CAP III GOVERNO VESCOVILE, COMMUNITAS CITTADINA, POLITICA FEUDALE E QUALIFICA-
5. L’esperimento del regime comunale (1171) e il privilegio federiciano (1182)
5.1. I consoli (1171)
Tridentino, ora designato come figlio del defunto Ottone
Dives – nel frattempo, dunque, il padre è deceduto –, presenzia nel
1171 all’atto (87) con cui Bozone da Stenico, già investito in pre- cedenza del castello (88), si impegna con il vescovo a garantirne l’apertura: egli viene elencato fra un gruppo numeroso di persone, alcune delle quali, dopo di lui nell’elenco, sono connotate dalla qualifica di consules, senza, tuttavia, che sia possibile attribuire questa qualifica con certezza a Trentinello (89).
(84) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 26, 1159 marzo 26, Riva; Kink, Codex Wangianus cit., n. 5. Cfr. Castagnetti, Le comunità della regione
gardense cit., p. 83.
(85) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., n. 27, 1160 maggio 20, Trento; Santifaller, Urkunden cit., n. 2.
(86) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., n. 35, 1166 agosto 30, Trento; Huter, Tiroler Urkundenbuch cit., I, n. 320.
(87) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 38, 1171 luglio 2, Trento; Kink, Codex Wangianus cit., n. 12; Leonardelli, ‘Comunitas Tridenti’ cit., app., n. 2.
(88) Doc. dell’anno 1163, citato sopra, nota 40 di cap. II.
(89) Tralasciamo di seguire puntualmente Trintinello, la cui partecipazione alla vita pubblica dura a lungo, fino agli anni Novanta, limitandoci a segnalare
presumibilmente negli anni Sessanta, un cittadino, Trentinello di Ottone Ricco, era uscito da Trento per verram, quindi a seguito di uno scontro armato, che poteva essere stato provocato da cause varie ed essersi svolto tra fazioni cittadine o consistere in un atto di ribellione contro il governo vescovile, e si era rifugiato in un luogo elevato, forse fortificato, tra Folgaria e Caldonazzo, donde, oltre ad opprimere i roncatores locali, conduceva guerra contro i
Tridentini, il che significa, probabilmente, che opprimeva o depre-
dava coloro che dovevano passare attraverso la zona da lui control- lata.
Se nulla i testimoni svelano circa le motivazioni, che possono essere state contingenti o, forse, in relazione alle vicende politiche del conflitto tra Impero e comuni, che coinvolse anche Trento e il suo vescovo Adelpreto, possiamo, tuttavia, tracciare un breve profilo del protagonista che ci permette di cogliere il ‘clima’ del periodo e di conoscere gli ostacoli che il vescovo doveva fronteggiare nel suo governo, rappresentati non solo da signori potenti, radicati nel terri- torio, in posizioni chiave per il controllo delle vie di comunicazione terrestri e fluviali, come i d’Arco, i da Campo e, come vedremo, i da Castelbarco, ma anche dalle eventuali ribellioni di cittadini, che, pur sprovvisti di basi materiali di potere signorile, quali erano i castelli, potevano con rapidità e facilità impadronirsi di un luogo atto natu- ralmente alla difesa, come un colle o un monte, dal quale, con poco sforzo e poca gente armata, condurre una propria “guerra” contro la popolazione locale, i signori circostanti e, addirittura, contro i
Tridentini. Questi Tridentini, che nelle parole dei testi sembrano
indicare, con certa esagerazione, tutta la popolazione del territorio soggetto al governo vescovile, cittadini compresi, vanno individuati, come abbiamo supposto, negli abitanti della città e del territorio che fossero transitati nei pressi del rifugio del ‘ribelle’.
Trentinello – anche Trentino e Tridentino – di Ottone Ricco o
Dives appare fin dall’anno 1159, quando assiste in Riva, con molti
altri, al ‘patto’ fra il vescovo Adelpreto e la comunità di Ledro (84). Nella scarsa documentazione trentina egli precede la compar-
feudo di diritti limitati di giurisdizione sulle loro persone, diritti concessi, come si specifica, “per consilium curie Tridentine et sapientum et comitorum et militum et Vitonis gastaldionis et plu- rium hominum”. Abbiamo, dunque, la composizione della curia vescovile per ceti e uffici: sapientes, comites, milites e il gastaldo Vitone (94). Viene poi ricordato, nell’escatocollo del breve, l’inter- vento nel palazzo vescovile di Warimberto da Cagnò, visdomino (95), e il fratello Bertoldo, di Adelperio gastaldo e di altri, senza designazione di ufficio. Possiamo ritenere che i consiliarii fossero i componenti della curia designati per ceti o, probabilmente, essi fossero rappresentati solo dal visdomino e dal gastaldo.
Immediata risulta l’analogia di funzione fra i sottoscrittori del documento del 1145 e di quello del 1147: console e gastaldo nel primo, visdomino e gastaldi nel secondo, probabili consiliarii di Trento e del territorio. Il console del 1145 poté, dunque, essere stato un consiliarius, denominato ‘console’ per influenza delle città lombarde, in particolare di Verona, essendo il destinario del- l’atto l’abate di un monastero veronese. I consiliarii trentini del secondo atto ricordano, poi, i consiliarii delle città tedesche del secolo XII (96), che, dalla fine del secolo, poterono essere a volte denominati consules per influenza dei comuni italiani (97).
(94) Sull’ufficio di gastaldo cfr. sopra, t. c. nota 106 di cap. II.
(95) Sull’ufficio di visdomino nel Trentino, Voltelini, Giurisdizione signori-
le cit., pp. 57-59.
(96) Ph. Dollinger, Les villes allemandes au moyen âge. Leur statut juridique,
politique et administratif, I ed. 1954-57, poi in Ph. Dollinger, Pages d’histoire, France et Alemagne mediévales, Paris 1977, p. 39; Ph. Dollinger, Les villes alleman- des au moyen âge. Les groupements sociaux, I ed. 1955, poi ibidem, p. 51; H. Stoob, Forschungen zum Städtewesen in Europa, Köln-Wien 1970, p. 435; E. Ennen, Storia della città medievale, I ed. 1972, 1975, tr. ital. Bari 1975, pp. 134-135.
(97) Ennen, Storia della città cit., p. 135; F. Opll, Effetti della politica ita-
liana di Federico Barbarossa in Germania, in Federico Barbarossa nel dibattito storiografico cit., p. 300.
Si tratta della seconda apparizione di consules nella documen- tazione trentina, certamente più significativa della prima, poiché abbiamo una notizia, isolata, di un ‘console’ verso la metà del secolo, testimone con altri, fra i quali un gastaldo, ad un atto del 1145 con cui il vescovo Altemanno cocnede diritti sull’alpeggio di
Neblo maiore, sui monti Lessini nel territorio di Ala, all’abate del
monastero veronese dei Ss. Nazaro e Celso (90). Il contesto, come ha rilevato il Varanini, è “solenne e di notevole rilevanza pubblica” (91), come attestano la precisazione cronologica costituita dalla dedicazione della cattedrale trentina a S. Vigilio (92) e la presenza del patriarca Pellegrino di Aquileia, del vescovo di Concordia e di un canonico veronese, che intercedettero per la donazione. Ben più modesta appare la condizione dei sottoscrittori: Pellegrino di Rodegerio, consol, Ermanno, gastaldo e due persone di Ala e di Livo.
In un breve recordacionis del 1147 (93), posteriore quindi di soli due anni, il medesimo vescovo Altemanno agisce con il consi- glio e per iniziativa di consiliarii – “pro consiliariis” – di Trento e del territorio, episcopatus, consiliarii però non menzionati indivi- dualmente: il presule procede a locare a due persone, suocero e genero, una decima per un canone in cereali, investendoli anche in
alcuni documenti significativi. Trentinello assiste in Vicenza al giuramento degli uomini di Bassano: doc. dell’anno 1175, citato sotto, nota 225; è tra i fideiussori dei conti di Appiano: doc. dell’anno 1181, citato sotto, nota 133; riceve beni dal vescovo Salomone in pegno per il prestito di duecento lire: Leonardelli,
Economia e territorio cit., n. 7, 1182 ottobre 31, Trento; viene eletto arbitro nella
curia dei vassalli: doc. dell’anno 1192, citato sotto, nota 105 di cap. IV.
(90) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 21, 1145 novembre 19, Trento; Huter, Tiroler Urkundenbuch cit., I, n. 221; ed ora la recente edizione cri- tica in Varanini, Appunti cit., pp. 118-119, app.
(91) Ibidem, p. 101.
(92) Rogger, Monumenta cit., p. 63; Varanini, Appunti cit., p. 101.
(93) Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 22, 1147 maggio 5, Trento; reg. Kink, Codex Wangianus cit., n. 3; Huter, Tiroler Urkundenbuch cit., n. 229.
lettera, possiamo attribuirla solo a Winrico e ad altre persone inde- terminate; se adottiamo la soluzione più ampia, possiamo attribuir- la al gruppo dei cittadini, da Enrico di Porta a Winrico, in tutto otto persone. La qualifica stessa di consules è poco chiara, dal momen- to che nei comuni cittadini la qualificazione consueta è quella di
consules civitatis (104), pur non mancando la semplice connota-
zione di consules, tuttavia collocati in posizione di prestigio negli elenchi dei presenti (105).
Che i consoli appaiano nell’entourage vescovile, è un aspetto che presenta analogie con la società di molti comuni cittadini (106). Ma sorgono notevoli difficoltà di interpretazione per il valo- re da assegnare alla comparsa dei consules in un contesto carente di istituzioni comunali, tanto che la qualificazione stessa di consu-
les non verrà più impiegata per due secoli (107). L’esperimento, se
vi fu, di un organismo comunale a Trento dovette essere fortemen- te influenzato, quasi sollecitato, dai contatti con i comuni della Lombardia e della Marca Veronese, che, almeno del 1168, si con- cretizzarono in un’alleanza politica stretta fra vescovo trentino e Veronesi. L’esperimento ebbe, in ogni caso, termine dopo la riap- pacificazione tra Lega e Impero e il riavvicinamento al secondo dell’episcopato.
(104) Esemplificazione per l’area veneta in Castagnetti, Le città cit., pp. 102.
(105) Ad esempio, a Verona, ove i consoli appaiono per la prima volta in alcuni atti qualificati semplicemente come consules, essi sono elencati per primi in un lungo elenco di boni homines, precedendo essi i giudici e molti notabili cit- tadini; si sottoscrivono poi singolarmente con la qualifica di consul: Castagnetti,
Le città cit., app. II, n. 21, 1136 giugno 28, Verona.
(106) Ibidem, p. 103.
(107) Varanini, Appunti cit., pp. 102-103.
Anche l’atto del 1771 potrebbe essere interpretato nella mede- sima prospettiva. La presenza dei consules, tuttavia, è più consi- stente, anche se di difficile quantificazione, inserita in un gruppo di boni homines, testimoni dell’atto. Dopo il magister Romano, canonico, sono elencati tre membri di famiglie signorili o di mili-
tes: Odolrico da Pergine (98), Gumpone da Madruzzo (99),
Rodegerio da Livo (100). Segue un gruppo costituito probabilmen- te da soli cittadini: Enrico de la Porta (101), Acile, Rambaldo di Mercato (102), Tridentino figlio del fu Ottone Ricco, Saurino, Maino, Odelrico, Francio, Winrico (103) et ceteri consules, Milone e Remboldo.
Non possiamo conoscere conoscere a quante e a quali persone vada attribuita con certezza la qualifica di consules: se stiamo alla
(98) Sui da Pergine cenni sopra, t. c. note 19-20.354-355. (99) Cfr. sopra, t. c. nota 39 di cap. II.
(100) Sui da Livo cfr. sopra, note 42-43.
(101) Poiché non ci proponiamo in questa sede di approfondire la conoscen- za dei cittadini, di cui al testo, ci limitiamo a fornire alcune indicazioni. Enrico de
la Porta era già apparso al seguito del vescovo Adelpreto: Bonelli, Notizie istori- co-critiche cit., n. 27, 1160 maggio 20, Trento, riedito in Santifaller, Urkunden
cit, n. 2); ma prima di lui è elencato un Zucone figlio di un altro Enrico de Porta. I due ricompaiono nella documentazione successiva. Enrico de la Porta l’anno seguente è a Riva con il vescovo: Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 40, 1172 aprile 3, Riva, supra palacium; Kink, Codex Wangianus cit., n. 13; Huter,
Tiroler Urkundenbuch cit., n. 329.
(102) Rambaldo di Mercato con Acile è presente ad un atto vescovile della fine dell’anno: Bonelli, Notizie istorico-critiche cit., II, n. 39, 1171 dicembre 7, Trento; si trova l’anno seguente a Riva (doc. citato alla nota precedente).
(103) Winrico, il solo console certo, è forse da identificare con un Winrico di Borgonuovo, nel ponticello della cui casa il vescovo Salomone procede ad un’investitura a Tridentino di Ottone Ricco: Leonardelli, Economia e territorio cit., n. 7, 1182 ottobre 31, Trento; un mulino di Winrico confina con un terreno sul torrente Fersina concesso dal vescovo Corrado ad Andrea di Borgonuovo: ibi-
Il divieto esplicito ai cives trentini di eleggere consoli è segui- to nel privilegio da altri divieti che denotano, in un contrappunto negativo, la concreta conoscenza che l’imperatore aveva dell’isti- tuzione comunale delle città italiche, delle sue prerogative politi- che, fiscali e giudiziarie, della volontà di assoggettare il contado ecc. Viene enunciato dapprima il divieto di costruire torri in città e nei borghi, senza l’autorizzazione vescovile, un divieto che proprio in quegli anni iniziava ad apparire nei privilegi imperiali per desti- nari italici e che sarebbe stato codificato due anni appresso proprio in relazione a questioni sorte tra la chiesa vescovile trentina e i conti di Tirolo (113).
Segue una serie di divieti i quali riprendono alcune norme sancite quali prerogative regie nell’elencazione dei regalia elabo- rata a Roncaglia nel 1158 (114), prerogative, tuttavia, che sarebbe- ro state concesse ai comuni italici con la pace di Costanza (115), dalla quale la città di Trento fu ovviamente esclusa: determinazio- ne delle misure ed imposizione di tributi, collectae, in città e nel comntado; esazione di dazi su ponti, vie fluviali, navigium; diritto di zecca, moneta.
Viene proibito ai cives Tridentini di costringere – e, se costret- te, a permettere la rescissione dell’impegno assunto – alcune per- sone, nobiles o populares, a prendere residenza in città, un proces- so questo posto in atto dai comuni cittadini in alcune regioni dell’Italia settentrionale come di quella centrale, a partire dalla metà del secolo, che obbligarono i signori rurali ad atti di sotto- missione e alla residenza in città (116). Per lo stesso fine, quello di
866, 1184 settembre 27. Cfr. Fried, La politica economica cit., pp. 329-330; Opll,
Stadt und Reich cit., pp. 61-62.
(113) Cfr. sotto, t. c. note 146-160 di cap. IV.
(114) DD Friderici I, n. 237, 1158 novembre 22 o 23, Roncaglia. (115) DD Friderici I, n. 848, 1183 giugno 25, Costanza
(116) E. Guidoni, Residenza, case e proprietà nei patti tra feudalità e comu-
ni (Italia, sec. XII-XIII), in Structures féodales cit., pp. 429-438; J.-C. Maire
5.2. Il divieto imperiale (1182) alla cittadinanza di adotattare l’or- ganizzazione politica, fiscale e territoriale del comune italico
Cade in questo momento un riferimento indiretto ai consoli della città. Nel 1182 l’imperatore, intervenendo direttamente in Trento, per soccorrere la chiesa vescovile in difficoltà e riaffermar- ne l’autorità (108), prescrisse, con il consiglio della sua corte e dei suoi principes e sapientes, che la civitas di Trento rimanesse in perpetuo priva di consules, fedele e devota all’Impero sotto il governo del proprio vescovo, come avveniva, secondo Federico, per le altre città del Regno Teutonico (109).
Quale poi fosse la concezione che l’imperatore aveva del reg- gimento delle città teutoniche, mostra con chiarezza il privilegio che nel 1179 egli aveva elargito al vescovo e alla città di Bressanone, cui concedeva, come alle altre civitates, l’amministra- zione della giustizia, il banno, i molini, i diritti di mercato e, infi- ne, di moneta, il tutto per il beneficio della città, della sua provin-
cia e dei suoi vescovi (110). Solo nel caso che il signore ovvero il
vescovo fosse in difficoltà nel governare città e territorio eventua- le, l’imperatore sarebbe intervenuto, come in effetti era intervenuto per Treviri nel 1161 (111) e per Cambrai negli anni 1182-1184 (112).
(108) DD Friderici I, n. 821, 1182 febbraio 9, Wimpfen.
(109) Per l’inclusione di Trento nel Regno Teutonico cfr. sopra, t. c. nota 31 di cap. I.
(110) DD Friderici I, n. 789, 1179 settembre 16. Cfr. J. Fried, La politica
economica di Federico Barbarossa in Germania, in Federico Barbarossa nel dibattito storiografico cit., pp. 325-26; F. Opll, Stadt und Reich im 12. Jahrhundert (1125-1190), Wien - Köln – Graz, 1986, pp. 53-54.
(111) DD Friderici I, n. 338, 1161 settembre 1. Cfr. H. Jakobs, Vescovi e
città in Germania, in I poteri temporali cit., p. 296, nota 73; Fried, La politica economica cit., p. 329, a. 1156; Opll, Stadt und Reich cit., pp. 162.
l’autorità vescovile fa riferimento esplicito il privilegio dell’anno 1191 di Enrico VI al vescovo Corrado (118), che ne sancisce il divieto di costituzione nella città e nel territorio, dopo avere sanci- to quello di costruzione di fortificazioni.