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La normativa comunitaria delle concentrazioni bancarie con effetti transfrontalier

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Totale attivo

4. La normativa comunitaria delle concentrazioni bancarie con effetti transfrontalier

Nell’ultimo decennio si sono realizzate importanti operazioni transnazionali tra le principali banche europee che hanno contribuito alla nascita di soggetti con una significativa operatività pan-europea281. Da un lato la diffusione di tali acquisizioni e/o fusioni cross-border ha contribuito a creare gruppi bancari di grandi dimensioni in grado di sopravvivere su un mercato sempre più competitivo, mentre dall’altro lato la natura internazionale delle aggregazioni transfrontaliere, la cui realizzazione produce effetti al di là del mercato domestico, ha sollevato, fin da subito, la possibilità di correre il rischio di applicare normative nazionali differenti nei confronti della medesima operazione, dal momento che si tratta di integrazioni che coinvolgono banche di paesi diversi. La diversità di trattamento da parte degli Stati membri delle banche coinvolte

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In Italia un recente protagonista attivo delle M&A cross-border è il gruppo Unicredit, oggetto di analisi del quarto capitolo del presente lavoro.

nei processi di consolidamento bancario transfrontalieri rappresenta ancora oggi una problematica di grande interesse, dal momento che viene fatta rientrare tra i fattori che hanno contribuito ad ostacolare la diffusione delle M&A oltre frontiera, operazioni che, come si ha già avuto l’occasione di sottolineare in precedenza, sono risultate essere, per parecchi anni, numericamente inferiori rispetto a quelle di natura domestica.

Per le sopra citate ragioni si è deciso, quindi, di dedicare il suddetto paragrafo ad un’analisi dell’atteggiamento normativo adottato dai vari Paesi UE circa il controllo delle concentrazioni internazionali.

L’esigenza di avere regole chiare e di validità unica e generale per tutta l’Unione europea da adoperare per il controllo di quelle operazioni di concentrazione che coinvolgono banche di Paesi diversi, ha inizialmente portato all’adozione nel 1989 del Regolamento n. 4064/89 sul controllo delle operazioni di concentrazione, entrato in vigore il 21 dicembre del 1990. Questo provvedimento, in parte modificato da regolamenti successivi (il Regolamento n. 1310/97 e quello n. 134/2004), di cui si parlerà in seguito, si fondava sul principio dello “sportello unico”, o del “one stop shop”, secondo il quale le operazioni transfrontaliere di grandi dimensioni dovevano essere esaminate esclusivamente dalla Commissione e non dovevano essere approvate da alcuna giurisdizione nazionale dell’UE. In breve, tale Regolamento disponeva che le operazioni di concentrazione che superavano la cosiddetta “dimensione comunitaria”, espressa in termini di fatturato mondiale (fatturato totale realizzato a livello mondiale da tutte le imprese interessate superiore a 5 miliardi di euro) o comunitario (fatturato totale realizzato individualmente nella Comunità da almeno due delle imprese partecipanti superiore a 250 milioni di euro), dovevano essere preventivamente comunicate alla Commissione che, dotata di poteri istruttori, valutava se le M&A in questione avrebbero comportato la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante in grado di eliminare o di ridurre in maniera sostanziale e durevole la concorrenza sul mercato comunitario. Non a caso, infatti, l’obiettivo del Regolamento n. 4064/89, come dei successivi, era proprio quello di impedire le sole operazioni che potevano creare o rafforzare una posizione dominante da cui poteva risultare ostacolata in modo significativo la concorrenza effettiva sul mercato comune. Sulla base dell’esito

dell’esame della Commissione, una concentrazione poteva, quindi, essere vietata o, in alternativa, autorizzata, eventualmente con condizioni.

Al di sotto delle soglie di fatturato sopra citate, il controllo delle concentrazioni veniva esercitato, invece, dalle autorità degli Stati membri in base alla normativa nazionale e non più dalla Commissione europea. In pratica, se l’operazione non era di dimensione comunitaria, o perché non raggiungeva i livelli di fatturato previsti dal Regolamento del 1989, oppure perché, nonostante venissero raggiunti tali valori, ciascuna delle imprese interessate realizzava oltre i due terzi del suo fatturato totale nella Comunità all’interno di un solo e medesimo Stato membro (regola dei due terzi282), doveva essere soggetta a notificazione obbligatoria in uno o più Stati membri, in quanto si riteneva che questi ultimi si trovassero in una posizione migliore, rispetto alla Commissione stessa, per trattare i casi che avrebbero prodotto i loro effetti all’interno dello Stato membro stesso. L’obbligo di dover notificare la stessa operazione a più autorità garanti della concorrenza dell’UE, ovviamente solo nel caso in cui veniva ritenuta di dimensione non comunitaria, ha sollevato, a sua volta, il cosiddetto problema delle “notifiche multiple”, che non faceva altro che generare una serie di svantaggi, tra i quali rientrava, per esempio, quello di rendere più complessa, meno efficace e al tempo stesso più lenta la procedura di notifica e di controllo di tali operazioni. Viceversa, con riferimento alle concentrazioni di grande dimensione, il cui impatto sul mercato va al di là di un singolo Stato membro, il Regolamento n. 4064/89 e, come si vedrà poi anche i successivi, sembra essersi mostrato ampiamente in grado di evitare che ad una stessa operazione venissero applicate normative nazionali diverse; questo grazie al sopra citato principio dello “sportello unico”, ovvero alla decisione del Legislatore comunitario di affidare alla Commissione il compito esclusivo di intervenire affinché a tutte le aggregazioni con significativi effetti transfrontalieri venissero applicati gli stessi obblighi in materia di notificazione, nonché le stesse procedure e norme giuridiche. Nel caso di concentrazioni di dimensione comunitaria, il principio dello “sportello unico” è sembrato essere, perciò, la soluzione migliore, dal momento che consentiva di rispondere ad un duplice obiettivo283. Innanzitutto, nello spirito della sussidiarietà, si

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La “regola dei due terzi” prevede che l’operazione non ha rilievo comunitario se ciascuna delle imprese interessate dalla stessa, realizza più dei due terzi del proprio fatturato all’interno di un solo e medesimo Stato membro.

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Si veda Commissione delle Comunità Europee, “Libro verde sulla revisione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio”, Bruxelles, dicembre 2001, p. 7 e ss.

fondava sulla constatazione che il compito delle concentrazioni a livello comunitario era giustificato dall’incapacità di un singolo Stato membro di esaminare tutte le implicazioni che la portata e gli effetti transfrontalieri di simili operazioni comportano. Inoltre, il principio dello “sportello unico”, previsto dal regolamento, consentiva di semplificare le procedure amministrative permettendo, in tal modo, di ridurre al minimo i costi del controllo delle concentrazioni sia alle autorità di concorrenza, sia alle imprese.

Secondo il Regolamento del 1989, e poi anche per i successivi, la Commissione risultava essere, perciò, nella posizione migliore per trattare quelle concentrazioni realizzate tra imprese che operano su mercati più ampi di quelli nazionali, dal momento che sembrava disporre di poteri d’indagine, nonché di interventi correttivi e di attuazione più appropriati dei limitati mezzi delle autorità nazionali degli Stati membri che, grazie ad una minore difficoltà a raccogliere le necessarie informazioni sul mercato domestico, si trovavano, invece, in una posizione migliore per trattare quelle fusioni e/o acquisizioni che producono i loro effetti all’interno di uno Stato membro. In presenza di operazioni nazionali il ricorso ai poteri più ampi della Commissione non risultava essere, quindi, per nulla necessario.

Le disposizioni del Regolamento CEE n. 4064/89 riguardanti le concentrazioni tra imprese di cui si è parlato sopra, trovavano applicazione anche con riguardo al caso specifico delle acquisizioni e/o fusioni fra imprese bancarie, poiché il legislatore comunitario non aveva disposto alcuna deroga in merito ai criteri di valutazione sostanziale delle aggregazioni bancarie, alle quali si dovevano applicare, perciò, gli stessi principi e criteri generali in materia. Ciò nonostante, la particolarità del settore del credito aveva imposto l’adeguamento di uno degli aspetti della disciplina richiamata, ovvero del parametro di riferimento per la verifica della dimensione comunitaria dell’operazione, che come si è detto in precedenza, per le imprese in generale veniva individuata in base al fatturato284. Con riferimento al caso specifico delle concentrazioni realizzate tra banche, il Regolamento n. 4064/89 aveva deciso, invece, di parametrare

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Il fatturato, ai sensi del Regolamento del 1989 e, come si vedrà in seguito, anche dei successivi Regolamenti, comprendeva gli importi ricavati dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi realizzati dalle imprese interessate nell’ultimo esercizio e corrispondenti alle loro normali attività, previa detrazione delle riduzioni sulle vendite, nonché dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte direttamente legate al fatturato. Il fatturato realizzato, nella comunità o in uno Stato membro, comprendeva i prodotti venduti ed i servizi forniti ad imprese o a consumatori nella comunità o nello Stato membro in questione.

tali operazioni alla dimensione dell’attivo delle banche stesse285. In tal modo, nella valutazione della dimensione dell’operazione non venivano, però, considerate poste che, pur figurando sotto la linea, esprimevano con significatività parte dell’attività bancaria non strettamente creditizia286. Risultava, quindi, più che mai necessario procedere a delle modifiche. A superare questo ultimo limite ha provveduto il Regolamento n. 1310/97 che, a differenza del precedente, ha previsto che, nel caso di concentrazioni realizzate tra imprese bancarie, il parametro del fatturato287 doveva essere espresso dal concetto di reddito, così come definito da alcune voci di provento relative ai conti annuali delle banche, ai sensi della direttiva CEE 86/635288, considerate al netto delle eventuali imposte sul valore aggiunto e di altre imposte direttamente associate ai suddetti proventi: i) interessi e proventi assimilati; ii) proventi su titoli (proventi di azioni, quote ed altri titoli a reddito variabile, proventi di partecipazioni, proventi di partecipazioni in imprese collegate); iii) proventi per commissioni; iv) profitti da operazioni finanziarie; v) altri proventi di gestione. Il fatturato di un’impresa bancaria secondo il Regolamento del 1997, comprendeva, quindi, gli elementi dei proventi, comprensivi delle voci sopra riportate, imputati ad una succursale o ad una unità operativa dell’istituto interessato avente sede nella Comunità o nello Stato membro in questione. Il riferimento alla nozione di reddito e l’indicazione puntuale delle voci ricomprese nel calcolo, risultavano, perciò, più che mai opportune, dal momento che per il R. 1310/97 avevano lo scopo di offrire una rappresentazione veritiera e certa della situazione economica delle banche interessate alla concentrazione.

Il Regolamento del 1997 ha, inoltre, provveduto ad ampliare i casi, individuati dal Regolamento 4064/89, sulla base dei quali un’operazione di concentrazione tra imprese arrivava ad assumere una dimensione comunitaria. In particolare, il Regolamento del

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Per le imprese bancarie il fatturato, sempre secondo il Regolamento del 1989, era pari ad un decimo del totale dello stato patrimoniale. In particolare, il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate (fatturato mondiale), era pari ad 1/10 del totale dello Stato patrimoniale consolidato di tutte le imprese interessate; mentre il fatturato totale realizzato individualmente nella Comunità da almeno due delle imprese interessate (fatturato comunitario), era pari ad 1/10 del totale dello Stato patrimoniale moltiplicato per il valore ottenuto rapportando i crediti verso istituti finanziari sommati a quelli verso clientela risultanti da operazioni realizzate con residenti nella Comunità, all’importo totale dei crediti.

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Si veda M. La Torre, Le concentrazioni tra banche, op. cit., p. 33 e ss.

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Il Regolamento 1310/97 ha adottato la stessa definizione di fatturato presente nel Regolamento del 1989. Si veda, per questo, la nota 284.

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GU L 372 del 31.12.1986, p. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e della Commissione relativa ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione.

1997 ha dimezzato il fatturato mondiale (fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate pari a 2,5 miliardi di euro), e ha ridotto, da 250 milioni di euro a 100 milioni di euro, quello comunitario (fatturato totale realizzato individualmente nella comunità da almeno due delle imprese interessate). A queste due soglie, sempre a partire dal 1997, ne ha aggiunte due completamente nuove, ovvero quella relativa al fatturato totale realizzato dall’insieme delle imprese interessate in ciascuno di almeno tre Stati membri, superiore a 100 milioni di euro, e quella relativa al fatturato totale realizzato individualmente da almeno due delle imprese interessate, in ciascuno di almeno tre Stati membri, superiore invece a 25 milioni di euro289.

Da quanto si è detto sopra, emergeva quindi che, con riferimento alla capacità di garantire un efficace controllo delle concentrazioni di dimensione comunitaria, sia il Regolamento n. 4064/89 che quello del 1997 si erano mostrati in grado di conseguire risultati positivi; con riferimento, invece, alle fusioni e/o acquisizioni non comunitarie, i sopra citati Regolamenti richiedevano, il prima possibile, una revisione, in quanto i problemi delle notificazioni multiple connessi a questa seconda tipologia di operazioni, sembravano destinati ad accentuarsi ulteriormente negli ultimi anni, soprattutto alla luce dell’introduzione dell’euro, dell’allargamento della Comunità europea e della crescente tendenza all’internazionalizzazione e alla globalizzazione delle imprese e dei mercati. La necessità di giungere all’approvazione di un nuovo Regolamento in materia di controllo delle concentrazioni era avvertita già da tempo da tutti gli operatori del settore. Tale esigenza comune era fondata sulla necessità di concepire un atto normativo, un Regolamento per l’appunto, in quanto tale direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, in grado di far fronte alle sfide di un mercato comune sempre più integrato e allargato. Non solo, ma l’esigenza di avere un nuovo Regolamento era di fondamentale importanza anche in vista delle profonde ristrutturazioni sottoforma di concentrazioni che, nel corso degli ultimi anni, sotto la spinta fornita dal completamento del mercato interno e dell’Unione economica e monetaria, dall’allargamento dell’Unione europea e dalla riduzione degli ostacoli internazionali al commercio e agli investimenti, stavano caratterizzando sempre più le imprese bancarie. Ai sopra citati motivi si aggiungeva, inoltre, come è già stato detto in precedenza, l’esigenza di risolvere o quanto meno di ridurre il più possibile gli svantaggi derivanti dal problema delle notificazioni multiple.

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Per i suddetti motivi, in data 20 gennaio 2004 è stato definitivamente approvato dal Consiglio il nuovo Regolamento relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, ovvero il Regolamento CEE n. 139/2004 che a partire dal 1° maggio 2004, data fissata per l’entrata in vigore nei Paesi membri, ha abrogato definitivamente i precedenti Regolamenti CEE n. 4064/89 e n. 1310/97.

Il nuovo Regolamento sulle concentrazioni è stato introdotto per riformare profondamente il quadro regolamentare di riferimento. In particolare, le novità più significative introdotte dal Regolamento n. 139/2004 sono sostanzialmente riconducibili alle cinque elencate di seguito.

Innanzitutto, i tempi della procedura di notifica sono stati resi più flessibili. Il vecchio Regolamento del 1989 prevedeva che la prima fase doveva concludersi entro un mese dalla notifica del progetto di fusione, con possibilità di estensione a sei settimane in certe ipotesi, con le nuove norme il limite diventa, invece, di venticinque giorni lavorativi estensibili a trentacinque. Tuttavia, è nella seconda fase, cioè in quella dell’indagine approfondita (solo eventuale), che si hanno i cambiamenti di maggior rilievo, dal momento che dagli attuali quattro mesi non prolungabili si passa a novanta giorni lavorativi estensibili, a certe condizioni, fino a centoventicinque.

Un secondo elemento riguarda la delimitazione delle giurisdizioni tra Commissione europea e autorità nazionali. Uno degli obiettivi prioritari della riforma era proprio quello di assicurare, soprattutto con riferimento all’allargamento dell’Unione europea, una più efficiente ripartizione di competenze tra la Commissione e le autorità di vigilanza dei Paesi europei, con particolare riferimento alle concentrazioni prive di dimensione comunitaria, ma suscettibili di incidere sugli scambi tra Stati membri, ovvero soggette a obblighi di notifica o comunque a procedure di controllo in una pluralità di giurisdizioni nazionali. Prima del Regolamento n. 139/2004 un’operazione di concentrazione veniva sottratta all’esame delle autorità nazionali per essere vagliata a Bruxelles solamente nel caso in cui si dimostrava che erano superate un complesso sistema di soglie di fatturato. Con la crescita del numero delle operazioni le soglie individuate dai precedenti Regolamenti si sono dimostrate, però, sempre più inadeguate a “catturare” molte fusioni che avrebbero avuto, invece, una dimensione comunitaria. Ne è derivato, perciò, un forte aumento dei casi di “notificazione multipla”, situazione in cui le parti, non potendo rivolgersi alla Commissione, sono state costrette a notificare

l’operazione di fusione a più autorità nazionali e a sobbarcarsi i relativi oneri e le relative incertezze. Per risolvere tale situazione destinata ad aggravarsi con l’allargamento dell’Unione europea, il nuovo Regolamento ha scelto di integrare le soglie di fatturato previste dal Regolamento del 1997 con quelle individuate dal Regolamento del 1989290. Benché il fatturato costituisca il criterio più semplice e rapido per individuare le concentrazioni di portata comunitaria, esso non è l’unico. Il Regolamento n. 139/2004 ha, infatti, deciso di introdurne uno nuovo, denominato “3+”, che non fa altro che contemplare la possibilità di rinviare alla Commissione, su richiesta delle parti notificanti, la competenza a valutare anche operazioni di concentrazione che non raggiungendo la soglia di rilevanza comunitaria devono essere notificate in ogni Stato membro interessato. Più precisamente, qualora un’operazione di concentrazione debba essere notificata in tre o più Stati membri e nessuno di essi si oppone alla richiesta formulata dalle parti, almeno tre, di rinviare tale operazione alla Commissione, quest’ultima avrà giurisdizione esclusiva per la valutazione della concentrazione nonostante l’assenza di rilevanza comunitaria. L’intervallo temporale a disposizione dei tre o più Stati membri per opporsi al sopra citato trasferimento di competenze, è pari a 15 giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della comunicazione con cui la Commissione notifica detti Stati della richiesta di esame accentrato. Il vantaggio che ne deriva è intuitivo, cioè le parti notificanti avranno, infatti, un solo interlocutore (la Commissione) ed una sola procedura da seguire (quella comunitaria) piuttosto che una pluralità di interlocutori (le varie autorità nazionali) ciascuno con proprie regole procedurali e sostanziali per la valutazione dei mergers. In generale, sembra quasi che il

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Secondo il Regolamento n. 139/2004, una concentrazione acquisisce una “dimensione comunitaria”: - quando il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è

superiore a 5 miliardi di euro e

- quando il fatturato totale realizzato singolarmente nella UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 250 milioni di euro, a meno che ciascuna di tali imprese realizzi più di due terzi del proprio fatturato totale nell’UE all’interno di un unico e medesimo Stato membro. Se le soglie sopra riportate non sono raggiunte, si tratta comunque di una concentrazione di dimensione comunitaria nel caso in cui:

- il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è superiore a 2,5 miliardi di euro;

- in ciascuno di almeno tre Stati membri, il fatturato totale realizzato da tutte le imprese interessate è superiore a 100 milioni di euro;

- in ciascuno di almeno tre Stati membri, il fatturato totale realizzato singolarmente da almeno due delle imprese interessate è superiore a 25 milioni di euro;

- il fatturato totale realizzato singolarmente nella UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 100 milioni di euro, a meno che ciascuna delle imprese di cui sopra realizzi più di due terzi del proprio fatturato totale nella UE all’interno di un unico e medesimo Stato membro.

nuovo Regolamento abbia introdotto il criterio del “3+” da un lato per cercare di evitare gli effetti negativi collegati al problema delle notificazioni multiple, e dall’altro lato per rafforzare il principio dello sportello unico, dal momento che consente di far analizzare alla Commissione concentrazioni che, non superando le soglie di fatturato previste per determinare la dimensione comunitaria di un’operazione di M&A, non sarebbero di sua competenza.

Una terza novità consiste poi nella volontà del Regolamento n. 139/2004 di rendere più efficiente e più snello il processo di valutazione delle concentrazioni. A tal proposito, il Legislatore comunitario ha introdotto, accanto al principio dello sportello unico, quello di sussidiarietà, secondo il quale viene previsto che ciascuna concentrazione dovrà essere trattata dall’autorità più appropriata a verificare se l’operazione di dimensione comunitaria è compatibile con il mercato comune, cioè a verificare se la concentrazione crea o rafforza una posizione dominante, ostacolando in modo significativo un’effettiva concorrenza sul mercato. Per fare in modo che ogni concentrazione venga esaminata dall’autorità più idonea a farlo (principio di sussidiarietà), il nuovo Regolamento ha deciso di semplificare il sistema dei rinvii incrociati tra Commissione e Stati membri