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Capitolo 4 - Sistemi Biologici e Sistemi di Business

4.2 Gli ecosistemi

Le organizzazioni economiche, essendo inerite in numerose reti di valore presentano complessità relazionale tale da costituire un vero e proprio ecosistema: il loro destino è fortemente intrecciato. Alcune aziende che sono state in grado id cogliere questi aspetti hanno sviluppato strategia che interessano l’intero ecosistema anche se non hanno su di esso il pieno controllo, consapevoli che le proprie performance sono collegate a quelle dei propri partner.

Ecco perché modelli strategici che si focalizzano ed enfatizzano le sole competenze interne oggi non sono più sufficienti.

Nell’analisi anche l’analogia biologica può esser d’aiuto, stante alcuni aspetti comuni quali il gran numero di soggetti coinvolti che, seppure debolmente connessi tra loro, finiscono per dipendere reciprocamente per la sopravvivenza.

A ben vedere non si tratta di un fenomeno nuovo e men che meno collegato al fenomeno internet come credenza comune. Semplicemente oggi sono molto più diffusi. Moore (2005) sostiene sino sempre esistiti e che abbiano avuto un primo sviluppo con la nascita dell’industria dell’automobile: negli anni ’90 lo sviluppo tecnologico era tale da non rendere economica la creazione di business networks e, conseguentemente, il must era l’integrazione verticale. Con il passare del tempo, gli sviluppi tecnologici e l’accresciuta disponibilità di capitali rendevano il prodotto non più solo l’output di un’organizzazione ma, piuttosto, il risultato della collaborazione fra differenti soggetti che, nel tempo, si sono ulteriormente specializzati e si sono concentrati su un piccolo numero di aspetti sui quali eccellere.

“Strategy is becoming to an increasing extent, the art of managing assets that one does not own” (Iansiti & Levien, The Keystone Advantage: what the new dynamics of business ecosystems mean for strategy, innovation and sustainability, 2004). Gli autori si preoccupano dei rapporti fra le aziende del medesimo contesto competitivo precisando che

“From a world of vertical integration, internal capabilities, internal R&D, internal projects, and internal infrastructure, we have come to a world of mutual dependencies, distributed innovation, technology integration, trading collaboration, and on-demand capabilities. Leveraging the

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distributed assets on extended network of business partners has opened the way to unprecedented innovation and operational flexibility”.

In realtà, è vero che in un ecosistema le aziende vanno oltre il semplice trading e le relazioni anche formali, poichè “We are not just talking about technology networks. . . . We are talking about interconnected communities of people and organizations that truly share in collective success and failure” ma Iansiti e Levien si limitano a considerare solo le aziende, dimenticando che esistono altri stakeholder. Infatti, gli autori, considerano che il business ecosystem si limita ad includere “companies to which you outsource business functions, institutions that provide you with financing, firms that provide the technology needed to carry on your business, and makers of complementary products that are used in conjunction with your own. It even includes competitors and customers, when their actions and feedback affect the development of your own products or processes. The ecosystem also comprises entities like regulatory agencies and media outlets that can have a less immediate, but just as powerful, effect on your business”. (Iansiti & Levien, Strategy as Ecology, 2004)

Se, però, consideriamo l’intero ecosistema in una visione più ampia, vi è la necessità di gestire strategicamente anche enti di regolazione, legislatori, dipendenti e collaboratori, mezzi di comunicazione, community ed opinione pubblica.

L’elaborazione delle strategie, proseguono Iansiti & Levien, non può prescindere dall’analisi del contesto e dallo stato in cui versano le altre organizzazioni il cui comportamento ha delle ricadute sull’organizzazione. Infatti, “stand-alone strategies don’t work when your company’s success depends on the collective health of the organizations that influence the creation and delivery of your product. Knowing what to do requires understanding the ecosystem and your organization’s role in it” (Iansiti & Levien, Strategy as Ecology, 2004), perché, al pari degli individui all’interno dell’ecosistema biologico, anche le organizzazioni condividono il destino dell’intero network anche in assenza di apparenti legami. Ecco perché il loro ruolo non può limitarsi a definire e promuovere il proprio benessere ma deve estendersi fino a garantire la salute ed il benessere dell’intero ecosistema. Questo concetto, nonostante la limitazione collegata al fatto di considerare le sole aziende, ha, ad avviso di chi scrive, una valenza generale.

A questo punto siamo in grado di contestualizzare la definizione di Business Ecosystem, presentando alcune definizioni elaborate dai diversi autori.

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Iames Moore fu il primo ad introdurne i concetto già nel 1993, quando scrisse:

“An economic community supported by a foundation of interacting organizations and individuals – the organisms of the business world. This economic community produces goods and services of value to customers, who are themselves members of the ecosystem. The member organizations also include suppliers, lead producers, competitors, and other stakeholders. Over time, they co-evolve their capabilities and roles, and tend to align themselves with the directions set by one or more central companies. Those companies holding leadership roles may change over time, but the function of ecosystem leader is valued by the community because it enables members to move toward shared visions to align their investments and to find mutually supportive roles The idea of business ecosystem is the same as of natural ecosystem. It is a system that can sustain itself without outside interventions” (Moore, 1993).

Il concetto venne sintetizzato nel 2005 dallo stesso Moore che scrisse:

“The term “business ecosystem” and its plural, “business ecosystems,” refer to intentional communities of economic actors whose individual business activities share in some large measure the fate of the whole community” (Moore, 2005)

Nella prima definizione, più estesa, emerge, in analogia con i sistemi biologici, il ruolo prevalente di alcuni soggetti che definiscono le linee evolutive e gli obiettivi in un’ottica di co-evoluzione accanto a ruoli di mutuo supporto (simbiosi). La dipendenza, quindi, è tale che la debolezza di uno solo dei partecipanti può compromettere l’intero ecosistema.

Un’altra definizione la ritroviamo in Peltroniemi (2005).

“Business ecosystem consists of a large number of participants that can be business firms and other organizations. They are interconnected in a sense that they have an effect on each other. This interconnectedness enables various interactions between the members. These interactions can be both

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competitive and cooperative. These with interconnectedness lead to shared fate. The members are dependent on each other, and the failures of other actors can result in failures of a certain firm. The members of a business ecosystem are capable of conscious decisions of their own part. The firms are aiming at innovations and commercial success and hope to take advantage of other members and their capabilities. This is challenging since a business ecosystem is coupled to its environment that may change rapidly and unpredictably. Thus, business ecosystem is fundamentally a dynamic structure that evolves and develops in process of time” (Peltoniemi, 2005b).

Questa definizione mette in evidenza, invece, sulle interazioni fra i membri e con l’ambiente. Nel primo caso, l’autrice evidenzia la natura collaborativa e competitiva delle relazioni mentre, nel secondo, si pone l’accento sull’equilibrio dinamico fra ecosistema ed ambiente di riferimento.

Anche altri autori sottolineano l’importanza delle relazioni.

“the business ecosystem could be seen as a set of relationships (vertical, horizontal and transversal; direct or indirect; formalised or not) between heterogeneous key players guided by the promotion of a common resource (standard, know-how and so on) and an ideology that leads to the development of shared competencies (ecosystemic competencies)” (Gueguen, Pellegrin-Boucher, & Torres, 2006)

In questa definizione inoltre gli autori sottolineano il fatto che un ecosistema sia guidato nella sua evoluzione dalla promozione di un set di competenze comuni e condivisibili che tipicamente prendono la forma di uno standard, di un'architettura di prodotto o di una piattaforma tecnologica.

Anche gli ecosistemi di business evolvono anche in relazione alle loro performance, attraversando le seguenti fasi evolutive:

Nascita: è la fase in cui l'ecosistema di business si forma e si fa strada. Il focus in questa

fase dovrebbe essere l'acquisizione di lead customers critici, di fornitori chiave e di importanti canali comunicativi e commerciali. Queste dovrebbero costituire le basi per la

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creazione del valore nell'ecosistema e proteggere dall'avvento di nuovi competitors esterni.

Espansione: l'ecosistema deve espandersi e raggiungere una massa critica. Il focus è

quindi la creazione di economie di scala e di scopo con gli altri partner e la standardizzazione in segmenti di mercato chiave.

Leadership: in questa fase da una parte le imprese devono incoraggiare fornitori e

consumatori a lavorare insieme per migliorare continuamente l'offerta complessiva ma dall'altra devono cercare di mantenere il loro forte potere contrattuale nei confronti di questi partners.

Self-renewal: il focus in questa fase è l'implementazione di nuove idee. Bisogna anche

cercare di sfavorire gli business ecosystem che presentano idee simili mediante barriere all'entrata (alti costi di ingresso nell'ecosistema per I nuovi concorrenti) o elevati costi di switching dei consumatori. Questo stadio è naturalmente il più critico poichè un ecosistema che non si dimostri auto-rinnovabile sarà destinato a non evolvere e quindi a scomparire.

Nonostante il concetto risulti chiaro, la definizione operativa dei confini del Business Ecosystem è un’impresa quasi impossibile ed, in ogni caso “an achademic exercise”: ha molto più senso identificare in maniera sistematica tutti coloro che hanno un impatto critico – anche solo potenziale – con il proprio dominio di business, almeno i termini di categorie.

Una volta identificato, il Business Ecosystem in relazione alle sole aziende, però, va esaminato sistematicamente in relazione a 3 parametri:

• Productivity: è la capacità di un ecosistema di trasformare materie prime e tecnologia in prodotti/servizi. Può essere convenientemente misurato in termini di ROI medio di settore, comparandolo con altri settori e valutandone l’andamento nel tempo.

Robustezza: un sistema biologico è robusto nel momento in cui è in grado di resistere a mutamenti ambientali e di contesto ed, analogamente, si definisce tale un ecosistema di business in grado di sopravvivere a sconvolgimenti importanti della tecnologia e del contesto. Si può misurare attraverso parametri quali i tassi di

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sopravvivenza dei membri dell’ecosistema di business comparati con altri ecosistemi.

Niche Creation: è la capacità di ecosistema di business di consentire una “diversità della specie” permettendo a soggetti con caratteristiche diverse di affrontare ugualmente il mercato. Ciò consente all’ecosistema di assorbire eventuali shock. Si può misurare in termini di capacità di creazione di nuove funzionalità, nuove caratteristiche che hanno significato.

In relazione al sistema di business, esistono diversi ruoli (Iansiti & Levien, Strategy as Ecology, 2004) che possono essere occupati da diversi soggetti nel tempo, i quali giocano ciascuno una propria strategia ecosistemica, scelta in funzione delle proprie aspirazioni e del contesto in cui opera.

La figura seguente mostra le possibili strategie ecosistemiche in funzione del livello di turbolenza e della complessità relazionale.

Turbolence and Innovation level

A Niche Keystone

Value Dominator

B Commodity Physical dominator

B A

Complexity of relationship

Figure 27: le possibili strategie ecosistemiche

Se il proprio business è in rapido cambiamento e l’azienda, sfruttando gli asset di altre aziende, intende focalizzarsi su un segmento preciso, sta adottando una strategia di nicchia (“Niche”)26, mentre se in contesti turbolenti essa è all’interno di una complessa rete di asset sharing, la strategia ecosistemica più adatta è quella di condivisione di valore con gli altri membri dell’ecosistema (“Keystone”) anche attraverso la capacità di generare

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risposte ecosistemiche innovative. Questa strategia ha due fasi: la creazione di valore per l’intero ecosistema;

la suddivisione del valore fra gli altri membri senza intaccare le proprie possibilità di sopravvivenza..

Se, però, un soggetto ha la pretesa di estrarre il massimo valore da beni che non controlla (“Value domination”), allora sfrutta gli altri membri portando anche alla morte dell’intero ecosistema.

Se viceversa, il contesto di business è maturo e si opera in un contesto relazionale complesso, la strategia più coerente è quella di assumere il controllo fisico degli asset (“Physical domination”).

Nel caso di situazioni tendenzialmente stabili in contesti poco complessi, non si ha a che fare con una strategia ecosistemica.

L’importanza degli ecosistemi è evidente perché, in relazione alla maggiore complessità, la performance di ogni azienda si basa su asset non direttamente sotto il suo controllo. All’interno di un ecosistema, quindi, è veramente importante capire quali siano i ruoli e, soprattutto, se c’è chi cerca di sfruttare gli altri ma anche se esistono soggetti con cui collaborare per preservare la salute dell’intero ecosistema, posto che, in futuro, si combatteranno battaglie fra ecosistemi non solo fra aziende. In questo senso, il rapporto fra membri di uno stesso ecosistema di business è un rapporto di competizione, visto che concorrono allo sfruttamento delle stesse risorse, ma anche di collaborazione perché possono, altrimenti, determinare la scomparsa o, quantomeno, la degenerazione dell’ecosistema stesso. Si tratta di una relazione diadica e paradossale che richiede di agire contemporaneamente come due soggetti che mostrano ostilità e conflitto di interessi su alcuni aspetti mentre agisce con condivisione e “amicizia” su altri.

Questo particolare tipo di rapporto viene definito co-opetition27 (Brandenburger & Nalebuff, 1997) e si instaura fra l’azienda, i suoi clienti, i fornitori, i suoi competitors ed i suoi complementors. Va precisato, però, che se frazioniamo in attività elementari l’agire aziendale a livello di attività, la competizione e la cooperazione simultanea sono impossibili e, spesso, attività in conflitto ed attività in collaborazione fra aziende diverse sono in conflitto fra loro all’interno della medesima azienda.

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In realtà il termine fu usato per la prima volta dal fondatore di Novell, Ray Noorda, anche se la popolarità del concetto è legata al lavoro di Brandeburger e Nalebuff.

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Anche fra competitors possono sorgere rapporti di competizione e collaborazione simultanea. In particolare, le aziende “tend to more frequently cooperate in activities carried out at a greater distance from buyers and to compete in activities closer to buyers”. Ecco perchè le attività di R&D o di fornitura possono essere gestite in rapporti di collaborazione (Bengtsson & Kock, 2000) così come anche le attività di salvaguardia settoriale o di definizione di uno standard possono richiedere collaborazione fra membri di uno stesso ecosistema.

La nascita di rapporti coopetitivi, favorita dall’eterogeneità delle risorse possedute ed impiegate per la generazione della proposta di valore, deve essere contestualizzata con attenzione: nella scelta dei soggetti con cui operare con rapporti collaborativi, conflittuali o coopetitivi, vanno tenute in considerazione tutti i soggetti presenti nell’ecosistema a causa dei complessi legami intercorrenti fra i diversi soggetti.

Condizione essenziale per il possibile instaurarsi di rapporti coopetitivi è la capacità/abilità di gestirli da parte dei singoli collaboratori e delle unità organizzative.

Altri autori, pur partendo dall’analisi dello specifico settore del software, propongono un modello di analisi della realtà ecosistemica inquadrabile a partire da 3 dimensioni.

La forma dell'interdipendenza per la quale vengono identificati principalmente tre tipi di relazione:

relazioni orizzontali: imprese che hanno prodotti sostituibili; relazioni verticali: impese con prodotti complementari;

relazioni trasversali: imprese che forniscono additività annessa;

Il tipo di associazione: che può essere diretta se permette di avere accesso diretto alle risorse o indiretta se invece permette solamente di gestirle.

La formalizzazione della relazione che può essere formale, con una chiara ed identificabile “meta-organizzazione”, oppure informale.

Sulla base di questa tassonomia, è possibile scegliere la migliore strategia ecositemica (Gueguen, Pellegrin-Boucher, & Torres, 2006).

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