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1. Tra pudore e vergogna

1.2 Il versante sociologico

Dopo averne affrontato il versante psicologico, nella seconda parte del saggio Simmel passa all’analisi più propriamente sociologica dei sentimenti di pudore e vergogna, in cui esamina le condizioni sociali necessarie per il manifestarsi di queste esperienze. Due sono i punti importanti.

Il primo è relativo al grado di conoscenza dei soggetti della relazione. Per prodursi quell’“alterazione del senso dell’Io” che provoca a seconda della reazione del soggetto, come abbiamo visto, vergogna o pudore, la persona, vale a dire l’Alter da cui proviene l’attenzione che mette in moto il processo, non deve essere né completamente estraneo né completamente vicino.

Nel caso della relazione tra completamente estranei, l’anonimato fa sì che l’Io dell’uno o dell’altro dei due soggetti non sia al centro della relazione. Vale a dire che il soggetto non è messo in una condizione di esposizione del proprio Io davanti all’altro perché, proprio per la mancata conoscenza personale, “l’altro non sa distinguerci affatto dagli altri”. Da ciò,

specifica Simmel, consegue la particolare confidenza che si ha verso compagni di viaggio appena conosciuti: proprio perché l’Io non si trova ad essere in gioco, o al massimo è in gioco solo relativamente a questioni molto generali, è possibile toccare argomenti che in condizioni di maggiore prossimità potrebbero provocare l’insorgere della vergogna o del pudore.

Allo stesso modo, in una situazione di particolare intimità, laddove cioè “l’amore ha eliminato le barriere tra i differenti Io”, i soggetti non “rischiano l’esame”, nel senso che non si espongono alla negazione da parte dell’altro. Anzi. Grazie proprio all’intimità e alla vicinanza, tra i due soggetti della relazione si stabilisce un legame solidale che garantisce l’affermazione e che, nel caso in cui sia insorto il conflitto interno al soggetto tra l’Io intero e l’Io deprivato, tende a sanare e riconciliare il contrasto.

Il secondo punto messo in evidenza da Simmel è relativo all’eventuale appartenenza o identificazione del soggetto con un gruppo. Simmel osserva che, in questo caso, la vergogna e il pudore depongono la loro presa sul soggetto, poiché la negazione o l’affermazione dell’Io non trovano alcun presupposto.

Il fatto che i nostri ideali e le nostre norme siano tratti così spesso dai reali rapporti e dai reali modi di comportamento del gruppo sociale, non appena ci sentiamo solidali con un gruppo, elimina alla radice l’opposizione tra il nostro essere e il nostro dover essere. […]

Così l’essere impegnato in un’azione di gruppo nega da entrambi i lati i presupposti del senso di pudore: vale a dire, da una parte, l’autonomia, l’essere impegnato in una propria sfera, individualmente delimitata; e, dall’altra, la costituzione delle idee normative. Senza l’una non si può giungere all’affermazione, senza l’altra alla negazione dell’Io78.

Il piano è quello del legame solidale, che restituisce al soggetto la possibilità di integrare il proprio “essere” con il proprio “dover essere”. Detto altrimenti, l’essere parte di in gruppo evita l’eventuale contrasto tra ciò che siamo e ciò che ci preoccuperemmo di dover essere per non essere “negati” socialmente dal gruppo. Allo stesso modo, anche la nostra azione, in quanto “azione di gruppo” nel suo dispiegarsi nega i presupposti del pudore, nel senso che ovvia sia all’autonomia del soggetto – e dunque alla possibilità che questi individualmente possa reagire con l’affermazione o la negazione del proprio Io, sia alla costituzione di idee normative – e dunque alla rappresentazione di un Io ideale verso il quale il soggetto tende e sempre esposto alla mortificazione. Per cui, non essendoci la possibilità del contrasto tra affermazione e negazione della coscienza dell’Io, diventa impossibile l’insorgere anche della vergogna o del pudore.

Per certo, quando il soggetto si riconosce nell’identità del gruppo, vivendo soltanto la dimensione di un Io ideale (quello del gruppo appunto), perde la possibilità di sperimentare

la “consapevolezza della sua inadeguatezza o della sua insufficienza individuale”79 sul piano

del suo essere reale. Questa mancanza provoca la “soppressione” del senso di responsabilità personale. Esemplare in questo, nota Simmel in un altro saggio, è il fenomeno della moda:

Come elemento di una massa, l’individuo prende parte a innumerevoli azioni che risveglierebbero in lui resistenze invincibili se volesse compierle da solo. Uno dei più notevoli fenomeni psicologici-sociali, nel quale si dimostra proprio questo carattere dell’azione di massa, consiste nel fatto che alcune mode manifestano in alcuni tratti un’assenza di pudore che come pretesa individuale sarebbe respinta dal singolo con indignazione, ma come legge della moda trova in lui una pronta obbedienza. Il senso della vergogna, proprio perché si tratta di un’azione di massa, è soppresso, come è soppresso il senso di responsabilità tra coloro che prendono parte a delitti di massa, dai quali il singolo spesso si ritrarrebbe spaventato se fosse posto da solo davanti all’azione80.

Il soggetto indifferenziato non è consapevole quindi del proprio essere responsabile, non comprende il significato della responsabilità per le sue azioni e di conseguenza non può essere capace di rispetto nei confronti dell’altro. Ma v’è di più. Il soggetto che si confonde con il gruppo non è in grado nemmeno di concepire e difendere una qualsiasi forma di intimità. Questa importante specificazione ci viene ancora da Cotesta:

Solo per un Io differenziato e autonomo, che ha la consapevolezza della propria unità e integrità, si pone nello stesso tempo la questione della difesa della propria intimità. In altri termini, l’intimità è una costruzione storica – come Simmel ha mostrato nella Filosofia del denaro – e variabile secondo la relazione al gruppo sociale di appartenenza81.

Soltanto un soggetto differenziato rispetto al gruppo, autonomo, è nella condizione di riferirsi – dice Cotesta – all’intimità e alla questione della sua difesa. Evidentemente siamo di nuovo davanti a una specificazione del pudore.

Il soggetto è un individuo esposto alla negazione e quindi alla vergogna, se accetta la mortificazione e la traduce in autonegazione, oppure al pudore come affermazione positiva di sé. Il pudore agirebbe come una difesa, un distanziamento dall’attenzione cui il soggetto è sottoposto. Questa resistenza all’esposizione e contestualmente questo movimento che arretra fa sì che emerga l’intimità. In tal senso è possibile affermare che l’intimità sia frutto dell’esperienza e di conseguenza non può che essere relativa al gruppo sociale di appartenenza.

79 Ivi, 75.

80 Georg Simmel, La moda, cit., pag. 45. Più avanti avremo modo di trattare più nel dettaglio le implicazioni

della vergogna nella relazione sociale.

Se facciamo riferimento all’Excursus sul problema: come è possibile la società presente nella Sociologia, in particolare al secondo a-priori, vediamo che Simmel afferma che l’individualità è una dimensione ineludibile, insieme a quella sociale, della vita associata. L’individualità e la socialità sono due polarità che si co-appartengono senza che si possano risolvere l’una nell’altra.

Noi sentiamo però che questa diffusione sociale non risolve completamente la nostra personalità. Non si tratta soltanto delle riserve già avanzate, di particolari contenuti il cui senso e il cui sviluppo risiede a priori solamente nell’anima individuale e non trova assolutamente posto nella connessione sociale; non si tratta soltanto dell’elaborazione dei contenuti sociali, la cui unità come anima individuale non ha essa stessa carattere sociale, così come la forma artistica nella quale confluiscono le macchie di colore sulla tela non è derivabile dall’essenza chimica dei colori. Si tratta in primo luogo, del fatto che l’intero contenuto della vita, per quanto possa essere completamente spiegato in base agli antecedenti sociali e alle relazioni reciproche, dev’essere contemporaneamente considerato sotto la categoria della vita individuale, come esperienza vissuta dell’individuo e interamente orientata verso di esso. […]

Il punto di vista dal quale l’esistenza dell’individuo viene ordinata e compresa può essere scelto tanto all’interno quanto all’esterno di esso; la totalità della vita, con tutti i suoi contenuti socialmente derivabili, può essere tanto concepita come il destino centripeto del suo portatore, quanto valere – con tutte le sue parti riservate all’individuo – come prodotto ed elemento della vita sociale.

Il fatto dell’associazione colloca dunque l’individuo nella duplice posizione dalla quale sono partito: egli è compreso in essa e contemporaneamente si contrappone ad essa, è un elemento del suo organismo e al tempo stesso è un tutto organico concluso, è un essere per essa e un essere per sé82.

La possibilità che ogni uomo sperimenti la propria individualità, per Simmel, è dunque un a priori ineliminabile del vivere associato, al di là del particolare sistema sociale di riferimento, in quanto la totalità della vita può essere specificata ora socialmente ora individualmente. Ed è proprio a questo tipo di problemi che Simmel fa espressamente riferimento nelle sue considerazioni sul senso del pudore in rapporto all’individuo:

Se vogliamo occuparci del senso del pudore deve essere risolta la radicale alternativa che riguarda la vita nella sua globalità: se l’individuo sia, cioè, parte di un tutto o sia egli stesso un intero83.

Ma come risolverla, quest’alternativa?

82 Georg Simmel, Sociologia, traduzione di Giorgio Giordano, Edizioni di Comunità, Torino, 1998 [1908], pag.

35. Questo stesso pensiero Simmel lo esprime in un saggio del suo ultimo periodo, dove si focalizzerà su tematiche più strettamente filosofiche. Cfr. Georg Simmel, La legge individuale, a cura di Ferruccio Andolfi, Armando, Roma, 2000 [1913], pagg. 80-84.

La risposta non può che essere nel tentativo di penetrare il senso di processi che sono prevalentemente psichici sebbene vivano della dimensione relazionale e in essa trovino una precisa collocazione.

In questa direzione, Simmel conclude il saggio con alcune osservazioni di carattere metodologico che riconducono anche la questione del pudore nell’alveo della sociologia delle forme.

Il flusso dei processi psichici, avverte Simmel, si traduce necessariamente attraverso rappresentazioni che ne fissano il significato. Tali rappresentazioni sono forme, ma non sono forme ad esse connaturate, semplicemente si tratta di attribuzioni temporanee di senso, la cui correttezza è assicurata da ulteriori forme. Nel tentativo di comprendere i processi psichici, tradiamo inevitabilmente questo fluire di forme, non potendo fare altro che approssimarci ad esso attraverso cristallizzazioni di senso.

“Eppure, se così non si coglie la verità – spiega Simmel – non è comunque neppure solo errore”84.

Il tentativo di indagare ciò che non è riconducibile interamente alle forme, dunque, ci dice Simmel, non è vano. La conoscenza che ne deriva, anche se si situa su un altro livello rispetto all’oggetto di studio, non è arbitraria. Semplicemente non potrà mai annullare il proprio carattere parziale. Si tratterà, allora, di non smettere di approssimarsi a ciò che chiama in causa sempre una nuova forma.

E ancora torna Simmel sul rapporto tra processi psichici e rappresentazioni cristallizzate ne

La legge individuale, un’opera del suo ultimo periodo, in cui avvicina in modo esplicito i processi

psichici al movimento della vita85, per concludere con la sua riflessione più generale sul

movimento della vita:

La vita, quale fatto cosmico, ha la forma di uno scorrere continuo, procede continuamente dal producente al prodotto. Già il concetto di connessione degli esseri organici non sembra molto preciso, perché implica una sorta di indipendenza degli esseri, che viene bilanciata o superata solo dalla vita che li attraversa. Piuttosto, la vita è

una corrente di cui gli esseri sono le gocce, questa corrente non li attraversa, bensì la

loro esistenza è assolutamente il suo fluire. Ora il punto enigmatico è che fra tutti i fenomeni del mondo solo gli esseri viventi sono propriamente individui, solo essi sono forme e circuiti relativamente chiusi in sé (con tutta la loro interazione con l’ambiente), solo essi sono unità che si conservano come tali tra mutevoli destini e trasformazioni. La vita quindi mostra la più grande continuità, sostenuta dalla più grande discontinuità; è un’unità nella quale è assolutamente contraddittorio porre stacchi e partizioni che costituiscono unità parziali, e tuttavia questa unità consiste semplicemente di esseri che esistono intorno a propri centri, e ciò tanto più decisamente quanto più è elevato e maturo il grado di vita che hanno raggiunto: a misura che la vita si sviluppa nella psiche [corsivo mio], sperimentiamo la sua estrema concentrazione, per così dire la sua somma

84 Ivi, pag. 78.

vitalità – è proprio qui la massima individualità dell’essere singolo, il più deciso essere- per-sé che giunge, per così dire, fino alla separazione dalla corrente vitale generale86.

La questione di come risolvere “la radicale alternativa che riguarda la vita nella sua globalità: se l’individuo sia, cioè, parte di un tutto o sia egli stesso un intero” si scioglie in questa pagina. L’individuo è comunque un intero: un essere che esiste intorno al proprio “centro” anche se è costantemente esposto alla trasformazione. Più l’individuo matura, ovvero esperisce sé stesso nel corso della vita, più è “deciso l’essere-per-sé”.

Ed è proprio in questo punto che si innesta la possibilità del pudore nell’accezione individuata da Simmel, come un processo proprio della vita psichica individuale, sospesa come un ponte tra la vita generale e le forme socialmente definite.