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Emozioni, paternalismo, leggi

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 140-145)

8. Diritto cognitivo

8.2. Emozioni, paternalismo, leggi

L'esperimento in materia di Price Framing qui sopra esaminato ha creato ampio spazio per riflessioni quanto a prospettive sperimentali in ambito giuridico. Al tempo stesso, alcune almeno delle conclusioni qualitative raggiunte nello studio offrono il destro per ragionare di una serie di elementi che, ancora una volta, sembrano essere rimasti poco tematizzati, e, soprattutto, dipendenti da un'impostazione concettuale discutibile. Il

riferimento è all'interpretazione di alcuni effetti comportamentali rispetto a determinate cornici di prezzo in termini di «fallimenti cognitivi», dove tali fallimenti sono intesi come pure inefficienze, nella strategia operativa del consumatore, sotto il profilo delle capacità di calcolo.

Nonostante l'opportuna predisposizione di verifiche delle sensazioni dei soggetti sottoposti a test [cfr. OFT 2010, pp. 81 ss.], inoltre, la ricerca non si è mostrata particolarmente interessata all'aspetto emotivo sottostante alle decisioni da parte degli agenti. In questo senso, essa risulta in linea con la tendenza propria della Behavioral Law and Economics – e, secondo quanto già accennato [supra, §4.3.], dell'economia comportamentale più in generale – a registrare una presenza di euristiche decisionali ed errori cognitivi «pervasiva ma potenzialmente correggibile» [cfr. Abrams, Keren 2010, p. 2019].

I fenomeni citati, insomma, vengono rappresentati esclusivamente in termini negativi, e non come indici di modalità decisionali alternative a cui il soggetto ricorra – consapevolmente o meno – nel momento formativo della propria condotta, anche tenuto conto dell'ambiente in cui si trovi ad agire. Intese nel secondo modo, le condotte citate aprono invece nuovi scenari cognitivi, dove è propriamente la presenza contestuale di processi cognitivi e affettivi [supra, §4.4.1.] elaborati in maniera aggregata dalle diverse componenti del sistema nervoso [supra, §5.2.1.] a determinare il risultato finale, visibile, della condotta. Una maggiore considerazione degli aspetti emotivi rispetto alle strategie decisionali è però riscontrabile in una corrente di studi che, negli ultimi anni, sta emergendo nelle principali scuole di diritto del Nord America, dove viene solitamente individuata con la denominazione di «Law and Psychology», se connotata più sperimentalmente, ovvero «Law and Emotions» quando caratterizzata da prevalenti interessi filosofici [cfr. Abrams, Keren 2010, pp. 2003 ss.].

ripetuto segnale nominale, viene da annotare, di un'incompletezza sostanziale propria del diritto nel gestire in maniera compiuta le condotte degli agenti –, il loro interesse ai fini della presente dissertazione risiede nell'aprire il pensiero giuridico a sensibilità cognitive finora inedite e in linea con le elaborazioni in tal senso già riscontrabili nel pensiero economico più recente, particolarmente attento alla considerazione degli aspetti emozionali degli agenti [supra, §4.4.1.]. Nel caso delle ricerche più propriamente riconducibili alla Law and Psychology, si può in effetti ritenere che le pressioni culturali esercitate sul perimetro concettuale del diritto siano molto simili a quelle originariamente impiegate da Tversky e Kahneman per modificare l'impostazione di pensiero dell'economia: abbiamo visto, nei capitoli precedenti, quanto l'operazione sia stata fortunata. Più nello specifico, gli studi di Law and Psychology proseguono lungo la strada indicata dall’economia comportamentale nell’evidenziare l’esistenza di peculiari strategie deliberative, registrando la ricorrenza di una serie di «Emotional Bias» e «Affective Heuristics» che, al di là degli effetti concreti (non necessariamente negativi), assumono sicuro interesse sotto il profilo di una più compiuta analisi delle capacità di agire dell’agente in ambito giuridico [v. Blumenthal 2007, pp. 27 ss.].

In tale ambito, va rilevato, la psicologia del soggetto ha tradizionalmente trovato una considerazione privilegiata da parte di psichiatria e psicologia forense: si tratta di discipline, tuttavia, che per loro natura mostrano una connotazione casistica incentrata sulla dimensione processuale dell'analisi dei comportamenti, ciò che non consente un trasferimento delle conoscenze così accumulate sul piano della definizione normativa delle condotte, in vista cioè di definizioni imperative dalla validità generale. Applicazioni del genere, al contrario, sono propriamente quelle perseguite dalle ricerche di Law and Psychology con possibili applicazioni ad ampio raggio, dal diritto di famiglia a quello dei contratti [cfr. Abrams, Keren

2010, pp. 2034 ss.]. Da qualche tempo, in effetti, ricorrono studi in tema di predisposizione da parte dell’ordinamento di apposite disposizioni vincolanti – tipicamente «Default Rules» rispetto a contratti tra privati, con possibili declinazioni in termini di «Cooling-off Periods», ovvero termini di recesso garantiti – quando sia robustamente provata la ricorrenza di determinati stati emozionali e la manipolabilità degli stessi [v. Camerer et al. 2003, pp. 1238 ss.].

La tutela dei consumatori rappresenta, con ogni evidenza, il candidato ideale per interventi del genere, posto che in essa le scelte di politica legislativa e regolazione finiscono per intervenire sul perimetro della capacità di agire dei soggetti e relative libertà contrattuali: conviene, dunque, che tali scelte poggino su basi conoscitive quantomai ampie, senz'altro comprensive anche di quelle derivabili dall'analisi degli stati emozionali dei soggetti. Una simile strategia legislativa si mostra del resto utilmente speculare, in chiave difensiva, rispetto alle pratiche di vendita commerciale incentrate sullo sfruttamento delle debolezze cognitive ed emozionali dei consumatori [cfr. Dalli, Romani 2004]. In questa prospettiva, per quanto al momento non siano ancora disponibili più concreti dati di analisi, il nuovo orizzonte consumeristico statunitense delineato dal precitato CPFA costituisce un elemento di assoluto interesse per la sua apertura a verifiche sperimentali delle condotte rilevanti, di cui sarà bene seguire la concretizzazione. Ancora una volta, poi, lo studio dell’OFT sopra riportato va inteso come un precedente importante nello svolgimento di esperimenti di controllo, ancorché privo di immediate ricadute regolamentari.

Nell’ambito del discorso sin qui condotto a proposito dell’adozione di determinate disposizioni che, sulla base delle migliori conoscenze degli stati cognitivi, tutelino i consumatori, si coglie pure l’occasione per una breve considerazione della questione del c.d. «paternalismo giuridico».

volta caratterizzata dall’effimera prevalenza di aggettivazioni a effetto, l’ultima e più nota delle quali indirizza a un «paternalismo libertario» [v. Sunstein, Thaler 2009] – non abbia prodotto risultati di particolare merito, e, soprattutto, non sia stata in grado di trascendere alcune caratteristiche proprie dell’ambiente di Common Law in cui è originata. In breve, la questione verte sulla legittimità d’azione di un decisore pubblico che adotti regole giuridiche in grado di indirizzare i soggetti verso determinate decisioni, così proteggendoli dalle personali predisposizioni (es. in ragione di euristiche ed errori cognitivi standard) a cadere in fallo [v. da ultimo Maniaci 2011, pp. 133 ss.].

Al riguardo, merita per prima cosa tenere a mente che «un approccio consapevole dei limiti cognitivi umani non può condurre, coerentemente, a riporre una fiducia cieca nella capacità di un decisore pubblico paternalista di governare la complessità del reale. La razionalità olimpica non manca solo al privato cittadino che deve decidere per sé, ma anche al politico, al giudice, al medico che vogliono decidere al suo posto» [Caterina 2008, p. 4], col il che trova ulteriore conforto la tesi che maggiori sperimentazioni possano senz’altro aiutare il decisore di turno nell’adozione di una migliore regolazione. Per altro verso, occorre sempre mantenere ben chiaro il riferimento a principi e disposizioni costituzionali che, perlomeno nel nostro ordinamento, illuminano anche con relativa puntualità le scelte di tipo normativo.

E infatti, la carta costituzionale, nel delineare il contesto democratico della supervisione e disposizione delle condotte soggettive da parte degli agenti istituzionali di volta in volta competenti, rappresenta l'orizzonte operativo più proprio del diritto [cfr. di nuovo Maniaci 2011, p. 135] senza che sia necessario rimandare a un «paternalismo» di fondo per giustificare l’adozione di determinate disposizioni di tutela. Allo Stato legislatore, insomma, si chiede che sia costituzionalmente orientato rispetto alla miglior

tutela dei suoi cittadini, e non paternamente accondiscendente verso debolezze di sudditi: il che, va da sé, non vuol certo dire che lo stesso legislatore non debba fare ricorso alle migliori conoscenze disponibili circa le modalità cognitive e decisionali dei destinatari delle proprie disposizioni.

Nel documento ELEMENTI DI ECONOMIA E DIRITTO COGNITIVI (pagine 140-145)