Arriva il momento in cui si desidera e si programma il ritorno al Paese di origine, per una vacanza, per visitare i parenti che da molto tempo non si vedono, per colmare la nostalgia di luoghi e profumi tanto sognati. Però non sempre il ritorno si presenta come lo si era immaginato, spesso ci si rende conto che il tempo è passato e che non tutto è rimasto come lo si ricordava. Poi anche noi stessi siamo cambiati, prima di tutto non siamo più soli, ci sono i figli. Sono stranieri in Italia, ma spesso considerati stranieri anche al Paese d’origine perché non nati lì. Che cosa comporta questo? Nella quotidianità di tutti i giorni come viene percepito?
Sono questi i vissuti di alcune donne che hanno potuto tornare al paese di origine con i figli e tra attese e gioie anche qualche senso di estraneità.
Racconta una donna marocchina che spesso torna in Marocco, ma la gente si accorge che ha dei comportamenti inusuali; occidentali per così dire. Lei se ne rende conto, ma non riesce a fare altrimenti, ormai ha introiettato le modalità di accudimento attuate in Italia:
“Io quando ho portato le bimbe, fino adesso sono quattro volte che le ho portate giù in Marocco si, ogni volta che lì portavo stavo con loro in cortile lì che giocano e io come una pazza lì ferma, e le mamme ma vieni cosa fai lì? Eh, io guardo le mie bambine (ride) avevo paura che le portano via o che sanno che loro non sono di lì e magari del Marocco e magari non si sa mai, comunque stavo con loro nel cortile, quando finiscono entriamo tutti e tre a casa. Invece loro no siccome sono abituati lasciano i bambini lì nel cortile e basta e stanno dentro casa a preparare il pranzo e pulire, per loro è una cosa normale. Qui no, tipo neanche a casa mia a Cavareno che abbiamo un giardino enorme con il cancello e tutto quanto non lascio mai loro da sole lì, mai, d’estate quando è nato lui, avevamo la piscina portavo lui giù che ci sono le zanzare e stavamo lì a guardare le altre.” (intervista n.17)
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Allo stesso tempo riconosce che anche le persone di lì si interrogano sul giusto comportamento da tenere con queste persone nate in Europa; ma i bambini si sa trovano sempre la soluzione e le perplessità degli adulti non sono certo problemi per i piccoli:
“Perché di solito quando arrivano sti bambini che sono stati all’estero gli altri bambini del Marocco dicono ma come facciamo a parlare con sto bambino? Troveremo difficoltà di comunicarlo, niente con le mie (figlie), proprio niente come fossero nate lì, quando arrivano qua la stessa cosa, non hanno difficoltà con gli altri e son contenta.” (intervista n.17)
Anche una donna camerunese tiene molto a far sì che il figlio conosca e viva il suo Paese di origine. Vorrebbe che apprenda le “cose buone” dell’uno e dell’altro Paese, in modo imparziale.
“Mi piacerebbe tornare con lui in Camerun ogni tanto per farlo conoscere anche il Camerun perché se lui è nato qua, va a scuola qua, avrà tendenza ad essere più italiano che camerunense, quello è vero però, tornando anche in Camerun durante le vacanze avrà la possibilità di conoscere almeno il Paese e vedere com’è, cioè quella diversità di vedere e capire la differenza tra l’Italia e il Camerun e cercare di essere in mezzo, non essere troppo italiano e neanche troppo camerunense, quindi cercare di imparare le cose buone, cioè a cercare cosa c’è di buono in Camerun e impararlo.” (intervista n.15)
Una donna ivoriana di fronte alle difficoltà nel ritorno al Paese raccontate da una sorella, preferisce lasciare sua figlia in Italia e tornare in Costa d’Avorio da sola:
“Perché ho una sorella da un’altra parte e mi ha detto che se non sei mai tornato in Africa, quando vai con bambino fa fatica…
Domanda: Il bambino fa fatica?
Risposta: Si anche tu fai fatica di uscire perchè un mondo differente, perché lei aveva tre bambini, dieci anni dopo è tornata la prima volta con i suoi bambini lei non si è divertita. I bambini facevano casino, i bambini si allontanavano dalla casa, non sanno dove vai però vanno via, anche quello che mangiano non è la stessa cosa che mangiano in Africa, lei deve andare in città grande per fare la spesa per loro, fatica, ha fatto un mese però non è stato facile. Mi ha consigliato che se voglio andare lì, se è la prima volta, di lasciare qui la bambina. Così puoi andare lì da cugini, zie, però con bambini no. Perché da noi non c’è, non so come si chiama..c’è polvere su tutte le strade, non è facile andare in giro con i bambini.” (intervista n.3)
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Un’altra signora marocchina racconta una brutta esperienza avuta durante un suo ritorno in Marocco, dice di essere stata trattata male durante una visita in ospedale e di essersi sentita offesa; neanche in Italia dove è straniera è mai stata trattata così:
“Ha detto con una faccia brutta, veramente sono andata, ho detto guarda allora io vado se dici così, ho detto guarda noi in Italia siamo stranieri ma non fanno così, veramente le ho detto così, guarda noi siamo così ma mai visto un’italiana che ha fatto così questo che hai fatto te. Lei è stata zitta perché ha visto che ha fatto una…ho detto parla bene, dici scusami” (intervista n.9)
Più avanti dice di conoscere meglio l’Italia che il Marocco, dove va di rado avendo gran parte della famiglia qui; dalle sue parole si percepisce il senso di spaesamento quando ritorna al Paese di origine, che per altro ha lasciato all’età di 14 anni.
“Cinque anni che sono stata qui e poi sono andata in Marocco, io sempre quando sono venuta in Italia ho fatto cinque anni poi sono andata un mese, anche adesso ho fatto cinque anni poi sono andata, perché io abito qui tanto perché c’è la mia famiglia, c’è tutto allora io abito qui tanto. Io trovo qui dal Marocco, perché di là non so tanto, perché quando io sono stata qui cinque anni e vado in Marocco cambia tutto, non so, allora vengo qui e trovo tutto normale.” (intervista n.9)
Con alcune intervistate abbiamo parlato della possibilità di ritornare a vivere nel Paese di origine, tutte mi hanno risposto negativamente, cioè di non desiderare un ritorno definitivo in patria. Sono molto legate ai ricordi d’infanzia e per passare le loro vacanze scelgono spesso come meta il Paese natale, ma allo stesso tempo ne riconoscono gli aspetti negativi del vivere lì. Trovando più adatto alle loro abitudini e alla loro identità oggi, il vivere in Italia.
Per una donna marocchina è soprattutto la disparità tra uomo e donna a scoraggiare un suo ritorno in Marocco. Le ho chiesto se avesse voglia di tornare definitivamente lì, lei mi ha risposto con un secco no:
“Sinceramente no, no. È perché sono…ci sono dei punti in cui tutte e due le culture si incontrano, e ci sono altri che sono diversissimi, ho detto no, per quello ho detto no. (pausa) Lì giù in Marocco adesso le cose stanno cambiando per fortuna, adesso meglio dopo il 2008, dopo che sono arrivata qua, le cose stanno andando meglio, parità, l’uomo e la donna sono
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uguale, prima no. La donna deve fare tutto a casa, se lui sul divano lei sta lì, non si muove dal divano l’uomo. L’uomo ha un potere su tutta la famiglia che è una cosa che a me non piace, siamo tutti e due uguali, i figli sono nostri non sono solo miei, ti alzi. No lì no, l’uomo va servito, perché vedo ancora nella mia famiglia l’uomo va servito poverino, perché ha lavorato e adesso viene a casa a riposarsi, ma la donna tutto il giorno cosa fa, rotola poverina, no per loro no. Dicono la l’uomo fa delle cose pesanti, ma anche la donna fa delle cose pesanti, e queste cose in Marocco io non…per quello no.” (intervista n.17)
Anche se comunque ha sposato un uomo marocchino, le condizioni di vita in Italia fanno si che i ruoli all’interno delle mura domestiche siano conformi alle usanze della maggior parte della popolazione:
“Sì sì, perché quello che ci circonda è diverso, allora lui, se fosse in Marocco secondo me, farà uguale come fanno loro, però qua no, è diverso e l’uomo ci aiuta, sono tutti nostri i figli e la casa è la nostra non solo la mia, i lavori dobbiamo farli tutti, se io guardo il bambino tu ti alzi e fai un piatto di pasta. Giù in Marocco se ti trovano che cucini ti prendono per il collo, no…a me queste cose non vanno bene no…” (intervista n.17)
Anche una ragazza pakistana, arrivata in Italia all’età di 15 anni, apprezza la parità tra uomo e donna percepita in Italia, a differenza delle abitudini di vita delle ragazze in Pakistan. Lei dice che crescere in Italia sia molto diverso per le ragazze in confronto al crescere in Pakistan; per i ragazzi questa differenza è meno presente:
“Per i maschi è uguale, per le femmine è un po’ diverso vivere qua. Perché in pakistan le femmine non è che vanno tanto fuori, a giocare o per.. invece i maschi si possono andare tranquillamente dove vogliono. Siamo un po’ chiusi mentalmente, per le femmine che non ci lasciano tanto libere, cioè giocare fuori. Beh adesso è cambiato un po’ anche per le femmine, non è che ci tengono con gli occhi.
Domanda: E tu dici che crescere qui potrebbe essere diverso per le femmine?
Risposta: Si perché qua usciamo tranquillamente fuori per…se usciamo fuori per noi è un po’ diverso. Come io sono venuta qui in 15 anni e per me era diverso, io in Pakistan non è che uscivo tanto, però qua era diverso uscivo tranquillamente e non mi dicevano niente i genitori.” (intervista n.2)
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Una ragazza rumena, pur non riconoscendo differenze di genere in Romania, anzi avendo ben presente i vantaggi che ci sarebbero nel vivere lì, preferisce comunque rimanere in Italia, dove ormai si è abituata e sta costruendo la sua vita.
“poi son rimasta perché mi è piaciuto, il modo di vivere, il mangiare, ci sono cose che a me piacevano, mi piace anche cambiare, mi piace la sfida e son rimasta, e quindi non mi vien più da tornare la, anche se so che la non sto male, cioè non mi manca niente, anzi starei anche meglio, avrei più aiuti, invece mi trovo bene qui.” (intervista n.10)
5.10 LA VOCE DELLE PROFESSIONISTE: ESPERIENZE DI DUE OSTETRICHE E UN’OPERATRICE