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3 Il controllo nel sistema delle amministrazioni pubbliche centrali

3.4 Le caratteristiche del controllo sulle Agenzie

3.4.1 Gli elementi di un sistema di controllo

Si assuma che il modello delle agenzie, per funzionare, richieda l’impostazione di un adeguato strumento di controllo costituito da un sistema di controllo di gestione: per dimostrare tale assunzione occorre definire esattamente cosa sia un sistema di tale tipo, ed in particolare che connotati assuma all’interno di una pubblica amministrazione.

L’attività di controllo d gestione è innanzitutto un’attività complessa che coinvolge molteplici attori all’interno dell’organizzazione aziendale, ciascuno con un suo ruolo definito (Pavan, Reginato, 2004). Operativamente essa si realizza attraverso analisi compiute sulla base di misurazioni e aventi come fine quello di pervenire a giudizi sull’andamento della gestione che consentano di formulare nuove decisioni (Farneti, Pozzoli, 2006). Si tratta in altri termini di un percorso di azione e retroazione che attraverso l’osservazione di obiettivi, risorse ed unità organizzative alle quali i primi sono affidati, valuta l’attività svolta e propone nuove alternative. I sistemi di controllo sono costituiti da tre elementi di base:

 la struttura organizzativa, che definisce il sistema coordinato delle responsabilità economiche facenti capo ai titolari delle diverse unità organizzative al fine di esplicitare le caratteristiche qualitative e dimensionali dei risultati attesi dalle diverse unità.

 la struttura informativa, ovvero l’insieme coordinato delle metodologie di misurazione delle quantità economiche utili per la gestione: strumenti di rilevazione, classificazione e rappresentazione delle informazioni direzionali che comprendono sistemi di natura contabile, sistemi extracontabili e sistemi di reporting.

 il processo, rappresenta la parte dinamica del sistema concentrata sul confronto fra risultati ottenuti nel corso della gestione ed i parametri che si sono assunti a base del controllo stesso; il processo costituisce l’elemento di collegamento tra l’attività di controllo e l’attività di programmazione dal momento che vale l’assunto che si può controllare propriamente solo ciò che si è programmato.

Il problema dei sistemi di controllo di gestione è che non tutto può essere programmato e che non sempre la programmazione costituisce una soluzione opportuna. Per esempio in taluni casi sussistono condizioni di dinamicità tali per cui la programmazione potrebbe costituire un fattore di rigidità più che un beneficio. Le attività programmate potrebbero risultare inadeguate, le risorse disponibili non rivelarsi tali, le unità operative tali da essere necessario operare un cambiamento delle stesse. Un’attività complessa dunque, e forse ancor più complessa nella pubblica amministrazione dove ciascuno degli elementi considerati assume connotati peculiari. I risultati spesso non sono definibili in termini monetari e la struttura organizzativa non sempre esplicita in modo chiaro ed evidente le caratteristiche qualitative e dimensionali dei risultati attesi dalle diverse unità organizzative, rispondendo più spesso ad altre logiche che rendono difficile comprendere quale sia l’effettivo profilo di ruoli e responsabilità.

Molte riforme si sono mosse nella direzione di rendere l’organizzazione più aderente alle logiche dell’attività svolta: l’introduzione delle agenzie si muove in questa direzione, definendo una struttura organizzativa proprio in relazione ai risultati che ci si attende dalla sua attività e dando pertanto un contributo essenziale rispetto alla definizione dei sistemi di controllo, almeno a livello di ministeriale. Resta ferma l’esigenza che contemporaneamente, all’interno dell’agenzia, come all’interno dei dipartimenti che restano a far parte del ministero, sia configurata una struttura organizzativa idonea. In tal senso risulta centrale la considerazione del fatto che la struttura organizzativa dei sistemi di controllo di un dipartimento ministeriale e di un’agenzia deve essere definita in modo tale da comprendere al suo interno anche l’organizzazione interlocutrice: in altri termini l’agenzia non dovrebbe limitarsi a predisporre uno strumento con mere finalità interne ma deve tenere conto del fatto che lo stesso dovrà produrre informazioni anche per soggetti esterni, il dipartimento appunto, e dunque esser predisposto alla rilevazione di dati secondo quanto richiesto. Ciò significa che non solo i sistemi di programmazione e controllo delle agenzie devono essere più articolati, ma devono altresì mostrare una capacità di dettaglio tale da supportare esigenze informative assai differenti.

Il processo di controllo rappresenta sicuramente la variabile più importante ed anche quella che, all’interno della pubblica amministrazione, presenta le peculiarità più marcate. Nei sistemi amministrativi continentali, di tipo napoleonico o riferibili alla tradizione germanica, la funzione

del controllo è stata tradizionalmente interpretata in termini giuridici ed il principio di riferimento nel vaglio dell’azione amministrativa è stato individuato nella legittimità del provvedimento, ovvero nella correttezza formale del procedimento che sta dietro al medesimo (Ongaro, 2008).

Una fra le possibili conseguenze di un tipo di controllo affidato principalmente a magistrati, anche per questioni di natura contabile, così nel caso delle Corti dei Conti, è che l’attività pubblica assuma connotati di rigidità e che la competenza vada a prevalere sulla sostanza; il che tradotto in termini di esito dell’attività di controllo, significa che, essendo stabilito normativamente chi deve fare che cosa, ogni soggetto in linea generale si limita a fare esclusivamente quanto è previsto e nel modo in cui è previsto. Se in alcuni casi meccanismi informali e la personalità dei dirigenti pubblici hanno consentito che in qualche modo si ovviasse agli inconvenienti di tale impostazione, ciò non sempre si è verificato e l’attività di controllo si è rivelata infine come uno strumento in grado più di ostacolare che di promuovere la gestione.

Il processo di controllo, che va oltre l’attività di controllo propriamente intesa, e coinvolge la pianificazione e la programmazione dell’attività, dovrebbe essere al contrario un processo di promozione. Il controllo di gestione non opera soltanto sui dati provenienti dall’attività svolta ma proietta le informazioni ottenute e la conoscenza dei sistemi aziendali sull’attività futura, sugli scenari prospettati, fornendo alcuni degli elementi di base essenziali per la definizione degli obiettivi. D’altra parte quegli stessi obiettivi dovranno poi essere tradotti in termini economici, accompagnati, laddove possibile, da espliciti criteri di valutazione e misurati da chi si occupa del controllo di gestione. Ed in merito a quest’ultimo punto occorre evidenziare uno degli elementi che maggiormente distingue il controllo di gestione dalle altre forme di controllo normalmente presenti all’interno della pubblica amministrazione. Il controllo giuridico, ma anche il controllo contabile - finanziario, che è molto importante nel contesto anglosassone - sono esercitati da organi esterni al soggetto controllato: la dirigenza di una pubblica amministrazione si abitua ad essere oggetto di controllo, magari in un contesto di relazioni interne di tipo gerarchico che mina ulteriormente ogni aspirazione di autonomia gestionale.

Indipendentemente dal fatto che il controllo sia di tipo preventivo piuttosto che consuntivo, o dal fatto che l’organo che controlla sia un’altra pubblica amministrazione, il tesoro per esempio, piuttosto che un organo ad hoc, questo tipo di controllo è esterno: se ciò da un lato fornisce evidenti garanzie in termini di imparzialità ed oggettività nel giudizio, d’altra parte rischia di non dare nessun contributo in termini gestionali, in relazione cioè alla capacità di quell’organizzazione di trarre dalla gestione compiuta preziose indicazioni sui suoi punti di forza e di debolezza e quindi sul tipo di azioni che è opportuno intraprendere per migliorare.

Il processo di controllo dovrebbe essere articolato in modo tale che parte delle sue molteplici componenti si trovi ad operare all’interno all’organizzazione, il che non significa che

non possano essere coinvolti soggetti esterni, ma piuttosto che, in relazione all’eterogeneità dei tipi di controllo, è opportuno siano coinvolti tutti quei soggetti che all’interno dell’organizzazione hanno responsabilità dirigenziali, perché sono questi soggetti che meglio di ogni altro conoscono la struttura, il modo in cui questa funziona, le risorse che sono necessarie all’ottenimento di determinati risultati. Il contributo proveniente da questa componente andrà poi ad unirsi all’attività di più ampio respiro compiuta dai vertici dell’organizzazione, in grado di cogliere meglio la prospettiva in cui si colloca quest’ultima e di definire un quadro composito delle attività da svolgere, integrando le indicazioni provenienti dalle unità operative con le analisi svolte da organi esterni di controllo e partendo da quanto dei precedenti obiettivi è stato raggiunto per affidarne dei nuovi. E’ alla luce di queste considerazioni che si coglie in pieno il significato dell’affermazione sul rapporto esistente fra strumenti e paradigmi: un processo come quello delineato può essere configurato in un provvedimento normativo ma non può trovare applicazione solo per questo, poiché richiede un nuovo modo di interpretare il proprio ruolo da parte di una serie di attori molto diversi fra loro ed abituati a relazionarsi in modo assai diverso da quanto sarebbe richiesto. L’instaurarsi di nuove relazioni richiede occasioni e l’introduzione del modello delle agenzie può essere considerata, nel caso italiano, come una di queste occasioni (Ongaro, 2006).