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La questione della motivazione

Capitolo II – Lo scioglimento nel dibattito in Assemblea costituente

4. I limit

4.5. La questione della motivazione

Quella della motivazione è una problematica che riguarda tutti gli atti costituzionali. Limitando il campo d’indagine al potere di scioglimento, si parta da una considerazione prima facie: l’art. 88 Cost. non richiede una espressa motivazione da allegare al provvedimento in questione. Ma l’assenza di una formulazione, come abbiamo visto fino adesso, non chiude le porte alla possibilità

384 ‹‹… In generale la situazione politica che consiglia lo scioglimento anticipato delle Camere non può essere tale da

non poter aspettare 15 giorni, e cioè l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica il quale con pienezza politica di potere potrà valutare la opportunità o meno di sciogliere anticipatamente››: G. U. RESCIGNO, Art. 86, in G. BRANCA

(a cura di), Commentario della Costituzione. Presidente della Repubblica, art. 83-87, cit., p. 130; immediatamente dopo, l’Autore però apre uno spiraglio più possibilista quando, nel descrivere l’eventualità che il Presidente Leone nel 1976 si dimettesse con tre anni di anticipo dall’estinzione del mandato, riconosce che con l’accordo delle principali forze politiche uno scioglimento potrebbe essere accordato al supplente (pp. 130-131). Al di là di quest’ultima riflessione, si pongono sulla stessa linea C. CARBONE, op. cit., p. 73; A. A. ROMANO, Supplenza (diritto costituzionale), in Noviss. dig. it., vol. XVIII, Torino, 1971, p. 961; ID., Proroga e prorogatio, in Enc. giur., vol.

XXV, Roma, 1991, p. 4; A. REPOSO, Riflessioni in tema di “semestre bianco”, cit., pp. 426-427; P. COSTANZO, Lo scioglimento delle Assemblee parlamentari: studio sui presupposti e i limiti dello scioglimento nell’ordinamento repubblicano italiano, cit., pp. 217 ss.

385 G. U. RESCIGNO, Art. 86, cit., pp. 131-132; cfr. altresì gli Autori citati nella nota precedente: tra questi si distinguono

Reposo e Costanzo, i quali invece propendono per l’estensione del divieto di scioglimento in pendenza di semestre bianco anche al supplente sede plena.

386 In pratica, se mancano meno di tre mesi alla fine della legislatura, come prescritto dall’art. 86, comma secondo,

Cost., ‹‹Presidente del Senato e Governo, non solo non sono tenuti a lasciar decorrere per intero il restante periodo della legislatura, ma, al contrario, sono tenuti ad assottigliarlo per “arrotondamento”, al fine di accelerare il ripristino della titolarità e normalità››; se, invece, per effetto del combinato disposto degli artt. 61, comma primo, e 85, comma terzo, Cost., il termine arriva a quattro mesi, dato che la maggiorazione rispetto ai tre mesi sarebbe assai tenue, non si arriva a ‹‹vulnerare più gravemente e profondamente […] il principio dell’obbligatorietà dell’esercizio personale delle funzioni››, conducendo a considerare ‹‹legittime l’inazione del Presidente della Repubblica e l’azione, a sua volta, del Presidente del Senato››: cfr. G. FERRARI, L’impedimento all’esercizio delle funzioni presidenziali e la categoria giuridica della provvisorietà, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 4/1967, pp. 861 ss.. Sulla stessa posizione, cfr. C.

GESSA, Supplenza ed elezione del Presidente della Repubblica, in Rass. parl., n. 1/1965, pp. 54 ss., e A. M. DE

di un’interpretazione sistematica, attraverso la quale evincere il relativo obbligo in via implicita387.

In secondo luogo, inevitabile è il confronto con quanto accadeva durante il periodo di vigenza dello Statuto albertino, durante il quale la prassi ha fatto emergere la costanza della menzione sia della proposta governativa che della previa delibera del Consiglio dei Ministri: il decreto così formulato veniva corredato della “Relazione al Re”, sottoscritta da tutti i Ministri, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale (v. cap. 1 par. 3).

Anche su questo punto la dottrina si è divisa fra sostenitori e detrattori di un obbligo di motivare il decreto di scioglimento derivante dai principi che reggono l’ordinamento costituzionale. Le ragioni che suffragherebbero l’esistenza di un tale precetto sarebbero in primis nel fatto che, in un ordinamento democratico, ‹‹la pubblica opinione ha certissimamente il diritto di essere informata dei motivi del provvedimento, anche proprio perché tali motivi non si prestano ad essere predeterminati e classificati››388. Peraltro, ‹‹qualunque autorità cui sia stato conferito un potere, deve

dar sempre conto dell’uso che ne fa. E ciò in quanto, in questo tipo di ordinamento, ogni pubblico potere va esercitato nell’interesse della collettività che è alla base dell’ordinamento stesso››; perciò, ‹‹la presenza della motivazione, come elemento necessario dell’atto, vale anche ad escludere un’eventuale responsabilità per attentato alla Costituzione nella quale il Presidente incorrerebbe qualora facesse un cattivo uso del potere conferitogli››389; a tale specifica responsabilità, da farsi

valere innanzi alla Corte costituzionale, si accompagnerebbe pure la responsabilità diffusa, su cui si esprime invece l’opinione pubblica390. Più articolato il ragionamento svolto da Ventura, il quale non

fonda tale obbligatorietà solo ‹‹nella natura stessa dell’atto e nella peculiarità dell’organo emanante››, bensì ritiene più complessivamente che siano ‹‹la natura stessa dell’atto costituzionale, il suo carattere d’eccezione e la qualità dei destinatari sostanziali a pretendere la motivazione››391.

Meno universalista è invece Mohrhoff, il quale riconosce un obbligo di motivazione per relationem, ossia quando la ragione dello scioglimento risieda nell’approvazione di una mozione di sfiducia: in questo caso essa sarebbe indiretta, e possibile nella sola eventualità che si realizzi una crisi parlamentare392.

387 Cfr. F. COSENTINO, op. cit., p. 1382.

388 P. BARILE, I poteri del Presidente della Repubblica, cit., p. 333.

389 D. SANTELIA, G. PAGNANO, op. cit., p. 1323; i suddetti Autori, a differenza di Barile, ammettendo lo scioglimento per

sole ragioni funzionali, ritengono obbligatoria la motivazione proprio per effetto del fatto che il presupposto legittimante è prestabilito, in linea con la prospettiva di un successivo controllo in sede di giurisdizione penale speciale.

390 Punta molto su questo aspetto G. F. CIAURRO, op. cit., p. 7; lo stesso Autore argomenta a favore dell’obbligo di

motivazione argomentando per analogia dall’obbligo ex art. 126 Cost. (del testo previdente), riferito all’atto di scioglimento rivolto ai Consigli regionali in casi predeterminati.

391 L. VENTURA, Motivazione degli atti costituzionali e valore democratico, Torino, 1995, pp. 157 ss.; l’Autore poi

approfondisce il discorso adducendo le ragioni per cui l’obbligatorietà opererebbe in caso si acceda sia alla teoria duumvirale sia alla teoria presidenziale della titolarità del potere dissolutorio, nonché in caso si ammettesse lo scioglimento sanzione.

392 Cfr. F. MOHRHOFF, op. cit., p. 33; contra, M. VOLPI, Lo scioglimento anticipato del Parlamento e la classificazione

Le opinioni contrarie si riconducono perlopiù a Galizia, il quale impernia le sue obiezioni sull’esclusività di motivi funzionali alla base dell’esercizio del potere di scioglimento anticipato del Parlamento. In pratica, ‹‹l’obbligo di una motivazione formale è strutturalmente connesso con lo scioglimento di arbitrato››; mentre per lo scioglimento funzionale tale precetto ‹‹non è istituzionalmente indispensabile››, sia perché ‹‹l’atto ha una sua immediata solennità intrinseca per essere emanato dal Capo dello Stato››, sia perché ‹‹i motivi ed il rilievo costituzionale della deliberazione presidenziale sono di regola obiettivamente impliciti nel provvedimento stesso››393.

Unica eccezione a questa chiara esclusione sarebbe l’esistenza di una situazione politica ‹‹incerta e tesa››, in presenza di un decreto che ‹‹possa prestarsi ad equivoche interpretazioni››, al fine di ‹‹sottolineare dinanzi all’opinione pubblica la particolare gravità del momento››394. In aggiunta,

Mazzoni Honorati adduce, come argomento contrario alla necessità costituzionale di una motivazione, una considerazione di realismo: infatti, questa ‹‹potrebbe avere un valore relativo, sia perché una motivazione fittizia e non obiettiva non eliminerebbe la irregolarità dell’atto, sia perché non potrebbe attenuare la responsabilità del Capo dello Stato e del Presidente del Consiglio controfirmante››395.

Analizzando le posizioni in campo, salta all’occhio il discrimen che separa i favorevoli dai contrari. Il riconoscimento o meno di ben specifiche ragioni che legittimino il ricorso all’istituto dissolutorio può determinare l’esigenza a che queste ragioni debbano essere manifestate in un atto formale. In altre parole, se si accedesse all’idea che le motivazioni possono essere di vario ordine – come si è tentato di spiegare –, allora sarebbe pressoché doveroso renderle pubbliche, in modo che il corpo elettorale possa giudicare le cause che hanno condotto a richiedere il giudizio popolare (e di conseguenza pronunciarsi su di esse alle urne con il voto)396, e in modo da accertare che ci si trovi

sempre nel perimetro della legittimità costituzionale. In caso contrario, il Presidente della Repubblica potrebbe essere chiamato a rispondere per conflitto di attribuzione, o addirittura per la via estrema della messa in stato d’accusa per attentato alla Costituzione397.

automaticamente alla revoca della fiducia (potendo esservi anche solo le dimissioni del ministero colpito e la formazione di uno nuovo), o potrebbe discendere dalla presa d’atto di ulteriori considerazioni.

393 Cfr. M. GALIZIA, Studi sui rapporti fra Parlamento e Governo, cit., p. 279, il quale, come tuttavia la quasi totalità dei

giuristi, esclude che le dichiarazioni dell’Esecutivo si possano considerare alla stregua di una motivazione formale (cfr. p. 281).

394 Cfr. M. GALIZIA, Studi sui rapporti fra Parlamento e Governo, cit., pp. 280-281. 395 M. L. MAZZONI HONORATI, op. cit., p. 1328.

396 Utilizza questo argomento G. F. CIAURRO, Gli istituti della democrazia: scritti di diritto costituzionale e di

sociologia della politica, Milano, 1973, pp. 208-209, allorché suggerisce la positivizzazione costituzionale

dell’obbligo di motivare.

397 Dubbi sulla esperibilità di un controllo sui motivi dello scioglimento li avanza G. U. RESCIGNO, La responsabilità

politica, cit., p. 51: «mentre nel controllo di legittimità o di merito la qualificazione di tale controllo come controllo di

legittimità o controllo di merito è qualificazione giuridica, poiché denota quali sono positivamente secondo diritto i criteri che guidano quel controllo, allorchè si parla di controllo politico la qualificazione di politico è meramente descrittiva e non giuridica, giacchè non esistono per il diritto in tale campo i criteri o i motivi politici, ma sono criteri e motivi politici quelli che per la determinazione della vita politica sono tali. Il diritto quindi al più compie una

Per essere però maggiormente completi e coerenti con il discorso fin qui svolto, non si può tralasciare una fondamentale considerazione: ossia, lo stretto legame che intercorre tra obbligo di motivazione e soggetto (o soggetti) destinatari di questa prescrizione. In buona sostanza, la preferenza per la teoria dell’atto a partecipazione complessa, in cui Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio esprimono le volontà dei poteri che rappresentano in relazione a finalità di diverso ordine, pone di fronte alla questione di quale dei due organi debba motivare.

Prendiamo il Governo. Abbiamo detto che esso si fa portatore di interessi di carattere politico, quindi potrebbe richiedere uno scioglimento sfruttando il momento a sé più propizio in termini di consenso diffuso; ma potrebbe anche voler ricercare il sostegno popolare a discapito di un gruppo di oppositori interni che ne intralciano l’azione politica; come anche potrebbe preferire il giudizio popolare ad un processo di logoramento che abbia investito la propria maggioranza. Quale che sia il motivo specifico, comunque si rimane nel campo delle valutazioni di mera opportunità, quindi contemporaneamente al di fuori dall’operatività di rilievi di tipo giuridico, e all’interno di uno spazio insindacabile a livello giurisdizionale purché entro i confini della legalità costituzionale. Da questo punto di vista, si può dunque accogliere l’annotazione di Costanzo, quando dice che si dovrebbe valutare caso per caso della ‹‹esistenza, nella pubblica opinione, di una sufficiente e diffusa percezione dei motivi della crisi in atto››, e, di conseguenza, della ‹‹necessità di un chiarimento diretto ed autorevole››398.

Passiamo ora all’eventuale doverosità di giustificare ufficialmente da parte del Capo dello Stato. In questo caso entrano invece in campo riflessioni circa la tenuta del sistema: e il corretto funzionamento dei meccanismi istituzionali è fine a cui è preordinata la disciplina costituzionale della forma di governo, e dell’assetto dei pubblici poteri nel complesso. Si rientra in questo modo nel novero delle scelte sindacabili secondo parametri di carattere costituzionale. Ed il limite superato il quale la sofferenza del sistema diventa insostenibile è il compimento di gravi violazioni della Carta fondamentale: tanto che il Costituente ha ritenuto di inserire, quale unica deroga alla totale irresponsabilità del Presidente, la loro opponibilità a fini di speciale responsabilità penale- costituzionale, per la quale si prevede l’applicazione di vere e proprie sanzioni – ultima, la destituzione.

qualificazione negativa, cioè non determina esso quando e come si ha controllo politico ma riconosce il controllo politico quando e come la vita politica lo determina. Da un punto di vista giuridico perciò il “controllo politico” non costituisce specie di un unico genere ma genere differente, rispetto al quale, sussistendo il momento “giudizio secondo criteri predeterminati”, è dubbio se sia opportuno e corretto continuare a parlare di controllo in senso tecnico».

398 P. COSTANZO, Lo scioglimento delle Assemblee parlamentari: studio sui presupposti e i limiti dello scioglimento

nell’ordinamento repubblicano italiano, cit., p. 249, il quale – si deve avvertire –, essendo sostenitore della teoria

presidenziale, riferisce queste considerazioni al Capo dello Stato: ma al di là di questo, rimane la condivisibilità del principio di fondo della valutazione in concreto dell’opportunità di motivare il decreto di scioglimento. Contra, L. VENTURA, Motivazione degli atti costituzionali e valore democratico, cit., p. 163.