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I parametri “interposti” provenienti dai vincoli internazionali diversi dalla Convenzione europea: le questioni irrisolte.

nitense e canadese

1. L’estensione della legalità costituzionale: cenni introduttivi.

1.3. I parametri “interposti” provenienti dai vincoli internazionali diversi dalla Convenzione europea: le questioni irrisolte.

Per quanto riguarda i nuovi “parametri interposti” provenienti dagli “obblighi in- ternazionali”, si può constatare che la maggior parte delle decisioni costituzionali in materia di vincolo derivante dal diritto internazionale pattizio, hanno visto qua- si sempre coinvolta la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e non gli altri impegni assunti dall’Italia. Anche nelle affermazioni più incise della giurisprudenza costituzionale sui vincoli internazionali pattizi, veniva in rilievo spesso la suddetta Convenzione europea,

228 Si veda il punto 2 del considerato in diritto della sentenza n. 80 del 2011. 229 E. Lamarque, Gli effetti delle sentenze, cit., p. 961.

230 Cfr. M. Cartavia, L’ora dei diritti fondamentali nell’Unione europea, in I diritti in azione,

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in relazione a questioni di legittimità costituzionale, in cui era presente un orien- tamento sfavorevole da parte della Corte di Strasburgo per le pregresse condanne dell’Italia.

Una delle questioni più interessanti riguarda, quindi, proprio il vincolo alle leggi statali e regionali derivante dagli “obblighi internazionali” diversi dalla Conven- zione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo231. Secondo la giurispru- denza della Corte Costituzionale, questo trattamento differenziato riservato alla C.E.D.U trova giustificazione in una precisa peculiarità e caratteristica della Convezione europea: la presenza di un giudice appositamente istituito per vigilare sul rispetto di tale convenzione da parte degli stati membri, la cui giurisprudenza diventa un vincolo interpretativo per la stessa Corte Costituzionale nell’interpretazione della Convezione232. C’è anche chi ha osservato che l’interpretazione della Consulta sull’articolo 117, primo comma, della costituzione si possa, pertanto, estendere, in via analogica, ai soli trattati internazionali, che analogamente alla C.E.D.U, introducono un sistema di tutela uniforme dei diritti fondamentali233. In ogni modo rimane evidente che la scelta precisa della Corte costituzionale sia stata quella di trattare la convenzione europea alla stregua di qualsiasi altro trattato internazionale dal punto di vista delle fonti, mentre, guar- dando alla Convenzione europea, dalla diversa prospettiva dei rapporti tra i giudi- ci, la Consulta l’ha voluta differenziare nettamente dagli altri impegni internazio- nali assunti dal nostro paese.234

Solo con riguardo alla Convenzione europea, e non di certo agli altri trattati inter- nazionali, negli anni precedenti la novella del titolo V della Costituzione, la giuri- sprudenza della Corte costituzionale aveva, in ordine sparso, prima negato ma poi riconosciuto alle norme della C.E.D.U la capacità, nonostante il divieto di “disap-

231 Cfr. E. Lamarque, Il vincolo delle leggi statali e regionali derivante dagli obblighi

internazionali nella giurisprudenza comune, in Corte costituzionale, giudici comuni e interpretazioni adeguatrici, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pp. 97 e ss.

232 Cfr. S. Cassese, I tribunali di Babele, Roma, 2009, p.69 e ss.

233 Cfr. S. Penasa, Tanto rumore per nulla o meglio tardi che mai? Ancora sulla sentenze 348 e 349

della Corte costituzionale, tra dubbi ermeneutici e possibili applicazioni future, in www.forumcostituzionale.it

234 Cfr. L. Montanari, Il sistema delle fonti: analisi e prospettive in relazione all’ordinamento

italiano dopo l’intervento della Corte costituzionale con le sentenze 348 e 349 del 2007, relazione all’incontro di studi sul tema “Il sistema integrato delle fonti e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”, Roma, 23-25 Settembre 2009, testo fornito dall’autrice.

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plicazione delle norme interne contrastanti con le norme pattizie”, di essere appli- cate nei casi concreti a discapito di qualunque altra norma nazionale anche poste- riore alla date del recepimento della Convenzione europea nell’ordinamento ita- liano, con la conseguenza che non era più procrastinabile un intervento chiarifica- tore della Corte costituzionale su questo punto.

Ci sono due precise domande, che inizialmente erano state al centro delle prime riflessioni della dottrina, concernenti all’ermeneutica e alla portata dell’art. 117, primo comma della costituzione: 1) se gli obblighi internazionali capaci di vinco- lare il legislatore nazionale siano soltanto quelli recepiti con apposito atto di adat- tamento, oppure se debba prestarsi fede alla lettera dell’art.117, primo comma, della Costituzione, che pare riferirsi a ogni impegno assunto dall’Italia perfezio- nato sul piano internazionale, anche se non recepito, o non ancora recepito, nell’ordinamento interno; 2) quali concretamente siano questi “obblighi interna- zionali”. Solo i trattati, come aveva affermato in precedenza la legge La Loggia, e non altri tipi di accordi? Solo i trattati internazionali eseguiti a seguito di legge di autorizzazione oppure anche gli accordi semplificati conclusi dal governo senza alcuna autorizzazione parlamentare? E, infine solo gli obblighi internazionali a cui si è data attuazione nell’ordinamento interno con atto di rango legislativo, oppure anche quelli eseguiti con atto normativo subordinato al di là legge o in via ammi- nistrativa?235

Su questi quesiti le opinioni degli studioso sono molteplici e neanche il legislatore ordinario, nella legge di attuazione della riforma costituzionale, ha assunto una posizione netta, che avrebbe potuto chiarire almeno qualcuno dei dubbi dottrinari riguardo all’interpretazione dell’articolo 117, primo comma, Cost.236

.

Per quanto riguarda 237la giurisprudenza comune, a causa della scarsità dei dati a disposizione, ritiene costituzionalmente ammissibili gli accordi in forma semplifi- cata purché non insistano negli ambiti previsti dall’articolo 80 della Costituzione e, in particolare, non siano volti alla modifica di preesistenti norme legislative.

235 Cfr. E. Lamarque, Il vincolo delle leggi statali e regionali derivante dagli obblighi

internazionali nella giurisprudenza comune, in Corte costituzionale, giudici comuni e interpretazioni adeguatrici, Id., cit., p.135.

236 L’art. 117, comma 1, della legge 5 Giugno 2003, n.131, c.d Legge La Loggia, così dispone: “ v.

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Inoltre, forse nell’unica pronuncia posteriore alla riforma costituzionale, ma ante- riore alle sentenze n. 348 e n.349/2007, si stabilisce che il vincolo della potestà legislativa e amministrative previsto dall’art. 117, primo comma, Cost. “ potrebbe sorgere solamente rispetto ai trattati che hanno avuto ingresso nell’ordinamento giuridico secondo i non modificati artt. 80 e 87 della Costituzione, giammai inve- ce rispetto ai trattati stipulati in forma semplificata, la cui forza normativa do- vrebbe essere quella pur sempre amministrativa che è propria dell’atto con cui il trattato viene recepito (la sottoscrizione del trattato dall’autorità amministrati- va)”238. In terzo luogo, in un’importantissima e controversa pronuncia, anch’essa di poco anteriore alle due sentenze costituzionali, la Cassazione, occupandosi di un trattato per cui era intervenuta la legge di autorizzazione alla ratifica stessa, gli ha attribuito una “funzione ausiliaria sul piano interpretativo” , affermando che “può e deve essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al fine dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme”. Contemporaneamente ha an- che chiarito che un tale trattato deve “cedere di fronte a norme interne contrarie”, e quindi, è lecito concludere, non è in grado di condizionare la legittimità costitu- zionale della norma interna, ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost.

Si può constatare che l’orientamento prevalente della giurisprudenza comune è tendenzialmente conservatore in relazione agli obblighi internazionali diversi dal- la Convenzione. Ovvero i giudici sono restii ad abbandonare quei canoni interpre- tativi consolidati e accetterebbero di modificarli solamente se si dovessero allinea- re con un nuovo chiaro orientamento della Corte Costituzionale riguardo al vin- colo degli obblighi internazionali non “canonicamente” recepiti con apposito atto di adattamento.

E’ ancora difficile immaginare che i giudici comuni, ai quali è affidato il delicato compito di sollevare la questione di legittimità costituzionale, ritengano che un obbligo internazionale non recepito con legge, e quindi privo della forza di modi- ficare la legislazione precedente239, possa vincolare l’attività del futuro legislatore,

238 Trib. Roma, sez. II civ., ord. 13 Maggio 2006.

239 L’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato ritiene che possono produrre effetti

abrogativi nel nostro ordinamento solamente i trattati recepiti a seguito di un provvedimento di adattamento. Lo ricorda, fra gli altri, M.L Padelletti, l’esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei diritti umani tra obblighi internazionali e rispetto delle norme costituzionali, in Diritti umani e diritto internazionale, 2008, n.2, cit., p.353.

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o addirittura condizionare la legittimità costituzionale delle leggi a esso anteriori, comportando il conseguente obbligo del giudice comune di investire la Corte co- stituzionale delle relative questioni di costituzionalità.

L’interpretazione, più accolta dalla dottrina, dell’art.117, primo comma, della Co- stituzione sembra essere quella restrittiva e sistematica. Secondo questa interpre- tazione bisogna leggere la nuova norma costituzionale in combinato disposto con l’art.80 della Costituzione, concludendo che gli obblighi internazionali capaci di dare vita alle conseguenze giuridiche, asserite dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, sarebbero solamente quelli recepiti nell’ordinamento interno con legge ordinaria. Se infatti il passaggio parlamentare è previsto come necessario dalla Costituzione per tutti i trattati il cui adattamento nell’ordinamento interno comporta la modifica di atti legislativi preesistenti, a maggior ragione deve essere ritenuto indispensabile qualora dall’obbligo internazionale si vogliano trarre le ben più impegnative conseguenze che la Corte Costituzionale ha dedotto dall’art.117, primo comma, Cost., prima fra tutte l’illegittimità costituzionale di ogni norma interna con esso confliggente.

Tuttavia, una parte minoritaria della dottrina più estremista ritiene che la riforma dell’art. 117, primo comma, Cost., introducendo un approccio tra ordinamento in- terno e ordinamento internazionale di tipo monista, sarebbero incostituzionali an- che le norme nazionali che violino gli obblighi internazionali pattizi non ancora ratificati dallo Stato italiano.240

1.4. L’estensione della legalità costituzionale “alla rovescia” e la vastissima

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