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Il sistema bancario americano: dalle origini alla Grande Depressione

2. L’euforia degli anni Venti e il Mac Fadden Act del

Dopo la breve contrazione degli anni 1920 e 1921251 gli Stati Uniti vissero un decennio di

251 Dopo la Prima Guerra Mondiale, si verificò una diminuzione della produzione che portò ad una breve contrazione del ciclo economico. Dal 1919 i prezzi ricominciarono a correre e la quantità di moneta ad aumentare soprattutto grazie ai tassi di risconto applicati dalla Federal Reserve che erano inferiori ai prezzi di mercato. Il livello dei tassi contribuì così all'espansione monetaria, all'aumento dell'inflazione e alla forte domanda di prestiti bancari all'interno di una diffusa tendenza speculativa. La rapida espansione e l'inflazione spinse diverse banche del sistema di riserva federale a chiedere un aumento dei tassi di sconto al Board. Il Tesoro era contrario però a una tale politica perché avrebbe provocato una contrazione nei prestiti e avrebbe pregiudicato il suo programma di finanziamento tramite effetti garantiti da obbligazioni del Tesoro. (Milton Friedman e Anna J. Schwarz, Il dollaro, Storia monetaria degli Stati Uniti, cit., p.146) Colui che si batté più insistentemente per l'aumento dei saggi di sconto fu Benjamin Strong il presidente della Federal Reserve Bank di New York, preoccupato per l'inflazione e per la situazione delle riserve del Federal Reserve System. Strong diede avvio ad uno scontro all'interno del Board e contro il Tesoro guidato da Carter Glass senza tuttavia avere la meglio. Glass infatti, pur riconoscendo l'eccessivo sviluppo del credito e dei prestiti speculativi, sosteneva che il System poteva riuscire a discriminare il credito “indesiderabile”, da quello invece utile per il finanziamento delle obbligazioni del Tesoro, senza dover necessariamente aumentare i tassi di sconto. (Milton Friedman e Anna J. Schwarz, Il dollaro, Storia monetaria degli Stati Uniti, cit., p.146) La valutazione di Glass e del Board era errata. Cosìcché, quando l'aumento dei tassi era ormai inevitabile, nel gennaio del 1920, fu effettuato fuori tempo massimo e in maniera drastica, provocando una grave contrazione con conseguente crollo dei prezzi agricoli e della produzione. Essendo infatti le banche associate fortemente indebitate, e vicino al minimo degli obblighi di riserva, il netto aumento del saggio di sconto diede un immediato e forte incentivo alle banche a contrarre i prestiti e gli investimenti. (Milton Friedman e Anna J. Schwarz, Il dollaro, Storia monetaria degli Stati Uniti, cit., p.153) Col successivo e ulteriore aumento del giugno 1920 la contrazione monetaria si acutizzò portando ad un netto aumento dei fallimenti bancari: da 63 nel 1919, a 155 nel 1920 fino a 506 nel 1921. Il brusco cambio di rotta da parte del Board sulla questione dei tassi era dovuto alla preoccupazione sulle riserve del System che si erano rapidamente deteriorate fino ad arrivare ad un minimo del 40,6% nel marzo del 1920 rispetto ai depositi e ai biglietti circolanti.

I primi anni del Federal Reserve System rivelarono dunque alcuni problemi sulla gestione monetaria che sarebbero poi stati corretti in futuro. Prima di tutto mancavano i poteri necessari a bilanciare gli afflussi di oro, e secondariamente mancavano l'esperienza e i precedenti storici su cui basare una politica monetaria o per comprendere gli effetti di un'azione e la durata dell'intervallo tra azione ed effetto. La tendenza fu quella dell'attesa, salvo poi intervenire troppo tardi e in maniera troppo drastica (Milton Friedman e Anna J. Schwarz, Il dollaro, Storia monetaria degli Stati Uniti, cit., p.160).

Gli Stati Uniti uscirono dalla guerra dimostrando di essere ormai la maggiore potenza industriale e finanziaria mondiale. All'interno del paese la Prima Guerra Mondiale produsse una tregua e una maggiore distensione nei rapporti tra le banche, le grandi imprese e il governo americano. Le banche d'investimento ebbero un ruolo di primo piano nell'aiutare prima gli Alleati a raccogliere fondi e ad acquistare negli Stati Uniti, e in seguito nel collaborare col governo statunitense per raccogliere i finanziamenti per lo sforzo bellico (Miguel Cantillo Simon, The Rise and Fall of Bank Control in the United States: 1890-1939, The American Economic Review, Vol. 88, No. 5 , Dec. 1998, cit., pp.1090-1091). Il ruolo delle banche durante la guerra migliorò nettamente l'immagine di queste ultime nell'opinione pubblica (John Moody, The masters of capital: A chronicle of Wall Street. Yale, University Press, 1919, cit., pp.176-179). Lo stesso popolo americano, che prima vedeva Wall Street come un “mostro” avido e come un luogo lontano e accessibile dai soli potentissimi

veemente sviluppo economico. La rapida ascesa del loro ruolo internazionale (ormai erano il paese leader nelle esportazioni di capitali, il centro finanziario mondiale e un paese creditore netto), la crescita impressionante dell'economia e il graduale rilassamento della regolazione governativa diedero slancio a un diffuso ottimismo tra gli operatori economici e tra gli stessi cittadini americani. Gli sviluppi del sistema industriale e di quello finanziario modificarono il ruolo fino a quel momento svolto dalle banche commerciali. In aggiunta all'attività di raccolta dei depositi ed erogazione di prestiti e d’investimenti, esse assunsero nuove funzioni come impegni fiduciari, distribuzione e sottoscrizione di titoli azionari, che le avvicinarono al modello della banca universale252.

Questi cambiamenti determinarono anche una sostanziale modifica nella struttura del sistema bancario americano. Nel decennio infatti si avviò un processo di concentrazione bancaria che determinò una forte diminuzione del numero di banche a fronte di una crescita delle risorse e degli assets detenuti da queste ultime. Ciò fu determinato dai fallimenti di numerose piccole banche rurali, dalle fusioni tra istituti all'interno delle città più grosse e dalla diffusione del branch banking253.

Nonostante fossero nate 6.000 nuove banche nel decennio, nel 1930 erano operative 6.600 istituti in meno rispetto al 1920254. I fallimenti riguardarono oltre 5.400 banche, con un tasso

di mortalità medio dell'1,97% annuo, e con depositi aggregati di 1,5 miliardi di dollari, una somma di gran lunga maggiore del totale dei depositi delle banche fallite durante i cinquantasei anni precedenti255. Per quanto riguarda le acquisizioni si passò da una media di

180 acquisizioni all'anno dal 1919 al 1920, a una di 330 negli anni 1921-1925, fino a una media di 530 fusioni annue nel periodo 1926-1930.256 Nel maggio del 1930, a titolo di esempio, la

fusione di due trust companies di New York diede vita alla Chase National Bank, la più

“robber barons”, si ritrovò a partecipare attivamente a quel mondo. A fine guerra la diffusione anche tra la popolazione della massa di titoli finanziari (come i bonds del governo) apriva anche ai “man in the street” americani, la visione delle nuove possibilità che questi strumenti promettevano di offrire. Le aspettative illusorie e la scarsa conoscenza e dimestichezza con questi strumenti crearono quel clima speculativo diffuso che avrebbe portato, dieci anni dopo, a gravi conseguenze sul sistema bancario americano e sull'economia reale del paese. “The war fervor..placed governement bonds in the hands of millions of people who never before had possessed such instruments of credits.. They were not educate in the use of credit; they simply received a new vision of its possibilities. The basis was thus laid for the vast and credulous post-war market for credit which culminated in the portentous speculation of 1928 and 1929” (Edwin F. Gay, The Great Depression, Foreign Affairs, X, Council on Foreign Relations, July 1932, cit., pp. 533-534).

252 Milton Friedman e Anna J. Schwarz, Il dollaro, Storia monetaria degli Stati Uniti, cit., p. 161 253 Vincent P. Carosso, Investment banking in America, a history, cit., p. 242

254 Il numero di banche nel 1920 era di 30.909 nel 1930 scende a 24.273. United States Summary, All-Banks Statistics 1896-1955.

255 Benjamin Klebaner, Commercial Banking in the United States: A History, cit., p. 129 256 Ibidem

grande banca del mondo di allora.257

Il branch banking, ossia l'apertura di sedi distaccate, fino agli anni '20 era un fenomeno minoritario nella struttura bancaria americana. Dal 1920 al 1930 gli uffici distaccati crebbero dal 4% al 13% del totale degli uffici delle banche commerciali.258

Le filiali intra-cittadine triplicarono tra il 1920 e il 1930 e i 2/3 di queste erano concentrate nelle città di New York, Los Angeles, Detroit, Philadelphia e in Ohio. Le sedi extra-cittadine, invece, crebbero più rapidamente solo dopo il 1925259. Nel 1927 intervenne il Mc Fadden Act a

regolare in maniera più chiara la materia controversa del branch banking.

In realtà l'intento primario del Mc Fadden Act260 era “to put new life into the national banking

system”261, visto che le state banks superavano ormai in assets le national banks. Nonostante il

fatto che i vantaggi competitivi delle banche statali fossero stati ridotti con l'introduzione del Federal Reserve Act, infatti, gli assets delle national banks caddero per la prima volta dal 1865 sotto il 50% del totale degli assets bancari, e arrivarono al 44,4% nel 1926262.

Il Mc Fadden Act, era diviso in tre parti; la prima conteneva emendamenti al National Bank Act del 1864 che attribuivano alle national banks la possibilità di operare in maniera più libera nei campi degli investimenti, delle sottoscrizioni e delle vendite di azioni, e in quello dei prestiti immobiliari. La seconda riguardava il tema del branch banking. La terza riguardava il rinnovo delle licenze delle banche di riserva federale, che in precedenza avevano durata ventennale, portate poi a una scadenza indefinita. Fu però la controversia sulla seconda parte che scatenò un acceso dibattito e fece ritardare a lungo la messa in atto della legge263.

Il testo stabiliva per le national banks che tutte le filiali già aperte e legalmente in attività

257 Ivi, p. 125 258 Ivi, p. 126 259 Ibidem

260 Per un approfondimento vedi anche Blinder, Alan. After the Music Stopped: The Financial Crisis, the Response, and the Work Ahead. New York: Penguin Press, 2013; Carlson, Mark, and Kris James Mitchener "Branch Banking as a Device for Discipline: Competition and Bank Survivorship during the Great

Depression." Journal of Political Economy 117, no. 2 (April 2009): 165-210; Federal Reserve Bank of St. Louis. “Dual Banking System in the United States.” 1932, https://fraser.stlouisfed.org/title/?id=808; Federal Reserve Bank of St. Louis. “Federal Reserve Bulletin.” March 1927,

https://fraser.stlouisfed.org/scribd/?item_id=20663&filepath=/docs/publications/FRB/1920s/frb_031927.pdf. Kroszner, Randall S. “The Effect of Removing Geographic Restrictions on Banking in the United States: Lessons for Europe.” Speech at the Conference on the Future of Financial Regulation, London School of Economics, London, April 6, 2006; Preston, H. H. "The McFadden Banking Act.” American Economic Review 17, no. 2 (June 1927): 201-18; Rajan, Raghuram G., and Rodney Ramcharan. “Constituencies and Legislation: The Fight Over the McFadden Act of 1927."Finance and Economics Discussion Series 2012-61, Divisions of Research & Statistics and Monetary Affairs, Federal Reserve Board, Washington, DC, 2012. 261 Benjamin Klebaner, Commercial Banking in the United States: A History, cit., p. 128

262 Ibidem

263 H. H. Preston, The McFadden Banking Act, The American Economic Review, Vol. 17, No. 2, Jun., 1927, pp. 201-218

avrebbero potuto rimanere operative; che in caso di fusioni tra national banks o fra state e national banks le filiali già operative avrebbero potuto continuare l'attività; che non potevano essere istituite nuove filiali extra-cittadine; che con l'approvazione del “Comptroller” potevano essere stabilite solamente filiali intra-cittadine ma solo negli stati dotati di una legislazione che permetteva alle state banks di aprire filiali con alcune restrizioni in base alla popolazione della città264. Mentre per le state banks aderenti al Federal Reserve System la

legge prevedeva il permesso per continuare l'attività di filiali già esistenti; il divieto di attivare nuove filiali al di fuori della città dove aveva sede l'head-office della banca; il permesso di istituire nuove filiali intra-cittadine se la legislazione statale lo permetteva, e in tal caso senza le restrizioni in base alla popolazione che erano imposte invece alle national banks.265

Dunque, il principale cambiamento determinato dalla legge fu prima di tutto quello di permettere esplicitamente anche alle national banks di aprire filiali ma solamente all'interno della città sede dell'ufficio centrale della banca e in quegli stati dove era già prevista questa possibilità per le state banks. In secondo luogo il divieto, per le national banks e le state member banks, dell'apertura ex novo di sportelli al di fuori della città o dello stato di appartenenza della banca. L'intento era estendere, anche se parzialmente, i privilegi delle state banks alle national banks, per evitare ulteriori defezioni da parte di quest'ultime dal national bank system. Il Congresso, infatti, era preoccupato perché il sistema delle banche nazionali era la “spina dorsale” del Federal Reserve System. Le state banks che aderivano al Federal System erano meno del 10% del totale e questo numero andò sempre più diminuendo negli anni precedenti al 1927, anche grazie alle numerose fughe di national banks trasformatesi in state banks per poter usufruire della legislazione statale sul branch banking266. Le defezioni tuttavia continuavano, tant'è che la quota sul totale delle banche

commerciali degli asset delle banche del national system scese ancora al 43.7%. Il problema della defezione però riguardava più il Comptroller of the Currency che non la Federal Reserve. Infatti molte banche uscite dal national system rimanevano membri del federal system che faceva registrare il 64.3% su tutti i depositi bancari alla metà degli anni '20 e il 69.8% un decennio dopo.

264 a) Divieto di aprire filiali in città con meno di 25,000 abitanti. b) Possibilità di aprire una filiale in città con una popolazione dai 25,000 ai 50,000 abitanti. c) Permesso di due filiali in città che vanno dai 50,000 ai 100,000 abitanti. d) Numero libero di filiali, con l'autorizzazione del “Comptroller” nei centri con più di 100,000 abitanti. Ibidem

265 Ibidem

266 Al 31 dicembre, 1925, 22 Stati e il District of Columbia permettevano branch banking. Le legislazioni di altri 17 Stati proibivano espressamente l'istituzione di filiali. In 10 Stati non vi erano indicazioni sul divieto o il permesso al branch banking. Ibidem

Lo sviluppo più spettacolare, che si verifico nei “gold twenties” e che produsse le ripercussioni più profonde sul sistema bancario americano, fu tuttavia senza dubbio quello che interessò il mercato azionario e borsistico.

Con la crescita eccezionale della produzione e dei profitti le corporations iniziarono a rivolgersi al mercato dei titoli non solo per il loro fabbisogno di capitale a lungo termine, come avveniva in precedenza, ma anche per i bisogni correnti. Gli alti profitti rendevano le società meno dipendenti dal credito a breve termine erogato dalle banche. A loro volta anche le banche commerciali di fronte ai maggiori fondi a disposizione, che prima utilizzavano essenzialmente per i prestiti commerciali, e grazie alle minori restrizioni introdotte dal McFadden Act, iniziarono a investire in azioni e titoli. Questi sviluppi, insieme al clima di ottimismo e di fiducia di migliaia di americani che volevano arricchirsi in fretta tramite l'investimento e la speculazione, fecero aumentare enormemente il volume dell'offerta di questi strumenti finanziari. Durante gli anni ‘20 le emissioni di titoli di aziende americane più che triplicarono passando da 2,8 miliardi di dollari nel 1920 a 9 miliardi nel 1929 e i piccoli investitori diventarono parte integrante del boom finanziario.267

In questo contesto le banche, soprattutto quelle d'investimento, godettero di un netto aumento nel volume di affari268, spesso anche grazie all'utilizzo di nuovi strumenti societari. Crebbe

infatti l'importanza e la diffusione di alcune istituzioni finanziarie che agivano sia da competitori delle banche tradizionali, sia (e molto più spesso) come “braccio armato” di quest'ultime in campo finanziario. Tre furono i tipi più diffusi: le security affiliates delle banche commerciali, che svolgevano funzioni simili a quelle delle banche d'investimento; gli investment trusts, che avevano caratteristiche e funzioni simili alle “affiliate”, e le public utility holding company, che rappresentavano un tipo speciale di investment trust269. Erano

società spesso collegate a banche, che agivano principalmente sul mercato finanziario nella compravendita di titoli e che erano sottoposte a minori vincoli rispetto a quelli imposti alle banche ordinarie. Nessuna delle tre rappresentava un'innovazione dell'epoca, ma in quegli anni queste istituzioni crebbero improvvisamente sia in numero che in attività e fornirono un contributo decisivo alla diffusione della febbre speculativa.270

267 Vincent P. Carosso, Investment banking in America, a history, cit., pp. 242-247 268 Ivi, p. 241

269 Ivi, p. 273 270 Ivi, p. 271

3. 1929: il crollo di Wall Street

Nei giorni che vanno dal 23 al 31 ottobre 1929 passando per i famosi “giovedì nero” (24 ottobre) e “martedì nero” (29 ottobre) vennero scambiati 70,8 miliardi di azioni, l'indice Dow Jones perse 53 punti da 326,51 a 273,51. Il crollo si protrasse fino al 13 novembre quando il Dow Jones perse altri 74,82 punti arrivando a 198,69271. In quei giorni la “fuga di massa verso

la finzione"272 che aveva colpito il popolo americano nell'illusione di una crescita infinita del

valore delle azioni cessò improvvisamente, facendo piombare il paese in una realtà che in pochi avevano immaginato.

Molti furono gli elementi che alimentarono l'euforia speculativa in un circolo vizioso che prima o poi si sarebbe reso insostenibile.273 A partire dalle politiche governative, e in particolare da

quelle messe in atto dal Federal Reserve System, venne incoraggiato lo spirito espansivo dell'epoca. Nonostante che nel 1923 fossero state stabilite linee guida per indirizzare il credito verso usi produttivi e commerciali anziché speculativi, queste indicazioni vennero disattese nel giro di due anni. Nel 1925 il Sistema Federale cedette alle richieste del mondo imprenditoriale di una riduzione del tasso di sconto e rispose all'appello delle banche centrali europee per il

271 Maury Klein, The Stock Market Crash of 1929: A Review Article, The Business History Review, Vol. 75, No. 2, Summer, 2001, p. 326

272John Kenneth Galbraith, Il grande crollo, cit., p. 11

273 Per un approfondimento sulla crisi del 1929 vedi anche Ben S. Bernanke, Essays on the Great Depression, Princeton University Press, 2000; Harold Bierman J.r, "The 1929 Stock Market Crash". EH.Net Encyclopedia. Santa Clara, California: Economic History Association, 2010; Harold Bierma Jr. The Causes of the 1929 Stock Market Crash. Westport, CT, Greenwood Press, 1998; Harold Bierman Jr. “The Reasons Stock Crashed in 1929.” Journal of Investing, 1999; Harold Bierman Jr. “Bad Market Days,” World Economics, 2001, pp. 177-191; Committee on Banking and Currency. Hearings on Performance of the National and Federal Reserve Banking System. Washington, 1931; John Brooks, Once in Golconda: A True Drama of Wall Street 1920–1938: Harper & Row, New York, 1969; DeLong, J. Bradford and Andrei Schleifer, “The Stock Market Bubble of 1929: Evidence from Closed-end Mutual Funds.” Journal of Economic History 51, no. 3 (1991): 675-700; Irving Fisher, The Stock Market Crash and After. New York: Macmillan, 1930; Herbert Hoover, The Memoirs of Herbert Hoover. New York, Macmillan, 1952; John W. Kendrick, Productivity Trends in the United States. Princeton University Press, 1961; Charles P. Kindleberger, Manias, Panics, and Crashes. New York, Basic Books, 1978; Maury Klein, Rainbow's End: The Crash of 1929. New York: Oxford University Press 2001; William K. Klingaman, 1929: The Year of the Great Crash. Harper & Row, New York,1989; Burton G Malkiel, A Random Walk Down Wall Street. New York, Norton, 1975 and 1996; Donald Moggridge. The Collected Writings of John Maynard Keynes, Volume XX. New York: Macmillan, 1981; Peter Rappoport, Eugene N. White, “Was There a Bubble in the 1929 Stock Market?” Journal of Economic History 53, no. 3, 1993; Lawrence W. Reed, Great Myths of the Great Depression, Mackinac Center, Midland, Michigan, 2008; Murray N. Rothbard, America's Great Depression, Ludwig von Mises Institute. Auburn, Alabama, 2000; Paul A. Samuelson, “Myths and Realities about the Crash and Depression.” Journal of Portfolio Management, 1979; Tom Shachtman, The Day America Crashed: A Narrative Account of the Great Stock Market Crash of October 24, 1929. G.P. Putnam, New York, 1979; Senate Committee on Banking and Currency. Stock Exchange Practices. Washington, 1928; Jeremy J. Siegel, “The Equity Premium: Stock and Bond Returns since 1802,” Financial Analysts Journal 48, no. 1,1992.; Gordon Thomas, Max Morgan-Witts, The Day the Bubble Burst: The Social History of the Wall Street Crash of 1929, Open Road Media, New York, 2014; Barry A. Wigmore, The Crash and Its Aftermath: A History of Securities Markets in the United States, 1929-1933. Greenwood Press, Westport, 1985.

rafforzamento delle loro riserve monetarie. Il governatore della Reserve Bank di New York, Benjamin Strong, la figura più influente di tutto il sistema della Riserva Federale, strinse forti legami con le banche centrali europee e si adoperò in maniera particolare nell'aiutare la Gran Bretagna a tornare al “gold standard”.274 Le conseguenze di questa politica con una sterlina

più “cara” resero la Gran Bretagna un mercato poco attraente per gli acquisti stranieri ma molto favorevole alle vendite, provocando un deflusso d'oro dalle riserve inglesi ed europee che si diresse verso gli Stati Uniti. Per arginare il fenomeno era necessario che negli Stati Uniti