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L’economia regionale nel 2007

Nel documento Rapporto 2007 ( 6.2mb (pagine 79-97)

2. il grado di specializzazione delle industrie rispetto al contesto nazionale

3.1. L’economia regionale nel 2007

Il quadro economico nazionale e internazionale. Nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011, deliberato dal Consiglio dei ministri il 28 giugno scorso, era stata prevista per il 2007 una crescita reale del Prodotto interno lordo del 2,0 per cento. In sede di Relazione previsionale e programmatica per il 2008, la stima è stata ridotta all’1,9 per cento. La correzione è decisamente modesta, ma è tuttavia emblematica di un certo appannamento del quadro congiunturale, che ha trovato riscontro nell’evoluzione del Pil dei primi nove mesi. Dall’aumento tendenziale del 2,4 per cento dei primi tre mesi del 2007, e parliamo di dati reali destagionalizzati e corretti per gli effetti di calendario, si è passati nei due successivi trimestri ad incrementi meno sostenuti, rispettivamente pari all’1,8 e 1,9 per cento. Sulla base di questi andamenti un po’ altalenanti, l’incremento annuale dell’1,9 per cento previsto dal Governo in sede di Relazione previsionale e programmatica dovrebbe essere tuttavia rispettato, a meno di una crescita nulla negli ultimi tre mesi dell’anno. Se ciò dovesse avvenire, sarebbe comunque acquisito per il 2007, come sottolineato da Istat, un aumento del Pil pari all’1,7 per cento.

Come sottolineato dallo stesso Istituto nell’audizione per il Dpef, per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento sarebbe occorsa una crescita media congiunturale dello 0,4 per cento dal secondo trimestre in avanti. In pratica dalla seconda metà del 2007 l’economia italiana avrebbe dovuto accelerare sensibilmente, a cominciare dalla produzione industriale, il cui andamento è apparso, soprattutto nei mesi estivi, piuttosto altalenante. Nel trimestre estivo c’è stato sì un incremento congiunturale del Pil dello 0,4 per cento, ma ha fatto seguito all’andamento praticamente piatto dei tre mesi precedenti (+0,1 per cento).

Il quarto trimestre ben difficilmente si chiuderà con lo stesso aumento congiunturale del terzo, in quanto

Tab. 3.1.1. Prodotto interno lordo. Scenario di previsione. Variazioni % valori concatenati anno di riferimento 2000.

Regioni italiane 2005 2006 2007 2008

Piemonte -1,5 1,6 1,9 1,1

Valle d'Aosta -0,6 1,7 2,2 1,3

Lombardia 0,8 2,1 2,2 1,6

Trentino-Alto Adige 0,6 2,0 1,9 1,2

Veneto -0,7 1,9 2,2 1,8

Friuli-Venezia Giulia 1,6 2,3 2,3 1,5

Liguria 0,1 2,2 1,5 1,0

Emilia Romagna 0,8 2,7 2,2 1,8

Toscana -0,2 1,5 1,4 1,5

Umbria 1,2 2,2 1,4 1,4

Marche 0,1 2,2 1,6 1,2

Lazio -0,3 1,7 1,7 1,5

Abruzzo 1,4 1,5 1,0 1,5

Molise -0,1 2,1 0,6 0,7

Campania -1,6 1,2 1,4 1,6

Puglia -0,3 1,6 1,1 1,1

Basilicata 0,5 1,7 1,3 0,9

Calabria -2,0 1,2 1,2 1,2

Sicilia 1,7 1,1 1,7 1,8

Sardegna 2,4 1,7 1,1 1,6

ITALIA 0,1 1,9 1,8 1,5

Italia nord-occidentale 0,1 2,0 2,1 1,4

Italia nord-orientale 0,3 2,3 2,2 1,7

Italia centrale -0,1 1,8 1,6 1,5

Mezzogiorno 0,0 1,4 1,3 1,4

Fonte: Unioncamere - Prometeia. Scenari di sviluppo delle economie locali italiane.

dovrebbe risentire maggiormente della crisi finanziaria internazionale. L’economia italiana sta un po’

risentendo delle turbolenze, per usare le parole della Relazione previsionale e programmatica, indotte dalla crisi dei mutui sub-prime statunitensi, ossia quelli concessi a fronte di limitate garanzie personali, i cui sottoscrittori sono stati messi in seria difficoltà dall’innalzamento dei tassi d’interesse a breve termine.

Il relativo tasso di morosità è aumentato dall’11,6 per cento di fine 2005 al 14,8 per cento di giugno 2007.

Secondo il Fondo monetario internazionale, ammontano a circa 200 miliardi di dollari le perdite di sistema registrate da febbraio 2007 dal settore dei mutui subprime, includendo le relative cartolarizzazioni e strumenti finanziari. Il prevedibile calo dei consumi delle famiglie statunitensi si ripercuoterà anche sull’area dell’euro, che sarebbe destinata a crescere più lentamente, il tutto in uno scenario di rafforzamento della moneta unica sul dollaro, di forti tensioni sul prezzo del petrolio e di politiche monetarie divergenti tra Stati Uniti ed Europa.

La previsione di crescita dell’1,9 per cento proposta dal Governo non è stata condivisa dalla grande maggioranza degli organismi che si occupano di previsioni econometriche.

Nell’area dei “pessimisti” troviamo Prometeia, che nella stima di ottobre ha ridotto la crescita del 2007 all’1,7 per cento, limando ulteriormente la previsione dell’1,8 per cento proposta nel mese precedente.

Negli stessi termini si sono espressi, nella stima di settembre, il Centro studi Confindustria e, in quella di ottobre, il Fondo monetario internazionale, il quale ha, al pari di Prometeia, ribassato di 0,1 punti percentuali la previsione di settembre. A completare il quadro delle stime inferiori a quella governativa troviamo inoltre Ocse, Isae, Ref e Unioncamere che, tra settembre e novembre, hanno previsto un incremento dell’1,8 per cento. Ad essere in accordo con la previsione governativa troviamo la sola Commissione europea, che ha mantenuto nella stima di novembre la previsione dell’1,9 per cento formulata nello scorso maggio.

La crescita dell’economia italiana si è collocata in uno scenario di forte espansione del Pil mondiale.

Secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2007 l’economia mondiale, secondo la bozza di ottobre del World Economic Outlook, crescerà a un tasso del 5,2 per cento, lo stesso previsto nell’Outlook presentato nello scorso luglio. La crisi dei mutui sub-prime non ha inciso significativamente, grazie soprattutto al traino delle economie emergenti, Cina, Russia e India, che da sole contribuiranno a circa il 50 per cento della crescita globale. Le conseguenze della crisi finanziaria statunitense si avvertiranno maggiormente nel 2008, che crescerà più lentamente rispetto al 2007 e in misura minore, 0,4 punti percentuali, rispetto alla previsione di luglio. Oltre a ciò, sul 2008 peserà il rischio inflazione dovuto al rincaro del prezzo del petrolio, che potrebbe toccare la soglia dei 100 dollari a barile.

Nell’Unione europea a 27 paesi il 2007 si chiuderà, secondo la previsione di novembre della Commissione europea, con una crescita del Pil pari al 2,9 per cento, mentre nell’area Euro dovrebbe attestarsi al 2,6 per cento. In settembre si prospettavano incrementi più leggeri pari rispettivamente al 2,8 e 2,5 per cento.

La crescita italiana appare più lenta rispetto a quanto prospettato sia per la Ue a 27 paesi che per Eurolandia. Il perché l’Italia cresca meno velocemente rispetto ai partner comunitari dipende dalle gravi carenze che ancora dividono il nostro Paese dall’Europa. Secondo quanto illustrato nel Dpef, l’Italia soffre ancora di bassa capacità di innovazione e di adozione di nuove tecnologie oltre all’insufficiente pressione concorrenziale, soprattutto nel settore dei servizi. A ciò occorre aggiungere la partecipazione al lavoro che continua a essere molto inferiore rispetto alla media europea, soprattutto per le donne e i lavoratori in età avanzata; il basso grado di istruzione della forza lavoro; la penuria di infrastrutture; l’inefficienza degli apparati pubblici. Alcune di queste carenze sono causate dal grave ritardo che ancora esiste fra le regioni del Meridione e il resto del Paese, quasi a prefigurare una nazione a due velocità. In termini di ricchezza prodotta per abitante, alcune delle regioni meridionali, nella fattispecie Sicilia, Calabria e Campania, si trovano agli ultimi posti della classifica regionale europea, praticamente alla pari con alcune delle zone più povere della Grecia.

La finanza pubblica continua ad essere un fattore di debolezza del sistema Italia, anche se molto è stato fatto, rispetto al quinquennio precedente, sulla strada del risanamento. Il Governo prevede per il 2007 un rapporto tra indebitamento netto della Pubblica amministrazione e Pil pari al 2,4 per cento, ovvero al di sotto del limite del 3 per cento previsto dal trattato di Maastricht. Nel 2006 il deficit era attestato al 4,4 per cento, nel 2005 al 4,2 per cento. L’atteso miglioramento dei conti pubblici trova fondamento nella riduzione del fabbisogno del settore statale, che nei primi undici mesi del 2007 è ammontato a 41 miliardi e 965 milioni di euro rispetto ai 56 miliardi e 118 milioni dell’analogo periodo del 2006. Per trovare un dato migliore bisogna risalire ad un anno di forte espansione quale il 2000, quando venne registrato fino a novembre un deficit pari a 35 miliardi e 793 milioni di euro. Se allarghiamo l’analisi al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, nei primi sette mesi del 2007 si registra, secondo i dati Bankitalia, una riduzione di poco superiore ai 15 miliardi di euro. Una robusta mano all’alleggerimento del deficit è venuta dalle entrate tributarie, apparse più ampie rispetto alle previsioni, e da un andamento

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della spesa pubblica definito dal Ministero dell’Economia coerente con gli obiettivi della manovra di bilancio 2007. L’avanzo primario, ovvero il saldo tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi, dovrebbe attestarsi al 2,5 per cento, dopo che nel 2006 si era praticamente azzerato (0,1 per cento). Al di là dei miglioramenti dei disavanzi, resta tuttavia una abnorme consistenza del debito pubblico, una autentica palla al piede per l’economia italiana, la cui gestione, leggi il pagamento degli interessi, sottrae risorse importanti che potrebbero essere destinate in modo più proficuo. Secondo le statistiche di Bankitalia, a fine giugno il debito lordo della Pubblica amministrazione è ammontato a 1.620.220 milioni di euro, con un incremento dell’1,3 per cento rispetto all’analogo mese del 2006. Nella media dei primi sei mesi del 2007 la crescita è stata del 2,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2006, che a sua volta aveva registrato un aumento del 3,8 per cento. Nella Relazione previsionale e programmatica per il 2008, nel 2007 il debito pubblico dovrebbe attestarsi al 105,0 per cento del Pil, in miglioramento rispetto al 106,8 per cento del 2006 e 106,2 per cento del 2005.

Al di là dell’alleggerimento del rapporto fra debito e Pil, abbastanza discutibile statisticamente in quanto mette a confronto un dato di stock, quale il debito, con uno di flusso, quale il Pil, ma non vi sono valide alternative di confronto, resta una cifra, come detto precedentemente, enorme in termini assoluti, che nel 2007 comporterà una spesa per interessi passivi pari a oltre 74 milioni e mezzo di euro, in misura superiore ai 73.825 milioni di euro preventivati nel Dpef. Nel 2006 la spesa era stata di 67.552 milioni di euro, nel 2005 di 64.213 milioni. Tra le cause di questa lievitazione c’è la ripresa dei tassi d’interesse.

Quelli sui Bot, ad esempio, quotati sul Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato, sono passati dal 2,543 per cento lordo di gennaio 2006 al 3,639 per cento di dicembre, per arrivare nello scorso ottobre al 3,995 per cento. I future, ovvero i buoni del tesoro poliennali, hanno mostrato un analogo percorso. Dal 3,645 per cento lordo di gennaio 2006 sono saliti al 4,108 per cento di dicembre e

4,642 per cento di ottobre 2007, dopo avere toccato il massimo del 4,847 per cento in giugno.

Il quadro economico regionale. Nella previsione dello scorso luglio, l’Unione italiana delle Camere di commercio aveva ipotizzato per l’Emilia-Romagna una crescita reale del Pil del 2007 pari al 2,3 per cento, più ampia rispetto a quella ipotizzata per Italia (+2,0 per cento) e Nord-est (+2,2 per cento). Nei mesi successivi lo scenario economico nazionale è stato caratterizzato da un appannamento del clima congiunturale, che ha indotto, come descritto precedentemente, a una correzione al ribasso delle stime.

L’Emilia-Romagna si è allineata a questo scenario, risultando tuttavia, come vedremo in seguito, tra le regioni più dinamiche del Paese. Secondo la previsione di Unioncamere nazionale di fine ottobre, il 2007 dovrebbe chiudersi con una crescita reale del Prodotto interno lordo regionale pari al 2,2 per cento (vedi tabella 3.1.1), in rallentamento rispetto all’aumento del 2,7 per cento del 2006. Nel Nord-est è stato previsto lo stesso incremento, mentre in Italia è attesa una crescita più contenuta, pari all’1,8 per cento.

In entrambi i casi c’è stato un leggero rallentamento rispetto alla situazione del 2006.

Il rallentamento della crescita economica regionale è stato confermato dall’evoluzione del relativo indicatore sintetico, che viene calcolato mensilmente dall’Osservatorio RegiosS, nato in seno al Dipartimento di Statistica dell’Università di Bologna attraverso una collaborazione con Unicredit Banca, utilizzando trentanove variabili provenienti da diverse fonti.

Fig. 3.1.1. Crescita del sistema regionale

In d ic a to r e d i a ttiv ità e c o n o mic a - Emilia - Ro ma g n a

- 1 .0 - 0 .5 0 .0 0 .5 1 .0 1 .5 2 .0

Jan-03 Mar-03 May-03 Jul-03 Sep-03 Nov-03 Jan-04 Mar-04 May-04 Jul-04 Sep-04 Nov-04 Jan-05 Mar-05 May-05 Jul-05 Sep-05 Nov-05 Jan-06 Mar-06 May-06 Jul-06 Sep-06 Nov-06 Jan-07 Mar-07 May-07 Jul-07 Sep-07

Fonte: Osservatorio RegiosS, Dipartimento di Statistica dell’Università di Bologna in collaborazione con Unicredit Banca.

L’indicatore di attività economica dell’Emilia-Romagna nel primo trimestre del 2007 segna un punto di svolta, evidenziando l’inizio di una fase al rallentatore, che si protrae nei due trimestri successivi. Il valore dell’indicatore scende da valori prossimi all’1,5 per cento dell’ultimo trimestre del 2006 e del primo del 2007 a valori attorno allo 0,5 per cento nel settembre 2007. Le variabili prese in considerazione nella costruzione dell’indicatore presentano ancora valori generalmente positivi, ma meno brillanti rispetto al passato. Si ha insomma una corsa meno veloce dell’economia.

In ambito nazionale, come accennato precedentemente, l’Emilia-Romagna ha fatto registrare una delle crescite reali del Prodotto interno lordo più elevate. Solo il Friuli-Venezia Giulia ha evidenziato un aumento più sostenuto pari al 2,3 per cento. Con lo stesso tasso di crescita dell’Emilia-Romagna si sono collocate Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto. In linea con quanto avvenuto nel 2006, in nessuna regione sono stati prospettati dei cali. L’incremento più contenuto, pari allo 0,6 per cento, ha riguardato il Molise.

Al di là della correzione al ribasso, comunque contenuta, rimane una crescita economica comunque apprezzabile. La domanda interna è apparsa in recupero, grazie all’accelerazione della spesa per consumi delle famiglie e degli investimenti fissi lordi.

La spesa delle famiglie dovrebbe aumentare nel 2007 del 2,4 per cento, in misura più sostenuta rispetto all’incremento del 2,0 per cento del 2006. Nel Nord-est è stata prospettata una crescita più contenuta (+2,2 per cento) e lo stesso dovrebbe avvenire per l’Italia (+1,7 per cento). L’Emilia-Romagna ha registrato il migliore aumento percentuale del Paese, davanti a Friuli-Venezia Giulia (+2,3 per cento) e Veneto (+2,2 per cento). Per quanto riguarda la spesa per consumi della Pubblica amministrazione e delle Istituzioni sociali private è attesa anche in questo caso una accelerazione, ma su ritmi tuttavia molto contenuti, se si considera che si passerebbe da +0,2 a +0,9 per cento.

Per gli investimenti fissi lordi è stato prospettato un aumento reale del 4,1 per cento, più elevato rispetto a quanto previsto nel Paese (+3,5 per cento) e nel Nord-est (+3,1 per cento), oltre che in accelerazione rispetto all’andamento del 2006 (+3,9 per cento). La buona intonazione degli investimenti è stata supportata dall’esigenza di rinnovare gli impianti, razionalizzare i processi produttivi, oltre che accrescere la capacità produttiva in un momento di congiuntura favorevole. In ambito nazionale, l’Emilia-Romagna si è collocata nella fascia di crescita superiore al 4 per cento. Le regioni più dinamiche sono risultate Campania (+7,2 per cento), Liguria (+7,1 per cento), Valle d’Aosta (+6,1 per cento), Basilicata (+5,2 per cento), Umbria (+4,6 per cento), Molise (+4,5 per cento) e Sicilia (+4,5 per cento).

L’export appare tra i più forti sostegni alla crescita. Per Unioncamere nazionale il 2007 dovrebbe chiudersi con un aumento reale consistente (+4,3 per cento), nonostante il rallentamento evidenziato rispetto al forte incremento del 5,0 per cento del 2006. L’evoluzione dell’Emilia-Romagna è apparsa leggermente più contenuta in rapporto a quella del Nord-est (+4,6 per cento), ma superiore rispetto a quella nazionale (+3,6 per cento). La stima di Unioncamere nazionale va nella direzione emersa dai dati Istat, che nella prima metà del 2007 hanno registrato un aumento a valori correnti del 12,6 per cento, che ha portato l’Emilia-Romagna a insidiare il secondo posto, in termini di contributo all’export nazionale, occupato dal Veneto.

Il valore aggiunto, che misura il contributo dato dai vari settori economici alla crescita economica, è previsto in aumento del 2,3 per cento, in lieve progresso rispetto all’incremento del 2,2 per cento del 2006. E’ da sottolineare la ripresa dell’industria edile, passata dalla crescita dell’1,3 per cento del 2006 all’incremento dell’1,8 per cento del 2007, mentre l’agricoltura dovrebbe invertire la tendenza negativa emersa nel 2006. L’industria in senso stretto è aumentata in misura apprezzabile, ma meno intensamente rispetto all’evoluzione del 2006. Il progressivo rallentamento della crescita produttiva, evidenziato dalle indagini congiunturali, va in questa direzione. Nell’ambito dei servizi, è atteso un aumento reale del 2,1 per cento, praticamente lo stesso del 2006.

Per quanto concerne l’occupazione, valutata sotto l’aspetto delle unità di lavoro, è prevista una crescita dello 0,8 per cento, la stessa prospettata per il Nord-est e l’Italia. Nel 2006 c’era stato un aumento più elevato, pari al 2,0 per cento, oltre che superiore a quanto rilevato nella ripartizione e nel Paese. Il rallentamento è piuttosto marcato, ma va sottolineato che l’Emilia-Romagna si è allineata alla grande maggioranza delle regioni italiane. Le accelerazioni della crescita delle unità di lavoro sono state riscontrate in appena quattro regioni, vale a dire Trentino-Alto Adige, Marche, Abruzzo e Campania. E’

doveroso sottolineare che le unità di lavoro equivalgono al numero di posizioni lavorative equivalenti a tempo pieno e non vanno assolutamente confuse con il numero di occupati. L’insieme delle unità di lavoro deriva infatti dalla somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e di quelle a tempo parziale, sia principali che secondarie, trasformate in unità a tempo pieno. In pratica, due occupati a tempo pieno in un anno, per un totale di ventiquattro mesi, hanno un peso maggiore rispetto a dieci occupati che però hanno lavorato solo due mesi a testa nell’anno.

La crescita del Pil regionale è stata confermata dalla maggioranza degli indicatori riferiti ai principali aspetti economici della regione.

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Il mercato del lavoro è stato caratterizzato da una crescita degli occupati più ampia rispetto al Paese e alla ripartizione Nord-est, mentre sono diminuite le persone in cerca di occupazione, con conseguenti riflessi sul relativo tasso di disoccupazione. L’agricoltura non ha beneficiato di condizioni climatiche ottimali, che comporteranno un probabile calo della produzione erbacea, ma i prezzi alla produzione sono apparsi generalmente in crescita, soprattutto in ambito cerealicolo e avicolo. Le prime stime redatte dall’Assessorato regionale all’agricoltura parlano di un aumento in valore della produzione vendibile pari al 9,8 per cento, che si può giudicare positivamente. L’industria in senso stretto (manifatturiera, estrattiva ed energetica) ha consolidato la fase di ripresa che aveva caratterizzato il 2006. Nei primi nove mesi è stata rilevata una crescita produttiva del 2,2 per cento, che si è sommata all’incremento dello stesso tenore rilevato nei primi nove mesi del 2006. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono sintonizzati fatturato e ordinativi. L’industria delle costruzioni ha registrato un leggero incremento del volume d’affari, che si è associato al nuovo aumento dell’occupazione. Un analogo andamento ha riguardato la consistenza delle imprese. Le attività commerciali hanno evidenziato una crescita delle vendite al dettaglio pari all’1,8 per cento, uguagliando nella sostanza l’evoluzione dei primi nove mesi del 2006. La produzione dell’artigianato manifatturiero è cresciuta moderatamente, consolidando la tendenza espansiva in atto dal 2006. Il credito è stato caratterizzato dal buon ritmo di crescita degli impieghi, soprattutto a breve termine, e dall’alleggerimento delle sofferenze bancarie. La raccolta bancaria è apparsa in ripresa. Nell’ambito dei trasporti aerei sono stati registrati dei significativi progressi del traffico passeggeri in ogni scalo. La stagione turistica è stata caratterizzata dall’aumento di arrivi e pernottamenti e dalla crescita della spesa dei turisti internazionali. L’export del primo semestre è apparso in sensibile aumento (+12,6 per cento), confermandosi tra i principali sostegni della ripresa. Protesti e fallimenti sono risultati in calo. La propensione agli investimenti industriali è apparsa in crescita, almeno nelle intenzioni, rispetto al 2006. La compagine imprenditoriale, sia totale che artigiana, è risultata nuovamente in espansione. La Cassa integrazione guadagni di matrice anticongiunturale è andata diminuendo nel corso dell’anno, proponendo un decremento del 41,7 per cento, relativamente ai primi dieci mesi. Un analogo andamento ha riguardato gli interventi straordinari (-28,2 per cento).

In questo contesto espansivo le note negative sono risultate abbastanza circoscritte. La più importante è stata rappresentata, a nostro avviso, dalla fiammata dell’inflazione e dalla ripresa dei tassi d’interesse attivi, sull’onda degli aumenti apportati dalla Bce al tasso di riferimento nel 2007. Un altro neo è stato rappresentato dal calo dei trasporti portuali, sia secchi che petroliferi, che però è stato mitigato dalla buona intonazione di una voce ad alto valore aggiunto quali i container.

Passiamo ora ad illustrare più dettagliatamente alcuni temi specifici della congiuntura del 2007, rimandando ai capitoli specifici coloro che ambiscono ad un ulteriore approfondimento.

La demografia delle imprese, che da quest’anno è commentata in uno specifico capitolo, è stata caratterizzata da un nuovo aumento della consistenza delle imprese, pari allo 0,6 per cento e da un saldo positivo, tra iscrizioni e cessazioni, comprese quelle d’ufficio, pari a 2.237 unità. In ambito nazionale l’Emilia-Romagna è risultata la quinta regione italiana in termini di diffusione delle imprese sulle popolazione, con 1.020 imprese ogni 10.000 abitanti. I settori più dinamici sono risultati pesca, costruzioni e attività immobiliari, compresi i servizi di noleggio, informatici, ricerca e sviluppo, ecc. Il calo percentuale

La demografia delle imprese, che da quest’anno è commentata in uno specifico capitolo, è stata caratterizzata da un nuovo aumento della consistenza delle imprese, pari allo 0,6 per cento e da un saldo positivo, tra iscrizioni e cessazioni, comprese quelle d’ufficio, pari a 2.237 unità. In ambito nazionale l’Emilia-Romagna è risultata la quinta regione italiana in termini di diffusione delle imprese sulle popolazione, con 1.020 imprese ogni 10.000 abitanti. I settori più dinamici sono risultati pesca, costruzioni e attività immobiliari, compresi i servizi di noleggio, informatici, ricerca e sviluppo, ecc. Il calo percentuale

Nel documento Rapporto 2007 ( 6.2mb (pagine 79-97)