L’aspetto più interessante della pronuncia risiede non tanto nell’affermazione di principio – come visto nel paragrafo 4.181 – che il
diritto dell’Unione è vigente nello Stato membro che ha manifestato l’intenzione di recedere dall’Unione stessa, ex art. 50.2 TUE, fino al suo effettivo recesso, quanto piuttosto nello specifico apprezzamento riservato ai diritti fondamentali della persona destinataria del mandato di arresto dopo il recesso dall’Unione dello Stato membro emittente il mandato82.
La Corte di giustizia inizia il suo ragionamento partendo dal principio di fiducia reciproca che prevede l’obbligo per tutti gli Stati membri, per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo. Ad esso, come osservato oramai più volte, si affianca il principio di reciproco riconoscimento. Perciò, l’esecuzione del mandato di arresto costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva83. Le “circostanze eccezionali”
citate che possono costituire da limite all’applicazione del principio di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri, sono quelle introdotte a partire dalla sentenza Aranyosi e Caldararu e da tutta la
81 Vedi Corte giust. (Seduta Plenaria), 10 dicembre 2018, Wightman e altri c. Secretary of State for Exiting the European Union, cit., punto 59, che richiama la Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327/18 PPU, cit., punto 45; vedi anche Corte giust., 23 gennaio 2019, M.A. e altri c. International Protection Appeals Tribunal, Minister for Justice and Equality, Attorney General, Ireland, C-661/17.
82 M. Bargis, Il mandato di arresto ai tempi della Brexit, in Diritto penale
contemporaneo, fascicolo 5/2019, p.31 ss.
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giurisprudenza successiva, basata sull’art. 1.3 della decisione quadro sul mandato di arresto e sul tema di trattamenti inumani o degradanti vietati dall’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Nel caso in specie, l’applicazione del test by two steps e la somministrazione di informazioni complementari da parte dell’autorità giudiziaria del Regno Unito non sono bastati per escludere il rischio che, a causa della notifica da parte del Regno Unito della propria intenzione di recedere dall’Unione, vari diritti riconosciuti dalla Carta e dalla decisione quadro non saranno più rispettati dopo l’avvenuto recesso84.
Posto questo, il problema si divide su due momenti temporali diversi: 1. il primo che va dalla notifica dell’intenzione di recedere dall’Unione
(art. 50.2 TUE) e l’effettivo recesso. Per questo periodo, quello di più agevole soluzione, la Corte dichiara che la semplice notifica ad opera di uno Stato membro dell’intenzione di recedere dall’Unione non ha l’effetto di sospendere l’applicazione del diritto dell’Unione. Quindi questo diritto si applica fino all’effettivo recesso dello Stato membro85. In altre parole, la mera notifica a norma dell’art. 50.2 TUE
da parte di uno Stato membro non può essere considerata, in quanto tale, una circostanza eccezionale che possa giustificare il rifiuto di eseguire un mandato di arresto emesso dallo Stato.
2.
il secondo che prende in considerazione il periodo successivo al verificarsi del recesso, ovvero quello in cui il giudice del rinvio potrebbe mettere in discussione il rispetto dei diritti di cui una persona gode a seguito della sua consegna ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI. A tal proposito, tuttavia, la Corte rileva che il Regno Unito è parte della c.e.d.u. e ha inserito nel proprio diritto interno l’art. 3 c.e.d.u., corrispondente all’art. 4 della Carta. Siccome84 Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327/18 PPU, cit., punti 42-43 85 Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327/18 PPU, cit., punto 45.
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la decisione di recedere dall’Unione non incide sull’obbligo del Regno Unito di rispettare l’art. 3 c.e.d.u., non può giustificare un rifiuto di esecuzione del mandato di arresto motivato dal fatto che la persona consegnata corra un rischio di trattamento inumano o degradante86.
Per di più, in riferimento alle disposizioni della decisione quadro, gli artt. 27 sul principio di specialità e 28 sulla consegna o estradizione successiva rispecchiano gli artt. 14 e 15 della Convenzione europea di estradizione del 1957, ratificata dal Regno Unito, che ha recepito tali disposizioni nel proprio diritto interno. Si può, dunque, notare che questi articoli della decisione quadro 2002/584/GAI e i diritti fondamentali stabiliti nell’art. 4 della Carta sono tutelati da disposizioni di diritto interno nei casi non solo di consegna, ma anche di estradizione, ed essi non sono subordinati all’applicazione della decisione quadro nello Stato membro emittente. Quindi, non vi sono elementi oggettivi e precisi idonei a dimostrare che RO sarà privato della facoltà di invocare tali diritti dinanzi ai giudici di detto Stato membro dopo il recesso dall’Unione di quest’ultimo87.
In conclusione, la Corte stabilisce che, per decidere sull’esecuzione o meno del mandato di arresto nel caso in specie, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve partire dalla presunzione che lo Stato membro emittente applicherà il contenuto sostanziale dei diritti derivanti dalla decisione quadro applicabili al periodo successivo alla consegna, dopo il recesso di tale Stato dall’Unione. Questa presunzione deriva dal fatto che il Regno Unito partecipa a convenzioni internazionali, come la c.e.d.u. e la convenzione europea di estradizione del 1957 anche dopo il suo recesso dall’Unione88. Quindi, solo in presenza di elementi
86Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327 PPU, cit., punto 52. 87 Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327 PPU, cit., punto 59.
88 A sostegno di questa affermazione l’Avvocato generale Maciej Szpunar, con cui la Corte si è trovata concorde fin da subito, nelle sue conclusioni ha richiamato la lettera del Primo Ministro Theresa May al presidente del Consiglio europeo
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concreti atti a dimostrare il contrario89 le autorità giudiziarie
dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire il mandato di arresto. Ad ogni modo tale presunzione deve essere considerata non assoluta: nell’esperienza europea ci sono stati più casi che hanno dimostrato che l’essere parte della c.e.d.u. non sempre assicura un grado sufficiente di affidamento nel sistema di giustizia penale di uno Stato membro90. Questa è la soluzione temporanea elaborata dalla Corte
nelle relazioni con il Regno Unito e che servirà da monito fino a quando non sarà completata la Brexit.
3.4 Un futuro ancora tutto da definire
Al primo punto delle sue Conclusioni, l’Avvocato generale Maciej Szpunar si lasciava andare ad una dichiarazione quasi socratica dove affermava: «Sappiamo di non sapere quasi nulla del futuro rapporto giuridico tra l’Unione europea e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord». Nonostante alcune rassicurazioni derivanti dalle dichiarazioni di esponenti politici britannici91 e da scritti politici92,
nell’ambito della notifica dell’intenzione di recedere dall’Unione, del 29 marzo 2017, nella quale si sottolineava di volere «assicurare che l’Europa rimanga forte e prospera e sia in grado di trasmettere i suoi valori, assumendo un ruolo guida a livello mondiale e tutelandosi contro le minacce alla sicurezza» e di volere che «il Regno Unito, attraverso un partenariato speciale e profondo con l’Unione europea, svolga appieno il suo ruolo volto al conseguimento di tali obiettivi».
89 Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327 PPU, cit., punto 61.
90 Vedi casi in Ungheria e Romania come il caso Aranyosi e Caldararu, il caso Castano, il caso Dorobantu.
91 Vedi la dichiarazione di Teresa May, infra nota 52.
92 Vedi il Libro Bianco «The future relationship between the United Kingdom and the European Union» presentato dal Primo Ministro britannico al Parlamento nel luglio 2018, dove dedica espressamente il capitolo due alla «Law Enforcement and criminal justice cooperation» con l’UE; nonché nella Dichiarazione politica che
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resta ancora molto da chiarire e concordare circa la cooperazione penale, il mandato di arresto e il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, dopo l’effettivo recesso del Regno Unito. Anzi, una volta divenuto il Regno Unito uno Stato terzo, nel caso non si pervenisse ad un nuovo accordo sulla procedura di estradizione, non resterebbe che rifluire nella disciplina dell’estradizione, regolata dalla risalente Convenzione del Consiglio di Europa del 1957, ratificata da tutti gli Stati membri dell’Unione europea, e di cui il Regno Unito, dopo il recesso continuerebbe a fare parte. Aleggia quindi il grave pericolo di un “un arretramento”93 rispetto al meccanismo del mandato di
arresto europeo. Al momento, i negoziatori della Commissione europea e del Regno Unito nell’accordo di recesso si sono limitati a fissare alcune regole, per lo più limitate al periodo di transizione, da seguire in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia. Infatti, il Consiglio europeo nella riunione straordinaria del 25 novembre 201894 ha approvato l'accordo sul recesso del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, ed ha approvato la dichiarazione politica che definisce il quadro delle future relazioni. In base ad essa, relativamente alla cooperazione nel settore della sicurezza, l’UE e il Regno Unito si impegnano alla:
- cooperazione giudiziaria sui profili penali e criminali volta a garantire la sicurezza di cittadini;
punto 84 si afferma che le future relazioni «dovrebbero contemplare intese in tre ambiti di cooperazione: scambio dei dati; cooperazione operativa fra le autorità di contrasto e cooperazione giudiziaria in materia penale; antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo».
93 Conclusioni dell’avvocato generale Maciej Szpunar, cit., nota 59.
94 Rispetto al nuovo testo dell'Accordo di recesso negoziato da UE e Regno Unito il 14 novembre 2018 ed approvato dal Consiglio europeo il 25 novembre 2018, le modifiche sostanziali hanno riguardato esclusivamente il Protocollo relativo all'Irlanda e l'Irlanda del Nord. Gli altri elementi dell'Accordo di recesso (in particolare le disposizioni sui diritti dei cittadini) restano inalterati, riprendendo le disposizioni dell'Accordo di recesso già concordato tra UE e Regno Unito nel novembre 2018.
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- cooperazione per la promozione e tutela dei diritti fondamentali e della protezione dei dati personali;
- accordi per l’estradizione di sospetti o condannati;
- definizione della cooperazione del Regno Unito con le Agenzie europee Europol ed Eurojust;
L'accordo di recesso prevede norme sulla conclusione dei procedimenti giudiziari e di polizia in materia penale in corso che interessano il Regno Unito. Tali procedimenti dovrebbero comunque concludersi nel rispetto delle stesse norme dell'UE. In questa direzione, l'accordo prevede espressamente l’obbligo per i giudici del Regno Unito di rispettare il principio dell'interpretazione coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea pronunciata fino al termine del periodo di transizione, e tenere debitamente conto della giurisprudenza della CGUE pronunciata dopo tale data.
Riprendendo ciò che è previsto dall’accordo di recesso, la Corte di giustizia ha già mosso importanti passi in avanti. Come si evince dal caso Petruhhin95, i giudici di Lussemburgo hanno risolto due questioni
pregiudiziali sul divieto di discriminazione in base alla nazionalità in riferimento agli istituti dell’estradizione e della consegna. Per quanto riguarda la prima delle questioni pregiudiziali, la Corte ha stabilito che, in assenza di norme del diritto dell’Unione disciplinanti l’estradizione tra gli Stati membri e uno Stato terzo, è necessario attuare tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca esistenti in materia penale in forza del diritto dell’Unione96. Infine, in
riferimento alla seconda questione, la Corte ha affermato che, qualora a uno Stato membro venga presentata una domanda da uno Stato terzo diretta a ottenere l’estradizione di un cittadino di un altro Stato membro, il primo Stato deve verificare che l’estradizione non
95 Corte giust. (Grande Sezione), 6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15. 96 Corte giust. (Grande Sezione), 6 settembre 2016, Petruhhin, cit., punto 47.
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rechi pregiudizio ai diritti di cui all’art.19.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, a norma del quale nessuno può essere estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti. Questo inciso della sentenza della Corte circa le modalità concrete per accertare la violazione dell’art.19.2 della Carta, richiama espressamente alla sua pronuncia nelle cause riunite Aranyosi e Caldararu97.
In conclusione, per vedere ricevute le sue richieste di estradizione di un soggetto rivolte verso uno degli Stati membri, il Regno Unito dovrebbe assicurare ai diritti fondamentali la stessa tutela come stabilita nella Carta e come interpretata dalla Corte di giustizia. Ad ogni modo, la via più auspicabile da percorrere resta quella di stipulare un accordo tra Regno Unito e Unione europea, nel quale inserire le vecchie previsioni della decisione quadro sul mandato di arresto europeo.
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CONCLUSIONI
L’analisi di un tema così ampio e complesso nella ricostruzione e scivoloso nel suo inquadramento, come il tema della tutela dei diritti nell’esecuzione del mandato di arresto europeo, necessiterebbe senza dubbio un aggiornamento normativo sulla base delle pronunce di questi ultimi anni delle Corti di Lussemburgo e Strasburgo.
Dal 2016, dopo la sentenza Aranyosi e Caldararu98, sono intervenute e
stanno intervenendo tutt’ora pronunce delle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo che vanno a riempire alcuni vuoti normativi di una disciplina, quella del mandato di arresto europea basata sulla decisione quadro 2002/584/GAI, che inizia ad essere sotto vari aspetti – e quello della tutela dei diritti fondamentali è uno di quelli – lacunosa e approssimata.
Vi era stato qualche segno di tale carenza già con il timido tentativo di aggiornamento con la decisione quadro 2009/299/GAI e con alcune pronunce della Corte di giustizia europea99, ma senza dubbio è venuta
definitivamente alla luce con la sentenza Aranyosi e Caldararu.
L’importanza della giurisprudenza Aranyosi e Caldararu e delle sue successive applicazioni si rinviene soprattutto nel fatto che questa pronuncia rappresenta un precedente per la progressiva inclusione di altre eccezioni al principio del riconoscimento mutuo delle decisioni giudiziarie da parte degli Stati membri, in materia penale100. Questo
principio, oltre ad essere l’elemento distintivo del mandato di arresto rispetto alla precedente disciplina dell’estradizione che era vigente tra gli Stati membri, ha rappresentato nel 2002 un punto di svolta nella
98 Corte giust. (Grande Sezione), 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru.
99 Corte giust. (Grande Sezione), 29 gennaio 2013, Radu, C-396/11; vedi anche Corte giust. (Grande Sezione), 26 febbraio 2013, Melloni, C-399/11; vedi infine 24Corte giust. (Grande Sezione), 16 luglio 2015, Lanigan, C-237/15.
100 F. Cancellato, la Corte di giustizia si pronuncia sul rapporto tra mandato di arresto europeo e condizioni di detenzione nello Stato emittente, in Diritto Penale Contemporaneo, 18 aprile 2016.
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cooperazione penale giudiziaria e di polizia nell’Unione europea poiché, a partire da esso, tutte le autorità giudiziarie degli Stati membri devono riconoscere ed eseguire le decisioni ed i provvedimenti giudiziari degli altri Stati membri senza sindacarne il
merito. Questo principio trova fondamento a sua volta sulla reciproca
fiducia tra Stati membri, che dovrebbero dare applicazione al riconoscimento dei provvedimenti giudiziari degli altri Stati, anche se il ricorso al proprio diritto nazionale conducesse a soluzioni diverse. Tuttavia, all’indiscriminata e generalizzata applicazione del mutuo riconoscimento e della fiducia reciproca sono stati posti dei limiti che vanno in due direzioni:
- Il rispetto dei principi generali delle Costituzioni dei Paesi membri in cui la decisione quadro del mandato di arresto europeo si va ad inserire
- il rispetto dei diritti, delle libertà e dei principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, conclusa a Nizza. Questo è previsto all’articolo 1 paragrafo 3 della decisione quadro 2002/584/GAI.
Si pone quindi la necessità di bilanciare e garantire un equilibrio tra l’applicazione dei tali principi e il rispetto dei principi ordinamentali del nostro Paese e soprattutto, in un’ottica più globale, con i principi riguardanti i diritti umani sanciti in più Convenzioni o Carte101. La
tutela dei diritti fondamentali sembra costituire l’anello debole di questa catena e rischia di compromettere l’intero funzionamento dello strumento di cooperazione penale102. Il problema sta nel fatto
101 A proposito, V. Mitsilegas in The Symbiotic Relationship Between Mutual Trust
and Fundamental Rights in Europe’s Area of Criminal Justice (in New Journal of
European Criminal Law, 2015) definiva “symbiotic relationship” la relazione
che deve sussistere fra la reciproca fiducia e diritti fondamentali.
102 V. Carlino, To trust or not to trust? Fiducia e diritti fondamentali in tema di
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che, sebbene il testo della decisione quadro preveda dei motivi di non esecuzione obbligatoria e facoltativa agli artt.3, 4, 4bis, tra di essi non risulta in maniera esplicita la violazione dei diritti fondamentali come motivo di rifiuto all’esecuzione del mandato di arresto.
In questo contesto la sentenza Aranyosi e Caldararu ha rappresentato un punto di svolta provvidenziale. Partendo dall’analisi di questi due casi che mettevano in evidenza carenze sistemiche o generalizzate nelle condizioni di detenzioni nelle carceri rumene e ungheresi, che ponevano sostanzialmente il soggetto destinatario del mandato di arresto al rischio di trattamenti inumani e degradanti, la Corte di Lussemburgo ha posto le basi giuridiche di una “compliance with
fundamental rights”103, per ritenere la violazione dei diritti dell’uomo
da parte dello Stato emittente come un motivo di rifiuto all’esecuzione del mandato di arresto. Considerata la centralità del principio di mutuo riconoscimento e della fiducia reciproca, la Corte ammette limitazioni all’applicazione di questi due, sulla base di due condizioni precise:
- “in circostanze eccezionali”104
- Come emerge dall’articolo 1.3 della decisione quadro 2002/584/GAI, nell’obbligo di rispettare i diritti fondamentali quali sanciti segnatamente dalla Carta.
Tali deroghe potrebbero trovare un fondamento, ad esempio, nel considerandum n. 12 della decisione quadro 2002/584/GAI, il quale
Justice: European Legal Studies, Rivista on line sullo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia 2019 n. 2, p.71
103 V. Mitsilegas, The Symbiotic Relationship Between Mutual Trust and
Fundamental Rights in Europe’s Area of Criminal Justice, in New Journal of European Criminal Law, 2015, vol. 6, issue 4, p. 457 ss..
104 Come già precedentemente affermato nella Risoluzione del Parlamento europeo del 27 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sul riesame del mandato d'arresto europeo (2013/2109 [INL]).
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riafferma che la presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti nell’art. 6 del TUE (art. 1.3 decisione quadro 2002/584/GAI) e nella Carta, in particolare nel titolo VI105.
Ad ogni modo, queste eccezioni elaborate e chiarite in via giurisprudenziale si fondano sul rispetto dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, relativo al divieto di pene e di trattamenti inumani o degradanti, un divieto di carattere assoluto in quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana di cui all’articolo 1 della Carta. Così facendo, inevitabilmente viene ad avere un ruolo rilevante l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione che, nel caso in cui ravvisi l’esistenza delle due condizioni, può rifiutare l’esecuzione del mandato di arresto. Insieme a questo, diventa determinante anche il dialogo giudiziario tra l’autorità di emissione e di esecuzione, le quali saranno tenute a collaborare affinché la procedura di consegna si svolga correttamente e non si prolunghi nel tempo.
Per di più, in questa pronuncia la Corte stabilisce un iter preciso da seguire da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione, nel quale verificare attraverso il cd two steps test che sussistano elementi oggettivi e attendibili sulle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente del mandato di arresto, comprovanti la presenza di carenze. In caso positivo, l’autorità giudiziaria deve richiedere con urgenza informazioni a riguardo allo Stato membro emittente. Inoltre, continua a verificare che non
105 V. Carlino, To trust or not to trust? Fiducia e diritti fondamentali in tema di
mandato d’arresto europeo e sistema comune di asilo, in Freedom, Security &
Justice: European Legal Studies, Rivista on line sullo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia 2019 n. 2, p.71
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sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato sia stato emesso per perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali