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Necessità di strumenti di misurazione e valutazione dei risultati

7 Conclusioni

7.2 Necessità di strumenti di misurazione e valutazione dei risultati

ad una distrazione rispetto a determinate aree di attività: laddove sussista una molteplicità di agenzie con le quali occorre definire ed instaurare operativamente un percorso informativo che renda il dipartimento ministeriale in grado di avere una perfetta conoscenza dell’attività svolta e soprattutto una costante disponibilità di dati aggiornati e veritieri, tale molteplicità produce complessità e ciò invariabilmente richiede risorse, finanziarie e gestionali.

Nelle prime fasi di applicazione del modello, quando ancora non sussiste un’esperienza rilevante in merito all’impiego pratico dello stesso in una determinata area di attività, così come laddove il modello sia ormai applicato da molto tempo, e quindi abbia trovato realizzazione un processo di routinizzazione, il rischio è che l’agenzia sviluppi dei propri interessi ed operi per indurre l’amministrazione ministeriale a definire politiche in linea con quest’ultimi. In questo caso l’agenzia definisce di fatto la politica pubblica e ciò ha maggiori probabilità di verificarsi quando la complessità è incrementata dalla molteplicità delle interazioni. Spetta al dipartimento sviluppare quelle competenze che lo rendano sensibile nel percepire, nella rete di relazioni istituzionali che la creazione di agenzie viene a determinare, deviazioni rispetto allo schema di relazione che deve contraddistinguere il rapporto tra agenzia e ministero, ovvero un rapporto fra principale ed agente (Longo, 2005).

delle agenzie, ma è in presenza di quest’ultimo che se ne coglie la necessità e che tale comprensione si estende oltre le aree interessate dal processo di costituzione delle agenzie, per andare a coinvolgere tutta la pubblica amministrazione.

Molti studi compiuti negli ultimi anni in quell’insieme di contributi teorici che va sotto il nome di New Public Management, ma non solo in esso, ha sottolineato con insistenza l’importanza di sviluppare tecniche e strumenti che rendessero possibile la misurazione dei risultati prodotti dalle varie amministrazioni. L’esperienza ha subito evidenziato come sussistesse per molte attività una difficoltà oggettiva nell’individuazione di indicatori idonei a compiere una corretta valutazione dell’operato. L’assenza di un prezzo o comunque di una grandezza che potesse corrispondere al ricavo, che tipicamente caratterizza l’attività di un’impresa, priva l’istituto pubblico della principale misura oggettiva del risultato prodotto. In molti casi inoltre non è possibile compiere nemmeno misure indirette, si pensi a servizi sociali o all’attività di ricerca: è vero che esistono indicatori in grado di misurare in qualche modo l’attività, ma l’attenzione è qui posta sui risultati, in particolare in termini di outcome, cioè di capacità di soddisfare il bisogno pubblico per il quale l’attività è stata appunto realizzata (Bouckaert, Halligan, 2008). Parlando di agenzie, il tema è particolarmente importante poiché ha precisamente a che fare con la possibilità stessa che tale rapporto sia impiegabile con riferimento alla realizzazione di una determinata attività. L’esito di un determinato processo produttivo può essere misurato infatti lungo diverse dimensioni e coerentemente a diverse prospettive a seconda delle finalità che il processo di rilevazione si pone. Possono così costituire elementi di valutazione in quanto oggetto di specifici obiettivi:

 gli input, ovvero l’ammontare di fattori produttivi impiegati nel processo;

 le attività componenti i processi;

 gli output, ovvero i beni prodotti dal processo;

 gli outcome, ovvero gli effetti legati al processo di produzione in termini di capacità dei procotti realizzati di soddisfare i bisogni all’origine del servizio pubblico.

Un sistema di controllo di gestione dovrebbe essere in grado potenzialmente di attuare, attraverso la propria struttura informativa, innanzitutto una programmazione relativa a ciascuna di tali componenti, in secondo luogo una rilevazione tempestiva e periodica dei medesimi.

Nel caso di un’agenzia ciascuna di queste dimensioni acquista una connotazione del tutto peculiare. In primo luogo l’agenzia acquisisce input attraverso un processo di negoziazione che è strettamente legato ai risultati dell’attività che le viene delegata, ciò significa operativamente che tale organizzazione deve essere in grado di conoscere con precisione i termini del rapporto tra input ed output che la sua struttura produttiva è in grado di sostenere, in altri termini deve

possedere una chiara cognizione della propria efficienza. Qualora infatti non disponesse di tale conoscenza ne risulterebbe il rischio per essa di non poter rispettare gli impegni assunti, per esempio in quanto si è stimata una capacità di raggiungimento degli output superiore a quella che l’ammontare di input ottenuto consente effettivamente di raggiungere.

In secondo luogo è fondamentale per l’esistenza di un rapporto di agenzia che l’attività da questa svolta possa essere misurata in termini di output: alla base del rapporto intercorrente fra principale ed agente sta infatti la possibilità da parte del primo di osservare quantomeno i risultati prodotti dal processo decisionale delegato al secondo, in assenza di indicatori operanti in tal senso non è possibile realizzare quel processo di allineamento degli interessi che solo garantisce che l’azione dell’agente non si muova in direzioni esclusivamente opportunistiche. Ciò significa che laddove l’attività non sia suscettibile di traduzione in termini di output prodotti dall’agenzia, tale soluzione organizzativa non rappresenta un’alternativa valida alla tradizionale gerarchia.

In terzo luogo il rapporto di agenzia pone in primo piano una questione molto delicata e cioè quella della misurabilità degli outcome: posto che l’agenzia sia dotata di tecniche di rilevazione in grado di misurare le attività svolte in termini di prestazioni e beni prodotti, cioè di output, non è detto che altrettanto possa dirsi rispetto alla misurazione degli effetti legati a tale produzione, dell’idoneità di tale produzione in relazione alla realizzazione di quelli che sono gli obiettivi generali attribuiti a quella determinata attività. Tale situazione può verificarsi sostanzialmente per due ragioni. Da un lato può essere che il sistema non sia impostato in modo tale da rilevare tale dimensione, per la mancata previsione di strumenti di rilevazione appositamente dedicati e di indicatori in grado di operare in tal senso. Ciò peraltro è quanto normalmente si verifica, e si è verificato per esempio nel caso dell’esperienza britannica, laddove si va ad introdurre un nuovo rapporto di tipo negoziale: le prime fasi di attuazione del programma Next Steps hanno messo in evidenza come l’attenzione si sia innanzitutto rivolta alla definizione di un numero elevato di indicatori, espressione di obiettivi concentrati sulla misura quantitativa degli output e su indicazioni in termini di efficienza (Carter, Greer, 1993). La seconda ragione che può essere all’origine dell’assenza di misure legate all’outcome è che tali misure sono di difficile determinazione, nel senso che non esistono indicatori in grado di fornire una misura di tali outcome o ancora che non è possibile stabilire una connessione fra output ed outcome. In tal caso il problema rispetto al rapporto di agenzia consiste nel potenziale conflitto di attribuzione delle responsabilità che può sorgere laddove, rispetto all’area di attività interessata, si negoziassero obiettivi espressi in termini di outcome senza che ci sia chiarezza intorno alla natura degli indicatori di riferimento per la valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi. Inoltre laddove anche nell’ambito del processo di negoziazione trovasse spazio

l’elaborazione di indicatori legati a tali obiettivi, le difficoltà di misurazione dei medesimi potrebbero condurre ad una situazione di incertezza circa la capacità dell’agenzia, non di raggiungere i propri scopi, ma piuttosto di essere valido strumento di implementazione della policy. In altri termini sussiste il rischio che si trasferisca sul giudizio svolto intorno al modello quello che al contrario è un limite legato alla natura dell’attività svolta o alle potenzialità degli strumenti di rilevazione.

Il tema della misurabilità degli outcome acquista dunque con riferimento al modello delle agenzie un’importanza tutta particolare: si consideri il caso in cui l’attività svolta non sia effettivamente in grado di pervenire ad una realizzazione degli obiettivi generali attribuiti alla funzione. Una struttura gerarchica, unitaria ed integrata, sebbene non assicuri di per sé la percezione di tale debolezza tuttavia, almeno potenzialmente, pone i vertici dell’organizzazione, chiamati a compiere valutazioni di ordine strategico, in condizione di percepire i segnali di trend negativo che possono manifestarsi lungo la catena organizzativa. Nel caso di un’agenzia sussiste una soluzione di continuità rispetto al percorso di tali segnali che è data dal rapporto negoziale fra vertice dell’agenzia e dipartimento ministeriale. Una soluzione organizzativa di questo tipo allora, in assenza di indicatori forti in relazione alla capacità di dare indicazione del outcome determinatosi, può condurre a situazioni di incertezza in cui gli interventi strategici rischiano di essere intempestivi se non anche inadeguati.

Parlando di agenzie dunque, la definizione di indicatori in grado di fornire una misurazione del grado di raggiungimento degli obiettivi laddove questi siano negoziati in termini non soltanto di output ma anche di outcome, è particolarmente importante, poiché coinvolge direttamente la coerenza e la stabilità dell’accordo che disciplina il trasferimento delle competenze in merito all’attività da svolgere. Quando questa definizione è complessa ne risulta complicato anche il processo di negoziazione, fino al limite di ridurre lo stesso ad una mera formalità e non dare quindi seguito alla costituzione effettiva di un’agenzia.