Il Gold Standard e la politica monetaria americana, dalle origini alla Grande Depressione
3. La nascita del Federal Reserve System e la sospensione del gold standard durante la Prima Guerra Mondiale
Tra il 1870 e il 1914 gli Stati Uniti arrivarono ad essere il paese con il maggiore Pil pro capite ma divenne sempre più evidente che il sistema delineato dal National Bank Act non forniva gli adeguati meccanismi di regolazione per gli istituti bancari e per la circolazione della moneta, portando ad un’alternanza di periodi di forte crescita seguita da gravi recessioni e crisi finanziarie. Crisi che videro il culmine con il Panico del 190762 al quale seguirono una serie di
61 Ivi, p. 78
62 La più terribile crisi finanziaria che gli Stati Uniti conobbero dalla loro nascita fino al 1907 ebbe come epicentro le trust companies - istituti nati in seguito al divieto, da parte del’OCC, alle commercial banks di svolgere un’ampia gamma di operazioni servizi finanziari (Larry Neal, Trust Companies and Financial Innovation, 1897-1914, The Business History Review, Vol. 45, No. 1, 1971, Table 1 “The growth of Trust Companies 1897-1914 “, pp. 35-51) - in particolare quelli di New York che avevano iniziato a speculare nel mercato immobiliare e in quello azionario, ambiti dai quali le banche nazionali erano escluse. Nei dieci anni
precedenti al panico del 1907 gli assets delle trust companies di New York erano cresciuti del 244%, mentre quelli delle national banks e delle state banks rispettivamente del 94% e 82% (Jon Moen and Ellis W. Tallman, The Bank Panic of 1907: The Role of Trust Companies, The Journal of Economic History, Cambridge University Press, Vol. 52, No. 3 Sep., 1992, pp. 611-630). Per mantenere una crescita di tale misura, dovuta soprattutto ai vincoli meno restrittivi sulle riserve liquide a cui erano sottoposti, i trust newyorchesi rifiutarono di entrare nella New York Clearinghouse, un consorzio-stanza di compensazione tra banche nazionali che si garantivano reciprocamente la solidità.
Nei primi giorni dell'ottobre del 1907 iniziano a circolare voci a Wall Street riguardo a un fallito tentativo di scalata della “United Copper Corporation” da parte dello speculatore Augustus Heinze. Il fallimento dell'operazione speculativa portò al fallimento dei principali brokers di Heinze, delle aziende del fratello, e mise in seria difficoltà la “Mercantile National Bank” di cui Heinze era presidente. Il rumor più pericoloso fu però quello che sosteneva che dietro a questa operazione ci fosse il “Kinckerborcker Trust” (il terzo per grandezza dei trusts newyorkesi) di Charles T. Barney. La miscela tra questa voce (che si rivelò fondata) e la richiesta da parte della “Mercantile National Bank” dell'intervento della “Clearinghouse” di New York fece scatenare il panico. (Vincent P. Carosso. The Morgans. Private International Bankers 1854 – 1913, Harvard University Press, 1987, pp. 535-540) La sede principale del Trust sulla Fifth Avenue e le tre filiali sulla Broadway, ad Harlem e nel Bronx vennero assaltate dai diciottomila clienti che ritirarono circa otto milioni di dollari in contanti. Il 21 ottobre Barney si dimise ma era già troppo tardi per arrestare la “spiraling histerya” (Robert F. Bruner e Sean D. Carr, The Panic of 1907: Lessons Learned from the Market's Perfect Storm, John Wiley and Son Inc., 2007. Prologue p. XVII). Si formarono code di risparmiatori su tutti i marciapiedi di Wall Street, ogni istituto di credito venne assediato dai depositanti che volevano ritirare i loro soldi. Martedì 22 ottobre 1907 il “Kinckerbocker Trust” fallì. (Benjamin Klebaner, Commercial Banking in the United States: A History, cit., p. 29) e la New York Clearinghouse non intervenne. Nel giro di pochi giorni fallirono uno dopo l'altro i principali trusts newyorchesi finché, a causa del blocco del credito, si arrivò al blocco del mercato finanziario e al tracollo della Borsa. Il panico dilagò in tutto il paese. Ci furono ritiri per più di 350 milioni di dollari e la crisi di liquidità si aggravò mentre alcuni stati imposero la chiusura temporanea delle banche ed altri approvarono leggi che permettevano di ritirare solo 10 dollari al giorno a persona (Robert F. Bruner e Sean D. Carr, The Panic of 1907: Lessons Learned from the Market's Perfect Storm). Lo stesso Secretary of Tresaury degli USA aveva virtualmente esaurito le sue riserve di dollari. La Banca d'Inghilterra, di solito chiamata dalle banche newyorchesi a intervenire nei periodi di scarsa liquidità, fece fatica a rispondere alle pressioni destabilizzatrici e fu costretta a ricorrere a prestiti in oro dalla Banca di Francia per evitare di bloccare i pagamenti (Marc Flandreau, Central Bank Cooperation in Historical Perspective: A Sceptical View, The Economic History Review, New Series, Vol. 50, No. 4, 1997, p. 758). Tutto ciò si ripercosse anche sull'economia reale con fallimenti di imprese sane e con licenziamenti di massa che provocarono un rialzo di sei punti del tasso di disoccupazione (Bruner e Carr The Panic of 1907, cit., p.142). Il più potente uomo d'affari dell'epoca, J.P. Morgan, intervenne con una “rescue party” firmando personalmente assegni ai brokers giunti in pellegrinaggio nel suo studio newyorchese, allo scopo di far riprendere l'attività borsistica di Wall Street. Morgan, mise a disposizione un enorme fondo di liquidità, ma in realtà non si trattò di un'iniziativa solitaria, quanto di un piano concertato dai banchieri newyorchesi che volutamente vollero utilizzare il suo nome per ristabilire la fiducia nei mercati.62 Morgan stesso nelle sue memorie svelò l'apporto di altri protagonisti come George Baker della First National Bank of NY (il secondo banchiere insieme a Stillmann della National City Bank che faceva parte del triumvirato della rescue party) come il più rilevante nell'opera di salvataggio dei mercati (Vincent P. Carosso. The Morgans. Private International Bankers, cit., pp. 536-537). L'intervento fu decisivo e i mercati iniziarono a respirare. Grazie ai capitali raccolti da Morgan ripresero gli scambi nazionali e internazionali. La lezione imposta agli Stati Uniti da questa crisi fu molto costosa e drammatica, ma fu decisiva nello spingere il presidente Theodore Roosvelt prima, Taft e Wilson poi, ad analizzare e a tentare di risolvere le opacità e i conflitti d'interesse che stavano dietro al mondo bancario e a quello di Wall Street. Un mondo dove i c.d. robber barons (Matthew Josephson, The Robber Barons: The Great American Capitalists, 1861-1901, New York: Harcourt, Brace and Company, 1934.) - tra i quali lo stesso J.P. Morgan - potevano trascinare nel baratro milioni di risparmiatori e decidere le sorti di un intero paese. Così scriveva in proposito il Comptroller of Currency all’interno dell’ Annual Report 1907: “if the experiece of the country in the bank panics from 1857 to 1893 needed any further confirmation, the panic of 1907 has demonstrate beyond the possibility of denial that perfectly solvent banks – if independent, isolated units with non power of cooperation except through such voluntary association as their clearing houses – cannot protect themselves in a panic and save themeselves from failure with such a suspension of payments as to produce disorder and demoralization in all the buisness of their customers”.
misure che portarono all’istituzione del Federal Reserve System nel 1913.63
Con l’Aldrich-Vreeland Act del 1908 venne istituita la National Monetary Commision che aveva il compito di indagare e riferire al Congresso una relazione sui cambiamenti necessari nel sistema monetario americano64. Una prima bozza fu presentata nel 1911 e prevedeva
un’istituzione centrale chiamata National Reserve Association, con filiali in tutto il paese e le funzioni di emissione di moneta e di sconto dei commercial paper, guidata da un board of directors che avrebbe avuto una maggioranza di componenti provenienti dalle banche.
La prima bozza dunque risultava prediligere la posizione dei conservatori, dei banchieri e degli uomini d’affari, che chiedevano una riforma che rendesse il sistema più efficiente ed accentrato. La bozza fu pesantemente contestata dai progressisti che volevano invece limitare l’influenza dei banchieri sul nuovo istituto e far sì che il controllo ritornasse nelle mani del potere pubblico.
La vittoria dei democratici nelle elezioni di mid-term del 1910 e la successiva vittoria di Wilson alle presidenziali del 1912 determinarono l’abbandono dell’Aldrich Plan, ma non della necessità di una riforma del sistema.65
Furono così incaricati il senatore Carter Glass e H. Parker Willis, attraverso il lavoro del Subcommitte del Senato americano, di redigere una proposta di legge che prevedeva la creazione di più reserve banks regionali, controllate privatamente, che avrebbero detenuto una parte delle riserve delle member banks, e svolto funzioni tipiche di una Banca Centrale, come l’emissione di valuta a fronte di asset commerciali e oro. Wilson approvò il disegno di Glass e Willis facendo aggiungere un meccanismo di coordinamento, il Federal Reserve Board, che a differenza di quello previsto dall’Aldrich Plan doveva essere un organismo pubblico. Con l’entrata in vigore del nuovo atto il territorio degli Stati Uniti venne diviso in 12 distretti ognuno dei quali sede di una Federal Reserve Bank regionale, venne istituito il Federal Reserve Board come strumento di coordinamento per le politiche di risconto e di emissione di moneta da parte delle “regional banks”, ed entrarono in circolazione i biglietti della Federal Reserve che «furono disponibili per l’uso come moneta circolante o come liquidità di cassa per le banche; ed i depositi a credito delle banche, nei registri delle Federal Reserve Banks, […] erano equivalenti […] a biglietti della Federal Reserve o altra valuta»66 nei confronti dei
63 Fed.of Boston, op. cit. p. 15
64 William G.Dewald, “The National Monetary Commission: A Look Back”, Journal of Money, Credit and Banking p.931, Vol.4, No.4, Noembre, 1972, pp.930-956
65 Arnaldo Testi, Il secolo degli Stati Uniti, Il Mulino, Bologna, 2008, pp. 85-86
depositanti.
A causa della Prima Guerra Mondiale l’offerta di moneta della Federal Reserve (in forma di biglietti e depositi) crebbe esponenzialmente fino al punto in cui, nel 1920, arrivò a costituire il 69 per cento della moneta ad alto potenziale67. Una moneta che a differenza del passato sistema del National Banking si rivelò molto elastica, in quanto la sua quantità poteva variare rapidamente nel breve periodo per perseguire alcuni obiettivi di politica monetaria. La centralizzazione di parte delle riserve delle state banks all’interno delle regional Banks, poi, fu strettamente collegata alla creazione di una moneta più elastica. Le banche associate infatti, depositando nelle Federal Reserve Banks ”moneta a corso legale”, consistente di oro o di moneta convertibile direttamente in oro, permisero al Federal Reserve System di avere le riserve necessarie per soddisfare le due condizioni fondamentali previste dal nuovo sistema: copertura aurea del 40 per cento e garanzia accessoria sotto forma di effetti commerciali, pari al valore totale dei biglietti emessi68. La centralizzazione delle riserve, comportò anche un abbassamento degli obblighi di riserva legale previsti per le state banks e ciò ebbe principalmente due effetti: l’innalzamento del rapporto depositi/riserve e un aumento della quantità di moneta ad alto potenziale sotto forma d’incremento dei depositi, la perdita da parte del Federal Reserve System dello strumento della riserva legale «inteso come uno strumento per controllare la circolazione monetaria»69.
Uno degli aspetti di maggior interesse di questi anni fu il fatto che la Federal Reserve, alleggerita dalle pressioni e dai bisogni del Tesoro e della liquidità interna, iniziò ad utilizzare strumenti e criteri in sostituzione all'attività automatica del gold standard al fine di promuovere la stabilità economica interna, l'equilibrio nei pagamenti internazionali, e per prevenire le crisi finanziarie. Durante gli anni del primo conflitto mondiale, similmente alla diffusione dei “greenbacks” durante la guerra civile, vi fu dunque la rapida diffusione della moneta della Federal Reserve che iniziava a giocare un ruolo dominante sullo stock monetario del paese70. Dopo l'iniziale periodo di contrazione e di deflusso di oro dal paese nel 1914, dal
1915 e per tutto il periodo di neutralità, ci fu una rapida espansione, una rapida ascesa dei prezzi (+65%), e un aumento nella quantità di moneta (+46%). Tutto ciò era anche dovuto alla domanda di beni di produzione americana da parte dei belligeranti, i quali pagavano
67 Ibidem
68 Ibidem «questo doppio obbligo per la creazione di biglietti fu in seguito mutato: venne richiesto, oltre alla riserva aurea del 40 per cento, una garanzia accessorie pari al solo 60 per cento, costituite sia di oro che di effetti accettabili».
69 Ivi, p. 124 70 Ivi, p. 118
l'eccedenza dell'export americano “spedendo più di un miliardo di dollari in oro, vendendo 1,4 milioni di azioni americane possedute dai loro cittadini e trasferite obbligatoriamente ai governi, riducendo di 0,5 miliardi di dollari i prestiti a breve effettuati dai loro cittadini agli Stati Uniti, ed acquisendo prestiti per 2,4 miliardi sui mercati finanziari statunitensi, per un totale pari a non di meno di 5,3 miliardi di dollari”.71
A livello internazionale lo scoppio della Prima Guerra Mondiale fece venire meno le basi sulle quali si basava il sistema monetario mondiale e di fatto venne sospeso il gold standard. In realtà - come rileva Eichengreen - la strategia fu quella di mantenere un gold standard di facciata anche se le basi economiche e politiche dell’istituto erano state profondamente trasformate: nessuno dei paesi impegnati nel conflitto demonetizzò l’oro o rifiutò di comprare oro ad un prezzo fisso, ma allo stesso tempo nessuno dei paesi aderì strettamente ai principi del gold standard.72
Allo scoppio della guerra i governi dei paesi belligeranti istituirono numerosi cambiamenti nel gestire la convertibilità aurea della propria moneta, sostenendo che si trattasse di modifiche temporanee e non di un abbandono definitivo del sistema.
Nonostante gli Stati Uniti non fossero ancora entrati in guerra, lo scoppio del conflitto causò una crisi dei mercati finanziari e delle materie prime, essendo – soprattutto quest’ultimo – fortemente dipendente da Londra per finanziare le esportazioni.
Nel luglio del 1914 le aziende americane avevano una grande quantità di debiti a breve termine in Europa e soprattutto a Londra, ma questa situazione era normale nel periodo estivo, quando i detentori di prestiti aspettavano le entrate derivanti dalle esportazioni di cotone e di grano per liquidare i loro debiti in autunno. Lo scoppio della guerra mandò in tilt questo sistema soprattutto quando le acceptance houses e le discount houses di Londra decisero di interrompere le loro operazioni. Successivamente in luglio, quando gli azionisti stranieri cominciarono a liquidare i loro titoli americani, e i debitori americani si affrettarono a far fronte ai loro obblighi di pagamento in sterline, il tasso di cambio dollaro-sterlina salì fino a 6,75 dollari, molto lontano dal tasso di parità fissato di 4,8665 dollari.73
Grandi quantità di oro iniziarono a defluire dagli Stati Uniti, e in seguito alle pressioni di forti vendite da parte dei possessori stranieri, i prezzi delle azioni registrarono un brusco calo sul mercato di New York.
71 Milton Friedman e Anna J. Schwarz, op. cit., p. 127 72 Vedi Barry Eichengreen, Gabbie d’oro, op. cit.
73 Leland Crabbe, The international gold standard and U.S. monetary policy from WorldWar I to the New Deal, Federal Reserve Bulletin, Giugno, 1989, p. 425
Il primo problema che si presentò fu l'alternativa tra l'ipotesi di mantenere in funzione gli scambi a Wall Street e quella di seguire i paesi europei sospendendo l'attività di Borsa. Questa situazione stava creando forti pressioni sulle riserve e sulla disponibilità di liquidità delle banche newyorchesi. Il Comptroller o Currency di New York, in accordo con Morgan e altre banche, decise di emettere 100 milioni di dollari in titoli per raccogliere sottoscrizioni in oro dalle banche commerciali del centro finanziario americano. Si verificò dunque, nei primi momenti, un deflusso di oro dagli Stati Uniti verso i paesi europei, che fece cadere velocemente il valore del dollaro nei confronti della sterlina74.
J.P Morgan convocò una conferenza con i banchieri di New York per decidere sulle sorti di Wall Street e il 31 luglio 1914 ne fu decisa la chiusura. L'amministrazione della New York Stock Exchange, in seguito alla chiusura, decise la nomina di un comitato (Committee of Five) quando gli Alleati iniziarono ad acquistare massicciamente prodotti e rifornimenti dagli Stati Uniti.75
In Gran Bretagna il tentativo di mantenimento del gold standard durante gli anni della guerra portò a mantenere il tasso di cambio della sterlina al di sopra del punto di esportazione dell’oro rispetto al dollaro. Con la Gran Bretagna e tutte le altre nazioni in guerra assetate di materie prime per alimentare le loro economie, il flusso di oro verso gli Stati Uniti aiutò a mantenere la parità dei tassi di cambio durante il periodo di neutralità degli Stati Uniti. Dall’agosto 1914 ad aprile 1917, gli Stati Uniti importarono un totale di 1,12 miliardi di dollari facendo lievitare lo stock di oro da 1,57 miliardi a 2,85 miliardi di dollari.76
Ben presto la Gran Bretagna si rese conto che l’obiettivo di sostenere la sterlina e la necessità di importare forniture belliche non potevano essere ancora soddisfatte a lungo attraverso l’esportazione di oro senza minare la fiducia nella propria moneta.
Da gennaio del 1916 a marzo del 1919 la J.P Morgan fu incaricata di agire per conto del Tesoro Britannico per mantenere il cambio dollaro - sterlina a 4,765$.
Con l'entrata in guerra nel 1917, il governo degli Stati Uniti aprì alcune linee di credito a favore dei paesi Alleati introducendo un importante cambiamento nelle condizioni finanziarie del paese. Mentre in precedenza gli acquisti da parte degli Alleati negli USA erano finanziati con invii di oro, vendite di azioni americane e lanci di prestiti sul mercato dei capitali privati, ora sarebbero stati finanziati dai crediti messi a disposizione dallo stesso governo americano. Dall’Aprile del 1917 al Novembre del 1920 i prestiti americani ammontarono a 4,2 miliardi di
74 Milton Friedman e Anna J. Schwarz, op. cit. pp. 193-194 75 Ivi, p. 201
dollari verso la Gran Bretagna, 2,97 miliardi alla Francia, 1,63 miliardi all’Italia.77
Inoltre gli Stati Uniti cominciarono a mobilitare in maniera massiccia le proprie risorse per affrontare la guerra. L'enorme deficit del governo federale impegnato nel finanziamento bellico fu finanziato con le quattro sottoscrizioni di “Liberty Loans”, con l'emissione dei “Victory Loans”, e con la creazione di moneta. La Federal Reserve divenne “virtualmente lo sportello di vendita dei titoli del Tesoro, utilizzando i suoi poteri monetari quasi esclusivamente a quel fine”.78
Nello stesso periodo, a causa di questo cambiamento delle condizioni finanziarie, si verificò una nuova tendenza al deflusso di oro, ma il Presidente Wilson intervenne imponendo l'embargo (nel settembre 1917), derogabile solo con il permesso del “Federal Reserve Board” e del Tesoro.79
L’embargo di Wilson fu una parziale sospensione del gold standard negli Stati Uniti dal settembre del 1917 a giugno del 1919. Parziale perché il sistema veniva mantenuto anche se in forma limitata, in quanto le banche non sospesero tout court i pagamenti in moneta metallica. Dall’entrata in vigore del Federal Reserve System del 1914 fino all’armistizio del 1919 i prezzi all’ingrosso negli Stati Uniti raddoppiarono e la domanda di moneta aumentò del 70%.80
In condizioni normali un’espansione del credito unito a una crescita dell’inflazione avrebbe compromesso il gold standard. Tuttavia il flusso delle importazioni di oro durante il periodo di neutralità degli Stati Uniti spinsero il rapporto tra depositi e riserve e tra valuta e riserve all’84,1% nel marzo del 1917. Tuttavia il rapporto di riserve auree scese costantemente dopo l’entrata in guerra degli USA arrivando al 48,3% alla fine del conflitto, comunque al di sopra del minimo di riserve richieste dal Federal Reserve Act.81
Dopo la guerra due fattori influirono sull’abbassamento del rapporto delle riserve auree, e di conseguenza il gold standard veniva messo sempre più a repentaglio negli Stati Uniti.
In primo luogo la Fed sostenne il Tesoro americano emettendo dei Liberty Bonds e mantenendo il tasso di sconto al di sotto dei tassi d’interesse di mercato. Dalla fine della guerra a gennaio 1920, quando le member banks iniziarono a chiedere prestiti sempre più ingenti alla Federal Reserve, la quantità di moneta salì del 18% e il livello dei prezzi del 16%. In secondo luogo, l'abrogazione da parte degli Stati Uniti dell'embargo dell’oro nel giugno
77 Ivi, p. 426
78 Milton Friedman e Anna J. Schwarz, op.cit., p. 137 79 Ivi pp.127-141
80 Ivi pp. 138-141
1919 ristabilì la piena operatività del gold standard. Come risultato, gli Stati Uniti iniziarono nuovamente a esportare oro arrivando a un totale di 300 milioni di dollari di esportazioni da