• Non ci sono risultati.

Gli emendamenti del 1989 e lo sviluppo della resistenza civile

1.7 Opposizione albanese

1.7.3 Gli emendamenti del 1989 e lo sviluppo della resistenza civile

Nel frattempo, il primo ministro jugoslavo Branko Mikulić rassegnò le sue dimissioni a causa delle numerose proteste e scioperi scatenati in Jugoslavia nel giugno 1988 dal fallimento delle politiche economiche proposte durante la sua legislatura. Il vuoto politico creò il momento ideale per l’imposizione di emendamenti alla Costituzione della Repubblica Socialista Serba, approvata dal Parlamento serbo il 3 febbraio 1989107. Il passo successivo per mettere sotto scacco il Kosovo fu l’epurazione massiccia di personalità politiche albanesi che avrebbero potuto far valere il loro diritto di veto nelle votazioni sulla ratificazione programmate per il 23 marzo. Gli imponenti scioperi messi in atto dai minatori

105 Discorso di Milosevic a Kosovo Polje, 24 aprile 1987, versione inglese (consultato 12 aprile 2016) Disponibile all’indirizzo :

http://www.slobodan-Milošević.org/news/Milošević-1987-3-eng.htm Traduzione mia. 106 Non a caso un termine militare.

44

albanesi di Trepça, che prima marciarono su Pristina e poi si trincerarono nelle cave, erano un estremo tentativo per ottenere le dimissioni dei cosiddetti “albanesi leali” (a Milošević), posti a capo dei maggiori partiti politici della provincia, ma si risolsero in un nulla di fatto108. Com’era prevedibile, gli emendamenti furono approvati, nonostante le numerose irregolarità in cui si svolsero le votazioni109. La vittoria serba (‘il colpo di stato silenzioso’, come fu definita da Milan Kučan, capo del partito comunista sloveno) giunse con un tempismo perfetto per le imminenti commemorazioni della battaglia di Kosovo Polje. Alla presenza di migliaia di serbi, del Patriarca della Chiesta Serbo-ortodossa e dei capi di stato jugoslavi, Milošević scelse di pronunciare durante la cerimonia una frase profetica: “Sei secoli dopo, ci troviamo di nuovo in una battaglia e nell’irrequietezza. Non si tratta di uno scontro armato, ma non dobbiamo escludere questa eventualità”110.

Il maggiore errore politico di Milošević, sottolinea Tim Judah, fu proprio nel privare il Kosovo della sua autonomia e nell’uso della forza come metodo per imporre le decisioni politiche. Nonostante questo gli abbia garantito immensa popolarità presso il suo elettorato, l’effetto collaterale che ne è derivato è stato lo sviluppo di un clima di insicurezza nelle altre nazioni jugoslave, e di conseguenza il desiderio di porre fine alla federazione sulla spinta di movimenti di indipendenza nazionale. Solo in questo senso si può affermare che la disgregazione della Jugoslavia abbia avuto inizio in Kosovo111.

Con la riappropriazione del Kosovo la Serbia si assicurava il controllo diretto sulle forze dell’ordine, sul settore finanziario e quello giudiziario della provincia, ormai privata di qualsiasi autorità pseudo-statale. La tensione era altissima in tutta la zona. Le proteste da parte albanese portarono a morti e feriti, causati dalla forte

108 I lealisti infatti si dimisero e furono reintegrati nelle stesse posizioni non appena i minatori sospesero lo sciopero. In seguito, i manifestanti furono minacciati di licenziamento o di arresto tramite lettera individuale spedita dalle autorità serbe.

109 H. CLARK, Civil Resistance in Kosovo, pag.109.

110 L. SILBER and A. LITTLE, The Death of Yugoslavia, Londra, 1995, p. 66. Traduzione mia. 111 T. JUDAH, Kosovo: What Everyone Needs to Know, pag.79.

45

repressione serba e giustificati dalla dichiarazione dell’insorgenza di circostanze speciali.

È in questo clima di diffidenza reciproca e terrore che iniziò a diffondersi la notizia del presunto avvelenamento112 ai danni di migliaia di bambini albanesi avvenuto in alcune scuole a Podujevo. All’inizio di aprile 1990 carovane di auto si diressero verso il Policlinico Universitario di Pristina, trasportando bambini con sintomi da intossicazione quali svenimenti, emicranie, difficoltà di respirazione, allucinazioni. Naturalmente si scatenarono da subito voci discordanti sui mandanti e la veridicità stessa dell’evento: da una parte si denigrarono gli albanesi per aver organizzato una farsa, un complotto allo scopo di danneggiare l’immagine serba, mentre dall’altra si inasprirono le accuse contro il regime serbo e la diffidenza verso le strutture pubbliche, tanto che molti genitori si rifiutarono di portare i bambini a scuola113. Si parlò di suggestione causata da una reazione isterica collettiva, ma anche dell’uso di armi chimiche. La strumentalizzazione della notizia messa in atto a livello mediatico da entrambe le fazioni, la mancanza di dati certi sulle analisi di laboratorio114 e la diversa interpretazione che i singoli individui diedero dei fatti contribuì a creare un’ulteriore causa di discordia.

Per i primi anni tuttavia, si cercò di evitare un conflitto aperto, anche grazie all’insistenza di Adem Demaçi, appena rilasciato di prigione dopo aver scontato in totale 28 anni, e di Ibrahim Rugova, leader della Lega Democratica del Kosovo, il maggiore partito della provincia, di stampo nazionalista. I due capi dell’intelligencija albanese crearono i presupposti per l’implementazione di istituzioni alternative nella ex provincia autonoma, e incitarono i connazionali all’auto-organizzazione e alla resistenza pacifica115. Questa strategia organizzata con lungimiranza ma fortemente condizionata dalle restrizioni imposte da

112 Per ulteriori approfondimenti rimando allo studio esaustivo e condotto sul campo svolto da Julie Mertus nel capitolo The Alleged Poisoning contenuto in J. MERTUS, Kosovo, How Myths and Truths Started a War, pagg. 175-226.

113 In seguito altri sospetti vennero diffusi, ad esempio sulla pratica di sterilizzare i bambini albanesi che andavano a farsi vaccinare in strutture pubbliche. Molti bambini albanesi non adeguatamente protetti contrassero la poliomielite.

114 La Repubblica Socialista Serba impedì che i campioni venissero analizzati in loco o da fonti esterne. 115 H. CLARK, Civil Resistance in Kosovo, pag.72.

46

Belgrado, permise agli albanesi di ricevere encomi anche dall’estero, oltre a rinforzare la legittimità delle loro richieste.

Scegliere la via della nonviolenza significava anche sostenere le dimissioni di protesta dei membri dell’Assemblea legislativa del Kosovo (ormai priva di peso politico all’interno del sistema jugoslavo), e boicottare la nuova Costituzione serba che avrebbe dovuto essere approvata con un referendum a luglio. Il 2 luglio, in un estremo tentativo, 114 dei 123 membri dell’Assemblea del Kosovo si presentarono nella sede del governo per presentare una proposta di Costituzione provinciale che avrebbe reso il Kosovo una repubblica. Quando la polizia negò l’accesso alle stanze, i deputati si riunirono sulle scale del palazzo per proclamare una dichiarazione d’indipendenza per il Kosovo116, sottolineando che il Kosovo costituiva una nazione e pertanto aveva diritto all’autodeterminazione esattamente come le altre repubbliche jugoslave. Solo tre giorni dopo il governo serbo definì la dichiarazione nulla e illegale, e impose misure speciali tra cui la soppressione dei media albanesi presenti in Kosovo e il licenziamento dei dipendenti pubblici albanesi, sostanzialmente imponendo politiche di pulizia etnica.

A distanza di pochi giorni, nel settembre 1990, la costituzione kosovara e quella serba venivano approvate. La prima definiva la Repubblica del Kosovo “uno stato democratico del popolo albanese e dei membri delle altre nazioni e minoranze nazionali che ne sono cittadini: serbi, musulmani, montenegrini, croati, turchi, romeni e tutti gli altri abitanti del Kosovo117”. La seconda definiva la Serbia “uno stato democratico di tutti i cittadini”, ma anche “un territorio unitario, da cui nessuna parte può essere isolata118”, evitando di regolare apertamente la questione del Kosovo ma di fatto senza lasciare molto spazio al dialogo. Con il boicottaggio delle elezioni serbe del dicembre 1990 e l’inizio della resistenza

116 Il quorum da raggiungere era 111 voti a favore, e la mozione fu votata all’unanimità. Fonte: J. MERTUS, Kosovo, How Myths and Truths Started a War, pag.200.

117 H. POULTON, The Balkans: minorities and states in conflict, Minority Rights Publications, 1991, pag.70. 118http://unpan1.un.org/intradoc/groups/public/documents/UNTC/UNPAN019071.pdf

47

passiva predicata da Rugova e Demaçi, il Kosovo iniziò una vera e propria politica di sviluppo separato.

48