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Esperienza estetica Sentire o vedere il volto di Euridice?

CAP 2 – IPOTESI CAPACITATIVA

2.2 Transformative Learning

2.2.1 Esperienza estetica Sentire o vedere il volto di Euridice?

Trovandosi in un contesto di educazione musicale e quindi relativo ad una forma d arte, non è possibile astenersi sull interrogarsi riguardo l esperienza stessa che, sia l insegnante sia lo studente, si trovano a vivere all interno del contesto educativo. Questo pone subito un enfasi sul problema della concettualizzazione stessa di esperienza estetica.

Un accoppiamento particolare, la cui giustapposizione non è né automatica né esente da rischio. Si è già delineato nel paragrafo precedente come questa ricerca si ponga in prossimità del concetto di esperienza; ma esperienza rispetto a cosa? All arte o ad un oggetto musicale? A questo punto dovremmo individuare una definizione propria di canone con il rischio di perdere il senso dell esperienza stessa perché successivamente dovremmo porci dal punto di vista valutativo, o sul piano del comportamento rispetto ad uno standard oppure da un punto di vista cognitivo, cercando quindi di decifrare dei livelli di qualità dell esperienza relativa a quello che viene definito come bello .

Partendo dal termine stesso di estetica , esso è riconducibile a Baumgarten il quale, nel 1735, riportava il sensibile alla conoscenza, costruendo un tipo di logica opposta alla logica della ragione. Aisthesis infatti è qui intesa come sensazione, con logiké che diventa la nuova parola che coniuga il filosofo aisthetiké. Il tutto costruito attraverso il divario tra conoscenze chiare e scure che il filosofo metterà sullo stesso piano d importanza, differenziandole però dal punto di vista qualitativo. Qui di seguito si riporta un passo interessante che verrà ripreso pi‘ avanti: Le immaginazioni sono rappresentazioni sensibili in senso lato e perciò poetiche (Baumgarten, 1999, p. 47). Una facoltà d immaginare dove il filosofo si chiede: Che cosa dunque sono le immaginazioni (phantasmata) se non immagini (rappresentazioni) ri-ideate (riprodotte) di cose sensibili che sono attinte dalla sensazione, come già è indicato dal concetto di cose sensibili? (p. 47).

Sotto questa luce il rapporto con l oggetto musicale, inteso come arte, non sta nella cosa stessa bensì nella relazione, che con Kant e Walter Peter diviene esperienza sessuale della bellezza.

Orfeo riflette e pensa: Perché Minosse è così interessato alla bellezza di Euridice? E aggiunge mentre guarda i suoi occhi fiammeggianti: Perché questo dovrebbe essere il metro di decisione sul farmi passare o meno?

Si pone quasi immediatamente, invece, il problema del giudizio e del gusto nella sua interferenza tra conoscenza e piacere. È il soggettivismo estetico di Kant che però si dipana da una parte come soggettivo, dall altro come concezione del bello collegato al piacere della bellezza, non soggettivo ma connesso ad una condivisione del senso comune.

La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che la contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza. Ma pur entro la varietà ed i capricci del gusto vi sono certi principi generali di approvazione o di biasimo la cui influenza può essere notata in tutte le operazioni dello spirito (Hume, 2006, p. 51). Far passare una qualsiasi opera d arte attraverso le maglie di una rete non è un esperienza estetica, ma piuttosto una critica dell arte stessa. Quella che Abbs definirebbe una conservazione di tradizioni, dove: art-maker, art-critic. art- teacher have become, in part, earnest ecologist, determined to save threatened symbolic forms from extinction (Abbs, 1989, p. 12).

Se, al contrario, scegliamo di continuare a considerare un esperienza estetica a livello educativo, dobbiamo interpretare l oggetto musicale esperito come una possibile costruzione del mondo nel momento stesso in cui esso rientra nel flusso di una relazione trasformativa, la quale sospende al contempo l ethos del giudizio estetico. Un principio di rivoluzione formale dell arte e … ri-suddivisione politica dell esperienza comune (Rancière, 2000, p. 21) o, riprendendo la critica di Scruton al formalismo di (anslick, una musica che nella sua creazione com- muove , una forma in movimento che porta la significazione multipla e complessa (Goodman, 2010, p. 38) del sensibile di chi la crea, la riproduce o in generale la esperisce.

Se, in altre parole, l oggetto musicale è esperito ed è di per sé definito nel contesto artistico, già si pone come centro dialettico e trasformativo nel confronto stesso, tra quelle che sono le rappresentazioni di una capacità di immaginazione soggettiva, che si pone in relazione con l altro e ri-crea la cultura stessa. Esperienza estetica intesa come Praxis Estetica, che diventa quindi interpretativa e articulate certain norms that have become associated with a certain aesthetic practice or go against them (Lewis, 2016, p. 142).

Se scegliamo di configurare l arte come esperienza, vien da sé che il parlare di tradizione estetica in senso educativo si svuota di senso. Lo stesso concetto diverrebbe esclusivamente valutativo, espressione di quella cultura dominante che dovrebbe saper rispondere alla domanda che tempo addietro si poneva Abbs:

)n one way or another, for whatever reason, counscious or unconconscious, tends to withhold the cultural means for the continuous development of thinking, feeling and imaging? What then? What if the educational forces of that society are essentially disfiguring of human life? (2003, p. 32).

Se invece ci si concentra sull esperienza il paradigma cambia di nuovo, poiché il grado di bellezza sarà questa volta commisurato al potere di far vivere un esperienza estetica, in grado di distanziarci dal livello cognitivo, in quanto il livello percettivo non è pi‘ sufficiente, essendo l esperienza stessa dipendente sia dalla relazione che dal contesto.

A tal proposito, Abbs (2003) indica tre punti fondamentali:

Lo studente dovrebbe, attraverso l esperienza dell arte, riuscire a rendersi visibile, dichiarare sé stesso ed avere la felicità che deriva dall essere agente attivo delle proprie azioni e dei propri apprendimenti;

Lo studente non può vivere l esperienza artistica come qualcosa di solitario, in quanto deve potersi percepire con gli altri e sentirsi accolto. La figura dell insegnante dovrebbe quindi manifestarsi sotto forma di coordinatore e conduttore democratico;

Se l educazione alle arti si configura come attività culturale riprendendo in questo modo la posizione di Scruton descritta precedentemente), allora è essa stessa immersa nella storia tra il tempo e lo spazio, capace di venir continuamente estesa o approfondita.

Sotto questa luce, l engagement diviene un elemento centrale, configurandosi come indicatore di agency ed incorporando il risk-taking dello studente stesso, rappresentato dalla sua stessa sensibilità e comportando in questo modo sia una relazione con gli altri che la paura del giudizio. Quest ultimo elemento deve però essere capace di integrare i suoi tre aspetti: giuridico, estetico e tecnico, in una

dialogica di uguaglianza. Tale giudizio non è quindi scindibile da quella libertà ed autonomia proprie dell essere umano, insieme alla possibilità, insita nella sua natura, di scegliere e rappresentare la propria immaginazione attraverso l esperienza estetica stessa. La vera differenza sta nell interpretazione: se il giudizio giuridico prevede il confronto con dei vincoli culturalmente connotati, avendo quindi a che fare con il gusto e i limiti della bellezza stessa, nel caso dell interpretazione estetica essa si colloca nell alveo della riflessione critica, nonostante i vincoli del senso comune kantiano, consistenti nel tener conto a priori delle modalità culturali di rappresentazione. Si vedrà poi come questo risulterà fondamentale nella determinazione dei vincoli delle consegne compositive, nella strutturazione degli interventi sul campo, come sospensione del giudizio giuridico e come spazio sociale e protetto della dialettica del giudizio estetico. Un agone che sembra possa cogliere differenti prospettive, contemporaneamente valide, dello stesso oggetto condiviso, permettendo così di riflettere, come sostiene la Mortari (2003) in una ripresa di Schon e Dewey, in- azione, sull azione e sull azione possibile, su quella bellezza che rende manifesta la platonica visibilità dell invisibile del Fedro.

Una relazione educativa che, nell unità dell esperienza dell arte, può dunque diventare quella che Vytgosky definiva perezhivanie (1934), traducibile come esperienza emozionale vissuta che, per definizione, dinamizza ed al contempo relativizza l interpretazione dello studente, in una riflessività dentro e fuori l esperienza stessa. )n tal senso, una tipologia che, in un esperienza d insegnamento trasformativa comprende nel proprio oggetto la parte emozionale ed espressiva in quella zona di sviluppo prossimale (Vygotsky, 1978), si realizza come possibilità di nuovi functionings. L idea secondo cui la stessa emozione non rimane nella mente dello studente, bensì acquisisce senso nella condivisione, trasformandosi e ri-formandosi nell azione. Come già detto in precedenza, la riflessione è collegata all esperienza e, come sosteneva lo stesso Dewey (2007), essa si intreccia e compenetra gli aspetti cognitivi con quelli emozionali.

Ne deriva che una qualsiasi attività didattica non può limitarsi né all aspetto contemplativo né tantomeno a quello addestrativo (Perezzani, 2009, pp. 88,89;

Schwadron, 1967), ma deve necessariamente mirare alla costruzione di conoscenze. In questa chiave di lettura, quindi, il transformative learning diventa in educazione musicale una nuova possibilità, attraverso un esperienza estetica dialogica che si fa praxis, riprendendo parte della citazione dell O Neill che acquisisce adesso una nuova sfumatura di significato:

To speak back their realities of their world and discover that they are capable and ready to effect positive change. In doing so, young music learners become capable of gaining new insights, overcoming challenges and constraints, and taking positive actions to bring about personal and social transformation (2015, p. 227).