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La tradizione didattica e il traghetto di Caronte

CAP 1 
 COMPETENZA MUSICALE E CRITICITA’

1.3 Il Mismatch

1.3.1 La tradizione didattica e il traghetto di Caronte

Famosa è la storia di Orfeo che usò due monete per pagare Caronte. Mentre stava sulla barca, egli pensò: Lui sicuramente saprà dove andare. Mi devo fidare. Fa questo lavoro da tanto tempo. Fa un po’ paura quando caccia via quelli che vogliono salire senza i talenti necessari. Sua la barca e sue le regole. Per adesso sembra semplice ma come tornerò indietro? Confido che Euridice saprà come fare.

Riguardo il periodo di riforma dei curricoli del sistema scolastico americano standard-based degli anni Duemila, Eisner (2002) scriveva, in merito all educazione alle arti, come pi‘ si cercassero di definire standard restrittivi in tale campo, minore sarebbe stata la possibilità di un effettiva opportunità educativa attraverso le arti stesse. Eisner poneva il problema di come, in ogni caso e qualsiasi fosse la policy applicata, vi fosse sempre una distanza tra l educazione alle arti e le pratiche didattiche realmente utilizzate in classe. Per questo motivo, egli parlerà di tre tipi di curricoli che coesistono in uno stesso momento:

1) Il curricolo esplicito, ossia le policies, ciò che si definisce dall esterno e che spesso cambia. Quello che il contesto scolastico si aspetta per valutare l intervento didattico ed il parametro a cui le famiglie degli studenti sono portati a far riferimento;

2) Il curricolo implicito. Quello che rimane fermo, quello che in arte rimane costante. Quello che le strategie degli insegnanti costruiscono senza evidenti cambiamenti negli anni a dispetto di quello esplicito;

3) Il curricolo null, ovvero quello che quando le arti sono insegnate come degli standard risulta assente. Secondo Eisner, esso rappresenta il curricolo a cui gli studenti non possono accedere e di cui pagano il prezzo quando l arte ridotta ad uno standard viene insegnata, ma svuotata del suo senso.

Una distinzione leggermente diversa da quella esposta da Chevellard (1985) della trasposizione didattica , poiché in questo caso Eisner non parla di linearità nella trasformazione adattiva, bensì dipinge una realtà su tre rette distinte, quasi parallele, di cui una è oltretutto fantasma, invisibile.

In educazione musicale, a prescindere dal curricolo, è il modello trasmissivo (Allsup, 2014; Gullo & Holgersson, 2015; Hargreaves & North, 2001; Jorgensen, 2011; Madsen & Yarbrough, 1980) il più pervasivo.

Una didattica … come quella dell addestramento ad un arte od un mestiere: comandi da eseguire secondo una successione di difficoltà stimata sulla base dell esperienza dell adulto, prove da superare sempre pi‘ difficili fino all esame d iniziazione con il primo vero lavoro autonomo e una buona dose di punizioni fisiche come correttivo agli errori, agli ordini mal seguiti. Un modello didattico che altro non è che l evoluzione dei comportamenti istintivi fondati sulla sopravvivenza del più forte e/o del più mentalmente evoluto, ma con una differenza sostanziale: tanto l apprendista che l esperto sanno di vivere un rapporto educativo (Betti et al., 2009, p. 77).

Un modello che s istituzionalizzò nei secret garden (Perkins, 2013, p. 196) dei Conservatori nel 1800, volto a formare un grande numero di musicisti professionisti, destinati ad un mercato vivace di orchestre e teatri dell opera, e che è rimasto tutt ora inalterato, incorporando in sé sia una tipologia di relazione sia il riferimento ad uno standard implicito da raggiungere. Questo non significa che durante quel periodo definito come il silenzio movimentato dei trent anni non siano esistite delle metodologie che prendevano piede, più progressiste rispetto a quella tradizionale. Si pensi ad esempio a Dalcroze, all improvvisazione melodica e ritmica di Carl Orff, alla vocalità folklorica di Kodali e agli strumenti musicali in miniatura del metodo Suzuki che in ogni caso, eccetto tecniche d insegnamento sulle quali non mi soffermerò, non abbandonavano mai l idea di performance e repertorio. In tal senso potrebbe sembrare che il dibattito trasmissivo, costruttivismo e post-costruttivismo non abbia mai toccato l educazione alle arti.

Verrebbe da chiedersi: in che misura l istanza costruttivista ha plasmato ed influenzato l educazione musicale?

Tale istanza costruttivista, come sostenuto da Shively (2015) e Webster(2011), ha rappresentato un oggetto di interesse della ricerca riguardante l educazione musicale solo negli ultimi 10-15 anni. I principali interrogativi consistevano nel cambiamento riguardante: la costruzione della significazione musicale, il tipo di esperienza vissuta dallo studente in classe ed il bilanciamento tra il processo ed il prodotto d insegnamento nell ottica di un cambiamento considerato radicale. Le implicazioni erano dunque piuttosto rilevanti. Era necessario riconsiderare il processo di apprendimento dello studente e di insegnamento. Come si poteva conciliare la tradizione con la costruzione attiva della disciplina musicale? Il primo che tentò di trovare una modalità per bilanciare queste due parti fu Webster (2003), il quale adottò le seguenti motivazioni di ricerca:

1) Il punto centrale è che la musica è un arte;

2) La composizione, tradizionalmente messa in secondo piano rispetto alle attività tradizionali, deve essere ripresa come base per costruire una significazione dello studente basata sull esplorazione e la riflessività; 3) Laspetto creativo è centrale. Lo studente attraverso la composizione

passa attraverso un processo di intenzione, pensiero divergente, pensiero convergente ed infino prodotto;

4) L insegnante diventa coach del processo creativo.

Della stessa idea è la Scott(2011), la quale aggiunge come un istanza costruttivista non debba per forza abbandonare l impianto trasmissivo tradizionale, bensì lavorare in tandem per:

… to help students acquire musical skills and knowledge and apply these proficiencies as independent musicians . E ancora: Teachers act as role models, applying their musical skills and knowledge to the problems at hand and encouraging students interactions by evoking ideas and views, scaffolding problem-solving, monitoring and modeling reasoning processes, re-voicing questions and interpretations, promoting collective responsibility (p. 193).

Tuttavia, aggiunge la Scott in accordo con Garnett (2013), è fondamentale distinguere il cosiddetto approccio pratico-attivo dalla pratica costruttivista, poiché lo studente coinvolto in qualcosa di pratico (come il suonare uno strumento musicale) è da considerare come uno pseudo-costruttivismo , un apparenza strutturata solamente in un ambiente in cui l insegnante mantiene il proprio ruolo centrale, in un approccio basato unicamente sul fare . Nella concezione costruttivista, infatti, la realtà non è considerata disgiunta dal soggetto che la sperimenta, poiché nel contempo egli la costruisce, la ri-crea e nel far questo vi attribuisce un senso. In altre parole si tratterebbe sempre e comunque di un apprendimento negoziato. L insegnante, sempre secondo la Scott, deve trovare un bilanciamento tra le due strategie teacher-directed instruction e student-centered inquiry poiché, se la prima è pi‘ adatta all insegnamento di tecniche e conoscenze musicali, la seconda è necessaria per permettere allo studente di realizzare il proprio lavoro e riflettere su ciò che ha imparato. L autrice concluderà la sua disamina sostenendo come il problema che l istanza costruttivista non ha mai veramente affrontato (Lopez-Iniguez & Pozo, 2014) è rappresentato dalla difficoltà da parte degli insegnanti di musica nel fare quel leap of faith necessario, quell atto politico (Bresler, 2007) e sostenere quella destabilizzazione ed incertezza (Freschi, 2006) nel mettere tra parentesi tutta la loro formazione inziale ed i loro beliefs. Il passaggio che la Scott propone è quindi quello di far lavorare in tandem un interazione di tipo Maestro- apprendista alternata ad una di tutoring legata ad un concetto di scaffolding che, per definizione originaria (Wood, Bruner, & Ross, 1976), prevede un problem solving.

Tutoring involves a kind of scaffolding process that enables a child or novice to solve a problem, carry out a task or achieve a goal which would be beyond his unassisted efforts (Wood et al., 1976, p. 90).

Nonostante questo, trattandosi di arte, il problem solving in questione non dovrebbe avere, per definizione, una soluzione univoca, bensì dovrebbe incorporare una pluralità di situazioni nelle quali ogni studente abbia la possibilità di creare il proprio significato e negoziarlo con l insegnante e la classe. In sostanza sarebbe auspicabile una mediazione tra la tradizione e la

partecipazione attiva alla cultura stessa, in prospettiva di una negoziazione della significazione individuale in un ottica socio-culturale. Il motivo per il quale l educazione musicale s interessa a questo tipo di prospettiva soltanto da -15 anni deriva probabilmente dal fatto che giustificherebbe la sua logica trasmissiva con l idea per cui, solo dopo aver padroneggiato una tradizione, lo studente possa davvero cominciare a rimodellare la propria esperienza, trovando il suo personalissimo modo creativo di realizzare sé stesso. Un nuovo processo che però, dato l impianto cumulativo e trasmissivo, viene lasciato sia ad una casualità sia ad un incertezza d innesco (Burden & Williams, 2001), a causa soprattutto della standardizzazione educativa delle tecniche di composizione, performance e conoscenze.

In aggiunta, Regelski (Regelski & Gates, 2010) sottolineava come, a dispetto sia dei curricoli che della formazione dei docenti eventualmente ricevuta, la pratica degli insegnanti di musica costituisse comunque una copia di quella appresa quando erano studenti e quindi la conseguente ripetizione della stessa debolezza del modello, in un concetto di praxis erroneamente tradotto come pratica da consegnare, ricreativa, priva di quella ricorsività che invece ne sarebbe propria. Una concezione che, come sottolineano Woodford (2005) e Wright (2016), si basa su un pensiero razionale che vede le finalità dell educazione musicale come ripetizione di modelli sia a scopo d intrattenimento sia come educazione ai valori dogmatici della società. Se poi si fa riferimento al concetto di valutazione, secondo il trittico inseparabile visto pocanzi (policies, pratiche, valutazione), ne deriva a sua volta la distinzione ovvia tra una valutazione sommativa che si riferisce a standard definiti ed in che misura siano realizzati ed una formativa che invece si riferisce all autodeterminazione, indipendenza e quindi ad un concetto di apprendimento per competenza), che risulta essere parecchio distante da una pratica ed un curricolo standard-based.

Come sostengono Jorgensen (2011), Allsup (2016) e Aròstegui (2016), è proprio lo schema Maestro-apprendista che, guidando la modalità con cui si tramanda una tradizione da una generazione ad un'altra, rimane in ogni caso il substrato implicito di qualsiasi tipo di relazione didattica in educazione musicale. L obiettivo è sempre quello di preparare alcuni dotati alla performance e

istruire gli altri a diventare amatori, il pubblico fruitore del futuro. Questo si accompagna con l idea della musica come prodotto artigianale, da raggiungere tramite una graduale acquisizione di abilità e conoscenze. Una relazione di apprenticeship che richiede tempo, ripetizione, imitazione, diligenza e disciplina (Kocabas & Sever, 2012). Tutto questo in una prospettiva cumulativa e lineare di gradualità, secondo la quale è possibile costruire il secondo piano di un edificio solo dopo aver completato il primo e così via, alla conquista definitiva di quel pezzo di realtà . Si tratta di un pensiero che suddivide e riduce, come appare chiaramente nel secondo e terzo principio del Discorso sul metodo di Cartesio(Morin, 2000, p. 89):

1) Suddividere ciascuna difficoltà da esaminare in tutte le parti in cui è possibile e necessario dividerla per meglio risolverla.

2) Condurre con ordine i miei pensieri, iniziando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi per salire progressivamente, come per gradi, fino alla conoscenza dei più complessi. 


La tradizionale prassi dell insegnamento di uno strumento musicale prefigura una sequenza di elementi semplici (note, difficoltà tecniche, etc), nella convinzione che, acquisendoli o proponendoli gradualmente, si possa ottenere alla fine dalla loro scalata la competenza necessaria (Palmer, 2000). Lo sforzo del docente diventa quello di individuare l ordine pi‘ efficace, escludendo in partenza gli aspetti emotivo-affettivi, simbolici, stilistici e creativi, poiché, in quanto oggetti complessi, essi non possono essere parcellizzati e organizzati in tappe graduali. Generalmente questi elementi vengono riservati ad un momento conclusivo oppure abbandonati al caso, che di volta in volta si chiamerà talento, orecchio, ispirazione o musicalità.

Un problema ulteriore in questo processo è la scelta del repertorio da far studiare, nella misura in cui l insegnante si trova combattuto tra i fuochi di quello che il proprio studente già definisce come musica (previsione e aspettativa culturale e quello che l insegnante vorrebbe definire intenzioni a priori . Nel paragrafo successivo, a discapito delle concezioni regionali del concetto di competenza (Westera, 2001), verranno analizzate alcune elaborazioni di

educazione musicale Competence-based delineate nella letteratura internazionale.