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Scelte, aspettative razionali, giochi

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 34-37)

3. Nozioni e funzioni della razionalità in economia

3.2. Scelte, aspettative razionali, giochi

La teoria delle decisioni a cui si riferisce la citazione appena riportata corrisponde, nel suo nucleo originario, alla «Game Theory» presentata da von Neumann e Morgenstern, e, nel suo rifondare la razionalità del soggetto su base probabilistica, rappresenta un’autentica svolta nel pensiero economico contemporaneo. Gli assiomi di razionalità propri della lezione marginalista vengono mantenuti, salva l'aggiunta di alcuni ulteriori corollari necessari alla consistenza della formalizzazione, ma, complessivamente, sono ricollegati a

come gli agenti interpretino la probabilità di successo delle proprie azioni in stati di natura futuri rispetto alle utilità attese («Expected Utility» sulla base di «Rational Expectations», nella dizione originale), in linea con l'impostazione bayesiana delle probabilità soggettive [cfr. Montesano 2005, p. 32]. Si tratta peraltro di utilità, è importante notare, che, dopo le ricordate tensioni marginaliste verso l'elaborazione di funzioni di utilità ordinali, tornano a essere esprimibili in senso numericamente cardinale.

L'operazione così compiuta, intellettualmente prodigiosa, corrisponde in sostanza a una fondazione della razionalità sulla teoria della probabilità soggettive, ponendosi nel solco degli studi che, perlomeno a partire dalla soluzione offerta nel 1738 da Daniel Bernoulli al c.d. «paradosso di San Pietroburgo»*, hanno tentato di rendere in qualche modo calcolabile l’aleatorietà tipica delle decisioni da prendere in condizioni di rischio e incertezza [v. Bernasconi 2005, pp. 97 ss.].

In estrema sintesi, la nozione di utilità attesa poggia su una funzione di utilità che consente di comparare l’utilità di ciascuna delle alternative decisionali poste di fronte all’agente economico rispetto alle loro diverse probabilità [l’esemplificazione è ripresa da Egidi 2005b, p. 180]. Un risultato del genere viene ottenuto, tuttavia, solo dopo aver stabilito rigorose assunzioni in termini di quale sia il miglior risultato da perseguire nelle condotte strategiche dei soggetti. Per meglio intendersi, l’impianto

* Tale paradosso, che prende il nome dalla sua esposizione da parte di Daniel Bernoulli in una pubblicazione dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, descrive un particolare gioco d'azzardo (scommessa testa o croce sul lancio di una moneta) basato su una variabile casuale con valore atteso infinito, cioè con una vincita media di valore infinito. Nonostante il fatto che, da un punto di vista matematico, una vincita tale da ripagare qualsiasi somma pagata per partecipare al gioco sia certa, la condotta comune sarà disposta a postare solo una minima somma, poiché le aspettative di vincita vengono proiettate non sull'infinito, bensì – come evidenziato dagli studi della decisione sviluppatisi nell'ambito delle scienze sociali, qui sopra in discorso – a seconda del peso soggettivamente attribuito alle probabilità.

utilitaristico alla base della teoria dei giochi [su cui v. anche infra, §6.1.1.] si regge su una raffigurazione estremamente prudente dei giocatori, ottimizzante le condizioni di ciascuno nel senso di una massimizzazione di indici di preferenze personali. Si tratta di preferenze, tra l'altro, stabili sia nel tempo che rispetto all'ambiente in cui l'agente si trova a interagire [v. Gilli 2005, p. 17].

Ora, secondo quanto già autorevolmente rimarcato sin dalla prima introduzione della teoria dei giochi, «il tipo di teoria approssimata di von Neumann tende a condurre un giocatore ad agire con la massima cautela, supponendo che il suo avversario sia perfettamente saggio» [sono parole di Norbert Wiener, riprese da Israel, Millàn Gasca 2008, p. 110]: una pre-supposizione che, trovandosi alla base della modellizzazione dell'agente razionale, condiziona necessariamente gli esiti di tutte le sue condotte.

Si ripropone in tal modo, platealmente, la già anticipata questione del contenuto descrittivo/prescrittivo/normativo (e relative, indebite commistioni) di una teoria economica. Se, infatti, la teoria delle aspettative razionali è di carattere squisitamente normativo, rappresentando nella maniera più alta il compimento della tensione primo-novecentesca alla formalizzazione e modellizzazione ricostruita nel capitolo precedente, l’accademia economica si è però presto appropriata della stessa per impiegarla in senso prescrittivo. Tale operazione, sostanzialmente eristica, è avvenuta nonostante le avvertenze lasciate al proposito degli stessi padri fondatori della teoria dei giochi in merito alla necessità che la conoscenza economica vertesse sulla raccolta di dati e osservazioni dalla realtà.

Secondo un puntuale commento sul tema, von Neumann e Morgenstern riuscirono infatti a formalizzare una serie di intuizioni «plausibili» entro una teoria assiomatica della scelta in condizioni di rischio, ma dichiararono espressamente che i loro contributi in tal senso andavano intesi come uno stadio preliminare dello sviluppo scientifico dell'economia.

Tuttavia, «ignorando la prudenza dei suoi padri fondatori, gran parte della professione vedrà nel concetto di razionalità di von Neumann e Morgenstern il solido strato di roccia su cui costruire l’elegante edificio della scienza economica» [Motterlini, Guala 2005, p. 2].

In una prospettiva storica, l'opera di definitiva «sterilizzazione formale» del pensiero economico, con un dichiarato disinteresse nei confronti di verifiche empiriche di sorta, ha trovato il suo culmine nella proposta di Friedman e Leonard Savage, espressa in un articolo congiunto del 1948, di una curva dell’utilità attesa valida a livello aggregato: proposta formulata in completa assenza di dati concreti, dando per assunto che le preferenze non siano osservabili (o, il che è operativamente lo stesso, non sia necessario farlo), sulla base di una poderosa formalizzazione delle condotte degli agenti, nello specifico consumatori, «as if», cioè come se questi si comportassero nel modo richiesto dalla teoria. Secondo quanto è già stato laconicamente notato, rispetto al modo in cui veniva definita la nozione di utilità in quel periodo l’articolo di Friedman e Savage costituiva un notevole passo in avanti: «tuttavia questo passo avanti nascondeva un’impostazione generale metodologicamente ed epistemologicamente insostenibile, che sfortunatamente ebbe successo e rimase per lungo tempo un indiscusso dogma per gran parte degli economisti» [Egidi 2005b, p. 181].

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 34-37)