• Non ci sono risultati.

Ester Lombardo in dialogo con un genere letterario

2. Ester Lombardo scrittrice. Viaggi, reportage, libri

2.1 Ester Lombardo in dialogo con un genere letterario

«Nel bene e nel male, i viaggi sono sempre stati i vettori della civiltà e hanno reso percepibile ai sensi la varietà e la sconfinata ricchezza dell'universo. Loro tramite gli uomini si sono reciprocamente scambiati idee e opinioni, prodotti e merci, malattie e cure, vizi e virtù; ma si sono anche ferocemente combattuti, torturati e annientati. In questo senso, i viaggi rappresentano al meglio le contraddizioni di quella eredità in divenire che chiamiamo civiltà, ne costituiscono il volto eternamente mutevole e contraddittorio, l'irresolubile enigma»267. In questo passo, Attilio Brilli – uno dei maggiori storici della letteratura di viaggio – svolge un'analisi dei viaggi compiuti fra il tredicesimo e il diciannovesimo secolo in un quadro generale e ne sottolinea gli aspetti positivi e negativi, che inevitabilmente si riflettono anche nei racconti che da essi scaturiscono. Alla luce dello studio delle scritture di viaggio di Ester Lombardo268 si può ritenere valida questa analisi anche per quanto riguarda prima l'esperienza e poi la produzione letteraria della giornalista, sebbene si tratti di opere con intenti propagandistici o ancor di più per questa ragione. Seppure successivi e lontani da molte delle dinamiche descritte da Brilli, anche i racconti della giornalista lasciano emergere l'"l'irresolubile enigma" del viaggio, quello di un cammino tra civiltà e regresso: la tensione tra questi due poli si manifesta contemporaneamente sia nei nuovi mondi incontrati, sia nel milieu culturale dell'"inviata" che li descrive.

Fin dagli inizi, ma con più incisività dalla fine degli anni '20 ai primi anni '30, «Vita femminile»

dedicò alcune pagine alle diverse realtà nazionali e alla descrizione di terre più o meno lontane;

soddisfaceva in tal modo il bisogno di molte lettrici borghesi che da una parte volevano rimanere aggiornate sui più importanti avvenimenti della cronaca internazionale, dall'altra desideravano conoscere nuove civiltà, magari del lontano Oriente o dell'Africa, che potevano restituire il gusto dell'esotico e permettevano di «far camminare sia la curiosità che la fantasia di chi resta a casa»269. Venivano incontro, in sintesi, al desiderio di mobilità interdetto o comunque considerato sconveniente per le donne. Nella rivista si distinguono, quindi, due diversi filoni: quello dei così detti "corrieri" e quello dei reportage. Non era raro trovare pagine dedicate al Corriere di Parigi, Corriere di Londra, Corriere di Berlino, Corriere d'America, Corriere viennese, una tradizione presente in molti altri periodici femminili dell'epoca e persino in molti quotidiani nazionali. In

267 A. Brilli, Il grande racconto dei viaggi d'esplorazione, di conquista e d'avventura, Il Mulino, Bologna, 2015, p. 11.

268 Si fa riferimento ai reportage e ai libri Luci del Nord, Bemporad, Firenze, 1928 e L'Ellade nella Grecia moderna, Cosmopoli, Roma, 1931.

269 N. Bottiglieri, L'esperienza del viaggio nell'epoca della sua riproducibilità narrativa, in N. Bottiglieri (a cura di), Camminare scrivendo. Il reportage narrativo e dintorni, Atti del Convegno di Cassino 9-10 dicembre 1999, Edizione dell'Università degli Studi di Cassino, Cassino, 2001, pp. 7-47, la citazione è a p. 17.

queste brevi rubriche «Vita femminile» affrontava temi prevalentemente di natura sociale, ma anche politica: gli argomenti potevano spaziare dalla descrizione dell'ordine e dell'igiene a New York, all'abbigliamento delle donne tedesche nel Reichstag, ai resoconti di congressi internazionali femminili, alle organizzazioni femministe inglesi270. L'altro filone, che verrà in parte approfondito in questa sede, era quello dei reportage di viaggio che, invece – ricchi di descrizioni etnografiche, del paesaggio, degli usi, costumi e tradizioni di popoli e nazioni diversi fra loro – erano in parte permeati dall'ideologia fascista, diventando anche un mezzo di propaganda: i reportage su Florida e Miami, Giappone e Ceylon, l'"America dei pellerossa" e il "Brasile degli indii", le moschee marocchine e le donne eritree, Belgio e Olanda sono alcuni esempi271. Diversi furono i corrispondenti, ma un ruolo preminente lo ebbe la direttrice Ester Lombardo con i suoi racconti dei viaggi in Tunisia, verso il Polo Nord e poi a Barcellona per l'Esposizione Internazionale, compiuti tutti sul finire degli anni '20. Mentre per quanto riguarda i "corrieri", «Vita femminile» si inseriva in un genere già consolidato e ricorrente, era nei reportage che si rivelava, al contrario, il carattere peculiare del periodico e la personalità di Ester Lombardo, una donna che viaggiava, rompendo – come si metterà in luce più avanti – molti degli stereotipi costruiti intorno al binomio donne-viaggio.

270 Si vedano ad esempio N. Pascazio, Corriere di Parigi. Femminismo, antifemminismo e amore, in «Vita femminile», 15 giugno-15 luglio 1924, pp.12-13; L. Morandi, Corriere di Berlino. Le battagliere donne del Reichstag, in «Vita femminile», 15 gennaio-15 febbraio 1925, pp. 8-9; E. Danesi Traversari, I Women's City Club di New-York. La preparazione politica delle donne americane, in «Vita femminile», 15 aprile 1925, pp. 17-18; N. Danesi, Corriere d'America. ordine e igiene perfetti a New-York, in «Vita femminile», 15 settembre 1925, pp. 14-15; L. Fiumi, In attesa del Congresso femminile internazionale di Parigi, in «Vita femminile», 1 maggio 1926, pp. 12-13; G. Puccio, La donna inglese durante il grande conflitto tra Trade Unions e governo, in «Vita femminile», 1 giugno 1926, pp. 8-9; A. Cocchi, Corriere londinese. Le pellegrine della pace. La stagione sul Tamigi, in «Vita femminile», 1 settembre 1926, pp. 27-29;

Donna Clara, L'ottavo Congresso internazionale femminile a Vienna, in «Vita femminile», 1 luglio 1930, pp. 16-17.

271 Si vedano ad esempio G. Puccio, Guerra e pace nell'anima delle donne bulgare, in «Vita femminile»,15 giugno 1925, pp. 20-22; N. Orano, Dal taccuino di una viandante. Le tre melarance, in «Vita femminile», 1 febbraio-1 marzo 1928, pp. 20-22;V. Della Virgiliana, Visioni del Belgio. Elegia sulle città della malinconia, in «Vita femminile», 1 maggio 1928, pp. 20-21; A. Pascazio, Battesimo tropicale, in «Vita femminile», 1 maggio 1928, pp. 38-39; A. Pascazio, Sorprese delle Grandi Antille: nelle vie avanesi, in «Vita femminile», 1 giugno 1928, pp. 8-9; A. Pascazio, Sorprese dalle Grandi Antille: ultimo sguardo su Cuba, in «Vita femminile», 1 luglio 1928, pp. 19-20; V. Della Virgiliana, Poesia dell'Olanda, addio!..., in «Vita femminile», 1 agosto 1928, pp. 20-21; N. Pascazio, Dai Fastigi delle Grandi Antille al leggendario paese degli indii. In rotta verso "la città dei corvi", in «Vita femminile», 1 agosto 1928, pp. 26-28; N. Pascazio, Visioni del Messico torbido, in «Vita femminile», 1 settembre 1928, pp. 17-19; G. Martucci, La Florida e Miami, in «Vita femminile», 1 novembre 1928, pp. 9-11; G.L. Cerchiari, Donne turche di ieri e di oggi, in

«Vita femminile», 1 febbraio 1929, pp. 8-10; N. Orano, Nei silenzi africani. L'incantesimo di una voce, in «Vita femminile», 1 aprile 1929, pp. 14-15; P. Gasbarri, Curiosità femminili di un mondo poco noto. La donna in Eritrea, in

«Vita femminile», 1 giugno 1929, pp. 14-15; M.A. Loschi, Tra le pellirosse. Impressioni d'altri tempi, in «Vita femminile», 1 maggio 1929, pp. 29-30; M.A. Loschi, Tra le pellirosse, in «Vita femminile», 1 giugno 1929, pp. 22-23;

M.A. Loschi, Lettere dal Giappone. Civetterie nipponiche, in «Vita femminile», 1 agosto 1929, pp. 12-14; M.A. Loschi, Ceylon. "Goccia perlacea sulla fronte dell'India", in «Vita femminile», 1 febbraio 1930, pp. 14-15; M.A. Loschi, Kandy.Cercansi scimmie!, in «Vita femminile», 1 marzo 1930, pp. 39-40; M.A. Loschi, Ars nipponica, in «Vita femminile», 1 aprile 1930, pp. 34-35; Donna Clara, La festosa allegria di Budapest, in «Vita femminile», 1 giugno 1931, pp. 15-16; M.A. Loschi, Con l'esploratore Rondon tra gli indii del Brasile, in «Vita femminile», 1 luglio 1932, pp. 24-26. Per un profilo biografico di M.A. Loschi si faccia riferimento a D. Rossini, Donne e propaganda internazionale: percorsi femminili tra Italia e Stati Uniti nell'età della Grande guerra, Franco Angeli, Milano, 2015.

Come hanno messo in luce alcuni studiosi, anche a livello internazionale, il reportage è un genere antico e allo stesso tempo nuovo. È antico se si considera una pura tecnica di scrittura, un modo di raccontare; in questo caso le origini si possono ritrovare fin negli scritti di storici come Tucitide con La peste ad Atene, del 430 a.C. È molto più recente, invece, se si considera questo genere in tutta la sua complessità, come frutto di un modo di indagare un contesto, un ambiente e una realtà culturale, oltre che una tecnica di scrittura. In questo caso le origini si possono individuare nella seconda metà dell'Ottocento, quando iniziò a svilupparsi una relazione triangolare fra il turismo – che andava superando il genere del Grand Tour –, l'esperienza di viaggio e il suo racconto narrativo272. Il succedersi degli eventi vissuti, che fino ad allora erano stati trasmessi prevalentemente attraverso diari e romanzi, ora prendevano parola concretizzandosi nei reportage, ma anche in guide turistiche, giornali e riviste di viaggio273. Un movimento a cui in Italia, dal finire del secolo, non fu estraneo il Touring Club Italiano (1894) che, fin dalle sue origini, con l'edizione di guide, opuscoli e riviste si dedicò ad un'opera di pedagogia geografica che traduce il territorio in forme che ne permettono la conoscenza e la fruizione da parte della società274. Un movimento che era già iniziato in Inghilterra con l'agenzia turistica di Thomas Cook275. Attraverso i diversi modi di descrivere i territori e le civiltà si evocavano molteplici sensazioni e affioravano innumerevoli paesaggi, seppure – mette in guardia il geografo Guglielmo Scaramellini – si può essere di fronte ad un «territorio immaginario, del tutto soggettivo, ricostruito su un insieme di simboli, di percezioni,

272 Si faccia riferimento agli studi di J. Carey (a cura di), The faber Book of Reportage, Faber, London-Boston, 1996; I.

Jack, The book of reportage, Allen&Unwin, London 1998. Per l'Italia si faccia riferimento principalmente a N.

Bottiglieri (a cura di), Camminare scrivendo. Il reportage narrativo e dintorni, Atti del Convegno di cassino 9-10 dicembre 1999, Edizione dell'Università degli Studi di Cassino, Cassino, 2001 e a V. Matera, Raccontare gli Altri. Lo sguardo e la scrittura nei libri di viaggio e nella letteratura etnografica, Argo, Lecce, 1996. Quest'ultimo studio, di tipo prevalentemente etnografico ed antropologico, approfondisce importanti aspetti della scrittura di viaggio.

273 Per un quadro generale sulla letteratura di viaggio si vedano E. Bianchi, Geografie private. I resoconti di viaggio come letteratura del territorio, Unicopli, Milano, 1985; L. Borghi, N. Livi Bacci, U. Treder (a cura di), Viaggio e scrittura: le straniere nell'Italia dell'Ottocento, Libreria delle donne, Firenze, 1988; A. Brilli, Il grande racconto dei viaggi d'esplorazione, di conquista e d'avventura, cit.; M.E. D'Agostini (a cura di), La letteratura di viaggio. Storia e prospettive di un genere, Guerini & Associati, Milano, 1987; L. Di Mauro, L'Italia e le guide turistiche dall'Unità ad oggi, in Storia d'Italia, Annali, V, Il paesaggio, Einaudi, Torino, 1982, pp. 369-428.

274 Per una storia del Touring Club Italiano si vedano D. Bardelli, L'Italia viaggia. Il Touring Club, la nazione e la modernità (1894-1927), Bulzoni Editore, Roma, 2004; S. Pivato, Il Touring club italiano, Il Mulino, Bologna, 2006; S.

Raccagni, Il Touring Club e il governo del tempo libero, in M. Malatesta (a cura di), Sociabilità nobiliare, sociabilità borghese, in «Cheiron», n. 9-10, 1988, pp. 233 256; L. Serianni (a cura di), La lingua nella storia d'Italia, Società Dante Alighieri e Libri Scheiwiller, Roma-Milano, 2001, pp. 313-319; G. Vota (a cura di), I sessant'anni del Touring Club Italiano. 1894-1954, Touring Club Italiano, Milano, 1954.

G. Vota (a cura di), I sessant'anni del Touring Club Italiano. 1894-1954, Touring Club Italiano, Milano, 1954.

275 Su questa esperienza si rimanda a B. Cormack, A history of holidays: 1812-1990, Routledge/Thoemmes press, London, 1998; P. Smith, The history of tourism: Thomas Cook and the origins of leisure travel, Routledge/Thoemmes Press, London, 1998.

di ricordi: attraverso, cioè, una serie di filtri culturali che poco hanno a che fare, fino a prova contraria, con la realtà geografica osservabile»276.

Nicola Bottiglieri, studioso che si è occupato a lungo di viaggi nel Nuovo Mondo, ha definito efficacemente il reportage come «il risultato di tre azioni: andare, vedere, raccontare»277 e Alberto Pupazzi, giornalista, ha approfondito sottolineando che quel «vedere» deve avere in sé la capacità di

«scrivere con lo sguardo» e di «procedere per dilatazione»278. Tenendo presenti tali linee guida generali, si può partire da una considerazione di Eric J. Leed per mettere a fuoco, invece, alcuni aspetti fondamentali dei reportage di Ester Lombardo. Leed scrive: «Il viaggio, nelle situazioni moderne, è considerato importante [...] perché fornisce un accesso diretto a un mondo materiale e oggettivo di cose diverse, che il viaggiatore coglie acquisendo una nuova coscienza della propria identità»279. La giornalista, infatti, viaggiando, entrava in contatto, conosceva e descriveva mondi diversi, e, in questo primo passaggio, sembrava confermare la tesi dello storico. La sua esperienza si allontanava invece dalla seconda affermazione di Leed: non sempre ella acquisiva una nuova coscienza della propria identità. Ester Lombardo perlopiù definiva l'altro da sé ed, entrando in quella che più in alto da Brilli è stata definita la tensione tra civiltà e regresso, lo giudicava più o meno accettabile e lo valutava più o meno negativamente. Esemplari a proposito sono alcune considerazioni che affioravano dai suoi viaggi nei paesi nordici e in Africa: mentre descriveva l'islandese come colui che «ha desiderio di comunicare col Continente Europeo, ed ha desiderio di mostrare ai suoi simili come si può essere civili anche verso l'estremo limite di un emisfero terrestre»280, gli arabi, seppure geograficamente più vicini, erano rappresentati come persone dai

«volti muti» e dagli «occhi languidi, ove a volte passa un bagliore selvaggio» ai quali, diceva la giornalista, «io non affiderei nulla che mi stesse a cuore. [...] E poi, per quanto a contatto con gli europei [...] con questa razza enigmatica è meglio prendere le debite precauzioni»281. Tante le tematiche presenti in queste due taglienti affermazioni, ma ci si ritornerà più avanti. Chiaro è che Ester Lombardo, come molti viaggiatori delle epoche precedenti, assimilava più facilmente ciò che sapeva ricondurre alla civiltà europea, meno ciò che non vi si poteva ricondurre: non risultava

276 G. Scaramellini, Raffigurazione dello spazio e conoscenza geografica: i resoconti di viaggio, in E. Bianchi (a cura di), Geografie private. I resoconti di viaggio come lettura del territorio, Unicopli, Milano, 1985, pp. 27-123, la citazione è a p. 29.

277 N. Bottiglieri, L'esperienza del viaggio nell'epoca della sua riproducibilità narrativa, cit., p. 11.

278 A. Pupazzi, Professione giornalista, Donzelli, Roma, 1998.

279 E.J. Leed, Per mare e per terra. Viaggi, missioni, spedizioni alla scoperta del mondo, Il Mulino, Bologna, 1996, p.

25.

280 E. Lombardo, Verso il sole che non tramonta. Il fascino del nord, in «Vita femminile», 1 ottobre 1926, pp. 12-16.

281 E. Lombardo, Lettere dalla Tunisia.Tra la propaganda della "Dante Alighieri" e i suk di Medina, in «Vita femminile», 1 agosto 1928, pp. 8-10.

aperta, se non per lenti passaggi, ad un cambiamento di sé, ad un'intersezione di identità282. I suoi reportage, seppur rimanendo a tutti gli effetti luogo di riflessione, oltre che restituzione di mondi e culture, appaiono limitati in quel «procedere per dilatazione» di cui si diceva all'inizio. La forma della scrittura, che nel reportage diventa la trasformazione dell'Altro in parola, ne risente. Lo stile della giornalista si avvicinava molto più ai racconti di viaggio di Marco Polo o appartenenti ai secoli di poco successivi, che usano l'accumulo di immagini come espediente retorico ricorrente per descrivere paesaggi, ambienti e gusti283, piuttosto che allo stile del reportage novecentesco che, sviluppandosi all'interno del giornalismo, è generalmente rapido, dai periodi agili e caratterizzato da un'economia nelle espressioni. Sono tuttavia presenti, in diversa misura, entrambi gli stili, ne deriva una scrittura disomogenea: a tratti la scrittura di Ester Lombardo è pacata e quasi pittoresca; a tratti è tagliente, critica, quasi accusatoria. I periodi si estendono in lunghe descrizioni, in un susseguirsi di immagini lì dove i paesaggi e le atmosfere richiamano qualcosa che è riconducibile alla propria civiltà o esperienza, e quindi più assimilabile, sono brevi dove, invece, si vuole marcare una differenza, un salto culturale. Bene si vede nel caso del reportage di Ester Lombardo sulla Tunisia:

Di quell'Africa del Nord costituita da un blocco territoriale compatto, anche se compreso in diverse denominazioni, protettorati od annessioni, la Tunisia è la terra a noi più vicina, non soltanto per posizione geografica, ma per paesaggio, per consuetudini, pel clima stesso e per le visibilissime tracce dei rapporti millenari che la vicina Sicilia ha sempre avuti con la vecchia terra dei Puni. [...] Se si pensa che vi sono stati perfino Bey siciliani si ha l'idea dell'affiatamento nella collaborazione arabo-sicula. Per chi, come me, conosce la Sicilia al di fuori del solito cliché da cartoline illustrate o da guide per tedeschi e americani, ne conosce cioè l'autentico spirito del popolo, le tendenze, le abitudini, i gusti e le predilezioni, la gelosia con cui circonda qualsiasi affetto o sentimento, la semplicità patriarcale che ne informa la vita, Tunisi appare un naturale proseguimento dell'isola del Sole – una notte di mare non costituisce distanza – ove, per quanto è stato possibile, le due razze hanno cercato di intendersi; comunque si sono scambiate molte cose. Chi più abbia dato o preso non saprei, certo che il paesaggio tunisino è paesaggio siciliano non soltanto perché esistono i quartieri della Piccola Sicilia o della Piccola Calabria, ma perché le case, le fattorie, le botteghe, l'abitudine del popolo di vivere per le strade, la foggia del vestire del contadino, anche arabo se ha lasciato il barracano, i carri, il bianco delle case, il blu e il verde delle porte e delle finestre, l'odore dei cibi e dei fior d'aranci, gli immensi giardini, le piante bionde di grano e d'orzo, il colore del cielo, e spesso, l'olivastro del viso e i grandi occhi languidi bui e voluttuosi, sono della Sicilia. [...] L'analogia fra le due terre salta agli occhi di chiunque. [...] La Sicilia ove si ritrova? Essa esiste dovunque, appena fuori dalle principali avenues alberate, ed esiste fuori città, per le strade in verità assai belle e piane, ove i campi coltivati appaiono larghe distese di verde e d'oro e le casette bianche son precedute da un quadrato candido di muro che al centro, con due rialzi caratteristici abbraccia un cancelletto verde in legno: esiste nei borghi costituiti da una lunga via fiancheggiata di case di uno o due piani, con balconi, senza alcuna simmetria edilizia284.

282 L'antropologo Vincenzo Matera mette in luce questo come uno dei caratteri comuni a molti racconti di viaggio dei secoli precedenti: «Una difficoltà che potrebbe apparire immediata è trovare le parole, appunto, adeguate per raccontare ciò che si è visto e per il quale, ovviamente, le parole mancano. Questa viene, nei racconti dei viaggiatori e dei missionari, risolta facilmente. Il processo più accessibile è quello dell'omologazione delle categorie: le cose nuove, animali, piante, e anche uomini e donne sono visti, come è naturale, attraverso il confronto (quello è come questo) con categorie usuali. [...] Un altro procedimento, speculare rispetto al primo, è quello della distinzione assoluta, per cui il nuovo è confinato in una sorta di non umanità, è visto come un mostro», V. Matera, Raccontare gli Altri, cit. 54-55. Sul racconto di sé attraverso il racconto dell'altro si faccia riferimento a D. Demetrio, Raccontarsi. L'autobiografia come cura del sé, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996 e dello stesso Pedagogia della memoria. Per se stessi con gli altri, Moltemi, Roma, 1998.

283 Sugli stili della scrittura nella letteratura di viaggio si veda V. Matera, Raccontare gli Altri, cit., p. 56.

284 E. Lombardo, Il volto della Tunisia, in «Vita femminile», 1 luglio 1928, pp. 9-11.

La descrizione della Tunisi "fuori" continua a lungo tra le pagine di «Vita Femminile», colma di paragoni addirittura con i paesaggi umbri. Non altrettanto lunga e pittoresca, invece, è la descrizione delle donne all'interno delle case arabe della stessa città:

Tutto il gruppo [delle donne] si fece intorno al signore della casa che solennemente presentò: mes femmes, ma fille, mes enfants. La famiglia era quasi al completo. mancava la prima moglie, la vecchia, che trovai nella sua camera al piano superiore, rotonda come una botte, sdraiata sul vasto letto a lamentarsi in arabo di non so che cosa, forse della mia presenza e del mio vestito europeo, ed a salutare con i reiterati salaams alzando il braccio destro. Le arabe in casa stanno quasi svestite: nude le braccia; nudo il seno sorretto da un corpetto che varia di eleganza e che in genere rassomiglia alle sottovite delle nostre mamme, un barracano stretto ai fianchi e legato sul ventre lascia vedere i lunghi pantaloni stretti alla caviglia, nudi i piedi negli zoccoli. Si capisce perché gli uomini non possono vederle. Siamo più vestite noi altre europee ai bagni; in ogni modo denudate certo con maggiore senso estetico e minore procacità285.

Già da queste descrizioni si può intuire che i reportage di Ester Lombardo ci conducono necessariamente ad una conoscenza che è relativa, mediata dalle esperienze spaziali preesistenti e da un modello valutativo che compara continuamente quello che vede a quanto già conosce procedendo nell'«arte dell'omologazione del diverso attraverso il domestico»286. Ciò non toglie però che essi risultino estremamente validi ed interessanti sotto vari punti di vista: l'analisi della scrittura

Già da queste descrizioni si può intuire che i reportage di Ester Lombardo ci conducono necessariamente ad una conoscenza che è relativa, mediata dalle esperienze spaziali preesistenti e da un modello valutativo che compara continuamente quello che vede a quanto già conosce procedendo nell'«arte dell'omologazione del diverso attraverso il domestico»286. Ciò non toglie però che essi risultino estremamente validi ed interessanti sotto vari punti di vista: l'analisi della scrittura