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Le integrazioni bancarie cross-border in Europa: natura e principali determinant

LE CONCENTRAZIONI BANCARIE CROSS-BORDER

1. Le integrazioni bancarie cross-border in Europa: natura e principali determinant

Tra le operazioni di crescita esterna stanno diventando sempre più frequenti, nel comparto bancario europeo, le operazioni di fusione e/o acquisizione concluse in ambito internazionale, ovvero quelle realizzate tra imprese bancarie appartenenti a Paesi diversi. Parallelamente alle M&A di tipo domestico, che sono state per il settore bancario una costante nel corso degli ultimi due decenni, quelle di natura cross-border, dette anche transfrontaliere, costituiscono invece un fenomeno sostanzialmente recente e dalle dimensioni ancora contenute, dal momento che hanno iniziato ad interessare i principali Paesi dell’Unione Europea solamente a partire dalla seconda metà degli anni Novanta237. In particolare, la Figura 13, secondo uno studio condotto dalla Banca Centrale Europea (BCE) tra il 1995 e il primo semestre del 2000, la crescita del numero di integrazioni bancarie, nell’arco di tempo considerato, è stata quasi interamente imputabile alle M&A di tipo domestico238. Si può, infatti, osservare che circa l’80% di tutte le aggregazioni ha avuto luogo tra banche appartenenti alla stessa nazione239, questo perché il consolidamento interno era, ed è ancora, basato sulla convinzione che un forte mercato nazionale è necessario prima di una espansione all’estero e sul timore che il controllo delle banche passi a operatori esteri240. Per quanto riguarda, invece, le fusioni e/o acquisizioni di natura cross-border, la cui percentuale è comunque aumentata, specialmente nell’ultimo decennio, va rilevato che esse sono avvenute principalmente tra imprese bancarie di Paesi al di fuori dell’Unione Europea (cross- border extra-Ue) più che tra banche appartenenti a più nazioni della Ue (cross-border intra-Ue), che, ancora oggi, costituiscono dei casi relativamente rari.

237

Si vedano R. Ruozi, “Verso una nuova stagione di concentrazioni bancarie?”, in Bancaria, 2, 2006, p. 15 e ss.; F. Cesarini, Le strategie delle grandi banche in Europa, op. cit., p. 179 e ss.; A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op. cit., p. 95 e ss.; A. Resti, L. Galbiati, “Le fusioni bancarie negli Stati Uniti e in Europa: una retrospettiva di modalità ed effetti”, in Bancaria, 2, 2006, p. 7 e ss.

238

Si veda A. Resti, L. Galbiati, “Le fusioni bancarie negli Stati Uniti e in Europa: una retrospettiva di modalità ed effetti”, op. cit., 2006, p. 11.

239

È questo uno dei motivi per cui, inizialmente, le operazioni di M&A hanno in genere interessato imprese bancarie minori. Si veda Bollettino Mensile BCE, “Il consolidamento e la diversificazione nel settore bancario dell’Area dell’Euro”, op. cit., p. 77 e ss.

240

Si veda A.W.A. Boot, “European Lessons on Consolidation in Banking”, in Journal of Banking & Finance, 23, 1999, p. 609-613.

Figura 13

M&A riguardanti banche europee

0 100 200 300 400 500 1995 1996 1997 1998 1999 2000 N . O p era zi o n i

Domestiche Intra Ue Extra Ue

Fonte: A. Resti, L. Galbiati, “Le fusioni bancarie negli Stati Uniti e in Europa: una retrospettiva di modalità ed effetti”, in Bancaria, n. 2, 2006, p. 11 – BCE (2000).

Nel periodo più recente, però, il trend delle concentrazioni bancarie è, in qualche misura, mutato. I dati raccolti dall’Osservatorio FinMonitor241 per il triennio 2002 – 2005, sintetizzati nella Figura 14, mostrano, infatti, che le aggregazioni bancarie domestiche nei principali sistemi creditizi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Italia), pur essendo sempre più numerose delle cross-border, stanno gradualmente rallentando, mentre acquisisce maggiore importanza la ricerca di obiettivi di crescita al di fuori dei confini nazionali e, in particolare, al di fuori dell’Unione Europea (M&A cross-border extra-Ue). La Figura 15 evidenzia, infatti, che solo il 40%242 circa delle operazioni transfrontaliere, intervenute tra il 2002 e il 2005, ha riguardato un acquirente e un’acquisita appartenenti entrambi alla tradizionale Unione Europea a 15 membri (M&A cross-border intra-Ue), dal momento che gli intermediari bancari presenti in Europa allettati da prospettive di sviluppo più promettenti, ma anche dai minori vincoli alla contendibilità degli assetti proprietari, hanno, infatti, preferito

241

Alla fine del 2002, l’Università di Bergamo costituisce un’associazione senza scopo di lucro denominata “Osservatorio sulle Fusioni ed Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari” (in breve: “FinMonitor”). L’Osservatorio, che ha raccolto le adesioni di un nutrito gruppo di banche e istituzioni, è diventato, nei suoi primi anni di vita, un luogo di ricerca e di confronto per gli operatori finanziari, gli studiosi, le Autorità. Per maggiori informazioni si veda www.finmonitor.it.

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In particolare, la Figura 15 mostra che nel 2002 il 41% delle operazioni cross-border era di tipo intra-Ue, in quanto delle 212 operazioni transfrontaliere, 88 erano state realizzate tra banche di Paesi dell’Unione Europea e 124 tra una banca europea e una non europea. Nel 2005, invece, il 36% delle operazioni cross-border era di tipo intra-Ue, in quanto delle 251 operazioni transfrontaliere, 91 erano state realizzate tra banche di Paesi dell’Unione Europea e 160 tra una banca europea e una non europea.

rivolgere le proprie attenzioni, in misura prevalente, all’Europa dell’Est, al Sudamerica o all’estremo Oriente243.

Figura 14

Operazioni domestiche e cross-border nei principali cinque Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna)

0 25 50 75 100 mar -02 giu-02 set-0 2 dic- 02 mar- 03 giu- 03 set-0 3 dic-0 3 mar -04 giu- 04 set-0 4 dic-0 4 mar- 05 giu-0 5 set-0 5 N. O p e r a z io n i

Domestiche Cross-border intra Ue 15 Cross-border extra Ue 15

Fonte: A. Resti, L. Galbiati, “Le fusioni bancarie negli Stati Uniti e in Europa: una retrospettiva di modalità ed effetti”, in

Bancaria, n. 2, 2006, p. 11 - FinMonitor (2006).

Figura 15

Operazioni domestiche e cross-border in Europa (2002-2005) 88 91 124 160 233 318 0 100 200 300 400 500 600 2002 2005 N. O p er a zi o n i

Cross-border intra Ue Cross-border extra Ue Domestiche

Fonte: Rapporto semestrale su Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari in Europa, febbraio 2006, (www.finmonitor.it).

243

Delle M&A bancarie nell’Europa Centro-Orientale se ne parlerà in maniera più approfondita più avanti, sempre, però, all’interno del presente paragrafo.

Da quanto è stato detto sopra risulta chiaro che l’integrazione transfrontaliera, a livello europeo, appare ormai una solida realtà, anche se, basandoci poi su analisi più approfondite, si scopre che i Paesi che ne fanno parte sono stati interessati dal fenomeno con intensità differenti. In particolare dalla Figura 16, relativa al numero di M&A di tipo cross-border concluse nel periodo compreso tra il 2003 e il 2005 dai cinque principali Paesi dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), emerge, infatti, che il Regno Unito, con quasi il 40% di operazioni transfrontaliere (attive e passive) annunciate negli ultimi tre anni, risulta essere il Paese più attivo, seguito poi, anche se con un certo distacco, dalla Germania (20%) e dalla Francia (18%) ed, infine, dall’Italia (13%) e dalla Spagna (10%). È proprio l’attivismo del Regno Unito nel comparto delle aggregazioni cross-border che induce, a sua volta, a riflettere sui ritardi nel processo di integrazione internazionale tra i Paesi aderenti all’Euro. La moneta unica, infatti, oltre a recare in dote evidenti vantaggi in termini di semplificazione delle transazioni e stabilizzazione dei mercati, già trattati in precedenza, dovrebbe essere in grado di garantire anche una più stretta compenetrazione e competizione tra i sistemi finanziari nazionali. Tuttavia, il processo di costruzione degli Stati Uniti Valutari d’Europa appare ancora complesso e tortuoso e ciò è dimostrato dal fatto che i quattro Paesi-chiave dell’eurosistema, ovvero Italia, Francia, Germania e Spagna, hanno espresso, dal primo gennaio 2002, un volume di operazioni transfrontaliere non molto più consistente di quelle della sola Gran Bretagna (452 contro 303), oltre che rivolto in misura sensibile (49%) verso Paesi tradizionalmente non appartenenti all’Unione Europea244. In questo quadro sembra quasi che il rischio di una possibile ingerenza di gruppi di interesse stranieri negli assetti proprietari delle banche domestiche non sia inferiore ad un altro pericolo, cioè a quello di una progressiva disaffezione, da parte dei grandi operatori europei, nei confronti di Paesi tradizionalmente appartenenti all’Unione Europea, ma che da tempo scontano difficoltà di crescita ed una minore centralità nei flussi di interscambio internazionali.

244

Si veda C. Epis, L. Galbiati, “Rapporto semestrale su fusioni e aggregazioni tra gli intermediari finanziari in Europa”, in FinMonitor, 4, giugno 2005.

Figura 16

Numero di operazioni cross-border per Paese (2003-2005)

39% 20% 18% 13% 10% Regno Unito Germania Francia Italia Spagna

Fonte: Rapporto semestrale su Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari in Europa, giugno 2005, (www.finmonitor.it).

Tra i fattori esogeni responsabili del ritrovato spirito espansionistico che negli ultimi anni sta caratterizzando in misura crescente le banche europee, rientrano sicuramente, oltre alla globalizzazione e all’integrazione dei mercati e all’innovazione tecnologica, l’esigenza di divenire global player e l’ampliamento dell’Unione europea avvenuto nel maggio 2004. Un’ulteriore spinta verso le concentrazioni cross-border è riconducibile, infatti, proprio all’allargamento dei confini dell’Europa. Per competere con i grandi gruppi bancari operanti su scala mondiale, le banche europee si sono via via rese conto che non è più sufficiente una crescita a livello domestico, ma che occorre puntare, invece, su un allargamento delle attività a nuovi mercati in grado di offrire ampi margini per un’ulteriore espansione. A questo proposito, i Paesi dell’Est Europa entrati a far parte dell’Ue, ovvero, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, hanno rappresentato obiettivi decisamente allettanti per le banche occidentali alla ricerca di nuove opportunità di investimento, dal momento che si tratta di mercati caratterizzati da notevoli potenzialità di crescita e da minori vincoli alla contendibilità degli assetti proprietari245.

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, ma soprattutto negli ultimi due anni, i Paesi dell’Europa Centro-Orientale, detti anche per brevità PECO10, hanno iniziato a rappresentare, quindi, per gran parte delle banche appartenenti all’Ue, un importante

245

Per la Bulgaria e la Romania l’adesione all’Unione Europea è prevista per il 2007. Si veda A. Resti, L. Galbiati, “Le fusioni bancarie negli Stati Uniti e in Europa: una retrospettiva di modalità ed effetti”, op.cit., p. 12.

mercato di sbocco come evidenzia la Tabella 18 che non fa altro che riportare l’evoluzione delle quote di mercato in termini di totale attivo246 detenute dalle banche estere a partire dal 1996 nei paesi dell’Europa Centro-Orientale247.

Come emerge dalla Tabella sottoriportata, alla fine del 2004 la quota di mercato detenuta dalle banche straniere era pari al 69% per un controvalore di 307 miliardi di euro di total asset contro il 21% di quota di mercato pari a solo 44 miliardi di euro nel 1996. Si evince, quindi, che in meno di un decennio gli intermediari bancari esteri hanno più che triplicato il loro peso nei Paesi in questione e che i total asset sono aumentati, invece, nel periodo in questione, di ben 7 volte.

Tabella 18 – Evoluzione delle quote di mercato in termini di total asset delle

banche estere nei Paesi dell’Europa Centro-Orientale (1996 - 2005)

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005