7 EMOTIONAL DESIGN: INTRODUZIONE
7.1 EMOTIONAL DESIGN SECONDO DON A NORMAN
Uno dei padri del design emozionale è sicuramente Do- nald Norman. Nel suo libro: “Perchè amiamo (o odiamo) gli oggetti della vita quotidiana” (2004), Norman riconosce che le sue concezioni precedenti, tutte impostate sulla funzionalità e sull’usabilità, erano limitate e limitative: non si può non tenere conto del piacere che ci procurano o meno gli oggetti che usiamo quotidianamente. Quello che siamo, è determinato anche dagli oggetti che usiamo: li scegliamo, li apprezziamo non solo per la funzione che svolgono per noi, ma anche per le sensazioni che ci danno.
“Un oggetto usabile non è per forza piacevole da usa- re”. Donald A. Norman
Secondo Norman il design emozionale lavora su tre livelli: viscerali, comportamentali e riflessivi. Egli dimostra que- sti livelli attraverso le sue tre teiere: Nana, quella tonda e bombata che rappresenta il design viscerale per la sua capacità di attrarre; quella inclinabile che rappresenta il design comportamentale (perché funziona molto bene per dividere le foglie del tè dal liquido una volta infuse) e quella riflessiva che è rappresentata dalla caffettiera inu- tilizzabile (caffettiera per masochisti) dell’artista francese Jacques Carelman.
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7.1.1 EMOTIONAL DESIGN: EMOZIONI VISCERALI
Il design viscerale è legato all’impatto immediato che si ha nei confronti di un oggetto, è responsabile delle prime im- pressioni itraprese dai sensi. Le emozioni viscerali “si basa- no sulle reazioni emotive piuttosto che sul ragionamento o sul pensiero” (Press 2003). Infatti, secondo Norman:
“Le cose attraenti sono percepite dalle persone per lavorare meglio”. (D. Norman)
Sono stati fatti molti esperimenti riguardo questa argo- mento. Uno fra questi sono gli esperimenti dell’ “ATM giapponese”1 realizzati da Kurosu & Kashimura (1995),
Tractinsky (1997), Tractinsky (2000). Sono stati posti nella città due ATM con pari funzionalità ma il design di uno più attraente dell’altro. Intervistando gli utilizzatori viene nota- to che quello più attraente esteticamente risultava anche più semplice da utilizzare. Questo perchè i prodotti attra- enti innescano la nostra creatività e espandono i nostri processi mentali, rendendoci più tolleranti alle difficoltà incontrate nel percorso di interazione. L’estetica attraente di un prodotto ha influenzato la “fruibilità percepita”.
Un inconveniente con gli oggetti viscerali è che tendono a basarsi su uno stile e tendenze che cambiano nel tem- po. Le scelte viscerali possono anche essere influenzate dall’educazione, dalla cultura. Le emozioni viscerali sono reazioni iniziali, quelle che fanno scegliere un oggetto al posto di un altro.
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7.1.2 EMOTIONAL DESIGN: EMOZIONI COMPORTAMENTALI
Il secondo è il livello comportamentale. Questo si basa sull’interazione del consumatore con la funzionalità degli oggetti e gli attributi fisici. Questo tema emotivo riguarda l’uso di un oggetto, le prestazioni, il modo in cui raggiunge gli obiettivi e le esigenze dell’utente. Nella progettazione comportamentale il primo e più importante criterio è la funzione. Se un oggetto non soddisfa la sua funzione pre- vista, non importa quanto sia bello, ha fallito. Tranne nel caso in cui, come lo spremiagrumi Phillip Stark Juicy Salif, i criteri principali fossero estetici,
“Il mio spremiagrumi non è pensato per spremere i limoni; è pensato per iniziare conversazioni” (Phillip Stark).
Un attributo del design comportamentale è comprensi- bilità degli oggetti (uno dei motivi principali dell’insoddi- sfazione del consumatore). Se gli oggetti sono difficili da capire, portano frustrazione. Il modo in cui lo sviluppatore del prodotto può raggiungere questo obiettivo è osser- vare come i prodotti vengono utilizzati nel loro ambiente previsto. Questo è il motivo per cui è fondamentale per i progettisti realizzare prototipi e quindi esaminare in che modo gli utenti interagiscono con l’oggetto in una fase ini- ziale.
“Usage is the critical test of a product: Here is where it stands alone, unsupported by advertising or mer- chandising material.” (D. Norman 2004).
È importante che il prodotto dia dei feedback all’utilizza- tore (una luce su un computer per dirti che è acceso, una bottiglia di birra che cambia colore quando fa freddo, la vibrazione di un telefono per le chiamate in arrivo) perchè consentono all’utente di comprendere meglio la funzione.
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7.1.3 EMOTIONAL DESIGN: EMOZIONI RIFLESSIVE
Il terzo attributo emotivo che un progetto deve avere è quello riflessivo.
Riguarda il messaggio, la cultura e il significato di un prodotto o il suo utilizzo. (D. Norman)
È molto importante soffermarsi sulla riflessione effettuata da Norman volta a dimostrare come nel design coesista una natura razionale ed emozionale allo stesso tempo, sostenendo che esso svolga un ruolo determinate nel de- cretare il successo di un prodotto e che esista una cor- relazione tra estetica, design e usabilità. Una possibile riflessione da fare sullo studio di D.Norman è che il desi- gn comportamentale e quello viscerale (che riguarda l’a- spetto, le forme e i sensi) essendo percepiti in maniera più istintiva dall’individuo afferiscono emozioni più semplici, al contrario, quello riflessivo, richiedendo il ragionamento, si riferisce ad emozioni più complicate. Quello comporta- mentale e riflessivo riconducono al ricordo in quanto ri- chiedono l’uso del ragionamento. Nel campo del design emozionale si evince che un buon designer deve proget- tare sulla base di ogni livello di design appena esaminato e quindi significa attribuire all’oggetto un certo grado di energia. Il design contiene una particolare energia che, a contatto con l’utente, si trasforma in piacere. Quando un oggetto produce un piacere, quest’ultimo influenza l’u- more, la produttività e il comportamento dell’individuo che vi interagisce.
In conclusione, l’aspetto pratico del design non può pre- scindere da quello emozionale. La concomitanza di que- ste tre condizioni determina la riuscita in termini di qualità e permanenza sul mercato di un prodotto. Tale permanenza, inoltre, si qualifica anche nella vita del singolo individuo, facendo sì che un bene emozionale venga mantenuto più a lungo in forza della relazione, o meglio, dell’attachment che si genera.
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