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L’esigenza di bilanciamento tra il principio di reciproco riconoscimento, la fiducia reciproca e la

2. La disciplina del mandato di arresto europeo

2.4 L’esigenza di bilanciamento tra il principio di reciproco riconoscimento, la fiducia reciproca e la

tutela dei diritti umani

Ai fini di questo lavoro di tesi, il principio di mutuo riconoscimento rappresenta il punto di partenza dello sviluppo del mio ragionamento. È evidente, osservando i limiti allo stesso posti, come debba essere garantito un equilibrio tra l’applicazione di tale principio con il rispetto dei principi ordinamentali del nostro Paese e soprattutto, in un’ottica più globale, con i principi riguardanti i diritti dell’uomo sanciti in più Convenzioni o Carte.

A riguardo gli studiosi si sono interrogati su quale sia l’effettiva tutela dei diritti fondamentali dell’uomo or ora menzionati, quale siano i mezzi che garantiscono l’esecuzione di tale tutela, in sostanza quale sia l’applicazione di tali affermazioni. Se, per esempio, riprendiamo il considerando 13 del Preambolo della decisione quadro sul mandato di arresto europeo29, il condizionale ‘nessuna persona dovrebbe...’ crea

molte incertezze su quale sia l’effettiva volontà di applicare o meno tali diritti. Sono degli aspetti rilevanti della disciplina su cui molta dottrina ha sollevato dubbi per la carenza di precisione del testo della decisione quadro sul mandato di arresto europeo, anche nella prospettiva di un mutuo riconoscimento che non comporti deroghe ai diritti fondamentali. Vediamo, dunque, come fondamentalmente la decisione quadro sul

29 Considerando 13 del Preambolo della DQ 2002/584/GAI “Nessuna persona dovrebbe essere allontanata, espulsa o estradata verso uno Stato allorquando sussista un serio rischio che essa venga sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altri trattamenti o pene inumane o degradanti”

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mandato di arresto europeo non fissi dei requisiti sostanziali o procedurali a carico dell’autorità giudiziaria emittente, ma rimetta ogni questione relativa al rispetto dei diritti fondamentali nella fase di emissione del mandato agli ordinamenti interni. Questa mancanza di disciplina è stata vista positivamente da qualcuno, come espressione di una presunzione di fiducia verso Stati che, essendo membri dell’Unione Europea e firmatari della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, offrirebbero le dovute garanzie. Tuttavia, bisogna dire che se questa omissione di disciplina fosse stata riempita di più dal legislatore europeo, sicuramente sarebbe stata agevolata la risoluzione di una serie di problematiche in sede di recepimento dell’atto. Infatti, in dottrina vi è stato anche chi ha prospettato la possibilità di superare queste mancanze della decisione quadro sul mandato di arresto europeo attraverso un’operazione di interpretazione a livello interno che dovrebbe essere messa in atto sia dai legislatori nazionali in sede di attuazione della DQMae, sia dagli organi giurisdizionali interni che devono interpretare il diritto dell’Unione e le corrispondenti norme nazionali di attuazione, sulla base del sistema dell’Unione inteso per intero.30 Tuttavia, anche questo

orientamento dottrinale è stato sottoposto ad aspre, e pur fondate, critiche circa la sua bontà. Infatti, se fosse possibile giungere a una tale operazione di interpretazione a livello interno, dovremmo anche ammettere il rischio di una vasta eterogeneità dei risultati. Questo esito risulterebbe percepibile se considerassimo che la sensibilità dei legislatori e dei giudici nazionali possa essere diversa da uno Stato membro all’altro,

30 A proposito, B. Flore, Le mandat d’arrêt européen: première mise en oeuvre d’un

nouveau paradigme de la justice pénale européenne, (cit.), secondo cui in base al

dodicesimo considerando del preambolo potrebbe ritenersi che il legislatore nazionale sia in condizione “d’adopter des dispositions pertinentes explicites pour garantir” il rispetto dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici di cui all’art. 6 TUE.

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e risulterebbe ancora più evidente se considerassimo le diverse tradizioni culturali che stanno alla base della formazione dei giudici dei vari Paesi. Ecco che una vasta gamma di interpretazioni di applicazione del mandato di arresto europeo finirebbe per tradire gli obbiettivi iniziali di unificazione. Dunque, il principio del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali all’art. 6 TUE non può funzionare di per sé da garanzia per una costante e generalizzata applicazione degli stessi!

Dal momento che il mandato di arresto è stato introdotto come strumento per contribuire ad un miglioramento dell’efficacia dell’azione penale, il perseguimento di tale fine non può giustificare “tagli” al livello di garanzie e di tutela dei diritti fondamentali che all’interno dell’Unione sono garantite ai cittadini dalle norme e dai principi costituzionali. È proprio per questo motivo per cui al momento, sulla base dei contenuti della DQMae, non si può del tutto disconoscere il ruolo integrativo auspicato da parte della dottrina che i legislatori nazionali ed i giudici saranno tenuti a svolgere in sede di esecuzione dell’atto negli ordinamenti interni dei singoli Stati31.

Nello specifico, a fronte di questa attenzione dedicata alla protezione dei diritti fondamentali, la decisione quadro è tuttavia caratterizzata da un’importante lacuna che, negli ultimi anni, ha impegnato la Corte di giustizia nel tentativo di definire un difficile bilanciamento tra diritti fondamentali ed efficacia del mandato d’arresto europeo; si tratta della mancanza, tra i motivi di rifiuto obbligatori (art. 3) e facoltativi (artt. 4 e 4-bis) e le ipotesi di consegna condizionata (art. 5), di una clausola

31 M. Lugato La tutela dei diritti fondamentali rispetto al mandato d’arresto europeo, in Riv. Dir. Intern., 2003, p.38.

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relativa alla “non-compliance with fundamental rights”32. Questa

mancanza è rinvenibile nel fatto che la decisione quadro non prevede, almeno esplicitamente, che uno Stato possa rifiutarsi di eseguire il mandato d’arresto europeo qualora consideri che da tale esecuzione possa derivare una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo interessato. Ciò testimonia la centralità del principio di mutual trust33, il

quale implica una presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte di tutti i Paesi membri e sulla base del quale è possibile instaurare un sistema di riconoscimento reciproco delle decisioni. È evidente, infatti, come la fiducia sia necessaria in un sistema di cooperazione giudiziaria penale la cui ratio risiede nella semplificazione delle procedure di consegna. L’assenza di siffatta clausola è una delle parti più controverse della decisione quadro, considerato l’impatto che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo, generando una limitazione della libertà personale, può avere sui diritti fondamentali dell’individuo34. Il rapporto

tra diritti fondamentali, fiducia reciproca e riconoscimento reciproco delle sentenze è la catena di trasmissione che mette in moto il meccanismo del mandato d’arresto europeo. La tutela dei diritti fondamentali sembra costituire l’anello debole di questa catena e rischia di compromettere l’intero funzionamento dello strumento di

32 Vedi L. Panella, Mandato di arresto europeo e protezione dei diritti umani: problemi irrisolti e “incoraggianti” sviluppi giurisprudenziali, in Freedom Security Justice, 2017, p. 18; M. Bargis, Mandato di arresto europeo e diritti fondamentali: recenti itinerari “virtuosi” della Corte di giustizia tra compromessi e nodi irrisolti, in Diritto penale contemporaneo, 2017, p. 178.

33 Vedi nota 24 di questa tesi

34 Vedi A.P. Van Der Mei, The European Arrest Warrant system: Recent developments in the case law of the Court of Justice, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2017, p. 883; M. Bargis, Mandato di arresto europeo, cit., p. 179.

36 cooperazione penale35.

Le criticità poste in evidenza sono state oggetto di una giurisprudenza della Corte di giustizia, che in più di un’occasione si è espressa sullo spazio dei diritti fondamentali nella disciplina del mandato d’arresto europeo. Allora, è partendo proprio da questa considerazione che possiamo capire quale importanza abbia raggiunto il lavoro della Corte di Giustizia europea, la quale ha posto e pone continuamente quelli che possono essere considerati dai legislatori e i giudici interni dei Paesi membri principi di ispirazione e di libertà di movimento nell’interpretazione delle norme delle materie comunitarie dell’euromandato lasciate per molti aspetti vaghe e non chiare. Ecco come la funzione nomofilattica comunitaria della Corte di Giustizia dell’Unione europea assume un ruolo ormai indispensabile nel continuo aggiornamento della direzione giurisprudenziale che deve essere intrapresa per garantire effettività della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.

L’orientamento della Corte è mutato nel corso degli anni, muovendo da un approccio inizialmente più restrittivo circa l’ipotesi di rifiuto dell’esecuzione in caso di contrasto con i diritti fondamentali e approdando, in tempi più recenti, a un orientamento maggiormente attento alla protezione dei diritti.

35 V. Carlino, To trust or not to trust? Fiducia e diritti fondamentali in tema di mandato

d’arresto europeo e sistema comune di asilo, in Freedom, Security & Justice: European

Legal Studies, Rivista on line sullo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia 2019 n. 2, p.71

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