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Effetto di dotazione, avversione al rischio, status quo

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 62-66)

4. Le nuove economie del secondo Novecento

4.3. Sviluppi dell'economia comportamentale

4.3.1. Effetto di dotazione, avversione al rischio, status quo

Nel rinviare a ulteriori note in relazione alle implicazioni evoluzionistiche dei temi appena richiamati rispetto al nuovo pensiero economico e giuridico [infra, §§6.2 e 8.4.1.], ai fini del miglior inquadramento generale dell'economia comportamentale occorre considerare ancora una serie di ricerche in materia di (1) scelta del consumatore, e, più in generale, (2) avversione al rischio dei soggetti agenti.

In entrambi i casi, è soprattutto ai lavori di Richard Thaler che occorre fare riferimento. Questi, infatti, sin dai primi anni ottanta si è dedicato a rilevare ed evidenziare i più sistematici e sensibili errori di previsione in cui

incorre la teoria del consumatore standard. Sotto questo profilo, come è stato giustamente rilevato, «allo stesso modo di Tversky e Kahneman, Thaler è interessato alle anomalie soprattutto come un mezzo per un fine, il fine essendo lo sviluppo di una teoria descrittiva della scelta del consumatore empiricamente adeguata» [Angner, Loewenstein 2007, p. 33]. Agli aspetti descrittivi, peraltro, l'economista statunitense ha fatto più recente seguire considerazioni di tipo prescrittivo particolarmente rilevanti, dalle quali ha preso avvio una discussione, quella sul c.d. «paternalismo giuridico», piuttosto controversa, sulla quale torneremo [infra, §8.2.].

Quanto allo studio della scelta del consumatore, Thaler l'ha impostato sperimentando «un ibrido di psicologia cognitiva e microeconomia» [Thaler 1985, p. 199]. Nel contributo appena citato, che fa il punto di precedenti scritti sul medesimo tema e fissa le direzioni di ricerca di molti altri studi successivi, la funzione di valore propria della teoria dei prospetti viene adottata per sviluppare una codifica di guadagni e perdite combinate: una sorta di contabilità mentale («Mental Accounting»), che i consumatori terrebbero in conto nel momento decisionale. La valutazione degli atti d'acquisto successivamente compiuti, dal canto suo, viene effettuata facendo ricorso al nuovo concetto di «utilità negoziale» («Transaction Utility»), volto a rendere conto delle percezioni psicologiche del consumatore rispetto ai negozi di acquisto stipulati a valle della contabilità mentale prima realizzata: il sentimento, insomma, di «aver fatto un affare».

Tra le varie teorie proposte nel corso degli anni dal professore della Chicago University – molte e diverse, ma pur sempre riconducibili al campo di studi della teoria della decisione, come confermano le sue più recenti proposte in materia di «Choice Architecture» [cfr. Thaler, Sunstein, Baltz 2010, pp. 1 ss.] – quella della contabilità mentale si distingue per il suo chiarire una serie d'interessanti anomalie delle condotte, rispetto alla teoria della razionalità standard, sotto il profilo della predisposizione al rischio. Al

proposito, rilevano le questioni dell'effetto di dotazione («Endowment Effect»), dell'avversione al rischio («Loss Aversion») e dell'errore dello status quo («Status Quo Bias»), alle quali Thaler ha dedicato un importante articolo insieme ad altri rinomati due ricercatori di economia sperimentale [cfr. Kahneman, Knetsch, Thaler 1991, pp. 193 ss.].

Nel primo caso, l'anomalia rispetto alla teoria standard della scelta razionale verte sulla discrepanza che esiste tra la valutazione che viene data di un bene a seconda che lo si possieda oppure no. Dalle numerose verifiche sperimentali ormai accumulate risulta infatti che le persone tendano a valutare maggiormente un bene di cui già sono in possesso, di cui cioè sono «dotate». Secondo la teoria della dotazione sviluppata originariamente da Thaler, ciò dipenderebbe da un'incapacità di considerare correttamente sia il «costo opportunità» - secondo la classica espressione della teoria del consumatore – del bene posseduto, sia i costi vivi da affrontare per acquistare un nuovo bene, posto che nel primo caso l'agente percepisce un mancato guadagno, nel secondo caso una perdita secca.

L'effetto appena segnalato si ricollega a quello che è stato definito errore dello status quo, ovvero la preferenza psicologica dei soggetti a rimanere nella condizione in cui si trovano, poiché percepiscono gli svantaggi dell'abbandonarla maggiori rispetto ai vantaggi della nuova situazione in cui si troveranno. Sia l'effetto di dotazione che l'errore di status quo, ad ogni modo, sono spiegabili facendo ricorso a una più generale teoria dell'avversione al rischio, tenendo cioè conto delle preferenze manifestate in concreto dai soggetti decisori nel preferire di evitare perdite rispetto all'acquisire guadagni, in linea con le euristiche e gli effetti di incorniciamento originariamente rilevati da Tversky e Kahneman.

Alla luce di tali elementi, le conclusioni della ricerca sono nette nel richiamare l'attenzione sull'opportunità di una profonda revisione della teoria della scelta razionale. Per ricorrere alle considerazioni degli stessi autori del

contributo sin qui considerato, «l'importante nozione di un ordine di preferenze stabili dev'essere abbandonata a favore di un ordine di preferenze dipendente dal corrente livello di riferimento. Una versione rivista della teoria delle preferenze dovrebbe assegnare un ruolo di rilievo alla teoria dello status quo, abbandonando alcune assunzioni standard in tema di stabilità, simmetria e reversibilità che sono risultate false» [Kahneman, Knetsch, Thaler 1991, p. 205].

Oltre a quanto sin qui rimarcato rispetto ai maggiori contributi dell'economia comportamentale in tema di teoria dell'avversione al rischio, resta ancora da citare almeno un apporto significativo, sempre accreditabile a Thaler, rispetto a un'altra, ricorrente questione irrisolta da parte della teoria della razionalità standard, quella dei costi affondati («Sunk Costs»). In breve, secondo il pensiero economico ortodosso i costi relativi a scelte già compiute e irreversibili, non recuperabili al momento in cui una decisione viene adottata – per l'appunto i costi affondati – non dovrebbero condizionare in alcun modo le scelte successive adottate dagli agenti razionali. Tale attitudine, tuttavia, non è riscontrabile nella pratica, dove, invece, si assiste d'ordinario a valutazioni che, rispetto a un investimento o un progetto d'impresa, oltre a costi e benefici marginali considerano pure le risorse già impegnate e non più recuperabili, secondo una contabilità mentale assai lontana da quelle che aspettative perfettamente razionali richiederebbero [per una recente considerazione della questione, con alcune applicazioni pratiche, cfr. Wang, Yang 2010, pp. 133 ss.].

Vedremo, nel prosieguo del discorso, come la considerazione delle reazioni soggettive rispetto ai costi affondati sia suscettibile d'interessanti sviluppi in ambito giuridico [infra, §7.2.2.].

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 62-66)