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L'economia sperimentale

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 47-51)

4. Le nuove economie del secondo Novecento

4.1. L'economia sperimentale

Nel corso della sua storia culturale l'economia ha sempre fatto riferimento a dati empirici per validare/falsificare le proprie teorie: tali dati, tuttavia, nella loro stragrande maggioranza non sono stati prodotti direttamente, bensì ricavati da fonti diverse.

In generale, si possono distinguere dati derivati da: (1) ricerche storico/statistiche (si parla allora, nella terminologia anglosassone, di «Field Data»); (2) questionari («Survey Data»), dunque con una partecipazione più attiva del ricercatore nell'attività di composizione del database di riferimento; (3) esperimenti controllati («Laboratory Data»). In quest'ultimo caso rilevano attività che vedono il ricercatore non più nella veste di un puro collettore di dati preesistenti, o, come nel caso dei questionari, di risposte provocate ma pur sempre mediate dalla scrittura, bensì quale operatore di veri e propri laboratori sociali dove vengono testate le assunzioni teoriche di determinati modelli comportamentali, mettendole a confronto con i dati prodotti sperimentalmente [cfr. Rossi 2000, pp. 149 ss.].

A seguito della svolta assiomatica rappresentata dalla teoria delle aspettative razionali, l'economia ortodossa ha per lungo tempo opposto una fiera resistenza al ricorso a esperimenti di tale natura. Si tratta di una resistenza, nondimeno, risultata sin dagli esordi fragile, come dimostrato dal precitato esperimento di Allais [supra, §3.3.]. Al tempo stesso, anche tra i primi e più brillanti sviluppatori della teoria dei giochi venne chiaramente avvertita la necessità di condurre esperimenti per verificare le intuizioni e assunzioni alla base della teoria [cfr. Roth 1988, pp. 974 ss.]. Una tradizione sperimentale, del resto, può essere tracciata ancora più a ritroso nel tempo, se solo si pensa che la teoria dell'utilità soggettiva rappresenta pur sempre un nuovo tentativo di risolvere il già noto paradosso pietroburghese emerso da un esperimento attinente a scommesse e relative aspettative (ir)razionali.

Nel lasciare da parte più accurate ricostruzioni in termini di storia della scienza e delle idee al proposito, si può riassuntivamente considerare come attraverso una complessa evoluzione, al contempo culturale e accademica, negli ultimi decenni la dottrina economica abbia finito per riconoscere una rilevanza sempre maggiore all'economia sperimentale, fino ad assumerla quale elemento portante di quella «nuova ortodossia» che, secondo un numero sempre più ampio di voci, sarebbe attualmente in corso di formazione intorno all'economia comportamentale [v. in tal senso Davis 2008, p. 350].

Rispetto alla definizione delle principali linee di ricerca sperimentali, i contributi di maggior rilievo sono senz’altro ascrivibili a Vernon Smith, autore, nei primi anni ottanta el Novecento, di una sorta di vero e proprio manifesto dell'economia sperimentale [Smith 1982, pp. 923 ss.], e, prima ancora, antesignano nell'uso di esperimenti di laboratorio per testare ipotesi di tipo sia microeconomico che macroeconomico. Smith, più precisamente, fu il primo a dedicarsi a provare la resistenza sperimentale di modelli d'istituzioni basate sull'interazione cooperativa tra soggetti, con rilevanti implicazioni in relazione alla teoria dell'equilibrio economico generale [cfr. Smith 2008, pp. 189 ss.].

Secondo quanto è già stato acutamente rilevato, al di là della discutibilità di determinate assunzioni sperimentali – valga per tutti il ricorso all'improbabile meccanismo dell'asta doppia nel caso dei primi esperimenti in materia di raggiungimento di prezzi d'equilibrio concorrenziale –, la centralità del contributo di Smith risiede «nella concezione di considerare l'economia sperimentale come microsistema controllato, dove potere artificialmente studiare le relazioni di causa ed effetto tra variabili economiche, come per esempio l'effetto di un cambiamento istituzionale nei mercati, nei disegni delle aste, nei meccanismi di incentivo nelle organizzazioni e nelle strutture complesse, nelle procedure regolamentative

concernenti i monopoli» [Bernasconi 2005, p. 111]. In sostanza, con il nuovo corso dell'economia sperimentale avviene un'inversione metodologica di assoluto rilievo nel pensiero economico contemporaneo. Abbandonate le pretese normativo-prescrittive tipiche della linea neoclassica ed espresse nella maniera più icastica dal contributo «metodologico positivo» di Friedman, vengono infatti prese in diretta considerazione le condotte così come osservabili e misurabili attraverso esperimenti appositamente predisposti. Ciò ha portato alla formazione di un corpo di studi sperimentali sempre più vasto e composito, con un corrispondente fiorire di laboratori di economia sperimentale in tutto il mondo.

Come si vedrà più avanti, tale direzione di studi risulta caratterizzata da un incrocio di ricerche ed esperimenti di notevole interesse anche per il diritto. I significativi progressi maturati dall'economia sperimentale, in ogni caso, non devono far dimenticare come ancora molto lavoro resti da svolgere per giungere a una maggior robustezza epistemologica della disciplina. Al proposito, le difficoltà maggiori continuano a risiedere nella perdurante mancanza di standard operativi condivisi, dal disegno degli esperimenti alle modalità di controllo e validazione degli esperimenti [sul punto v. Samuelson 2005, pp. 79 ss.].

In effetti, a differenza di quanto avviene per discipline come la fisica o la biologia, dove da tempo sono applicate linee guida ufficiali relative alla conduzione degli esperimenti, protocolli del genere non risultano esistenti per l'economia sperimentale; le riviste specializzate, dal canto loro, non richiedono particolari attestazioni metodologiche da parte degli autori pubblicati, sebbene non siano mancati in dottrina sforzi riorganizzativi della materia in una prospettiva normativa [per una trattazione utile anche agli studi giuridici cfr. Croson 2002, pp. 921 ss.]. A fronte di tali carenze è naturale che si perpetuino le discussioni intorno ad alcune questioni di metodo. Tra le principali, merita qui menzionare (i) la selezione dei soggetti testati (di solito,

per ovvie ragioni di praticità, studenti universitari, i quali possono non costituire un campione particolarmente rappresentativo rispetto a determinate condotte); (ii) l'impatto dell'ambiente di laboratorio sulle condotte osservate; (iii) le conseguenze sulle medesime condotte del pagamento di una determinata somma per la partecipazione all'esperimento [cfr. Posner 1998, pp. 1570 ss.].

Molte delle critiche sopra citate, va detto, appaiono fondate. Pure, tenuto conto del fatto che il processo della ricerca risulta per sua natura continuo e perfettibile, non si vede perché, in linea con quanto già avvenuto rispetto ai più stabiliti campi di ricerca sperimentale, non si possa riconoscere anche all'economia sperimentale un «diritto al progresso», da un lato prendendo atto dei risultati già raggiunti dalla stessa senza pregiudiziali di sorta, dall'altro lavorando con serietà per raggiungere standard di ricerca sempre più elevati e condivisi. A quest'ultimo proposito, conforta considerare come le ricerche in campo psicologico già dispongano di più definite linee guida, spesso adottate da associazioni nazionali, che possono rappresentare utili modelli di riferimento per ricerche sperimentali condotte da altre scienze sociali.

Al contempo, sotto un profilo più strettamente giuridico di tutela dei soggetti coinvolti, va pure segnalata la necessità di meglio tenere in considerazione i regolamenti già esistenti – ma assai poco noti, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti – relativi alla protezione della salute dei partecipanti agli esperimenti [cfr. U.S. Department of Health & Human Services, 1974]. Sul tema del diritto degli esperimenti, torneremo, in ogni caso, anche più avanti [infra, §8.3.1.].

Salve le limitazioni e avvertenze appena riportate, la mole di dati e informazioni ormai esistenti su condotte individuali e relative interazioni si erge a testimoniare quanto profondamente l'economia sperimentale abbia indotto a ripensare la teoria microeconomica standard e i suoi modelli di

agenti razionali. Tale ripensamento è stato condotto, in modo particolare, dall'economia comportamentale, la quale può ora essere finalmente presa con maggior cognizione in esame.

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 47-51)