• Non ci sono risultati.

Effetti sulle performance di borsa delle banche protagoniste

3. Effetti delle operazioni di concentrazione tra imprese bancarie

3.2 Effetti sull’efficienza degli intermediari e dei mercat

3.2.1 Effetti sulle performance di borsa delle banche protagoniste

L’analisi degli effetti sulle performance di borsa delle banche protagoniste dell’operazione è utile per capire se le aggregazioni bancarie sono in grado o meno di creare valore o attese di creazione di valore per le banche stesse e per i loro azionisti. È ovvio che per poter studiare l’impatto delle M&A sui rendimenti azionari è necessario che almeno una delle imprese bancarie partecipanti all’operazione sia quotata. La

90

tecnica che viene utilizzata per studiare questo primo effetto è quella degli Event Studies o Studi degli eventi91. Si tratta di un tipo di analisi empirica che consente di misurare l’impatto di un evento sul valore di una società. Nel nostro caso si tratta, quindi, di studiare qual è l’effetto prodotto da un’operazione di M&A tra banche sul valore delle banche coinvolte, ovvero sulla variazione dei loro prezzi azionari all’interno di una finestra temporale costruita attorno all’annuncio della operazione92. Gli event study analizzano, quindi, l’impatto degli annunci di fusioni, incorporazioni e acquisizioni sulla quotazione dei titoli azionari delle banche acquirenti e acquisite e, per conseguenza, sulla ricchezza dei loro azionisti, in un determinato intervallo temporale, solitamente breve, ovvero alcuni giorni, settimane o mesi precedenti e successivi all’accordo di fusione93. La tecnica in discorso postula il calcolo dei rendimenti di borsa dei titoli delle società acquirenti e di quelle target che vengono scomposti in:

- una componente normale, che tiene semplicemente conto dell’andamento generale del mercato azionario, ovvero misura l’extra-rendimento che si sarebbe verificato in assenza dell’evento;

- una componente anomala, che riflette l’avvenuta aggregazione, ovvero misura l’extra-rendimento anomalo dal momento che l’annuncio di una M&A bancaria si riflette sui prezzi dei titoli delle banche coinvolte determinando in base alle aspettative del mercato sull’esito (positivo o negativo) dell’operazione:

o extra-rendimenti positivi, che saranno indicativi di una attesa di creazione di valore;

91

Si veda A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op. cit., p. 44.

92

La scelta di tale intervallo temporale rappresenta un passaggio delicato dell’analisi, suscettibile di influenzarne in profondità gli esiti. Da un lato, una finestra troppo ampia rischia di rendere meno leggibili i risultati dell’esperimento, perché agli effetti dell’annunciata fusione vanno a sovrapporsi le conseguenze di altri eventi aziendali, sopraggiunti nelle settimane successive e indipendenti dall’operazione di M&A; dall’altro canto, una finestra troppo ristretta potrebbe impedire all’analisi di misurare la reazione del mercato nella sua interezza. In particolare, se a una prima risposta facesse seguito, col tempo, una “correzione” di segno opposto, essa potrebbe non essere correttamente rilevata, e l’analisi finirebbe col sopravvalutare, o addirittura fraintendere, l’effetto registrato dai prezzi azionari. Si veda A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op.cit., p. 57.

93

È importante che la “finestra” includa anche alcuni giorni antecedenti il formale annuncio dell’integrazione. Questo perché, non di rado, le notizie circa una possibile operazione di M&A giungono al mercato in modo graduale già prima che il deal venga comunicato con certezza in ogni suo dettaglio. Per questo motivo se ci si limitasse a considerare la traiettoria dei prezzi esclusivamente dopo che la M&A è stata formalmente resa pubblica, buona parte della reazione evidenziata dalle acquisizioni potrebbe aver già avuto luogo e finirebbe per essere esclusa dalla finestra dell’evento. Si veda A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op.cit., p. 57.

o oppure extra-rendimenti negativi, che saranno, invece, indicativi di una attesa di distruzione di valore.

L’impiego della tecnica appena descritta non consente in generale di pervenire a conclusioni univoche circa gli effetti che le M&A producono sull’efficienza delle banche. L’impatto degli annunci di operazioni di fusione sui prezzi delle società quotate e, quindi, sulle performance di borsa delle acquirenti e delle acquisite, sono stati oggetto di importanti studi empirici94.

Per quanto riguarda i lavori condotti su campioni di banche statunitensi, risulta interessante citare quello di Hannan e Wolken del 198995, in base al quale non si riscontra alcuna prova netta di una creazione di nuovo valore, ma soltanto una redistribuzione di ricchezza tra gli azionisti della banca acquirente e quelli della banca ceduta. Inoltre, da tale studio si evince che la reazione del mercato appare particolarmente negativa proprio quando le banche acquisite sono di dimensioni più consistenti, probabilmente perché la fusione è ritenuta più difficile da gestire; mentre se l’acquisita ha dimensioni medio-piccole riesce a migliorare la propria efficienza di costo in modo più marcato e rapido.

A conclusioni leggermente diverse giunge, invece, lo studio di Hawawini e Swary del 199096, secondo il quale la perdita di valore subita dalla banca acquirente è più che compensata dai rendimenti anomali positivi registrati dall’acquisita. Le operazioni di M&A sembrano, quindi, creare valore per il complesso degli azionisti delle banche coinvolte.

94

Si vedano G. Bracchi, D. Masciandaro, La competitività dell’industria bancaria, op. cit., p. 211 e ss; A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op. cit., p. 93 e ss.

95

Il loro studio è stato fatto su un campione composto da 43 acquirenti e 69 acquisite coinvolte in M&A nel periodo 1982-1987. Pur riscontrando extrarendimenti anomali negativi per le bidding banks e positivi per le target banks durante il periodo [- 15 gg.; + 15 gg.], i risultati hanno messo in risalto un impatto nullo sulla creazione di ricchezza per gli azionisti delle banche coinvolte. Gli Autori hanno altresì rilevato negativi riflessi sulla ricchezza aggregata di concentrazioni realizzate da banche di più grosse dimensioni. Si veda Hannan T.H., Wolken J.D., “Returns to Biddiners and Targets in the Acquisition Process: Evidence from the Banking Industry”, in Journal of Financial Services Research, 3, 1989, p. 5 e ss.

96

Tale studio è stato condotto su un campione di 118 M&A realizzate tra il 1970 ed il 1987. In media, nel periodo compreso tra la quinta settimana precedente e la quinta successiva all’annuncio sono stati riscontrati extrarendimenti anomali positivi ed elevati per gli azionisti delle target banks e negativi, ma ridotti per gli azionisti delle bidding banks, concentrati soprattutto nella settimana dell’annuncio dell’aggregazione. Complessivamente, M&A sembrano creare valore per gli azionisti delle banche coinvolte. Si veda Hawawini G., Swary I., Merger and Acquisition in the Us Banking Industry: Evidence from the Capital Markets, North Holland, New York, 1990.

Risultati interessanti sono anche quelli che ci vengono forniti dallo studio di Houston e Ryngaert del 199497. Tali Autori hanno riscontrato che le banche bidder sono più efficienti della media del settore e, in particolare, anche delle banche target, e che il mercato reagisce positivamente alle acquisizioni annunciate da imprese con elevate performance e alle fusioni tra soggetti aventi una forte sovrapposizione territoriale. Tra gli studi più recenti va ricordato quello di Ferretti del 2000 che, analizzando le sole banche bidder osserva come la reazione del mercato statunitense non sia univoca, essendo stati riscontrati tanto segni positivi quanto segni negativi; tuttavia nel periodo più recente sembra prevalere il segno negativo, sia nel giorno dell’annuncio sia nei giorni intorno ad esso, a testimonianza di come gli investitori vedano nelle acquisizioni annunciate un trasferimento di ricchezza dagli azionisti della banca acquirente a quelli della banca acquisita98.

Lo studio di Zollo e Leshchinkskii del 200099 mostra, infine, come la creazione di ricchezza per gli azionisti dell’acquisita sia influenzata da fattori quali la dimensione della banca bidder, la qualità dell’attivo della banca target, le capacità di apprendimento e, soprattutto le modalità con le quali i manager delle acquirenti gestiscono la fase di implementazione dell’aggregazione.

97

Tale studio è stato condotto su un campione di M&A fra il 1985 e il 1991, rilevando soltanto una redistribuzione della ricchezza dagli azionisti delle bidding banks, che subiscono perdite di valore dei loro pacchetti azionari, agli azionisti delle target banks che conseguono eccessi di rendimento positivi. La somma ponderata degli extrarendimenti anomali dei titoli di acquirenti e acquisite non è statisticamente diversa da zero. Distinguendo fra M&A effettuate prima e dopo il 1989, gli Autori hanno riscontrato una distribuzione di ricchezza per gli azionisti di banche coinvolte in concentrazioni durante il secondo periodo. Tale miglioramento è dovuto soprattutto ai più alti extrarendimenti anomali conseguiti dagli azionisti delle target banks, sebbene nel 1991 sia stato registrato un incremento anche degli extrarendimenti anomali conseguiti dagli azionisti delle bidding banks. Gli Autori, infine, hanno riscontrato che le bidding banks sono più efficienti sia delle target banks sia delle altre banche dell’industria e che il mercato reagisce positivamente alle acquisizioni annunciate da imprese con elevate performance ed alle fusioni tra soggetti aventi una forte sovrapposizione territoriale. Si veda Houston J.F., Ryngaert M.D., “The Overrall Gains from Large Bank Mergers”, in Journal of Banking and Finance, 18, 1994, p. 1155 e ss.

98

Si veda R. Ferretti, “Le acquisizioni bancarie e la reazione del mercato borsistico: le analisi in Usa, Europa e Italia”, in Bancaria, 10, 2000, p. 26 e ss.

99

Tali Autori hanno effettuato una valutazione della performance post-merger di 47 banche che nel periodo 1964-1996 hanno realizzato 579 M&A, distinguendo fra effetti di breve (intervallo temporale di 10 giorni a cavallo dell’annuncio) e di medio-lungo termine (36-48 mesi dopo l’annuncio). In entrambi i casi, gli extrarendimenti anomali non sono statisticamente diversi da zero. Si veda M. Zollo, D. Leshchinkskii, Can Firms Lern to Acuire? Do Markets Notice?, Working Paper, The Wharton School, University of Pennsylvania, 1, 2000.

Dagli studi sopraccitati emerge, quindi, che nella maggior parte delle aggregazioni bancarie avvenute negli Stati Uniti sembra non esserci stata attesa di alcuna creazione di valore.

Gli studi relativi a fusioni e acquisizioni di matrice europea risultano, invece, meno numerosi rispetto a quelli statunitensi a causa sia del primato degli Stati Uniti nell’attività di concentrazione, sia delle enormi difficoltà metodologiche nello studio del frammentato mercato bancario europeo. Tuttavia, le analisi disponibili sull’esperienza europea sono estremamente utili e preziose per le banche che stanno attualmente progettando operazioni di aggregazione, dal momento che l’esperienza statunitense non può essere automaticamente applicata al vecchio continente in quanto sussistono numerose e profonde differenze100.

Tra gli studi condotti sull’esperienza europea, particolarmente interessante appare quello di Cybo-Ottone, Murgia del 2000101, il quale attraverso l’analisi di un campione di 54 M&A europee mostra come la maggior parte abbia suscitato reazioni assai positive nel mercato, che ha scorto in esse una potenziale creazione di nuova ricchezza. Tali Autori hanno quindi evidenziato come nel caso di operazioni di tipo domestico, e

100

Il sistema bancario americano si è sempre caratterizzato per la presenza di limiti introdotti da normative particolarmente stringenti. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo allentamento dei vincoli di natura regolamentare. Per quanto riguarda i limiti allo svolgimento dell’attività di intermediazione e l’apertura di sportelli tra i diversi Stati, il Riegle-Neal Intestate Banking and Branching Efficiency Act del 1994 ha eliminato numerose restrizioni, favorendo quindi le operazioni di fusione all’interno del mercato statunitense. La tradizionale distinzione tra “depository institutions”, “securities firms” e “insurance firms”, che ha storicamente caratterizzato il mercato americano e dovuta in prevalenza alla separazione introdotta a livello normativo tra le attività svolte dalle diverse istituzioni, è stata gradualmente superata, fino all’introduzione del Financial Services Modernization Act nel 1999, che ha eliminato le barriere tra le tre tipologie di attività. Tra i principali interventi nel settore bancario USA si devono ricordare: il Depository Institutions Deregulation and Monetary Control Act del 1980, attraverso il quale sono stati ridotti i limiti sui tassi sui depositi ed è stata aumentata l’assicurazione sui depositi; il Garn-St Germani Depository Instituions Act del 1982, importante per aver ridotto i limiti al commercial lending; il Competitive Equality Banking Act del 1987, che ha consentito la ricapitalizzazione del thrift insurance fund e la costituzione di accantonamenti per la tutela di alcuni intermediari; e altri provvedimenti attuati nel corso degli anni ’90, tendenzialmente finalizzati alla liberalizzazione delle attività svolte dalle banche. Si veda F. Cesarini, Le strategie delle grandi banche in Europa, Bancaria Editrice, Roma, 2003, p. 70 e ss.

101

Tali studi sono stati fatti su un campione di 54 fusioni annunciate fra il 1988 e il 1997 nelle quali le acquirenti sono banche e le acquisite possono essere banche oppure altri intermediari finanziari o istituzioni finanziarie di grandi dimensioni. Acquirenti e acquisite sono quotate in uno dei tredici mercati di Paesi europei o in Svizzera. Complessivamente, nel periodo [- 20 gg.; + 20 gg.], i titoli di acquirenti e acquisite hanno registrato extrarendimenti assai positivi. Nel complesso, quindi, M&A hanno creato nuova ricchezza. Si veda Cybo-Ottone A., Murgia M., “Merger and Shareholders Wealth in European Banking”, in Journal of Banking & Finance, 24, 2000, p. 831 e ss.

cioè tra controparti dello stesso Paese, gli intermediari bancari abbiano beneficiato di rendimenti positivi102.

Anche per quanto riguarda l’esperienza italiana sono stati condotti studi relativi all’impatto degli annunci di fusione sui prezzi delle banche quotate.

Lo studio di Giorgino e Porzio del 1997103, ad esempio, riscontra effetti positivi sulle quotazioni azionarie delle banche coinvolte, ma soltanto nelle prime due settimane dopo la data di annuncio dell’operazione.

Resti e Siciliano104, invece, con uno studio del 1999 analizzando un campione piuttosto ristretto di operazioni di aggregazione tra sole banche italiane intervenute tra il 1992 e il 1997, giungono a risultati fortemente positivi sia per le acquirenti, sia per le acquisite, sebbene per queste ultime i risultati siano largamente condizionati dall’elevata performance di una sola banca presente nel campione. Inoltre, in quasi tutte le operazioni di aggregazione analizzate da Resti e Siciliano, il nuovo assetto proprietario ha portato con sé una significativa sostituzione nel management, creando le condizioni per la rimozione di inefficienze e comportamenti non ottimali. Nelle aggregazioni esaminate, quindi, si riscontra un reale aumento nel valore delle imprese acquirenti e acquisite e, pertanto, esse non rappresentano soltanto un “gioco a somma zero”.

102

Cybo-Ottone e Murgia sempre all’interno del loro studio condotto nel 2000, hanno osservato una perdita di valore in corrispondenza di operazioni cross-border, ovvero nelle aggregazioni tra due banche di differenti Paesi europei. Anche Beitel e Schiereck con uno studio del 2001 avente per oggetto un campione di 98 acquisizioni di intermediari bancari o assicurativi o di altre istituzioni finanziarie o società finanziarie europee o extra-europee attuate da banche europee tra il 1985 e il 2000 hanno mostrato, tramite l’analisi dei riflessi delle aggregazioni bancarie sulla ricchezza degli azionisti, che le fusioni cross-border fra banche europee distruggono valore. Per un approfondimento sulle concentrazioni cross- border o transfrontaliere si veda il Capitolo III.

103

I loro studi si sono concentrati su un campione di 19 M&A effettuati tra il 1989 e il 1996, esaminando non solo gli effetti di breve periodo, ma anche quelli di medio-lungo periodo. Extrarendimenti anomali positivi sono stati riscontrati soltanto nelle prime due settimane dopo l’annuncio (breve periodo); viceversa, nei mesi successivi i valori degli eccessi di rendimento sono fortemente negativi. Gli extrarendimenti anomali continuano ad essere fortemente negativi anche nel lungo periodo (tre anni) sebbene la situazione sembri tendere al miglioramento con il trascorrere del tempo. Si veda M. Giorgino, C. Porzio, “Le concentrazioni bancarie in Italia: alcuni fattori interpretativi”, in Bancaria, 12, 1997, p. 32.

104

Tali studi hanno per oggetto un campione di 12 acquisizioni di maggioranza di banche quotate in borsa nel periodo 1992-1997. Tuttavia, l’indisponibilità o l’insufficienza dei dati sull’andamento borsistico dei titoli azionari delle banche in discorso ha costretto gli Autori a scartare talune osservazioni. Così, l’analisi è stata compiuta su un campione composto da 9 banche acquisite e 5 banche acquirenti sul periodo [- 120 gg.; + 250 gg.]. Si tratta di un intervallo assai più lungo rispetto alla media degli altri Event Studies. Si veda A. Resti, G. Siciliano, “Le acquisizioni di banche quotate creano valore per gli azionisti? Un confronto tra i prezzi di borsa e i dati fondamentali di alcune banche italiane”, in Banca Impresa Società, 1, 1999, p. 93 e ss.

Anche nel già citato studio di Ferretti del 2000, vengono analizzate 75 operazioni italiane e i risultati di tale analisi sembrano indicare come il mercato borsistico italiano abbia accentuato nel tempo la propria reazione negativa all’annuncio di operazioni di acquisizioni bancarie, e come tale reazione superi quella riscontrabile nel resto dell’Europa. La presenza di extrarendimenti anomali fortemente negativi per le banche bidder viene interpretata, in tale studio, come sintomatica di una preoccupazione circa la crescita eccessiva dei prezzi delle banche target, presente soprattutto nel nostro Paese. Di particolare interesse appare anche lo studio di Savona del 2002105, il quale mostra come il momento in cui si manifestano gli effetti maggiormente positivi è quello immediatamente precedente la data dell’annuncio ed, inoltre, giunge alla conclusione che il mercato tende a premiare la capacità di contenimento dei costi operativi, la dimensione dei ricavi, il grado di solidità patrimoniale e il volume della raccolta delle banche coinvolte in operazioni di fusione e acquisizione.

Dalla letteratura sopraccitata circa gli esiti dei principali Event Studies nell’industria bancaria statunitense, europea e italiana, aventi per oggetto l’analisi del comportamento delle quotazioni azionarie in occasione di un’aggregazione tra banche, emergono risultati contrastanti, ma nonostante ciò la tendenza centrale dei casi analizzati sembra vedere le società target premiate e le bidder relativamente penalizzate dall’annuncio di offerta106.

Infine, è bene sottolineare che l’interpretazione dei risultati ottenuti attraverso l’applicazione di tale metodo è anche soggetta ad alcuni limiti107. In primo luogo è possibile che l’effetto di una aggregazione si sia manifestato già prima della data dell’annuncio ufficiale, di conseguenza le quotazioni relative al giorno dell’annuncio o a quello successivo perdono di significatività. In secondo luogo le performance di borsa

105

Tale studio, effettuato su un campione di 26 M&A realizzate fra il 1989 e il 1997, ha messo in evidenza extrarendimenti pressoché nulli durante l’intero arco temporale di 100 giorni considerato. Si veda R. Savona, “Fusioni e acquisizioni bancarie in Italia, 1989-1997: un’analisi empirica sulla redditività dei prezzi azionari”, in Bancaria, 34, 2002, p. 31 e ss.

106

I risultati dei principali Event Studies condotti nelle industrie bancarie statunitensi, europee e italiane sono concordi nel riscontrare extrarendimenti anomali positivi per i titoli delle banche acquisite sia all’annuncio che successivamente alla realizzazione dell’operazione; e extrarendimenti anomali prevalentemente negativi, su quelli positivi, per i titoli delle banche acquirenti sia nel giorno dell’annuncio, sia nei giorni intorno a esso, a testimonianza di come gli investitori vedono nelle acquisizioni annunciate un trasferimento di ricchezza dagli azionisti della banca acquirente a quelli della banca acquisita. Si veda G. Bracchi, D. Masciandaro, La competitività dell’industria bancaria, op. cit., p. 241.

107

possono risentire anche di altri fattori, ugualmente straordinari, ma non legati alle M&A. In terzo e ultimo luogo appare impossibile stabilire se il cambiamento del valore di mercato di una banca sia dovuto a una variazione del suo potere di mercato oppure a una variazione della sua efficienza.