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4. IL «FATTORE R» NELLE RELAZIONI INTERNAZIONAL

4.2. Gli effetti della globalizzazione

Il graduale e costante processo di globalizzazione, che ha prodotto una sempre minor rilevanza del concetto di territorio nella costruzione dell‘identità nazionale – sia essa individuale o collettiva –, ha determinato il riaffermarsi della religione come elemento decisivo nelle relazioni internazionali.

Le trasformazioni sociali apportate da tale fenomeno hanno influito nella percezione che l‘individuo ha di sé e, di conseguenza, nel fattore identitario. Infatti, in un mondo sempre più globale, interconnesso, soggetto a continui cambiamenti e deterritorializzato, gli individui avvertono una sempre maggiore insicurezza verso il proprio futuro. Il nazionalismo ha perduto il suo vincolo inscindibile con il territorio creando spazio per nuove identità religiose transnazionali e gli stati hanno perso la propria capacità di imporre alla società una visione completamente secolare.

In queste circostanze e, data l‘inefficienza dello stato nel rispondere alle richieste di benessere e sicurezza sociale, gli individui hanno trovato una soluzione alle proprie necessità in quelle forme di identità collettiva capaci di ridare sicurezza e fornire risposte esistenziali. I principali poli d‘attrazione in questo senso, secondo Catarina Kinnvall, sono costituiti dalla religione e dal nazionalismo. Entrambi, infatti, sono importanti fonti di sicurezza, stabilità e di risposte semplici ai problemi della società, e concorrono alla creazione di un‘identità individuale e collettiva stabilizzante.

Spesso questa nuova identità si forma in contrapposizione all‘«altro», una contrapposizione a volte marcata dall‘odio o dall‘intolleranza nei confronti dello straniero/invasore. In alcuni casi un evento traumatico o vittorioso può essere mitizzato al punto da entrare a far parte dell‘identità stessa della comunità. Le generazioni future faranno ricorso alle memorie passate, ritrovandovi un senso di sicurezza e continuità.

Ad esempio, la commemorazione in Irlanda della Battaglia del Boyne il 12 luglio di ogni anno, ha una fortissima valenza simbolica per la comunità protestante, che la ricorda organizzando manifestazioni e parate. Queste esibizioni, in accordo con quanto sostiene Ciro de Rosa, ―stanno a fondamento del processo di produzione della memoria sociale e simbolizzano le aspirazioni e gli ideali di gran parte della popolazione delle sei contee del nord dell‘Irlanda. Nello specifico, proprio alla luce del senso di insicurezza che interessa un ampio segmento della

comunità unionista i rituali pubblici protestanti rappresentano un potente fattore simbolico.‖342 Ecco perciò che un evento con una tale carica simbolica e una simile

valenza religiosa, diventa formativo per l‘identità di un‘intera comunità.

Sempre per effetto della globalizzazione e della modernità, negli ultimi decenni è aumentata l‘ampiezza del fenomeno del fondamentalismo religioso. La modernità ha eroso i valori tradizionali della società del consumo, ma in molti casi i movimenti religiosi, specialmente di tipo fondamentalista, vanno a rafforzare quei valori e a riempire il vuoto lasciato dalle inattese promesse della classe politica, attraendo a sé chi si sente alienato dalla società.

In seguito agli avvenimenti dell‘11 settembre si è utilizzato questo termine più frequentemente per fare riferimento ai fondamentalismi islamici. In realtà però esso fu coniato negli Stati Uniti verso la fine del XIX secolo343 per descrivere i

cristiani più conservatori, i quali miravano a riportare la propria fede ai fondamenti enunciati nella Bibbia, per resistere alla modernità e alla penetrazione di influenze da parte di altre etnie, culture o gruppi religiosi.

Proprio per questa opposizione nei confronti della modernità, molto spesso i fondamentalisti organizzano campagne con le quali sperano di modificare la moralità della società, per renderla più conforme agli insegnamenti cristiani. Allo stesso scopo tali azioni possono essere rivolte anche a modificare leggi o a intervenire nella politica interna ed internazionale. Ad esempio, Jeffrey Haynes sostiene che

342 Ciro De Rosa, “Il rischio della pace, i rischi per la pace. Conflitti simbolici nell’Irlanda del Nord.”

Parolechiave, N. 22/23/24 (2000), p. 6.

343

Uno dei principali teologi del Risveglio fu il francese Alexandre Vinet, il quale sosteneva che la formazione di Chiese libere nazionali avrebbe posto fine al principio del cuius regio, eius religio, favorendo l’affrancamento politico della chiesa e la libertà di religione nello stato e dallo stato. Verso la fine dell’Ottocento, in reazione alle tendenze liberali e innovatrici della società e al declino del processo di «risveglio» che mirava a destare le chiese riformate dal sonno spirituale provocato dalla modernità, nasce il fondamentalismo religioso. Si tratta di un movimento antimodernista sorto all’interno del protestantesimo negli Stati Uniti, come risposta ad alcuni fattori, quali l’aumento demografico e il conseguente processo di urbanizzazione e il diffondersi della cultura moderna. Il termine fondamentalismo si riferisce a “The Fundamentals”, una raccolta di articoli scritti da evangelici statunitensi e britannici che miravano a riportare in luce i fondamenti della fede. Rubboli sostiene che questa opposizione nei confronti della teologia liberale incorporava anche un significato politico poiché sin dall’epoca coloniale negli Stati Uniti si nutriva la convinzione che vi fosse una perfetta coincidenza tra la causa di Dio e quella della nazione. Infine, nella seconda metà dell’Ottocento, il mondo cristiano venne travolto da un’ondata di “scristianizzazione di massa”. Tra le cause della diffusione dell’ateismo vi fu l’incapacità della Chiesa di rimanere in contatto con l’intera comunità dei fedeli, che si allontanarono dall’orbita dell’azione pastorale in seguito all’urbanizzazione dovuta alla crescente industrializzazione.

...thousands of born-again foreign crusaders were seen to promote American-style religion and, in some cases, conservative politics from the 1980s. Ardently anti-communist, they worked to convert as many ordinary people as possible to a conservative Christian faith and in the process, it is argued, to promote America‘s political goals. (d‘Antonio 1990).344

A livello politico, l‘epoca post-moderna ha dato vita ad una diversa forma di politica globale, in cui l‘importanza degli stati e della geopolitica non è tale da garantire loro lo status privilegiato di unici attori nelle Relazioni Internazionali. I fenomeni di deterritorializzazione e denazionalizzazione dell‘autorità hanno tolto agli stati il monopolio del potere. Similmente, la crescente internazionalizzazione e il sempre più diffuso fenomeno di regionalizzazione hanno consentito a nuovi attori di partecipare all‘azione politica a livello internazionale. In particolare, con l‘ingresso degli Stati Uniti nelle Nazioni Unite nel 1945; il progressivo processo di decolonizzazione, che permise a nuovi stati liberi di entrare a far parte della società internazionale e, infine, il crollo dell‘Unione Sovietica nel 1989, si completa la globalizzazione della società internazionale.

Altri tipi di attori, oltre agli stati, iniziano ad avere un ruolo attivo nella politica internazionale. Si tratta per esempio di reti di cooperazione tra diverse agenzie cooperative o di organizzazioni internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale, l‘Organizzazione delle Nazioni Unite, l‘Organizzazione Mondiale del Commercio, come pure le numerose organizzazioni di tipo non governativo (ONG).

Tra queste, come si è visto, numerosi sono gli esempi di organizzazioni d‘ispirazione religiosa che, seppur di carattere laico, portano avanti principi di solidarietà cristiana e di cooperazione. Progenitori delle ONG furono in un certo senso i movimenti missionari che, oltre a diffondere la fede cristiana col proposito di convertire altri popoli, si fecero portatori di messaggi di pace e cooperazione, offrendo spesso assistenza sociale in zone di conflitto o povertà estrema.

Vi sono poi i gruppi religiosi (come la Chiesa Cattolica) che agiscono a livello nazionale come gruppi di pressione, per sostenere i propri interessi a livello internazionale, mobilitandosi e organizzandosi politicamente. Usando le parole di

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Jeffrey Haynes, “Religious Fundamentalisms”, in Routledge Handbook of Religion and Politics, Edited by Jeffrey Haynes, (Oxon: Routledge, 2010), p. 168. [migliaia di crociati stranieri rinati furono visti promuovere la religione di stile americano e, in alcuni casi, politiche conservatrici a partire dagli anni Ottanta. Ardentemente anti-comunisti, agivano per convertire quanta più gente ordinaria possibile ad una fede cristiana conservatrice e si sostiene che, contemporaneamente, mirassero anche a promuovere gli obiettivi politici americani.]

Scott Thomas, ―globalization is rapidly changing what religion is, and so globalization is changing what constitutes religious actors or religious non-state actors in international relations.‖345

La globalizzazione tuttavia, non si è limitata a favorire l‘ingresso di nuovi attori nello scenario internazionale. Un altro aspetto per esempio concerne i confini territoriali che, prima fondamentali al fine di garantire il principio di non ingerenza, perdono ora d‘importanza. Questa maggiore mobilità ha consentito il diffondersi di culture, ideali e religioni oltre i confini degli stati.

Un fenomeno interessante è per esempio quello delle diaspore religiose, reti sociali che si sono formate attraverso canali transnazionali. L‘esempio degli Irish Americans ha dimostrato che gli individui appartenenti ad una diaspora possono influenzare le relazioni internazionali, per esempio, attraverso lo scambio di informazioni, mezzi economici o finanziari, o anche armi – arrivando a favorire persino lo sviluppo di reti terroristiche transnazionali.

Un‘ulteriore conseguenza della globalizzazione sta nel fatto che la politica interna si è internazionalizzata e la politica mondiale si è nazionalizzata in quanto gli effetti delle azioni di uno stato hanno un impatto in diverse parti del globo. In questa nuova dimensione in cui le masse svolgono un ruolo nella politica internazionale, la religione ha spesso assunto le forme di ideologie che, secondo Gabriele Natalizia ―costituirebbero la manifestazione di un tentativo di rigenerare il potere e la morale su fondamenti assoluti, attraverso una risacralizzazione, senza comportare un ritorno alla tradizione.‖346

Ma la globalizzazione è anche un fenomeno a due facce. Se in un mondo così interconnesso persone che condividono la stessa fede possono facilmente riunirsi e portare avanti un progetto comune, è anche vero che ha reso più facile la propagazione dell‘odio razziale e di intolleranze religiose ed etniche. Secondo Oliver Roy infatti, ―[i]n international relations theory, religion is seen as a sort of aggravating element which strengthens other factors (nationalism, separatism,

345 Scott M. Thomas, “Religions and Global Security” in ISPI, Quaderni di Relazioni Internazionali. Semestrale

dell’Istituto per gli Studi di Poliltica Internazionale, N. 12. Egea, Aprile 2010, p.11. [corsivo nel testo]

346 Gabriele Natalizia, Religione e Secolarizzazione nel Sistema Internazionale: La Trasformazione di un Valore

social protest, imperial expansionism) by giving them new impetus and providing better incentives to fight and die (salvation).‖347

In quei paesi, come l‘Irlanda del Nord, dove i conflitti religiosi hanno dato vita a situazioni di disuguaglianza, discriminazione o persecuzione, spesso l‘intervento di paesi terzi o di attori internazionali governativi o non governativi si è reso necessario. Può trattarsi di cosiddette azioni di «soft power» da parte dei governi o di attori religiosi non statali, ma possono essere anche per esempio iniziative di peace keeping e peace building. Questo genere di iniziative solitamente sono portate avanti dalle Nazioni Unite, ma hanno spesso coinvolto leader spirituali o associazioni religiose al fine di promuovere valori di pace e tolleranza, oltre che di libertà religiosa, e per la ricostruzione di comunità spezzate da conflitti di varia natura.

Nel caso della Questione Irlandese, i consueti mezzi di risoluzione dei conflitti si sono dimostrati insufficienti a causa della peculiarità del conflitto. Dopo aver analizzato le prime fasi del processo di pace in un‘ottica globale, si vogliono esaminare gli esiti del Good Friday Agreement nella società nordirlandese oggi.