Per quel che riguarda la mia ricerca, parlare del divenire madri implica un riferimento anche alla funzione genitoriale, come ruolo recentemente intrapreso dalle intervistate.
Secondo una prospettiva dinamico-evolutiva, la funzione genitoriale può essere definita come una funzione autonoma e processuale dell’essere umano, pre-esistente dalla procreazione biologica (avere un figlio), che è soltanto una delle sue espressioni, fondamentale ma non necessaria (Fava Vizziello, 2003). Si tratta quindi di una funzione complessa che comprende la capacità di prendersi cura dell’altro, di proteggerlo e di accudirlo riconoscendone la soggettività, mettendo in pratica competenze di cura a livello fisico e affettivo- relazionale. Le prime espressioni della funzione genitoriale compaiono già nella prima infanzia dove si assiste ad una serie di scambi tra il bambino e l’adulto di riferimento in cui il bambino agisce delle attenzioni di cura nei confronti dell’adulto. Nel corso del suo sviluppo il bambino costruisce con gli adulti di riferimento una molteplicità di schemi di interazione, questi rappresentano la struttura fondamentale attraverso la quale il piccolo costruirà un proprio modello interattivo e relazionale dell’incontro con l’altro che ripeterà
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nelle relazioni fondamentali nel corso della vita (Simonelli, 2014). Le sequenze ripetute di questi scambi interattivi e delle emozioni ad esse connesse innescano il processo dello sviluppo affettivo- emotivo- cognitivo del bambino. Lo sviluppo della funzione genitoriale influisce quindi sullo sviluppo della persona e, viceversa, il percorso evolutivo dell’individuo modifica e determina lo sviluppo delle sue competenze genitoriali.
Da tale visione ne deriva un’attenzione della ricerca e soprattutto dell’intervento clinico che enfatizza la centralità del bambino come partner attivo, focalizzandosi sulla sua esperienza emotiva in relazione agli adulti significativi e inserendo questa esperienza all’interno dei significati delle rappresentazioni genitoriali che definiscono il sistema famigliare. A tale scopo sono stati definiti quali sono i fattori che possono influenzare lo svolgimento della funzione genitoriale: la storia individuale della persona, la qualità della relazione di coppia, la qualità delle relazioni famigliari allargate e con la rete sociale di appartenenza, la qualità dell’inserimento della persona nel contesto più ampio legato alla sfera lavorativa, culturale e comunitaria. L’equilibrio di tutti questi fattori può incidere come supporto alla capacità dell’adulto di prendersi cura del bambino e viceversa possono rappresentare elementi di difficoltà e stress rispetto alle potenzialità genitoriali (Simonelli,2014).
Per il mio lavoro di ricerca questo diventa importante in riferimento al lavoro di accompagnamento e di cura delle mamme e bambini, da parte degli operatori socio-sanitari che con essi lavorano e che incontrano quotidianamente negli ospedali, consultori e strutture di accoglienza per nuclei monogenitoriali in condizione di vulnerabilità. Considerare la persona, come soggetto inserito in un contesto sociale e culturale e soprattutto temporale, permette di agire su un piano professionale, più efficacemente e portando rispetto e riconoscimento della totalità degli aspetti che compongono la persona.
Un modello particolarmente efficace per comprendere questi sistemi e le loro interrelazioni è il
Figura n.1: Modello processuale delle determinanti della genitorialità
Fonte: Simonelli, 2014, p.7
Secondo Belsky l’esplicarsi della funzione genitoriale è direttamente influenzata da: la personalità dei genitori, le caratteristiche individuali del bambino, il contesto sociale nel quale è inserita la relazione genitori- bambino. Da questo modello ne ricaviamo che le
interconnesse sono la relazione coniugale e il livello di cogenitorialità, le caratteristiche e lo sviluppo del bambino, il supporto sociale percepito dagli adulti. Belsky sottolinea come il sostegno percepito dalla coppia nella rete s
partner nell’espletamento della funzione genitoriale.
Le modalità attraverso cui i partner affrontano la fase di transizione alla genitorialità risultano avere un importante peso non solo in merit
ma anche a livello dell’assunzione del ruolo di responsabilità nei confronti del figlio che verrà. La capacità di rielaborare i cambiamenti dei diversi tipi di relazioni interiorizzate e reali, è di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo della relazione primaria con il bambino (Belsky, 1995). Un’attenzione particolare è stata data alla qualità della cogenitorialità, la relazione tra i genitori, questa sembra avere un pesante influsso sullo sv
emotivi nel bambino. Una buona cogenitorialità può essere vista come il fine di un funzionale processo di transizione alla genitorialità, che comporta una trasformazione del sistema coniugale rimanendo alla base di un nuovo sistema famiglia.
Il parenting può essere definito come quel complesso di diverse attività che definiscono e descrivono in larga misura la funzione genitoriale: accudire fisicamente i figli, organizzare l’ambiente di crescita, sostenere i figli nel
guidare i figli nell’interpretazione della realtà
Modello processuale delle determinanti della genitorialità (Belsky, 1984)
l’esplicarsi della funzione genitoriale è direttamente influenzata da: la personalità dei genitori, le caratteristiche individuali del bambino, il contesto sociale nel quale è inserita la
bambino. Da questo modello ne ricaviamo che le
interconnesse sono la relazione coniugale e il livello di cogenitorialità, le caratteristiche e lo sviluppo del bambino, il supporto sociale percepito dagli adulti. Belsky sottolinea come il sostegno percepito dalla coppia nella rete sociale in cui è inserita è di fondamentale importanza per i partner nell’espletamento della funzione genitoriale.
Le modalità attraverso cui i partner affrontano la fase di transizione alla genitorialità risultano avere un importante peso non solo in merito al cambiamento del proprio ruolo, da figli a genitori, ma anche a livello dell’assunzione del ruolo di responsabilità nei confronti del figlio che verrà. La capacità di rielaborare i cambiamenti dei diversi tipi di relazioni interiorizzate e reali, è di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo della relazione primaria con il bambino (Belsky, 1995). Un’attenzione particolare è stata data alla qualità della cogenitorialità, la relazione tra i genitori, questa sembra avere un pesante influsso sullo sviluppo di fattori cognitivi, sociali ed emotivi nel bambino. Una buona cogenitorialità può essere vista come il fine di un funzionale processo di transizione alla genitorialità, che comporta una trasformazione del sistema coniugale
n nuovo sistema famiglia.
può essere definito come quel complesso di diverse attività che definiscono e la funzione genitoriale: accudire fisicamente i figli, organizzare l’ambiente di crescita, sostenere i figli nello sviluppo sociale e affettivo attraverso la relazione, guidare i figli nell’interpretazione della realtà (Bornstein, Venuti, 2013).
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(Belsky, 1984)
l’esplicarsi della funzione genitoriale è direttamente influenzata da: la personalità dei genitori, le caratteristiche individuali del bambino, il contesto sociale nel quale è inserita la bambino. Da questo modello ne ricaviamo che le principali variabili interconnesse sono la relazione coniugale e il livello di cogenitorialità, le caratteristiche e lo sviluppo del bambino, il supporto sociale percepito dagli adulti. Belsky sottolinea come il sostegno ociale in cui è inserita è di fondamentale importanza per i
Le modalità attraverso cui i partner affrontano la fase di transizione alla genitorialità risultano o al cambiamento del proprio ruolo, da figli a genitori, ma anche a livello dell’assunzione del ruolo di responsabilità nei confronti del figlio che verrà. La capacità di rielaborare i cambiamenti dei diversi tipi di relazioni interiorizzate e reali, è di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo della relazione primaria con il bambino (Belsky, 1995). Un’attenzione particolare è stata data alla qualità della cogenitorialità, la relazione tra i iluppo di fattori cognitivi, sociali ed emotivi nel bambino. Una buona cogenitorialità può essere vista come il fine di un funzionale processo di transizione alla genitorialità, che comporta una trasformazione del sistema coniugale
può essere definito come quel complesso di diverse attività che definiscono e la funzione genitoriale: accudire fisicamente i figli, organizzare lo sviluppo sociale e affettivo attraverso la relazione,
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Sono intrecciate diverse dimensioni affettive e cognitive relative alla sopravvivenza, alla socializzazione e all’educazione.
Si concretizza negli stili genitoriali adottati, nelle pratiche educative trasmesse e sperimentate nel corso della crescita del figlio (Greco, Rosnati, 2006).
Benedetto e Ingrassia (2010) sottolineano che “il parenting, pur trasmesso tra le generazioni, si trasforma in maniera dinamica, incorporando alcuni elementi di novità che tuttavia non alterano il modo di concepire l’educazione (…), a parte i cambiamenti repentini introdotti in talune circostanze, quali la migrazione” (pp.78-79).
È in questa riflessione che ho inserito alcune domande di ricerca del mio lavoro.
Alcuni studi convergono sull’idea che il parenting si strutturi anche in relazione alla dimensione culturale e si modelli in relazione al contesto. Recenti contributi antropologici si collocano in un’ottica di studio comparata dei modelli di cura parentali che pur considerando le componenti biologiche ed ambientali, attribuiscono un valore fondamentale all’influenza della dimensione culturale sulle pratiche genitoriali (Le Vine, New, 2009).
Considerare le pratiche parentali come punto di partenza per comprendere le caratteristiche della cura del bambino in un determinato contesto socio-culturale, significa fare riferimento al modello della mediazione culturale come strumento essenziale nella relazione di aiuto con la persona straniera. Possiamo immaginare quanto questo diventi fondamentale quando il passaggio alla genitorialità avvenga all’interno di un sistema culturale “altro” rispetto a quello interiorizzato. Poter lavorare attraverso l’azione della mediazione culturale attenua il rischio di confondere e appiattire la persona alla sua cultura di origine.
Nelle modalità di accudimento delle madri intervengono elementi simbolici (la celebrazione, i riti, i ruoli famigliari, la relazione madre-bambino), elementi relazionali e comunicativi (le interazioni, il linguaggio verbale e non verbale), elementi collegati alla soddisfazione dei bisogni primari dei piccoli (alimentazione, sonno, controllo fisiologico, ecc.), elementi legati all’appartenenza religiosa.
Il modo in cui i genitori si rappresentano un figlio, la sua crescita e le pratiche educative rispetto ad un contesto mutato è stato approfondito grazie all’approccio delle etnoteorie parentali, che hanno cercato di evidenziare gli elementi di diversità e di originalità culturale, relativi al contesto in cui le famiglie attualmente vivono (Axia, Condini, 1999).
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Nel paese d’accoglienza quasi mai sono presenti le figure di riferimento della propria famiglia, in grado di ripresentare i sistemi di accudimento in relazione agli aspetti corporei e ai rituali collegati all’infanzia, comprendendone il significato e le origini. Non è solo una perdita di pratiche tradizionali, ma un’impossibilità di interiorizzare tali pratiche.
La nascita come la migrazione richiede uno sforzo per tenere assieme passato e futuro, alla luce di un cambiamento faticoso ma necessario, per ricostruire e riformulare relazioni esistenti e strutturarne di nuove, creando inedite appartenenze.
Cattaneo e Dal Verme hanno prestato particolare attenzione alla maternità in migrazione, in quanto la visione del mondo della cultura di appartenenza viene trasmessa inizialmente all’interno della relazione madre e bambino. In questa trasmissione culturale attraverso le prime cure materne, la neo-madre ricerca e riceve conferme dal suo gruppo o comunità di appartenenza (Cattaneo, Dal Verme, 2005).
Su questa linea consistente è il contributo di M.R. Moro, essa sostiene che “la situazione migratoria introduce dei cambiamenti a livello delle condizioni di accoglienza del bambino nella famiglia. La gioia e la sofferenza possono assumere altre direzioni quando sopraggiungono nell’esilio e nella solitudine dell’individuo e della famiglia. L’involucro famigliare e gruppale che le contenevano per poi dare loro senso non sono più funzionali” (Moro, 2010, p.73).
Ho fatto riferimento al suo lavoro e dei suoi predecessori soprattutto nel capitolo di discussione dei risultati del mio lavoro di ricerca.