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Principali obiettivi e fattori di ostacolo nelle fusioni e acquisizioni cross-border

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Totale attivo

2. Principali obiettivi e fattori di ostacolo nelle fusioni e acquisizioni cross-border

Le aggregazioni bancarie di tipo cross-border, che ancora oggi si contraddistinguono per la loro limitata, seppur crescente, diffusione nell’esperienza europea, si caratterizzano, come del resto le concentrazioni domestiche, per essere orientate alla ricerca di determinati obiettivi. Secondo un recente studio condotto dalla Banca Centrale Europea (BCE) nel 2000, i motivi che arrivano a spingere gli intermediari creditizi a ricorrere a processi di consolidamento internazionali, risultano essere

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Bisogna peraltro ancora sottolineare come buona parte dei Paesi entrati/in entrata nella Ue siano già stati oggetto negli ultimi anni di ingenti investimenti da parte di intermediari finanziari esteri e, quindi, costituiscano ormai occasioni di business solo parziali. Più attrattivi risultano, invece, Paesi a titolo esemplificativo la Serbia e la Turchia, che non fanno ancora parte della Ue. All’investimento in essi è associato un grado di rischio non certo sottovalutabile, ma anche opportunità di profitto potenzialmente rimarchevoli.

nettamente differenti rispetto a quelli delle M&A interne263. A tal proposito la Tabella 20, nel confrontare le principali motivazioni alla base delle M&A cross-border con quelle delle operazioni domestiche, mostra come emergano delle differenze significative tra gli obiettivi che portano le banche a crescere a livello domestico piuttosto che internazionale. Nelle transazioni domestiche all’interno del settore creditizio, il raggiungimento di economie di scala e la razionalizzazione nelle reti distributive e nelle funzioni amministrative, già ampiamente trattate in precedenza (cfr. par. 2, Cap. I), sembrano essere i due fattori principali alla base del consolidamento. La crescita internazionale è, invece, sostenuta da obiettivi dimensionali, non tanto per il raggiungimento di economie di scala, quanto per l’ingresso in nuovi mercati con confini diversi dai precedenti. Nell’attività cross-border la dimensione, cioè la necessità delle imprese bancarie di essere sufficientemente grandi sul mercato, è la causa prevalente per incrementare le quote e il potere di mercato al di fuori di quello interno, tale da conseguire dimensioni sufficienti per competere sul mercato, per far fronte alle esigenze della clientela in modo da dar seguito alle loro esigenze (follow the client) ed, infine, per ottenere una possibile razionalizzazione all’interno delle funzioni amministrative. Emerge, perciò, che la dimensione rappresenta un fattore chiave tra le principali determinanti della decisione di una banca di espandersi all’estero, dal momento che le imprese bancarie più grandi sembrano essere proprio i soggetti che hanno maggiori incentivi a ricercare nuove opportunità di profitto all’estero.

In definitiva, da quanto si è detto sopra, si deduce che il punto fondamentale sul quale il consolidamento cross-border e quello domestico si differenziano, sembra essere così l’ordine stesso delle motivazioni alla base delle rispettive operazioni264. In particolare, nei primi le esigenze di taglio dei costi (cost cutting) verrebbero soddisfatte solo dopo aver raggiunto l’obiettivo del rafforzamento del potere di mercato nei paesi stranieri target, mentre nei secondi lo scopo di implementare la cost X-efficiency prevarrebbe, in termini temporali, su quello di accrescere le quote di mercato e di ottenere maggiori benefici dalle economie di gamma, tramite l’aumento del cross-selling ratio265.

263

Si veda F. Cesarini, Le strategie delle grandi banche in Europa, op. cit., p. 180 e ss.

264

Si veda S. De Angeli, Banca universale o gruppo creditizio?, op. cit., p. 208.

265

Si veda European Central Bank, Mergers and Acquisitions Involving the EU Banking Industry, dicembre 2000, p. 21.

Tabella 20 - Principali motivazioni per le aggregazioni bancarie interne e

cross-border

M&A Domestiche M&A Cross-border

- Economie di scala; - Dimensioni; - Tagli nelle reti distributive e nelle funzioni

amministrative (razionalizzazione).

- Far fronte alla dimensione della clientela e dar seguito alle loro esigenze;

- Possibile razionalizzazione all'interno delle funzioni amministrative.

Fonte: BCE, Mergers and Acquisitions Involving the EU Banking Industry, dicembre 2000, p. 20.

L’analisi del processo delle concentrazioni bancarie cross-border non si esaurisce, però, con l’elenco delle principali motivazioni che possono spingere le banche ad adottare tali operazioni, ma richiede anche, soprattutto in considerazione del fatto di riuscire a comprendere le ragioni della limitata diffusione del fenomeno, un’indagine volta a cogliere quali sono stati i fattori che, per il momento, ne hanno impedito una più ampia diffusione, nonostante la consistente crescita a cui si è assistito nell’ultimo decennio. Nel tentativo di individuare gli elementi che potrebbero maggiormente incidere sulla decisione di attuare un’operazione di aggregazione tra banche di paesi diversi, sono stati condotti diversi studi266 che, nella maggior parte dei casi, sono giunti a concentrare l’attenzione su due categorie di ostacoli, ovvero sulla presenza di costi di informazione, intesi come quei costi che le banche devono sostenere per raccogliere le notizie riguardanti la società e l’ambiente con cui si entra in contatto, e sull’esistenza di differenze nei regimi di regolamentazione vigenti.

Ad accrescere il primo dei due principali fattori di ostacolo alla diffusione delle M&A cross-border, ovvero i costi di informazione, concorrono, in particolare, la distanza geografica, le differenze a livello linguistico e la differenze nei sistemi legali tra il paese della banca acquirente e quello della banca target.

Per quanto riguarda la distanza geografica, essa sembra avere un’incidenza negativa sul numero di aggregazioni bancarie di natura cross-border, dal momento che è ragionevole attendersi che paesi geograficamente vicini presentino alcune somiglianze anche dal punto di vista culturale; ciò, per la banca che intende effettuare un’acquisizione oltre

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A tal proposito, tra i principali studi si devono ricordare lo studio del Gruppo dei Dieci del 2001, quello condotto da Claudia Buch e di Gayle DeLong del 2004 ed, infine, la relazione della Commissione Europea elaborata, tra il 2005 e il 2006, sulla base delle risposte ottenute da un questionario on-line volto ad individuare gli ostacoli alle concentrazioni transfrontaliere nel settore finanziario. Si veda Gruppo dei Dieci, Il processo di consolidamento del settore finanziario, op. cit., p. 24; M. Baravelli, Strategia e organizzazione della banca, op. cit., p. 365; A. Resti, Le fusioni bancarie. La lezione dell’esperienza, op. cit., p. 95 e ss.

confine, si traduce in minori costi d’informazione e rappresenta pertanto un fattore positivo che la incentiva a concludere l’operazione. In definitiva, quindi, minore è la distanza tra gli stati coinvolti in un’aggregazione internazionale, maggiore è la probabilità che quest’ultima venga conclusa.

Al pari della vicinanza geografica, un altro elemento certamente in grado di ridurre i costi di informazione e che pertanto può facilitare la diffusione delle operazioni di M&A cross-border, è rappresentato dalla condivisione da parte dei paesi coinvolti della stessa lingua. Un impatto positivo sostanzialmente di pari grado verrebbe prodotto anche nel caso in cui nel paese di appartenenza della banca target si parlasse una lingua di carattere internazionale (l’inglese in primo luogo) anche se diversa da quella diffusa nel paese della impresa bancaria acquirente. Una situazione di questo tipo potrebbe, infatti, garantire ugualmente un buon livello di comunicazione tra le parti interessate. Sempre nella categoria dei costi di informazione vengono poi fatti rientrare i cosiddetti “aspetti legali”. A tal proposito, è importante che, al fine di agevolare le aggregazioni bancarie di tipo cross-border, nei paesi coinvolti sia presente la medesima struttura legale. Inoltre, può essere altrettanto importante che la banca acquirente abbia già maturato una certa esperienza in questo genere di operazioni e, quindi, una certa dimestichezza nel trattare con sistemi legali diversi dal proprio. Entrambe le situazioni descritte, infatti, permetterebbero all’istituto compratore di ottenere un risparmio di tempo e di risorse.

Accanto ai costi di informazione, il secondo elemento che condiziona la realizzazione delle operazioni di fusione e/o acquisizione cross-border, viene individuato nella presenza di una regolamentazione europea non sufficientemente armonizzata. Il processo di deregolamentazione ha svolto un ruolo importante nel promuovere, nell’ultimo ventennio, il consolidamento nel settore dei servizi finanziari. Tuttavia, le limitazioni di natura giuridica e regolamentare ancora esistenti (ad esempio, politiche concorrenziali o di limitazione delle presenza estera nel capitale delle imprese bancarie) e le differenze nella regolamentazione tra paesi (ad esempio, in materia di requisiti prudenziali) continuano ad ostacolare le concentrazioni transnazionali267. In generale è chiaro, infatti, che tanto più basse risultano essere le barriere all’entrata per le banche

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straniere, tanto maggiori dovrebbero risultare le possibilità che si verifichino M&A cross-border.

Sui processi di consolidamento transfrontalieri possono poi aver influito sfavorevolmente, in aggiunta a quelli sopra citati che risultano comuni a tutte le aggregazioni cross-border, fattori intangibili, variabili da banca a banca, ma anche da paese a paese, come l’insufficiente preparazione del management (inefficienze manageriali), le difficoltà di integrazione e di gestione dei sistemi tecnologici, le differenze nella valenza strategica dell’orientamento al consumatore e nel grado di cultura finanziaria della clientela degli intermediari bancari oggetto di eventuali aggregazioni.

Da quanto finora detto è chiaro, perciò, che le aggregazioni bancarie cross-border possono risultare condizionate anche da fattori country-specific, ovvero specifici dell’area geografica in cui le banche si trovano ad operare.

I fattori di ostacolo alle aggregazioni cross-border risultano ancora più evidenti quando ad essere coinvolti nelle aggregazioni internazionali sono Paesi tra loro così diversi dal punto di vista sociale, economico e culturale come gli Stati dell’Europa dell’Est e dell’Ovest. La conclusione di un’operazione con una banca dell’Europa Centro- Orientale tende, infatti, generalmente a sollevare numerosi problemi, anche di una certa importanza, come quelli che derivano dai rischi operativi e dalla presenza di differenze culturali268.

Per quanto riguarda i rischi operativi, essi nascono principalmente dalla difficoltà di integrare differenti procedure di controllo, di contabilità e di risk management. Queste ultime, in particolare, non essendo molto sviluppate negli Stati dell’Europa Orientale, hanno rappresentato uno degli ostacoli più difficili da superare. Altri rischi operativi sono poi derivati dall’iniziale carenza, nei Paesi dell’Est, di un’adeguata disciplina dei mercati finanziari e di organi responsabili di farla osservare. Tali lacune non hanno solo rallentato le integrazioni effettivamente compiute, ma hanno anche sconsigliato alle banche occidentali di intraprendere un maggior numero di operazioni di questo tipo. L’altro problema che si incontra nella conclusione di fusioni e/o acquisizioni con banche dell’Europa Centro-Orientale, che, al tempo stesso, rientra anche tra gli ostacoli comuni a tutte le aggregazioni cross-border, è rappresentato dalle differenze dal punto

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di vista culturale, termine con cui non si fa semplicemente riferimento all’esistenza di una lingua o di abitudini diverse, ma anche e soprattutto a una mentalità in campo finanziario completamente differente.

Le concentrazioni bancarie transnazionali, per il momento, alla luce soprattutto dei tipici ostacoli che le caratterizzano, non sembrano aver avuto molto successo in Europa, anche se negli ultimi anni sono riuscite a recuperare, in parte, lo svantaggio nei confronti delle aggregazioni bancarie domestiche. Nonostante ciò, sul futuro di tali processi sembrano esserci, però, accanto a quelli che sulla base delle precedenti considerazioni ritengono che l’evoluzione futura di tali processi non sarà brillante, coloro che manifestano, invece, maggiore ottimismo ritenendo, fra l’altro, che un certo numero di grandi banche, avendo ormai raggiunto una quota di mercato rilevante nel paese d’origine, non dovrebbe avere altra scelta di crescita dimensionale che quella di acquisire banche estere269. Sul futuro delle concentrazioni bancarie cross-border in Europa, sembra così possibile individuare due contrapposte correnti di pensiero270. Da un lato, ci sono i pessimisti che ritengono difficile il suddetto successo perchè i fattori culturali e l’attitudine dei manager dovrebbero continuare a giocarvi contro, ma anche perchè l’impossibilità di operare in un unico ambiente normativo dovrebbe creare difficoltà difficilmente superabili. Essi, inoltre, concludono che le operazioni in questione non dovrebbero avere futuro e ciò risulterebbe in linea con il desiderio delle autorità politiche e bancarie nazionali che, solitamente, non vedono di buon occhio il passaggio di proprietà di banche domestiche nelle mani di azionisti stranieri.

Dall’altro lato, ci sono gli ottimisti, i quali ritengono, invece, che il processo di concentrazione bancario cross-border dovrebbe proseguire in modo inesorabile anche nella vecchia Europa. A sostegno della loro tesi adducono le prese di posizione delle Autorità comunitarie, i progressi dell’armonizzazione delle legislazioni in materia di credito e risparmio e specialmente di credito all’abitazione e al consumo, ma soprattutto i vantaggi economici attesi dalle suddette concentrazioni. In particolare, tali vantaggi sarebbero connessi ai progressi che si potrebbero fare nel settore dell’IT e nei risparmi di patrimonio dovuti alla prossima entrata di Basilea 2. Le concentrazioni ridurrebbero,

269

Si veda R. Ruozi, “Nuove storie di concentrazioni bancarie”, in Economia & Management, 5, 2005, p. 116.

270

Si veda R. Ruozi, “Verso una nuova stagione di concentrazioni bancarie?”, in Bancaria, 2, 2006, p. 19.

infatti, i fabbisogni patrimoniali delle banche risultanti dalle fusioni per la riduzione dei rischi che queste produrrebbero. Secondo stime contenute in uno studio di Morgan Stanley e di Mercer Oliver Wyman i risparmi potenzialmente conseguibili nel primo settore sarebbero del 19% dell’utile e quelli conseguibili nel secondo sarebbero dell’8% dello stesso utile.

Pessimisti e ottimisti ritengono, invece, che le aggregazioni domestiche dovrebbero proseguire specialmente nei Paesi in cui il sistema bancario è ancora troppo frazionato, come Germania e Italia (cfr. par. 3.1 – Cap. I). Le aggregazioni interne, non presentando conflitti culturali e di regolamentazione, sembrano, infatti, più facili di quelle internazionali. In realtà, però, tali affermazioni non sono scontate, ma anzi diverse aggregazioni tra banche appartenenti allo stesso paese rivelandosi, in certi casi, più problematiche del previsto, non sono ancora state completate e ciò potrebbe, in un certo senso, frenare i grandi gruppi bancari europei nell’affrontare nuove operazioni cross- border.

In definitiva sembra corretto affermare che, nonostante le banche dei principali Paesi dell’Unione europea non siano state ancora finora caratterizzate da un preciso e ben determinato orientamento nei riguardi delle strategie di consolidamento cross-border, la formazione di un sistema bancario europeo integrato tramite processi di aggregazione internazionale, resta comunque un traguardo da raggiungere, anche se la strada da percorrere si presenta piena di ostacoli e di lungo periodo.

3. Principali effetti delle operazioni transfrontaliere sull’efficienza e sulle