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L’inammissibilità delle altre ragioni ipotizzate

Capitolo II – Lo scioglimento nel dibattito in Assemblea costituente

3. La questione dei presuppost

3.4. L’inammissibilità delle altre ragioni ipotizzate

La dottrina ha individuato ipotesi legittimanti ulteriori rispetto a quelle riconducibili alle due grandi categorie sopra descritte. A prima vista sembrerebbe difficile immaginare situazioni estemporanee e slegate dalle due finalità che così si possono sintetizzare: l’esigenza di ripristinare la piena funzionalità del circuito Governo-Parlamento, in modo da permettere il pieno esplicarsi dell’indirizzo politico; la valutazione di opportunità svolta dall’Esecutivo, motivabile sia dalla coscienza di un certo deficit di rappresentatività che dalla speculare consapevolezza di un diffuso apprezzamento da monetizzare, e adeguatamente sottoposta al vigile controllo del Capo dello Stato. Fuori da queste logiche, tertium non datur. Un conto è riconoscere una notevole ecletticità al potere di scioglimento, altro è spingersi fino a fuoriuscire dagli argini della legalità costituzionale, da quei mobili confini che delimitano i delicati equilibri propri della forma di governo parlamentare.

Lo sconfinamento avviene di certo nell’ipotesi, il cui precursore è Barile, di inerzia nell’attuazione della Costituzione333. Al di là della forte influenza esercitata dai tempi in cui l’Autore scriveva, in

cui il processo di recezione legislativa dei precetti costituzionali era pesantemente rallentato a causa dell’instabile quadro politico di sottofondo, questa fattispecie denota una concezione della forma di governo improntata ad un avanzato dualismo, in cui il Presidente assurge a custode della Costituzione e della sua concreta implementazione, interferendo con l’azione che la Costituzione del 1948 riserva al raccordo Governo-Parlamento334. Questa ipotesi ridiventerebbe accettabile,

secondo alcuni, nel caso in cui l’inerzia parlamentare conducesse ad una grave paralisi del sistema335: ma a questo punto, come detto per l’ipotesi del deficit di rappresentatività, si ricadrebbe

332 Partendo dal punto di vista speculare (il Presidente della Repubblica può sciogliere…), per arrivare però alle stesse

conclusioni, cfr. R. GUASTINI, Teoria e ideologia della funzione presidenziale, in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2008.

333 Cfr. P. BARILE, I poteri del Presidente della Repubblica, cit., p. 335, e ID., Presidente della Repubblica, cit., p. 689. 334 Mortati, in casi estremi di prolungata inattuazione, ammettere anche il ricorso al voto popolare su impulso

presidenziale: al tempo stesso, l’Autore riconosce che una vittoria elettorale dei partiti responsabili di questa inerzia renderebbe innocuo qualsiasi altro intervento presidenziale, perché il Capo dello Stato non si trasformi in ‹‹Orazio sol contro l’Etruria tutta›› (cfr. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 667).

in una situazione di disfunzione, e quindi lo scioglimento costituirebbe una soluzione all’inceppamento dei meccanismi istituzionali.

Collegata a questa fattispecie, anzi, forse proprio ricomprensiva di essa, è quella dello scioglimento cd. sanzione. Anche essa necessariamente paga un debito nei confronti della tesi presidenzialista, in quanto parte dalla legittimità del Capo dello Stato ad operare un riequilibrio costituzionale (sciogliendo) per arrivare ad ammettere – per non dire invocare – un suo intervento al fine di porre termine ad una protratta situazione di illegalità causata dall’azione parlamentare. Per questo si parla di sanzione nei confronti delle Assemblee, in quanto il Presidente della Repubblica dà un giudizio puramente discrezionale sulla situazione politica, sulla base del quale poi adottare un provvedimento che vuole essere propriamente punitivo: si va oltre la funzione ‹‹di stimolo e impulso››336 immaginata da Barile, qui si va all’arresto draconiano delle funzioni. Le cause

legittimanti l’uso di una sanzione possono essere di vario genere: il perseguimento di ‹‹un indirizzo politico che il Capo dello Stato ritenga esiziale all’integrità ed alla sicurezza del Paese››337;

l’‹‹ostruzionismo parlamentare tecnico››338; l’‹‹attività di Camere protervamente intenzionate ad

approvare leggi in violazione della Costituzione››339. Basta questa enunciazione a far riflettere

sull’incompatibilità di questa tipologia di scioglimento all’interno di una forma di governo parlamentare: accantonando il fatto che le questioni legate a momenti prettamente parlamentari, stante il principio costituzionale di assoluta autonomia delle Assemblee legislative340, si risolvono

sulla base dei soli regolamenti parlamentari e sotto l’autorità esclusiva dei rispettivi Presidenti341,

percorrere fino in fondo questa strada vorrebbe dire trasformare gli scioglimenti in ‹‹plebisciti presidenziali a sostegno di una “dittatura” del Presidente della Repubblica››342.

Nell’ottica dello scioglimento sanzione rientra anche l’indicazione fornita da Rescigno, il quale riconosce sì l’illimitatezza della disciplina costituzionale in ordine alla ricorribilità allo scioglimento anticipato, ma ricava, alla stregua di regola convenzionale, quella che lui considera l’unica situazione in cui ciò non è possibile fare: e cioè, il divieto di sciogliere due volte il Parlamento per lo stesso motivo. La ratio di questo limite risiederebbe nel fatto che ‹‹ogni ulteriore appello al popolo dopo che esso si sia pronunciato può avere solo il significato sostanziale di non voler rispettare il suo verdetto››343. Il fatto che lo stesso Autore di questa proposta la riconduca al

336 P. BARILE, I poteri del Presidente della Repubblica, cit., p. 335; oppure, per dirla con F. PINTO, op. cit., p. 259, una

funzione di ‹‹propulsione attiva››.

337 C. VITTA, op. cit., p. 301.

338 … tale che, attraverso ‹‹un farisaico abuso della forma e della lettera della procedura, [oltrepassi] certi limiti e

[diventi] artificiosa››: F. MOHRHOFF, op. cit., pp. 34-35.

339 F. CUOCOLO, op. cit., p. 124.

340 Sul punto, cfr. Corte cost. sent. n. 154 del 1985. 341 Cfr. anche M. L. MAZZONI HONORATI, op. cit., p. 1320.

342 M. GALIZIA, Studi sui rapporti fra Parlamento e Governo, cit., p. 253. 343 Cfr. G. U RESCIGNO, Le convenzioni costituzionali, Padova, 1972, pp. 61-62.

novero di regola convenzionale, ‹‹che vige se e finchè dura l’accordo su di essa››344, già di per sé

basterebbe a escludere alcuna valutazione di compatibilità con il dettato costituzionale. Ma limitandosi ad un’analisi teorica, basti qui ribadirsi quanto detto appena sopra circa la difficile sostenibilità da parte del nostro ordinamento di situazioni che presuppongano un ruolo di arbitraggio sostanziale e di merito in capo al Presidente della Repubblica: infatti, siffatto ragionamento porrebbe la massima carica dello Stato nel rischio di essere trascinato verso una deriva plebiscitaria, poiché le nuove elezioni si trasformerebbero in un inammissibile giudizio non tanto sulla nuova composizione parlamentare, quanto sull’operato presidenziale345.