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2. Per una filosofia del pudore

2.3 La prospettiva esistenzialista

2.3.3 Jean-Luc Nancy

Che la nostra ricostruzione si confronti con Jean-Luc Nancy forse non sorprende poi molto. La particolare vicinanza di Simmel e Nancy, sebbene con la distanza di quasi un secolo l’uno dall’altro, e le implicazioni teoriche che ne conseguono, sta già emergendo nel lavoro di critica che la riflessione contemporanea sta portando avanti su Georg Simmel.

La particolare affinità tra i due autori, a partire dall’assunto della originarietà della relazionalità del soggetto, sembra suggerirla Monica Martinelli, la quale pone in esergo alla sua opera su Simmel, proprio una citazione di Nancy; e lo stesso sembra fare Marco Vozza, il quale dedica espressamente a Nancy il suo studio volto ad approfondire la dimensione della reciprocità nell’opera dello studioso di Berlino. E forse ancora più importante è l’indicazione che ci proviene da Tymoty Pythenen, il quale si richiama esplicitamente proprio ai recenti lavori di Nancy per avvalorare e indicare l’estrema attualità della riflessione di Simmel intorno al “tra”. In Essere singolare plurale, infatti, Nancy descrive il “tra” in questi termini:

Tutto accade dunque tra di noi: questo «tra», come già indica il nome, non ha una propria consistenza, né continuità. Non conduce da uno all’altro, non crea un tessuto, né un cemento, né un ponte. Forse non si può nemmeno parlare in proposito di un «legame»: il «tra» non è né legato né slegato, è al di qua dei due, oppure è ciò che si trova al centro di un legame, è l’inter-sezione dei fili le cui estremità restano separate anche se annodate. Il «tra» è la distensione e a distanza aperta dal singolare in quanto tale, è come la spaziatura del suo senso267.

Sebbene Nancy approfondisca il concetto da un punto di vista ontologico, la distanza tra le due visioni del “tra”, ci fa notare Pythenen, non è molta. E non molta, anzi, quasi nulla, è la distanza tra i due autori dal punto di vista del pudore.

Non che Nancy abbia approfondito in modo particolare il pudore. In un suo saggio dedicato alla nudità, però, sembra darne una vera e propria definizione. Scrive il filosofo:

Il pudore, vale a dire la vergogna mescolata all’ostentazione, o il rifiuto in segno di consenso, non è altro che l’affermazione – per sé e per l’altro, sé come un altro – di

265 Cfr. Emmanuel Levinas, Eros, littérature et philosophie. Inedits. Œuvres 3, Éditions Grasset & Fasquelle, IMEC

Éditeur, Paris, 2013, pagg. 159-186.

266 Ivi, pag. 167.

un’aderenza e di una simultaneità tra l’attrazione e la repulsione, l’una così forte come l’altra, per questa svestizione furtiva (dérobement) senza fine attraverso la quale il nudo, defilandosi, parte verso il senza-fondo, verso l’origine da cui sorge tutto nudo, tutto nuovo, come un bimbo e come un verme della terra, verso l’origine alla quale non si tratta di accedere, perché non sta da nessuna parte, non è268.

Prima di passare ad analizzare questa definizione bisogna sottolineare che per Nancy la nudità fisica, è, in quanto tale, nudità esistenziale. La prima implica la seconda. L’esposizione del proprio corpo nudo è l’esposizione della propria soggettività. E ciò perché noi non abbiamo un corpo, ma siamo il nostro corpo, lo esistiamo, e dunque con esso è in gioco anche la nostra soggettività, la nostra esistenza.

Fatta questa precisazione possiamo già comprendere meglio le parole di Nancy. Anche per il filosofo francese il pudore non è legato semplicemente all’aspetto corporeo del soggetto, ma riguarda l’esposizione della soggettività considerata nella sua interezza.

Se ci addentriamo meglio nella definizione proposta da Nancy, vediamo poi che il suo punto di vista è particolarmente vicino a quello che si è cercato di definire nel nostro lavoro. Se il soggetto che osserva Levinas, ad esempio, è un soggetto che nella relazione erotica si è consegnato completamente all’altro, il soggetto di Nancy si trova sul punto limite della propria forma, ancora indeciso tra il dentro e il fuori. Nancy, cioè, coglie il pudore un momento prima rispetto a quanto faccia Levinas nella sua analisi. Per Nancy, il soggetto se da un lato è esposto sul proprio fuori, dall’altro lato è legato ancora alla propria “forma”. E infatti, a differenza di Levinas, nella definizione di Nancy troviamo esplicitata la dimensione della vergogna, la quale appunto è la spia della contraddizione in cui si trova un soggetto. Per Nancy, in definitiva, il soggetto si tiene sul crinale di una crisi, di una contraddizione, che però non si attualizza definitivamente perché questi è comunque spinto dal pudore oltre la propria forma, teso verso la propria esposizione269. Con Nancy, cioè, ritorna esattamente

quella stessa sfumatura emotiva pudore che abbiamo visto emergere nella riflessione di Simmel270.

Che sia proprio il pudore la spinta verso l’esposizione del soggetto, sembra suggerirlo, del resto, lo stesso Nancy nelle immagini iniziali della sua definizione, quando afferma che il pudore è l’ostentazione che si contrappone alla vergogna, o il rifiuto in segno di consenso,

268 Jean-Luc Nancy, À la nue accablante …, [2007], in Indizi sul corpo, (a cura di) Marco Vozza, Ananke, Torino,

2009, pagg. 134, 135.

269 Nancy afferma proprio che il soggetto è “attratto” dalla propria esposizione. Il motivo lo spiega Nancy

riferendosi ancora al pudore: “Quando qualcuno è tutto nudo, tutta nuda, allora propriamente sopraggiunge il pudore: questo non è altro che il sapere del fatto che lì c’è tutto, in effetti, ma un tutto impossibile da totalizzare, un tutto in cui il Tutto si sottrae (dérobe), non essendo né somma, né sistema, né integrazione, né sussunzione”.Jean-Luc Nancy, À la nue accablante …, cit., pag. 133. Il motivo dell’attrazione per la propria nudità, per la propria esposizione, deriva dal fatto che essa dà al soggetto la possibilità di accedere alla propria singolarità, a quell’irriducibilità della propria soggettività ad una identità. E quest’accesso, come abbiamo visto in Simmel, è liberatorio, o meglio, avventuroso.

nel proprio movimento paradossale che ha bisogno di ritrarsi per acconsentire, di indietreggiare per concedersi.

Alla stessa conclusione, poi, arriviamo anche quando Nancy afferma che il pudore è più precisamente l’affermazione della contraddizione tra attrazione e repulsione.

Mentre la repulsione, indipendente dall’intenzione del soggetto, è il segno che questi non si è ancora consegnato completamente all’altro, l’affermazione è la reazione di questo soggetto irritato nei confronti dell’altro che vuole ridurlo a sé, che si rende appunto “attraente”: detto in altre parole, “pudicamente” tende all’esposizione di sé muovendosi sul crinale tra vergogna e pudore.

Anche nello sguardo di Nancy, dunque, ritroviamo il pudore come un “movimento” affermativo, una spinta verso il proprio fuori. Un esporsi verso l’alterità, che spinge il soggetto a porsi tra sé e l’altro. Del resto, se ci facciamo caso, Nancy lo dice esplicitamente: il pudore è l’affermazione “di sé come un altro”.