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ELEMENTI NATURALISTICI E FAUNISTICI

Nel documento PROVINCIA di SONDRIO RAPPORTO AMBIENTALE (pagine 168-200)

4 CARATTERISTICHE DELLE AREE CHE POTREBBERO ESSERE SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE, PROBLEMI AMBIENTALI ESISTENTI E SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE, PROBLEMI AMBIENTALI ESISTENTI E

4.6 ELEMENTI NATURALISTICI E FAUNISTICI

4.6.1 Caratterizzazione floristico vegetazionale

Come ricordato nel Piano Faunistico Venatorio Territoriale, la vegetazione spontanea presente nel territorio della provincia di Sondrio varia soprattutto in relazione al fattore altitudinale; si distinguono pertanto, in base al progressivo incremento della quota:

 il piano submontano, ad altitudini comprese tra 500 e 1.000 metri, ove il climax è quello del bosco di faggio. Dal piano altitudinale inferiore (piano padano), caratterizzato dalla presenza di querce (Quercus robur, Quercus petraea), castagni (Castanea sativa) e robinia (Robinia pseudoacacia), si passa alla presenza del faggio (Fagus sylvaticus) cui si associa spesso l'abete bianco (Albies alba), il larice (Larix decidua) e l'abete rosso (Picea abies). Il sottobosco del Fagetum comprende arbusti quali il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e il maggiociondolo (Cytisus laburnum), mentre, tra i cespugli, il mirtillo e il brugo (Calunna vulgaris). Nelle praterie submontane, a livello delle faggete, è preponderante la presenza dell'avena bionda (Trisetum flavescens) accompagnata da Trifolium montanum, Ranunculus montanus, Campanula barbata e da Trolius europeanus

 il piano montano, che occupa la fascia da 1.000 a 1.400 metri d'altitudine. La specie caratteristica è l'abete rosso, spesso accompagnato dal larice e dall'abete bianco. Nel sottobosco sono presenti il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) e quello rosso (Vaccinium vitis-idaea); nelle radure sono frequenti i cespugli di rododendri (Rhodondendron ferrugineum) ed i lamponi (Rubus idaeus). Le piante erbacee comprendono Festuca ovina, il melampiro (Melampyrum silvaticum), la Campanula barbata e la Veronica officinalis. Il sottobosco, nelle compagini molto chiuse, è scarsamente luminoso, con gli strati erbaceo e arbustivo in genere assai ridotti; notevole, per contro, risulta la copertura muscinale (Hylocomium splendens e Rhytidiadelohus triquetus)

 il piano subalpino occupa sulle alpi altitudini fra i 1.400 e 1.800 m. Alberi caratteristici sono il larice (Larix decidua) e il cembro (Pinus cembra); presenti spesso il mugo (Pinus montana var.

mugus) e l'abete rosso. Il sottobosco è costituito da arbusti e cespugli tra cui i più comuni sono l'ontano verde (Alnus viridis), il rododendro e il ginepro nano (Juniperus communis var. nana);

tra le erbacee, le più diffuse sono l'erba olina (Festuca ovina capillata), il nardo (Nardus striata), trifogli (Trifolium montanum e Trifolium alpinum) e diverse specie di Carex e Juncus.

A livello delle conifere citate si può osservare la presenza di quattro aspetti di fitogenesi erbaceo-cespugliose aperte: le praterie, le torbiere, gli acquitrini e i greti. Per Ungulati e Galliformi, le prime sono quelle che sicuramente rivestono maggiore importanza: si tratta di prati pascolabili costituiti da numerose specie di graminacee in cui l'associazione vegetale dominante è il Nardetum alpigenum

 il piano alpino inferiore, che occupa altitudini tra 1.800 e 2l400 m e coincide con l'orizzonte degli arbusti, è caratterizzato dal climax Rododendro-vaccinetum. Piante tipiche sono il pino mugo, caratteristico in terreni calcarei, l'ontano verde e il rododendro, oltre a numerosi

cespugli minori appartenenti specialmente ad ericacee. Sono, inoltre, di questi stessi livelli i pascoli alpini costituiti da Aveno-Nardetum, sulle rocce silicee e da Caricetuum ferruginei e da Festucetum su quelle calcaree. Tipici poi dei pascoli più ombrosi sono i saliceti (Salix pentantra, S. coaesia, S. purpurea)

 il piano alpino si estende sopra il limite superiore delle vegetazione arborea ed arbustiva, inserendosi tra i 2.400 e i 2.700 m. È caratterizzato dal Curvuletum, un consorzio erboso con caratteri di tundra e steppa alpina, che occupa le superfici a terreno acido e in cui il Carex curvula è la specie dominante. Sui suoli calcarei si instaurano invece altri due cariceti: il firmeto e l'alineto, il primo dovuto a Carex firma mentre il secondo a Carex elyna

 il piano nivale, contraddistinto dalla flora tipica delle morene e delle rocce dei ghiacciai presenti oltre i 2.700 metri d'altitudine costituita principalmente da piccoli pascoli a mosaico di Curvuletum e Salicetum, da alcune specie di Saxifraghee (Saxifraga panicolata, S. aizoon), oltre che da muschi e licheni

La superficie forestale copre circa il 39% dell’intera provincia e costituisce circa il 20% dell’intero patrimonio forestale regionale, con un’estensione complessiva stimata in 125.095 ha (Fonte: Rapporto sullo stato delle foreste 2018, ERSAF).

Da oltre un secolo oramai, in relazione al progressivo abbandono delle superfici coltivate, il bosco si è esteso, invadendo buona parte delle aree pascolive e prative dei maggenghi e dei caratteristici terrazzamenti di versante, un tempo dissodati e disboscati per favorire le coltivazioni.

I boschi, per la quasi totalità, sono fustaie, sia pure miste, di resinose e di latifoglie. In prevalenza si tratta di roveri, querce, faggi, betulle, aceri, sorbi, ontani, olmi, oltre che di abeti, larici e pini.

La Regione Lombardia ha elaborato, quale rappresentazione delle superfici boscate, la Carta dei tipi forestali, di cui si presenta un estratto nella Figura 4-24; è possibile notare come la presenza della categoria “peccete” sia prevalente in quasi tutta la provincia, fatta eccezione per la Valdidentro ed il territorio di Livigno dove si ritrovano consistenti mugheti e lariceti o cembreti.

Emerge anche chiaramente come i boschi di fondovalle siano estremamente circoscritti, soprattutto lungo il corso dell’Adda, nonostante alcuni progetti siano stati sviluppati da Regione Lombardia (es.

Foreste di Pianura) per promuovere forme di riforestazione delle aree planiziali. Lungo il fondovalle Valtellinese, del resto, l’urbanizzazione ha relegato i residui ambiti forestali in piccoli lembi o fasce fluviali discontinue.

Figura 4-24: carta dei tipi forestali della provincia di Sondrio (Fonte dati: rielaborazione da Portale cartografico regionale)

Figura 4-25: categorie forestali presenti sul territorio della provincia di Sondrio in termini percentuali rispetto alla superficie boscata totale.

4.6.2 Caratterizzazione faunistica 4.6.2.1 Indicazioni generali

Dal punto di vista faunistico, il territorio provinciale è particolarmente ricco, in relazione alla diversità di habitat presenti, sia di fauna ittica sia di fauna terrestre.

Nel fondovalle e lungo i versanti alle quote più basse, tra i Vertebrati si possono incontrare Anfibi come la Rana esculenta (Rana Klepton esculenta), il Rospo comune (Bufo bufo), la Raganella italiana (Hyla intermedia) presente oggi solo nella Riserva naturale del Pian di Spagna e in poche zone della bassa Valtellina, e la Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) tipica dei boschi di latifoglie. Tra i Rettili, l'Orbettino (Anguis veronensis) sui versanti con appezzamenti prativi e aree di fondovalle, la Lucertola muraiola (Podarcis muralis) e il Ramarro (Lacerta viridis) presente nelle zone più naturali, come i greti e gli arbusteti xerofili.

Presenti anche Natrice tassellata (Natrix tessellata) e il Biacco (Hierophis viridiflavus), di cui in valle è presente un ecotipo dalla colorazione completamente nera, il Saettone (Elaphe longissima), e la Natrice dal collare (Natrix natrix).

Nell’Adda, tra l’ittiofauna, si ricorda la Trota iridea (Oncorhynchus mykiss) e la Trota fario (Salmo trutta tipo fario) oltre alla Trota marmorata (Salmo trutta marmoratus) e alla lacustre (Salmo trutta trutta ecotipo lacustre) quasi estintesi nel tempo ma ora reintrodotte. Di maggiore valore conservazionistico si annovera il Temolo (Thymallus thymallus), presente nell’Adda e nel Mera. Altre specie sono il Cavedano (Leuciscus cephalus), Vairone (Leuciscus souffia) e Scazzone (Cottus gobio), quest'ultimo rintracciabile quasi esclusivamente nei tratti torrentizi.

Nei residui lembi di canneto sul fondovalle valtellinese nidificano il Cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) e la Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), mentre, sempre sul piano, in aree arbustate ed ecomosaici agricoli non è raro trovare l’Usignolo (Luscinia megarhincos); fra i migratori si annoverano diverse specie di Anatidi, come il Germano reale (Anas platyhryncos), la Marzaiola (Anas querquedula), il Mestolone (Anas clypeata), l'Alzavola (Anas crecca), gli svernanti Orchetto marino (Melanitta nigra), Smergo minore (Mergus serrator) e Smergo maggiore (Mergus merganser) che ha iniziato a riprodursi in tempi recenti, il Fischione (Anas penelope) e la Canapiglia (Anas strepera). Tra i nidificanti si ricorda la Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), molto comune anche nei fossi irrigui e nei canali scavati dall’uomo.

Tra gli uccelli presenti lungo le rive dei fiumi, si cita il Martin pescatore (Alcedo atthis), il Cormorano (Phalacrocorax carbo), l'Airone cenerino (Ardea cinerea), il Corriere piccolo (Charadrius dubius), oltre al più diffuso Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus).

I boschi ripariali dell’Adda e le radure che li interrompono ospitano il Picchio verde (Picus viridis), il Picchio rosso maggiore (Dendrocopus major), più raramente il Torcicollo (Jynx torquilla) e l’Upupa (Upupa epops), specie biondicatrice di agrosistemi a elevata funzionalità.

Nei mesi primaverili, nei prati e appezzamenti agricoli nidifica la Quaglia (Coturnix coturnix), mentre specie di interesse venatorio è la Beccaccia (Scolopax rusticola), presente sui versanti boscati, mentre il Beccaccino (Gallinago gallinago) e il Frullino (Lymnocryptes minimus) frequentano anche durante la migrazione le zone umide del fondovalle. La Cornacchia grigia (Corvus coronae cornix) abbonda in tutto il fondovalle e, grazie alla plasticità ecologica, anche nelle zone più elevate. Risulta più frequente in zone dove vi siano ammassi e depositi di rifiuti urbani. Ad essa si sovrappone parzialmente in media valle anche la Cornacchia nera (Corvus corone) che diventa dominante in Alta Valtellina rispetto alla congenere.

La Tortora dal collare (Streptopelia decaocto) e lo Storno (Sturnus vulgaris) sono frequenti sia in campagna che nei più estesi centri cittadini. La Cesena (Turdus pilaris), la Tordela (Turdus viscivorus) e il Tordo bottaccio (Turdus philomelos) sono specie migratrici e nidificanti in provincia.

Tra i rapaci, sono presenti l'Astore (Accipiter gentilis), lo Sparviere (Accipiter nisus), la Poiana (Buteo buteo), il Nibbio bruno (Milvus migrans), il Gheppio (Falco tinnunculus), il Lodolaio (Falco subbuteo), il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) e il Biancone (Circaetus gallicus) recentemente nidificante in media Valtellina ma osservato come estivante anche in bassa e alta Valle.

Tra gli Strigiformi si segnala la presenza della Civetta (Athene noctua), il Gufo comune (Asio otus), l'Allocco (Strix aluco), il Gufo reale (Bubo bubo), la Civetta capogrosso (Aegolius funereus), la Civetta nana (Glaucidium passerinum) e l’Assiolo (Otus scops).

Tra i Chirotteri sono presenti varie specie tra cui il comune Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), il Pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii), il Vespertilio maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), il Vespertilio minore Myotis blythii, il Vespertilio di Daubenton (Myotis daubentonii), il Vespertilio smarginato (Myotis emarginatus) e il Vespertilio maggiore (Myotis myotis) la cui unica colonia riproduttiva è segnalata per la Lombardia in provincia di Sondrio, all’interno del sottotetto di una chiesa, molto probabilmente in sintopia con la specie sorella Myotis blythii (Spada et al 2011).

Difficilmente visibili, perché animali essenzialmente notturni sono la Puzzola (Mustela putorius) di cui non si hanno dati recenti e attendibili e la Faina (Martes foina), piccolo mammifero il primo, di circa 35-40 cm di lunghezza, più grande (circa 70 cm con la coda) il secondo. Presenti anche la Volpe (Vulpes volpe), la Donnola (Mustela nivalis), l'Ermellino (Mustela erminea) e il Tasso (Meles meles).

Le aree di fondovalle ospitano il Riccio (Erinaceus europaeus), insettivoro con abitudini notturne è presente in provincia il Toporagno comune (Sorex araneus) e il Toporagno nano (Sorex minutus). Sono presenti varie specie di roditori tra le quali si ricorda l'Arvicola terrestre (Arvicola terrestris) e l’Arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus), il Topo domestico (Mus musculus), il Ratto nero (Rattus rattus), il Topo selvatico o campagnolo (Apodemus sylvaticus), il Ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) e la Talpa comune (Talpa europea).

Tra gli Odonati si segnalano Frecciarossa (Crocothemis erythraea), Frecciazzurra puntanera (Orthetrum cancellatum), Libellula depressa (Aeshna juncea) e Libellula quadrimaculata (Enallagma cyathigerum). Tra i coleotteri il Cervo volante (Lucanus cervus) e lo Scarabeo rinoceronte (Oryctes gryphus).

Più diffuso lo Scorpione (Euscorpius italicus), la Formica leone (Myrmeleon formicarius) e le cimici del genere Rhynocoris.

In primavera i prati ospitano una delle più ricche faune di farfalle diurne delle Alpi: sono presenti infatti il Podalirio (Iphyclides podalirius), il Macaone (Papilio machaon), la Cedronella o Gonepteride (Gonepterix rhamni), la Colias (Colias hyale e crocea), vanesse come Inachis Io, Vanessa urticae e suoi bruchi sulla pianta dell’ortica, Vanessa cardui e Vanessa atalanta, Vanessa polichloros , tutte infeudate a piante ortensi, ruderali o ad essenze coltivate come il Ciliegio (Prunus avium) che in autunno colora di macchie di rosso fuoco i versanti sia orobico sia retico della valle.

Per quanto riguarda gli orizzonti delle quote superiori, risalendo i versanti boscati, si ricorda tra le specie tipiche della foresta di conifere il gruppo dei Paridi - Cincia mora (Periparus ater), Cincia alpestre (Poecile montanus), Cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus), dei Turdidi - Tordo bottaccio (Turdus philomelos), Merlo dal collare (Turdus torquatus), Tordela (Turdus viscivorus), Cesena (Turdus pilaris) e Pettirosso (Erithacus rubecola) e altre specie di Passeriformi - Crociere (Loxia curvirostra, Luì bianco (Phyilloscopus bonelli), Regolo (Rugulus regulus), Rampichino alpestre (Certhia familiaris), il Picchio nero (Dryocopus martius), la Nocciolaia (Nucifraga caryiocatactes), il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), la Civetta nana (Glaucidium passerinum) e il raro Gallo cedrone (Tetrao urogallus). Tra i Mammiferi legati a questa

tipologia vegetazionale si trovano Scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), Martora (Martes martes), Capriolo (Capreolus capreolus) e, nelle aree meno soggette a disturbo antropico, il Cervo (Cervus elaphus).

Arbusteti e brughiere della zona subalpina ospitano il Fagiano di monte (Tetrao tetrix), lo Stiaccino (Saxicola rubetra), il Venturone alpino (Carduelis citrinella), lo Zigolo muciatto (Emberiza cia), la Bigiarella (Sylvia curruca), il Beccafico (Sylvia borin), la Passera scopaiola (Prunella modularis). Tipicamente associato agli arbusteti di Pino mugo è l’Organetto (Carduelis flammea). Nelle praterie di alta quota si trovano lo Spioncello (Anthus spinoletta), il Culbianco (Oenanthe oenanthe) e il Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros). Tra gli sfasciumi e le pietraie con buona copertura di rododendri è possibile osservare l’Arvicola delle nevi (Chionomys nivalis), il Sordone (Prunella collaris) e il Fringuello alpino (Montifringilla nivalis).

Nella bassa vegetazione erbacea (continua o interrotta da sfasciumi di rocce) tipica dell’orizzonte alpino, Coturnice (Alectoris graeca), Gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus), Pernice bianca (Lagopus muta).

Questo è anche uno dei tipici habitat di foraggiamento per il Gipeto (Gypaetus barbatus) e l’Aquila reale (Aquila chrysaetos). Tra i Mammiferi sono presenti la Marmotta (Marmota marmota), l’Ermellino (Mustela erminea) e i grandi Ungulati presenti sulle Alpi, come il Camoscio (Rupicapra rupicapra) e, negli ambienti di pascolo ricchi di rocce e cenge degli orizzonti alpino e nivale, lo Stambecco (Capra ibex). Tra gli Anfibi e i Rettili, la rara Salamandra nera (Salamandra atra) e la Lucertola vivipara (Lacerta vivipara) abitano la prima i pascoli alpini, la seconda i luoghi umidi sino oltre i 3.000 m. Marasso (Vipera berus) e Vipera (Vipera aspis) sono gli Ofidi presenti in questi habitat, il primo ad altitudine più elevata.

Le pareti rocciose o singoli massi in aree d'alta quota ospitano i siti di nidificazione di Codirossone (Monticola saxatilis), Picchio muraiolo (Tichodroma muraria), Rondone maggiore (Apus melba), quest'ultimo presente come nidificante anche a quote meno elevate.

All’habitat “azonale” costituito dal corso dei torrenti sono strettamente associate specie “specializzate”, come Ballerina bianca (Motacilla alba), Ballerina gialla (Motacilla flava) e soprattutto il già citato Merlo acquaiolo. Allo sviluppo di una cintura di salici potrebbe essere legata, alle quote inferiori, la comparsa della localizzata Cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris). Interessante a livello alpino la discreta popolazione di Bigia padovana (Sylvia nisoria) e Averla piccola (Lanius collurio) legate a prati e aree aperte con la presenza di siepi interpoderali, del Pettazzurro (Luscinia svecica) nelle praterie d'alte quota a buona presenza di rodoreti e corsi d'acqua e della Balia dal collare (Ficedula albicollis) specie forestale lega ai castagneti stramaturi della sola Val Chiavenna.

4.6.2.2 Specie di interesse venatorio

Si riprendono in questa sede, sintetizzandoli, i contenuti del capitolo IV del Piano Faunistico Venatorio Territoriale proposto, che analizza dettagliatamente la situazione di ogni specie di interesse, riportandone distribuzione, densità, vocazionalità in provincia di Sondrio a seguito dell’applicazione dell’apposito modello e delle analisi effettuate sull’andamento del prelievo e sui dati ricavati in occasione dei censimenti e dei controlli effettuati, unitamente alle indicazioni gestionali individuate.

STAMBECCO (Capra ibex)

Complessivamente, sono stimati in provincia circa 1.750 capi su di una superficie complessiva di 53.774 ha, con una densità di circa 3,2 capi/km2. Gran parte di questi capi si trova nel Parco dello Stelvio, che da solo ne ospita diverse centinaia. Il numero di capi aumenta però in estate, in particolare sulle Alpi Orobie, dove sono presenti circa un centinaio di animali in più rispetto all’inverno; inoltre, da fine primavera-estate aumentano anche i capi della colonia dell’Albris (Livigno): di conseguenza la stima di popolazione effettuata risulta valida solo per il periodo indicato, tenendo conto che nel corso dell’anno si verificano fluttuazioni piuttosto marcate.

Figura 4-26: distribuzione delle colonie di stambecco riportate nella versione 2020 del PFVT

Le colonie presenti nel territorio della provincia di Sondrio, escludendo il Parco dello Stelvio, hanno mostrato nei primi anni dopo l’insediamento una crescita rapida, simile a quanto descritto da altri autori per colonie giovani (Nievergelt, 1966, Desax 1978, Giacometti, 1988, Michallet et al., 1997) e con range di variazione anche molto ampio (Bionda, 2000). Attualmente però si può notare che, rispetto alla distribuzione raggiunta dalla specie alla fine degli anni ’90, l’incremento dell’areale negli ultimi anni è stato piuttosto scarso, e anche la consistenza della specie risulta all’incirca stabile, con fluttuazioni più o meno marcate a seconda delle condizioni invernali. Le uniche colonie con trend complessivo ancora favorevole sembrano essere quelle retiche di Valmasino e Valmalenco, anche se un maggiore sforzo andrebbe dedicato alle zone orobiche per valutare in dettaglio la consistenza e distribuzione della popolazione. Le colonie “mature”, di Val Grosina e Livigno-Albris, sono invece ormai tendenzialmente stabili, anche se la zona della Val Grosina risente ancora in modo evidente del fattore limitante attribuito al bracconaggio.

Nel complesso la densità della specie sul territorio provinciale risulta ancora bassa rispetto all’areale potenziale e sono ancora presenti vaste aree idonee per il momento poco colonizzate.

I dati riportati evidenziano che alcune popolazioni, in primis la colonia dell’Albris a Livigno, presentano consistenze tali da poter sopportare un prelievo venatorio, se effettuato con molta attenzione e prudenza.

Peraltro da molti anni si parla della possibilità di avviare una gestione venatoria, con un prelievo limitato, basato su criteri conservativi e scientifici.

Nel 2007 la Provincia di Sondrio si è fatta promotrice e coordinatrice della redazione di un apposito piano per la conservazione e gestione dello Stambecco, che ha individuato le aree più vocate, le situazioni in cui la specie può ancora significativamente espandersi e aumentare i propri effettivi, e quelle in cui è ancora necessario procedere a reintroduzioni, rispetto a quelle in cui è già stata raggiunta una distribuzione ottimale ed una consistenza medio-alta della popolazione.

Nel Piano sono stati inoltre definiti nel dettaglio i criteri e le modalità in base ai quali sarebbe possibile effettuare una gestione venatoria sostenibile della specie.

In provincia di Sondrio, tra gli obiettivi principali da perseguire in futuro, è evidenziato innanzitutto il controllo del bracconaggio, che ancora influisce pesantemente in molte zone di presenza, costituendo ancora un limite significativo ad un’ulteriore espansione della specie.

È indicata nel PFVT l’importanza di poter perseguire una maggiore conoscenza, quantitativa e qualitativa, delle colonie provinciali, da attuarsi anche con la collaborazione degli enti gestori dei territori confinanti, anche di individuare gli interventi più corretti da attuare al fine di rispondere alle necessità di conservazione della specie.

CAMOSCIO (Rupicapra rupicapra)

La specie è presente in quasi tutto il territorio provinciale, con presenza omogenea nei comprensori orobici, mentre nelle Alpi Retiche, anche in relazione alla minore idoneità del territorio, vi sono alcune aree di assenza o di presenza solo occasionale, quali la Costiera dei Cek, la fascia retica del settore Tirano Sud (comuni di Teglio e Bianzone) e una parte della Valle di Livigno, oltre alle aree di fondovalle che sono frequentate solo sporadicamente.

Su tutto il territorio provinciale vengono effettuati censimenti estivi post-riproduttivi, nel periodo tra fine giugno e metà luglio. I dati che ne derivano riguardano la popolazione dopo la riproduzione e comprendono quindi anche i nuovi nati dell’anno, che vengono poi decurtati dal totale dei capi censiti per i calcoli delle densità.

Nella stagione 2019, su una superficie censita pari a 143.952 ha, si sono contati un totale di 6.935 capi, che sommati a 2.163 piccoli dell’anno forniscono un totale di 9.098 capi.

La densità pre-riproduttiva sul territorio soggetto a programmazione della caccia è risultata quindi pari a 4,8 camosci/km2, quella post-riproduttiva a 6,3 camosci/km2. Poiché varie parcelle non hanno potuto essere censite, il valore rappresenta un numero minimo e non la consistenza effettiva della popolazione.

Nelle aree del Parco dello Stelvio sono invece stati censiti, nel 2019 (Pedrotti e Gugiatti), un totale di 1.270 capi (di cui 1.117 al netto dei piccoli, su di un territorio di 48.953 ha, per una densità pre-riproduttiva pari a 2,28 capi/km2.

Se aggiungiamo anche questi dati, si ottiene quindi una popolazione provinciale totale pre-riproduttiva pari a 8.052 capi (densità 4,2 capi/km2) e post-riproduttiva di 10.368 capi (densità 5,4 capi/km2).

Rispetto ai valori riportati nel precedente Piano, che arrivavano all’anno 2005, il trend complessivo registrato risulta stabile o leggermente positivo. Fino al 2013 la specie ha evidenziato una tendenza alla crescita, mentre nel triennio successivo si è verificato un leggero calo, seguito da ripresa nel 2017 e con andamento altalenante negli ultimi due anni. Dal 2005 la popolazione provinciale (escluso il territorio del Parco dello Stelvio) si è attestata su un valore superiore a 6.000 capi, arrivato in alcuni anni anche a 7.000, quindi ben superiore ai circa 5.000 censiti nei primi anni 2000.

Considerando che la pressione venatoria sulla specie si è mantenuta in questi anni elevata, questo dato sembra evidenziare uno stato discreto delle popolazioni locali, anche se con differenze rilevanti tra i Comprensori alpini, e la popolazione mantiene ampi margini di incremento.

Figura 4-27: densità del Camoscio nelle Unità di Rilevamento sul territorio provinciale

In provincia di Sondrio, il Camoscio mostra nel complesso una situazione favorevole, che non desta particolare preoccupazione, ma con alcuni elementi di criticità che evidenziano la necessità di apportare da subito correttivi gestionali adeguati.

1) in vari settori consistenza e densità delle popolazioni sono ancora al di sotto delle potenzialità, e presentano un ampio margine di crescita: si segnalano innanzitutto i settori di Tirano, dove è urgente intervenire, ma anche il CA di Chiavenna, in Alta Valle i settori di Valle dello Spol e Val Viola e, a Sondrio, dell’Alta Valmalenco, dove i valori sono ancora bassi; negli altri settori la situazione è migliore anche se sono possibili ulteriori incrementi. Il Piano suggerisce l’adeguamento delle percentuali di prelievo alle linee guida Ispra e quanto approvato nell’ambito del proposto PFVT, prevedendo quindi piani più corretti e sostenibili;

2) la struttura della popolazione è ancora decisamente squilibrata sulle femmine in tutti i Comprensori Alpini, con un numero di maschi adulti di molto inferiore a quello delle femmine adulte, e il rischio di uno sbilanciamento eccessivo che potrebbe portare conseguenze negative sull’intera popolazione. Il Piano suggerisce:

o di prevedere piani di prelievo più corretti nella ripartizione tra sessi, e maggiormente sbilanciati soprattutto sulle classi femminili, in modo da arrivare gradualmente ad un miglioramento del rapporto sessi, che sia meno sproporzionato a favore delle femmine;

o di indagare in modo approfondito eventuali conseguenze di questi squilibri, in termini ad esempio di cambiamenti nelle misure biometriche degli ungulati (peso, altezze etc,..) ma anche nei parametri riproduttivi (esito della riproduzione, fecondità, fertilità, etc..) per ottenere un quadro più completo sulla situazione della specie.

3) la modalità di caccia con capo non assegnato tende a provocare ulteriori squilibri sulla popolazione, comportando un’eccessiva incidenza sulle classi maschili e in particolare sui maschi sub-adulti, nonché un basso prelievo delle classi giovanili e in alcuni casi anche su quelle femminili. Il Piano suggerisce di migliorare e rivedere, in accordo con i CA, le norme che regolano questo tipo di caccia, definendo modalità più stringenti per tutelare i maschi e rispettare i piani effettivi, quali ad esempio penalizzazione l’anno successivo in caso di sforamento, assegnazione dei maschi adulti con bassi

3) la modalità di caccia con capo non assegnato tende a provocare ulteriori squilibri sulla popolazione, comportando un’eccessiva incidenza sulle classi maschili e in particolare sui maschi sub-adulti, nonché un basso prelievo delle classi giovanili e in alcuni casi anche su quelle femminili. Il Piano suggerisce di migliorare e rivedere, in accordo con i CA, le norme che regolano questo tipo di caccia, definendo modalità più stringenti per tutelare i maschi e rispettare i piani effettivi, quali ad esempio penalizzazione l’anno successivo in caso di sforamento, assegnazione dei maschi adulti con bassi

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