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L’estensione della legalità costituzionale “alla rovescia” e la vastissima portata ermeneutica della sentenza 238/2014 della Corte costituzionale: “il

nitense e canadese

1. L’estensione della legalità costituzionale: cenni introduttivi.

1.4. L’estensione della legalità costituzionale “alla rovescia” e la vastissima portata ermeneutica della sentenza 238/2014 della Corte costituzionale: “il

diritto al risarcimento per le vittime dei crimini nazisti”.

Nei paragrafi precedenti, abbiamo affrontato soltanto un primo profilo inerente al- la possibile estensione della legalità costituzionale, ossia quello concernente la sottoposizione della legge statale ad un controllo di costituzionalità avente come parametri dei principi e valori discendenti, non solo dal diritto costituzionale na-

240 Sul punto si veda A. Anzon, I poteri delle Regioni nella transizione del modello originario al

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zionali, bensì, anche, dal diritto europeo ed internazionale. Pertanto, l’altro profilo lo potremmo individuare in un processo osmotico, complementare dell’estensione della legalità costituzionale, attraverso il quale l’Unione europea, i trattati e le convenzioni internazionali, devono a loro volta rispettare l’identità costituzionale e i principi fondamentali della Repubblica italiana.

Il discorso sull’integrazione giurisprudenziale di rilievo costituzionale risulterebbe incompleto se non si prendessero infine in considerazione anche le aree liminari del dialogo, ovvero i confini oltre quest’ultimo non si può spingere.241

Alcune Corti supreme – specialmente quella italiana e quella tedesca242 - si sono fatte promotrici della questione dei limiti del dialogo, a partire specialmente con il rapporto con l’ordinamento dell’Unione Europea, temperando l’affermazione del primato diritto comunitario e dell’apertura dell’ordimento statale all’integrazione normativa europea, mediante la formulazione di una riserva circa il rispetto da parte del diritto sopranazionale dei valori costituzionali inderogabili e connaturati all’essenza e all’identità della Repubblica italiana243

.

La Corte costituzionale si era espressa per la prima volta in tal senso con la sen- tenza n.98 del 1965, nella quale era stato affermato che “non sarebbe stato accet- tabile per il nostro ordinamento aderire ad un’organizzazione sopranazionale in cui non sia assicurato un adeguato rispetto dei diritti inviolabili ex art. 2, Cost.”. Per, infine, giungere ad una più completa elaborazione della teoria dei contro- limiti nell’ambito comunitario con la sentenza 183 del 1973 ove è stata introdotta una deroga alla sindacabilità diffusa del contrasto tra norma interna e norma co- munitaria, mantenendo una riserva di competenza della Consulta circa la verifica della compatibilità del diritto comunitario con i principi supremi ed inviolabili della Costituzione. Infine, con la sentenza n. 232 del 1989 la Corte costituzionale si è dichiarata competente a verificare, attraverso il controllo di costituzionalità

241 Cfr. T. Guarnier, Interpretazione, costituzione e diritto giurisprudenziale, Editoriale Scientifica,

Napoli, 2014, cit. p. 275.

242 Seguite, poi, dalle Corti di altri stati membri come ad esempio il Belgio, la Francia, la

Danimarca, il Regno Unito, la Spagna e la Repubblica ceca. Per una ricognizione della giurisprudenza delle corti nazionali in tema di contro limiti, si fa rinvio a A. Celotto, T. Groppi, Diritto UE e diritto nazionale, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2004, pp. 1309 ss.

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delle legge di esecuzione del se una qualunque norma del Trattato non sia in con- trasto con i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.

Per quanto riguarda, invece, i contro-limiti della Costituzione italiana rispetto al diritto internazionale consuetudinario e pattizio, ha fatto ormai letteralmente il gi- ro del mondo la notizia che la Consulta con la sentenza n.238/2014, già definita “storica”244

, ha stabilito che la norma consuetudinaria internazionale sull’immunità degli stati dalla giurisdizioni civile degli altri Stati, così come è sta- to, due anni prima, accertato nel suo contenuto dall’interpretazione della Corte in- ternazionale dell’Aia245, non agisce all’interno dell’ordinamento italiano in tutta la sua portata.246

La norma consuetudinaria in questione, pertanto, secondo la pronuncia della Con- sulta entra in Italia, tramite l’articolo 10 della Costituzione, solamente dopo essere stata “decurtata” della parte contrastante il contro-limite, che i principi fondamen- tali della Repubblica italiana le hanno opposto. Quindi suddetta norma entra in Italia ridotta nella sua portata e sostanzialmente trasformata in una diversa norma che continua ad imporre l’immunità per gli atti iure imperii degli Stati dalla giu- risdizione civile degli altri Stati, ma esclude atti come la deportazione e la messa ai lavori forzati di civili in tempo di guerra, riaprendo la questione del diritto delle vittime degli efferati crimini nazisti ad ottenere il risarcimento del danno subito dallo Stato tedesco.

La questione nasceva dalla posizione della Corte di Cassazione italiana, inaugura- to con la sentenza Ferrini del 2004, che negava alla Germania il beneficio dell'immunità giurisdizionale, riconoscendo come prevalente il diritto delle vitti- me a ottenere il risarcimento del danno subito a causa dei crimini nazisti.

244 Così L. Gradoni, Corte costituzionale e Corte internazionale di giustizia in rotta di collisione

sull'immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile, consultabile online sul sito: http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p₌1101. Tra le prime reazioni alla sentenza, cfr. P. De Sena, Spunti di riflessione sulla sentenza 238/2014 della Corte costituzionale, consultabile online sul sito: http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p₌1108#more-1108.

245 La sentenza della Corte internazionale di giustizia del 3 Febbraio 2012 si trova all’indirizzo

www.icj-cij.org/docket/fi les/143/16883.pdf .

246 Cfr. E. Lamarque, La Corte costituzionale ha voluto dimostrare di saper anche mordere, I

diritti fondamentali tra obblighi internazionali e costituzione, in Questione Giustizia, 2015, n. 1.

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La nota e commentatissima sentenza Ferrini247 delle Sezioni unite della Cassazio- ne civile del 2004, già proponeva alla comunità internazionale di accogliere una nuova versione della consuetudine in questione, che tenga conto del primato asso- luto dei valori fondamentali di libertà e dignità della persona umana, riformulando ermeneuticamente la consuetudine internazionale sull’immunità della giurisdizio- ne civile degli stati stranieri, senza farla estendere agli atti iure imperi di quest’ultimi, che sono configurabili come crimini di guerra.

La Germania aveva reagito all'orientamento dei giudici italiani presentando alla Corte internazionale di giustizia (d'ora innanzi CIG) un ricorso che lamentava la violazione della norma consuetudinaria sull'immunità giurisdizionale degli Stati dalla giurisdizione straniera da parte dell'Italia. Con sentenza del 3 febbraio 2012, la CIG ha accolto il ricorso, respingendo gli argomenti difensivi che facevano le- va, tra l'altro, sull'assenza di forme alternative di tutela per le vittime, e ha con- dannato l'Italia a provvedere, con mezzi di propria scelta, a privare di ogni effetto i giudicati italiani. L'Italia aveva provveduto stabilendo, all'art. 3 della legge n. 5 del 2013, l'obbligo per il giudice italiano di rilevare in qualsiasi stato e grado del processo il difetto di giurisdizione e di ammettere la revocazione delle sentenze civili già passate in giudicato.

La questione sembrava ormai chiusa, senonché il Tribunale di Firenze ha investito la Corte costituzionale di tre questioni di legittimità costituzionale concernenti la violazione del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, tutelato dagli artico- li 2 e 24 della Costituzione248.

La prima questione era inerente alla norma di recepimento, prodotta ex art. 10 Cost., della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, così come interpretata dalla Corte di giustizia internazionale nella sentenza, Germania c. Italia, del 3 febbraio 2012, nella parte in cui comprende tra gli atti sottratti alla giurisdizione di cognizione anche i crimini nazisti commessi in Italia e Germania nei confronti di cittadini ita- liani nel periodo 1943-1945;

247 Cass., sez. I civ., 20 maggio 2011, n. 11163. 248 Cfr. Ibidem

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La seconda questione di legittimità era concernente l'art. 1 della legge di adatta- mento alla Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG anche nella parte in cui essa impone l'ob- bligo di negare la giurisdizione italiana nelle cause concernenti il risarcimento del danno per i suddetti crimini nazisti;

Ed infine, la terza questione riguardava la costituzionalità dell'art. 1 della legge n. 5 del 14 gennaio 2013 che ha imposto al giudice italiano di negare la propria giurisdizione in futuri casi concernenti i crimini internazionali di cui sopra e di ammettere la revocazione delle sentenze già passate in giudicato.

Questa sentenza è già diventata la più nota pronuncia della Corte costituzionale italiana che valica i confini ordinamentali e rimette in evidenza il tema del rappor- ti tra diritto internazionale consuetudinario e i principi fondamentali tutelati dalle costituzioni nazionali, offrendo il problema di come interpretate, valutare e bilan- ciare i diritti costituzionali delle vittime di atroci violenze con il rispetto del dirit- to internazionale249.

La Corte costituzionale, dopo aver riconfermato il suo la peculiarità e l’esclusività del suo habitus giuridico, nel poter giudicare la costituzionalità delle norme inter- nazionali consuetudinarie anteriori alla Costituzione, dà sostanzialmente ragione a tutte e tre le questioni. Tuttavia, senza mettere in discussione la portata della norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati, diversamente da quanto aveva fatto la Cassazione con la sentenza Ferrini, si è limitata ad affermare che tale con- suetudine internazionale, cosi come è, non può entrare in Italia per l’esistenza di un contro-limite.250

Infatti, nel primo capo del dispositivo della sentenza, la Corte dichiara incostitu- zionale la legge italiana del 2013, intesa a vincolare i giudici italiani al rispetto della pronuncia della Corte internazionale di giustizia del 2012, in quanto il sacri- ficio imposto alle vittime italiane, nel non poter chiedere un risarcimento civile per i crimini di guerra subito dal terzo reich, contrasta con il principio di tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili della Costituzione

249 Cfr. E. Lamarque, La Corte costituzionale ha voluto dimostrare di saper anche mordere, in

Questione giustizia, 2015, n.15, cit., p.77 e ss.

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Per gli stessi motivi, nel secondo capo del dispositivo essa dichiara incostituziona- le la famigerata legge italiana del 1957, che dà esecuzione allo Statuto delle na- zioni unite251, nella parte in cui, con l’art. 94, obbliga il giudice italiano ad ade- guarsi alla medesima pronuncia della Corte internazionale.

Infine, nel terzo capo del dispositivo, la Consulta decide la questione di costitu- zionalità più complessa, che verte su un oggetto completamente inedito, e cioè non su una legge italiana, ma sulla “norma” – così la chiama, genericamente, an- che la Corte costituzionale – prodotta nell’ordinamento italiano mediante recepi- mento, ai sensi dell’art. 10, primo comma, Cost., della norma consuetudinaria in- ternazionale. La questione viene risolta con quella che nel gergo tecnico della no- stra giustizia costituzionale si chiama “sentenza interpretativa di rigetto”. Viene risolta, in altre parole, con il rigetto del dubbio di costituzionalità sollevato dal no- stro giudice di Firenze, condizionato, tuttavia, a una (nuova) lettura della norma, oggetto del dubbio, che ne escluda il contrasto con la Costituzione. Secondo la Corte costituzionale, infatti, come ho anticipato, la norma consuetudinaria inter- nazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, che si deve ritenere effettivamente “entrata” nell’ordinamento italiano, è quella che non viola il contro-limite costituzionale, e che, dunque, pur imponendo in genera- le l’immunità degli Stati per gli atti iure imperii, tuttavia non copre atti quali la deportazione, i lavori forzati, gli eccidi riconosciuti come crimini contro l’umanità.

In questa decisione emerge fortemente la definizione del giudizio costituzionale come un giudizio ermeneuticamente “de-statalizzato”252, attraverso la forte scan- sione del momento della precomprensione critica e della circolarità ermeneutica. Nei giudizi di conformità della legge, in cui la Corte costituzionale interpreta le norme soggette al giudizio di costituzionalità, fornendo direttive vincolanti sulla loro applicazione e tenendo conto dei principi-valori fondativi dell’ordinamento si dispiega in tutta la sua la circolarità piena, ovvero, diadica253.

251 La legge del 17 Agosto 1957, n.848

252 Per una maggiore chiarezza sul concetto ermeneutico di diritto destatalizzato, v. cap. 3., par.3.,

del seguente elaborato.

253 Cfr. F. Petrillo, L’interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica, Giappichelli

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Nel suddetta sentenza di rigetto, infatti, sia la norma consuetudinaria “non positi- vizzata” oggetto del giudizio e sia i parametri costituzionali utilizzati dalla Con- sulta, ovvero i principi assiologici e fondamentali, non hanno avuto un’intermediazione diretta con il testo scritto, attraverso una circolarità di tipo triadico. Bensì, secondo la prospettiva metodologica ermeneutica, essi essendo principi preesistenti alla loro positivizzazione e fondanti dello stesso ordinamento giuridico, sono stati direttamente applicati dal giudice costituzionale in tutta la lo- ro espansione valoriale massima, senza che il giudice sia dovuto partire dal testo costituzionale, per denotare quei valori inerenti ai diritti inviolabili, enunciati nell’art.2 e 24 della costituzione, in quanto già presenti nella precomprensione cri- tica, ovvero nell’attualità dell’intendere dei nostri giudici costituzionali, dotati di un habitus idoneo e peculiare, per poter svolgere un giudizio i cui effetti ricadono sull’ordinamento internazionali. Ed è proprio in un giudizio costituzionale come questo, che l’utilizzo dei principi e dei valori fondamentali della nostra Repubbli- ca garantiscono una prospettiva giuridica del giudizio in grado di oltrepassare il limite spazio-temporale del singolo ordinamento normativo, spiegando, fino in fondo, il perché la questione dei giudizi costituzionali non si pone mai, dal punto di vista politico-giuridico, soltanto come riguardante la politica interna dei singoli stati, ma piuttosto come situazione geogiuridica complessiva della collettività umana. E, pertanto, questi valori fondamentali-universali evidenziano il nesso sussistente, dal punto di vista giuridico-politico, e non da quello politico- giuridico, tra le Corti di giustizia internazionali e le Corti costituzionali dei singoli stati.”254

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2. La tradizione giuridica Svedese: un’ antica costituzione e una lunga va-

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