Capitolo 5 - Complessità e Sistemi di Controllo nelle organizzazioni
5.3 Spunti di miglioramento del controllo nelle Organizzazioni
Il nuovo framework di controllo in azienda, quindi, prevede che le persone debbano operare come sensori, come decisori e, pertanto, è necessario che chi progetta e guida l’organizzazione sia in grado di definire il contesto ne quale i singoli ed i gruppi vanno ad operare.
In questa costruzione è molto utile fare riferimento al modello di Simons (Simons, 1995) che introduce, come sottosistemi del più generale sistema di controllo, individuando la necessità di definire i «Sistemi di Credo», i «Sistemi di Limite», i «Sistemi di Controllo Diagnostico» ed i «Sistemi di Controllo Interattivo». Nelle Organizzazioni, sostiene l’autore, c’è la necessità di definire ciò in cui l’organizzazione crede, i suoi valori, ciò che considera etico per distinguerlo da ciò che non va fatto. E’ importante, in una organizzazione che deve sperimentare, definire chiaramente ed esplicitamente ciò che non si può fare e lasciare libera iniziativa alla sperimentazione ed all’azione. Definire i limiti è la più grade forma di libertà perché lascia spazio all’azione non impedita.
Chiaramente, chi agisce per farlo in piena consapevolezza necessita di dati rilevati e misurati, utilizzati per motivare, controllare e compensare.
Stante la necessità di un controllo strategico, basato su meccanismi di tipo feed forward, l’apprendimento che consente di approfondire la conoscenza sull’ambiente, il sistema e le loro interazioni, gioca un ruolo determinante da cui, l’importanza, dei sistemi di controllo interattivo.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
144
Figure 31: Sistemi a corollario di una strategia di business
Da tutto quanto esposto nei capitoli precedenti, la complessità e la turbolenza giocano un ruolo determinante: l’azione diventa difficilmente codificabile in termini di conseguenze e la previsione nel lungo termine è assolutamente improponibile. Come dice Paul Valery “ogni cosa che è, se non fosse, sarebbe enormemente improbabile”
Ciò non deve esimere dal prevedere nel breve periodo ma previsioni a lungo termine non hanno senso né valore: nel lungo termine l’unica previsione sensata è quella che vede la creazione di scenari, con cui necessariamente ci si deve confrontare. In azienda, è importante che si crei una cultura del futuro, per permettere di trattarlo con la stessa familiarità con cui si tratta il passato.
Va precisato esplicitamente che breve e lungo termine non sono concetti univoci ma sono funzione del contesto: per una società finanziaria il breve termine sono le prossime 24 ore mentre per un cantiere navale sono i prossimi tre anni. E’ importante chiedersi, quindi, in quale settore ed in quale area stiamo operando perché possono coesistere concetti di breve termine e lungo termine diversi anche nella medesima azienda.
Come dice Stacey, “Per chi guida un’impresa è importante capire cosa deve essere fatto per fronteggiare il cambiamento sempre più vorticoso, per promuovere continuamente l’innovazione e per avere la certezza che il management operi strategicamente.”
La parola chiave è cambiamento. Se vogliamo mantenere il nostro vantaggio competitivo dobbiamo continuamente cambiare ed innovare. Il problema vero è come farlo e, soprattutto, come superare i modelli mentali.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
145
La costruzione di modelli mentali è una soluzione che è stata creata dalla natura per superare alcune limitazioni della nostra mente. Siamo, infatti, bersagliati da stimoli e la nostra memoria a breve termine e le nostre capacità di analisi sono limitate e, pertanto, abbiamo bisogno di semplificare.
Un primo modo di semplificare si ha agendo sulla quantità di informazioni da elaborare: sulla base di un set ridotto di dati attiviamo il vero e proprio processo decisionale.
Un secondo modo di semplificazione della realtà si realizza rifacendosi a modelli mentali cui riferire per analogia gli stimoli ricevuti ed elaborare una risposta basata sulla nostra esperienza pregressa e/o surrogata.
In entrambi i casi, comunque, sia che si costruiscano ex novo sia che si prendano dalla nostra esperienza, la capacità di modellizzazione è una capacità fondamentale.
I modelli possono essere espliciti od impliciti: nel primo caso, sono concettualizzazioni visibili e ben definibili mentre nel secondo, esistono solo a livello inconscio e sono di difficile articolazione. Anche i modelli impliciti, che convivono con quelli espliciti, giocano un ruolo estremamente importante e sono attivati sia da emozioni che da fattori oggettivi.
La presenza di gruppi sociali all’interno delle organizzazioni, nelle quali vengono condivisi i modelli di riferimento, riduce enormemente il flusso informativo e la necessità di comunicazione per l’agire comune.
La condivisione dei modelli impliciti è quello che viene definita cultura dell’organizzazione: questo accelera il processo decisionale.
In tempi di elevata turbolenza ambientale, molti modelli tendono a diventare rapidamente inappropriati: in particolare i modelli impliciti, proprio perché difficili da codificare e perché fortemente condivisi, tendono a non essere messi in discussione, con grave pregiudizio per il successo d’impresa.
Stacey ritiene che non sia possibile definire visioni e produrre pianificazione strategica perché destinate ad una rapida obsolescenza e perché ipersensibili, stante la complessità e turbolenza ambientale, ai minimi cambiamenti.
Suggerisce, pertanto, l’adozione di un’agenda delle questioni strategiche: si tratta di problemi, opportunità, aspirazioni, sfide,… Si tratta, in altri termini, di questioni che hanno una qualche rilevanza nel lungo termine e nell’impresa completa.
Il management deve “semplicemente” occuparsi delle questioni strategiche: crearle, gestirle, cambiarne la priorità, abbandonarle. Nel farlo non può che fare riferimento alla
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
146
propria soggettività ed alla situazione contingente, creando, così, una strategia che emerge in parte dal caso ed in parte dai modelli del management. Questo avvicina l’impresa ad un misto fra una macchina che elabora razionalmente le informazioni ed un organismo vivente che si adatta in continuazione alle perturbazioni ed agli stimoli che arrivano dall’ambiente.
Se all’impresa è chiesto di vivere in equilibrio con il proprio ambiente, il cambiamento rappresenta necessariamente una costante e, pertanto, devono esserne comprese l’entità e la natura, ovvero:
i tempi e le modalità del cambiamento: anche cambiamenti che sono già avvenuti in passato possono determinare conseguenze per il presente ed il futuro, in un intreccio continuo;
il grado di prevedibilità: se i cambiamenti non sono altro che la riproposizione di situazioni che si sono già manifestate in passato o se è possibile mutuare le conseguenze sulla base di esperienze surrogate, abbiamo a che fare con qualcosa di scontato e di prevedibile.
l’entità delle conseguenze: le conseguenze possono aver effetti smodati o più limitati. Sulla base di queste tre caratteristiche è possibile classificare il cambiamento in 3 classi: un cambiamento chiuso, ovvero limitato, prevedibile e che si sostanzia in tempi brevi; un cambiamento limitato, quando gli eventi che si stanno analizzando non sono l’esatta riproposizione di quello che avviene nel passato ma le cui conseguenze sono, in qualche modo, limitate e prevedibili, seppur non certe; un cambiamento aperto, quando gli eventi sono unici, mai presentati prima e, anche se all’inizio possono sembrare insignificanti, producono nel tempo risultanze rilevanti per le imprese.
Oggi, i cambiamenti chiusi sono limitati sempre più agli orizzonti brevi, mentre i cambiamenti aperti sono caratteristici del medio/lungo periodo.
Il Cambiamento in atto è anche frutto del passato e, cercare di spiegare cosa sta accadendo, interpretando il passato è un’attività della massima importanza per chi si occupa del futuro. Nel futuro, alcuni avvenimenti saranno la copia di quello che è accaduto in passato ma la maggior parte dei cambiamenti saranno cambiamenti aperti. Un cambiamento aperto è nuovo ed irripetibile e le informazioni a disposizione sono sempre inadeguate: per quanto detto, la sua gestione è fortemente condizionata dall’esperienza acquisita sia per il filtro informativo che per la modellizzazione che tende a ricondurlo a situazioni già sperimentate o definirne le modalità di trattamento.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
147
A ciò si aggiunga il fatto che il cambiamento è ambiguo e non vi è una risposta univoca ed è destabilizzante per i collaboratori dell’organizzazione.
E possibile tassonomizzare le differenze fra cambiamento chiuso, limitato ed aperto e le differenze sono riportate in tabella seguente.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
148
Chiuso Limitato Aperto
Orizzonte temporale di riferimento
Breve Medio/Lungo Breve/medio/lungo
Preferenze ed obiettivi degli attori
Chiari Chiari Non chiari
Cause e conseguenze Facilmente comprensibili e prevedibili; legami identificabili causa/effetto; processo decisionale razionale+procedure Facilmente comprensibili e prevedibili; legami identificabili causa/effetto; processo decisionale razionale+procedure difficilmente comprensibili e non prevedibili; legami non identificabili causa/effetto; processo intuitivo +analogie qualitative con situazioni simili Effetto Butterfly Assente Assente Importante
Organizzazione Determinata dal cambiamento esterno e ad esso segue adattamento; regole e procedure anticipatorie Determinata dal cambiamento esterno e ad esso segue adattamento; regole e procedure anticipatorie Cambiamento non prevedibile rende necessario modificare regole e relazioni
Apprendimento Viene prima del cambiamento
Molto viene appreso prima del
cambiamento: il nuovo apprendimento è minimale
L’apprendimento è scoperta ed è parte del cambiamento:
l’apprendimento ha importanza su ciò che accade success. Atteggiamento
delle Persone
sicuro e prevedibile sicuro e prevedibile strano ed insicuro
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
149
Il cambiamento aperto rappresenta la situazione in cui non sappiamo quello che stiamo facendo e cerchiamo di sapere, esploriamo, apprendiamo, e nel processo di negoziazione e relazione con gli altri, sviluppiamo anche processi di apprendimento politico.
Quando accadono questi eventi che determinano un cambiamento, è necessario che vengano posti in essere dei controlli che devono, pena l’insuccesso, mostrare una certa coerenza. In altri termini, a variazioni di tipo diverse debbono corrispondere forme di controllo diverse.
Il controllo organizzativo è un controllo che si realizza quando un gruppo di persone decidono di raggiungere un obiettivo comune o quando si utilizzano risorse comuni oppure quando si condivide l’interpretazione di una serie di eventi complessi e si comporta in modo coerente.
Il cambiamento è ineludibile e l’impresa non può non tenerne conto e si trova a dover fronteggiare una gamma di situazioni che si collocano fra i due estremi del cambiamento chiuso e di quello aperto. Il primo è di portata più limitata e che predomina nel breve periodo mentre il cambiamento aperto non consente di basarsi sulle esperienze passate. Conseguentemente anche il controllo deve avere natura differente e coerente.
Il controllo è costituito da 3 fasi distinte: la scoperta di ciò che sta cambiando, la scelta delle azioni ed, infine, la loro messa in opera.
Nel caso del cambiamento chiuso, è possibile utilizzare tecniche formalizzate, analitiche e quantitative in maniera automatica, quasi meccanica, dove l’apprendimento è insito nelle procedure formalizzate di risposta. Proprio per sua natura, il controllo del cambiamento chiuso non è in grado di assorbire variazioni di grosse dimensioni e innovative.
Dal punto di vista del processo, la comunicazione predeterminata delle informazioni, le procedure formalizzate consentono di evitare l’insorgere di conflitti che, laddove esistessero, vengono facilmente risolti attraverso la gerarchia e la forte condivisione valoriale esistente.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
150
Figure 33: Le tre fasi distinte del controllo in presenza di cambiamento chiuso.
Nel momento in cui si guarda un po’ oltre dal punto di vista temporale, l’accuratezza previsionale non è più perseguibile e le conseguenze perdono di prevedibilità. Ma, a parte la minore accuratezza previsionale e la minore possibilità di riferirsi ad elementi quantitativi, il controllo nel cambiamento limitato non differisce sostanzialmente dal controllo del cambiamento chiuso, con la sola precisazione che essendo orientato al medio/lungo periodo potrebbe non essere possibile analizzare alla fine gli scostamenti dall’obiettivo pianificato e, quindi, si deve far ricorso al controllo feed forward utilizzando modelli previsionali.
Per il cambiamento aperto la situazione è, invece, molto diversa. Il passato non è chiaro, necessita di essere reinterpretato, capito e condiviso. Le diverse interpretazioni possono influenzare la successiva acquisizione di dati che, del resto, non possono essere determinanti per conseguenze future sconosciute. Se, dunque, le imprese necessitano di un controllo per qualcosa che non sanno dove le porterà a fronte di azioni che non sono in grado di valutare, non possono che effettuare esperimenti esplorativi, il cui unico scopo è quello di incrementare la conoscenza e l’apprendimento anche su cosa, eventualmente, cercare.
E’, quindi, fortemente condizionato dai rapporti di potere all’interno dell’organizzazione e dalla cultura imperante.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
151
Figure 34: Le tre fasi distinte del controllo in presenza di cambiamento aperto.
Il management è impegnato alla scoperta di ciò che potrebbe avere una qualche conseguenza sull’organizzazione anche se confinare l’individuazione di cambiamenti non prevedibili ai soli responsabili può essere pericoloso, in quanto sono le prime linee a cogliere segnali.
Appena qualcuno si è reso conto di un qualche cambiamento, deve richiamare l’attenzione dell’organizzazione su di esso, anche sfruttando la sua autorità ed il suo peso “politico”. Il processo culmina con la creazione di un’agenda di questioni strategiche. Successivamente, poiché i risultati di un cambiamento aperto non possono per definizione essere considerati, si effettua un’esplorazione (piccolo esperimento, gruppi di esperti,…) che evidenzia possibili linee di tendenza ed aiuta l’organizzazione ad apprendere. A volte è possibile che le stesse azioni esplorative inducano cambiamenti. Se dette azioni mostrano qualche conseguenza interessante si approfondisce ulteriormente e si possono creare ulteriori azioni esplorative.
L’esperienza contribuisce alla memoria organizzativa che, definendo un vissuto di ciò funziona e cosa no, finisce per cementare una cultura che influenza ciò che verrà selezionato in futuro, garantendo la stabilità ma anche ostacolando i nuovi cambiamenti.
Da quanto evidenziato, il processo di controllo strategico è un processo politico che dipende da diversi aspetti informali, dalle caratteristiche individuali di coloro che operano nell’organizzazione, dal caso, dall’ambiente e, non ultimo, dalla cultura.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
152
Non è un processo unicamente reattivo (nel senso che l’impresa reagisce ai mutamenti ambientali) ma anche proattivo perché i cambiamenti possono essere indotti dall’impresa stessa.
Il controllo per i cambiamenti aperti è più indiretto che diretto: dato che è più difficile fare previsioni e fissare obiettivi, si devono favorire condizioni per la sperimentazione e l’apprendimento che deve mettere in crisi anche modelli mentali consolidati.
Nella realtà, cambiamenti aperti e chiusi o limitati coesistono e, quindi, è estremamente importante per l’impresa far coesistere anche le diverse forme di controllo che, per quanto si è detto, richiedono diverse caratteristiche ed hanno diverse peculiarità.
CAPITOLO 5 – COMPLESSITA’ E SISTEMI DI CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI
153