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2. Per una filosofia del pudore

2.3 La prospettiva esistenzialista

2.3.2 Emmanuel Levinas

Lo sguardo sul pudore non cambia direzione se passiamo a Emmanuel Levinas. Spostando l’accento dall’ontologia all’etica, e puntando la sua lente d’analisi nel rapporto con l’altro, Levinas rileva un’identica necessità di prossimità, che rinviene come pudore.

Il pudore è chiamato in causa più volte nella sua opera principale, Totalità e infinito, ma il confronto più diretto con il tema emerge soprattutto ne Il tempo e l’altro, un volume in cui sono raccolte quattro conferenze che Levinas tenne tra il 1946 e 1947.

Qui, dopo un confronto con lo stesso Heidegger, Levinas si interroga sulla possibilità di trovare “una situazione in cui l’alterità dell’altro appare nella sua purezza”257. La risposta a

questo interrogativo la trova nel rapporto fra i sessi, e naturalmente dal lato della femminilità. Con questo concetto Levinas, però, non intende descrivere l’essenza della donna, non si tratta di definire che cosa significa l’esser donna; la “femminilità” piuttosto serve a

253 Ivi, pag. 233.

254 Come del resto abbiamo visto emergere a proposito di Simmel, cfr. nota 65.

255 Ivi, pagg. 44-45.

256 Martin Heidegger, Aletheia, in Martin Heidegger, Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia, 1991 [1954],

identificare un certo modo di stare nella relazione in grado di sottrarsi dalla cattura dell’identità. “L’altro in quanto altro non è qui un oggetto che diventa nostro o che finisce per identificarsi con noi; esso, al contrario si ritrae nel suo mistero”258. Con la femminilità, in

altri termini, Levinas intende una disposizione a conservare il mistero, a sottrarsi dalla luce:

Ciò che mi sta a cuore in questa concezione della femminilità, non è soltanto l’inconoscibilità, ma un modo di essere che consiste nel sottrarsi dalla luce. La femminilità è nell’esistenza un evento differente da quello della trascendenza spaziale o dell’espressione, che vanno in direzione della luce. È una fuga dinanzi alla luce259.

La femminilità dunque rappresenta quella particolare disposizione della soggettività a conservarsi nella penombra, nella quale è l’alterità stessa: a conservarsi dall’alterità dell’altro come di sé. Lo spazio del pudore è questo e in ciò il pudore assume senso per la relazione. Afferma infatti Levinas:

Il modo di esistere della femminilità consiste nel nascondersi, e questo fatto di nascondersi è appunto il pudore260.

Il legame del pudore con l’alterità è posto esplicitamente poco più avanti, indicando precisamente il pericolo scongiurato dal pudore:

Ponendo l’alterità d’altri [autrui] in termini di mistero, definito a sua volta dal pudore, non la pongo in termini di libertà identica alla mia ed alle prese con la mia, non pongo un altro esistente di fronte a me, ma pongo l’alterità261.

Ancora una volta osserviamo che, nella relazione, il pericolo da evitare è quello di chiudersi nell’identità. E quando Levinas sembra descrivere la dinamica del pudore, sembra farlo proprio nella stessa direzione che si è cercato di indicare sin qui:

258 Ivi, pag. 55.

259 Ivi, pag. 56. A questo riguardo è interessante segnalare un saggio di Diana Sartori, la quale invece sembra

porre un legame stringente tra femminilità e pudore. L’autrice non cita Levinas a proposito del pudore, ma i due sguardi sembrano comunque convergere. Cfr. Diana Sartori, La pratica femminile tra visibile e invisibile, in Il

pudore tra verità e pratica, Maria Letizia Perri (a cura di), Carocci, Roma, 2005, pagg. 79-105.

260 Ibidem.

261 Ivi, pagg. 56-57. Il traduttore e curatore del volume, Francesco Paolo Ciglia, ha deciso di lasciare tra parentesi,

affianco alla sua traduzione, il termine “autrui”, considerato che il suo significato è leggermente diverso rispetto all’italiano, ma soprattutto considerato lo specifico significato che esso assume nel pensiero di Levinas. Riportiamo dunque la nota del traduttore-curatore che mette in evidenza tali aspetti: “L’espressione francese

autrui, pronome indefinito invariabile, che in ogni caso l’articolo, sia quello determinativo che quello

indeterminativo, indica nel francese corrente l’altro uomo, l’altro uomo in quanto tale, in quanto differente da me, in definitiva, il prossimo, come oggetto di considerazione giuridica o morale. Nella lingua filosofica di Levinas, dove assume i connotati di un vero e proprio termine-chiave, autrui, né determinato, né indeterminato, bensì

indeterminabile o inafferrabile con gli strumenti del pensiero, è l’interlocutore del soggetto, dell’io, dello stesso,

all’interno di una relazione etica sempre originariamente duale (non per nulla il suo nome deriva da una trasformazione del latino alter, che è propriamente un altro di fronte ad uno solo, a differenza di alius, che è un altro di fronte a molti)”. Francesco Paolo Ciglia, Note del traduttore, in Emmanuel Levinas, Il tempo e l’altro, cit., pag. 63.

La femminilità non si realizza come essente in una trascendenza diretta verso la luce, ma nel pudore. Il movimento è dunque qui inverso. La trascendenza della femminilità consiste nel ritrarsi altrove, movimento opposto al movimento della coscienza. Ma non è, per questo, inconscio o subconscio, e non vedo altra possibilità se non quella di chiamarsi mistero262.

Invece di identificare l’altro, secondo il movimento tipico della coscienza, il pudore è ciò che ci fa trascendere altrove rispetto all’identità: è ciò che ci fa scartare a lato dell’identità.

Da qui, Levinas prosegue indicando la relazione erotico-amorosa come la relazione per eccellenza in cui è in gioco l’alterità. È in essa che emerge, infatti, il gesto della carezza, tramite il quale il soggetto cerca l’altro senza impossessarsene, in cui Levinas individua il vero e proprio epifenomeno del pudore.

Gli stessi temi saranno sviluppati in modo più dettagliato in Totalità e infinito. Qui Levinas non si interessa tanto all’individuazione quanto invece alla dinamica del pudore, evidenziando la costante tensione tra il pudore e il suo opposto, che egli indica come “impudore”. Al livello della relazione, si tratta della tendenza a cercarsi dei soggetti – ad approssimarsi grazie al pudore – che è costantemente opposta dalla loro alterità irriducibile che riemerge come “impudore” e contrasta quella vicinanza. Purtuttavia la relazione permane e si rinnova proprio in virtù di questa dinamica. Come dice Levinas, la relazione “si mantiene nel pudore, foss’anche nella forma dell’impudore”263.

Il pudore, dunque non è qualcosa di statico, un punto in cui il soggetto si tiene fisso in se stesso. Del resto, nel suo essere viatico dell’alterità, come potrebbe esserlo? Attraverso l’analisi di Levinas, allora, possiamo osservare che il pudore è un movimento che continuamente chiede di essere rinnovato, riaperto, rimesso in gioco. Sempre sul punto di perdersi, lo si perde proprio quando lo si crede assicurato.

Anche per Levinas, è bene precisarlo, il pudore entra in causa quando è in gioco una relazione erotico-amorosa. Come già detto, e d’accordo con Simmel che insiste in modo particolare su questo punto264, è una dimensione che non è esclusiva di un tipo specifico di relazione tra

esseri umani.

Quello che si può notare nel merito è che se nella relazione erotica è l’amore a far emergere spontaneamente il pudore, in una diversa relazione sociale il pudore va individuato e conservato. Condizione, quest’ultima, che rende ancora più delicata e importante la sensibilità del soggetto della relazione non erotica nel fare emergere volontariamente il pudore come risorsa in funzione del rispetto della reciproca alterità.

262 Ivi, pag. 57.

Un breve appunto di Levinas, tratto da manoscritti a lungo inediti265, forse un promemoria,

balza subito agli occhi, segnalando il carattere dirimente del pudore per la relazione:

Autrui = pudeur266