Verso la fine dell’intervista chiedevo loro di dirmi cosa significasse essere mamme in un Paese in cui non erano nate e cresciute. Per alcune è stato difficile rispondere, soprattutto per chi era in Italia da poco tempo; forse non avevano avuto ancora l’occasione di rifletterci su. Ma anche per chi in Italia ci è arrivata da piccola, era difficile trovare una differenza tra il fare la mamma qui o lì. Una donna mi ha proprio detto di sentirsi più italiana che straniera, quindi rimane l’importanza del ruolo della mamma in sé, indipendentemente dal Paese di origine. Spesso quando chiedevo il significato dell’essere mamme, il pensiero andava subito verso la propria madre e all’importanza di questa persona nella propria vita.
“Non lo so adesso parlo della mia esperienza, perché secondo me dato che sono qua da tanti anni, mi sento più italiana che straniera ecco, perciò comunque per me rimane sempre per me la figura della mamma una cosa importante, una cosa fondamentale, dato che io ho perso il papà da piccola perciò per me la mamma è stata, cioè ha fatto il ruolo sia della mamma che del papà ecco, questo che ti posso dire..(…) la figura della mamma è molto importante in generale.” (intervista n.16)
Quando si pensa al proprio ruolo di madre viene naturale fare riferimento alla propria, che spesso in immigrazione è lontana, perché rimasta al Paese di origine e di cui si sente forte la mancanza. Specialmente quando si incomincia a costruire il proprio ruolo, non più di figlia, ma di madre, è importante la vicinanza della propria madre. Lo dice bene una donna tunisina, già mamma di due bambini, per cui fare la mamma è “normale”, ma certo la mancanza della propria madre rappresenta per lei un disagio:
“Io mi sento mamma è solo che è una cosa, non c’è l’aiuto della mia mamma, basta. Però tutto è normale, penso che non c’è differenza, solo l’aiuto (ride), se c’è la mamma c’ è un’altra cosa, vicino a me, per aiutare, solo questa cosa è differenza. Per il resto è normale.” (intervista n.14)
Lo stesso vale per una donna pakistana, già madre di tre figli. L’essere madre in un Paese straniero è solo più difficile rispetto al fare la mamma in Pakistan, dove si può contare sull’aiuto della propria madre e di altre persone.
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“Mediatrice: Lei dice lei manca tutto mamma, perché lei è qua sola, quando ha qualche problema come mal di testa, nessuno con lei, questo dice lei manca tanto perché io sono sola nessuno è con me, quando io ho male. Io fare tutto sola, con i bambini. Lei dice quando io sono in Pakistan quando io ho un problema tutti vengono per aiutarmi. Qua non ho nessuno questo è molto differente, di qua non c’è nessuno e di la tante persone per aiutare, qua fare tutto solo. Lei dice che le manca tanto questo.” (intervista n.13)
Una donna ivoriana, da due anni in Italia, pone l’accento sul fatto di essere riuscita a “fare da sola una bambina”, quindi la sua capacità di aver superato la paura iniziale e di aver maturato un’esperienza spendibile in futuro. C’è da dire che la bambina ha già un anno e qualche mese, si percepisce che la donna ha avuto il tempo di riflettere e rielaborare l’esperienza; penso che se l’avessi intervistata qualche mese dopo il parto la sua risposta sarebbe stata differente, ma queste sono solo mie supposizioni.
“Per me è stata un’altra conoscenza, un’altra formazione. Perché fare la mamma da un altro continente all’altro, non è facile, però è stata un’esperienza che mi ha fatto piacere perché non ho mai pensato che potevo fare da sola una bambina. (…) non ho sentito la mancanza di mia mamma.. Seconda cosa, è stata un’esperienza che mi è piaciuta perché adesso ho un po’ di esperienza quando in futuro futuro voglio fare un altro, sono prontissima. Però per il momento no, devo lavorare, devo andare in Costa d’Avorio.” (intervista n.3)
Una donna marocchina dice che il fare la mamma in un Paese straniero è uguale al fare la mamma in Marocco, solo che a volte si può incorrere in qualche episodio discriminatorio, che poteva accadere a qualsiasi straniero. Purtroppo o per fortuna, dopo un po’ di tempo ci si abitua e si riesce a non ascoltare più certi discorsi.
“Normale, è uguale. Anche trovi difficile così che sei straniero allora loro italiani è un po’, si dicono quando trovi qualcuno così nelle strade, andate al tuo Paese!, perché sei venuto qui?..
Domanda: Ti è capitato che ti abbiano detto così?
Sì sì uno che hai visto sulla strada quando porto mio figlio dalla pediatra, trovato uno che mi dice ma cosa venite qui andate tuo Paese, perché che fate qui, non ho neanche ascoltato.
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(…) è normale è normale che si dicono qualcosa così (…), perché trovi tanti tanti italiani si dicono così.” (intervista n.9)
Un’altra donna, rumena, dice che la differenza del fare la mamma in Italia piuttosto che nel proprio Paese di origine, stia nel fatto di essere stranieri e quindi dover espletare tutte le pratiche burocratiche necessarie per avere un permesso di soggiorno o per dimostrare di avere i requisiti necessari per ottenere le agevolazioni spettanti alle neomamme. Seguire la burocrazia italiana avendo un bambino piccolo può diventare difficoltoso, come racconta la signora:
“È difficile, guarda ti dico una cosa, son tante le porte che mi si son chiuse davanti, non è che, si come le donne incinta che ti sorridono e ti fanno passare davanti, però sono gli uffici che…se tu non ti inquadri..(…) si ma io sono 15 anni che sono qua, si ho fatto l’errore di non prendere la residenza per un anno, però se guardano tutti gli anni indietro, anche all’inps le tasse che ho pagato per 15 anni, non puoi negarmi ora l’aiuto, cioè sono 15 anni che vivo qua e pago le tasse, la legge è sbagliata, l’hanno fatta in fretta questi ultimi anni (…). E poi i tempi che hanno l’inps per pagarti la maternità, tu fai un sacco di file, patronati, inps, servizi del lavoro, dappertutto tu giri anche incinta anche con la carrozzina, giri per risolvere le tue cose e poi alla fine stai un sacco di tempo ad aspettarti che ti pagano, cioè questo è snervante perché se dici bon io mi sono data da fare, mi sono alzata la mattina se avevo il dolore o no, ho fatto le file di qua e di la, per favore anche i tempi, cioè..ecco..poi ho visto tanta gente incompetente che alla fine ho dovuto risolvere io il mistero, dove c’era l’errore perché non partiva la pratica, oppure..ecco…” (intervista n.10)