un suo intervento teso ad agevolare la propria rielezione; e ciò indipendentemente dallo svolgimento di qualsiasi azione effettivamente poco corretta, per la semplice prossimità dei due atti››362. Ma così

formulata si ricade nella prima opzione interpretativa descritta.

Quale che sia la ragione, rimangono le perplessità di fondo sulla “utilità” di una prescrizione del genere: invero, le esigenze or ora elencate non sembrano così robuste da ovviare alla lacuna a cui spalanca il divieto di scioglimento in un determinato periodo, per quanto ristretto. Quid est in caso di una paralisi del sistema che intervenga, appunto, durante il semestre in questione? Il novero delle vie d’uscita si restringe: escludendo la dissoluzione, il Presidente dovrebbe affannarsi a trovare una nuova maggioranza363. Ma un partito minoritario della coalizione di governo, di conseguenza, senza

la minaccia dello scioglimento, avrebbe tutto l’interesse a provocare una crisi, e quindi a guadagnarne in visibilità ed ergersi ad ago della bilancia del sistema politico, con la sicurezza che tanto i giochi non potrebbero venire interrotti con il precipuo richiamo alle urne364.

I vecchi costituzionalisti configurano questo scenario come squilibrio fra poteri, descrivendo prevaricazioni di tendenze assemblearistiche365: nell’ottica della classica separazione tra poteri il

360 Crosa obietta che, seppure questo discorso sia corretto in termini generali, sarebbe inspiegabile con riferimento

all’‹‹esercizio di un potere che non è una prerogativa del Presidente, ma competenza ch’egli esercita per le esigenze del sistema parlamentare›› (cfr. E. CROSA, op. cit., p. 511); l’Autore però sembra porre lui stesso un’eccezione

inspiegabile ad una regola universale, magari non condivisibile, ma che se riconosciuta dovrebbe valere per tutti i poteri e per tutti i soggetti chiamati ad esercitarli.

361 Questa prudenza è comunque mostrata anche dallo stesso C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 664; cfr.

anche A. REPOSO, Riflessioni in tema di “semestre bianco”, cit., pp. 423-424, e G. D’ORAZIO, Prorogatio, in Enc. dir.,

vol. XXXVII, Milano, 1988, p. 435.

362 M. GALIZIA, Studi sui rapporti fra Parlamento e Governo, cit., pp. 241-242.

363 … oppure ad affrettare i tempi dello scioglimento, anticipandolo a prima dell’avvento degli ultimi sei mesi del

mandato: cfr. G. VACCARI, Il semestre bianco, in Parl., n. 1-2/1983, p. 9.

364 Carbone, al contrario, afferma che lo scioglimento non è preordinato a risolvere crisi ministeriali, ma è diretto a

‹‹ristabilire l’equilibrio fra alcuni organi costituzionali›› (cfr. C. CARBONE, La supplenza della Presidenza della Repubblica, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1/1963, p. 72, nota 115): in verità questa pare una distinzione di lana caprina,

poiché è evidente che lo scoppio di una crisi sarebbe intimamente legato alla rottura degli equilibri.

365 Cereti vi aggiunge l’aggravante per cui, dato che alle Camere spetta in questo periodo di procedere all’elezione del

nuovo Presidente, queste ‹‹potrebbero avvalersi di questo loro potere [cioè di fare crisi] per influire sul nuovo eletto facendogli accettare lo stato di cose verificatosi nel frattempo›› (C. CERETI, op. cit., p. 203); Cosentino ammonisce

dall’assenza, ‹‹in parallelo del divieto di scioglimento, [di] un divieto di crisi ministeriali›› (F. COSENTINO, op. cit., p.

timore è corretto, ma attualizzandolo si può rimodulare il discorso come un cedimento dell’interesse generale alla stabilità dell’azione di governo in cambio del perseguimento di meri interessi particolari delle singole forze politiche. Vi è chi (Perrone Capano) abbia provato a ricavare un’inapplicabilità del divieto di scioglimento qualora si verificasse un’ipotesi di impossibilità per il Parlamento di costituire un qualsiasi nuovo Esecutivo (o di perdurante contrasto fra i due rami dell’Assemblea), durante la quale la dissoluzione sarebbe ‹‹obbligatoria››366. Pur essendo di un certo

interesse questa proposta interpretativa, essa però si scontra con le critiche basate sulla lettera dell’art. 88, comma secondo, Cost., la quale, da un punto di vista rigorosamente testuale, non pare ammettere eccezioni367. Al contrario, è da ammettersi in maniera pressochè pacifica l’inoperatività

del suddetto divieto qualora lo scioglimento si configuri come atto meramente dovuto, cioè alla scadenza naturale della legislatura, non ricorrendo in questo caso alcun margine discrezionale in capo al Presidente368.