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Il sistema bancario americano: dalle origini alla Grande Depressione

1. Il National Bank Act del 1864 e Il Federal Reserve Act del

La storia del sistema bancario americano è inevitabilmente legata alla particolare natura dell'origine, della formazione storica e della struttura istituzionale di tipo federativo/statale della nazione americana. Le alterne vicende politiche, la concorrenza fra gli Stati dell'Unione, il conflitto tra potere federale e potere statale, il contrasto tra laissez-fare e regolamentazione, sono alcune delle fratture della società americana sulle quali si è modellata la storia monetaria e bancaria americana.

Il crollo di Wall Street del 1929, la successiva Grande Depressione, e le tre crisi bancarie dei primi anni Trenta non bastano da sole a spiegare con i motivi della contingenza storica, come si arrivò all’approvazione di una legge che caratterizzerà il sistema bancario americano fino agli anni ’90 e che segnerà uno dei traguardi più avanzati di quel tentativo del potere centrale (mai compiutamente riuscito) di affermare i poteri di guida e controllo delle autorità centrali su tutto il sistema.

Una chiave interpretativa più efficace e che caratterizza tutta l’evoluzione del sistema americano è invece quella della presenza di una contrapposizione dovuta alla presenza nella legislazione federali di controlli pubblici di notevole intensità a cui fa da contraltare una facoltà riservata agli operatori bancari di potersi sottrarre a tale tipo di controlli.222

Le cause di questa contrapposizione sono molteplici: dal punto di vista istituzionale va ricondotta alla struttura federale e alla contrapposizione tra potere centrale e Stati membri i quali hanno da sempre voluto affermare i principi della libera iniziativa e ridurre i controlli sulle banche.

Da un punto di vista più generale questa contrapposizione è riconducibile al fatto che la legislazione federale e statale, complessivamente intese, attribuiscono la facoltà all’operatore

222 Sergio Ortino in AA.VV. Banca e industria fra le due guerre, atti del Convegno conclusivo della ricerca promossa dal Banco di Roma in occasione del suo primo centenario, Il Mulino, 1981, p. 351

bancario di scegliere nell’adottare la propria forma giuridica, tra un insieme di controlli particolarmente intenso (national banks) ed uno più blando (state banks) o di restare società commerciali di diritto privato senza “autorizzazione” pubblica. In questa impostazione è il privato che in base ad un calcolo di convenienza sceglie a quale configurazione aderire.

Al momento del crollo di Wall Street la legislazione bancaria rispecchiava in pieno questa impostazione e questa contrapposizione.

Le due leggi fondamentali che delineavano l’architettura complessiva del sistema erano il National Banks Act del 1864 e il Federal Reserve Act del 1913.

Ripercorrendo brevemente la storia dalle origini del nuovo Stato federale fino all’emanazione del National Bank Act del 1864, emerge come il governo federale iniziò fin da subito quel tentativo di affermare la sua supremazia in materia monetaria e creditizia attraverso controlli sull’emissione delle banconote.

Due furono i tentativi di istituire un sistema bancario nazionale: quello del 1791-1811 con la First National Bank223 e quello successivo del 1816-1836 con la Second National Bank224.

223 La prima banca americana, la “Bank of North America”, nacque a Philadelphia in piena guerra d'indipendenza e con l'intento di “supply the [Continental] army with provisions for two months”.( Armine Nixon Hart and C. H. H., Robert Morris, The Pennsylvania Magazine of History and Biography, Vol. 1, No. 3, 1877, pp. 338) Non si trattava di una vera e propria banca ma per lo più di un'organizzazione finalizzata e reperire finanziamenti per la rivoluzione. Il promotore di questa operazione fu Robert Morris, un uomo d'affari, britannico di origine ma “pennysilvaniano” di adozione, prestato alla politica, che non a caso sarebbe stato soprannominato in seguito “the Financier of the American Revolution”. Egli foraggiò infatti con risorse proprie (10.000 sterline) la neonata banca. (Edward S. Kaplan, The Bank of the United States and the American Economy, Greenwood Publishing, Westport 1999, pp. 11-12). Morris, venne incaricato già dal 1765 di pensare a misure per procurare denaro alla rivoluzione e al suo esercito, il Continental Army guidato dal generale Washington, in serie difficoltà per gli approvvigionamenti. Nel 1781 venne nominato Sovrintendente alle finanze della neonata Confederazione. Tale nomina venne caldeggiata dal ventitreenne “aide-de-camp” del generale Washington, che dietro lo pseudonimo di “The Continentalist” nascondeva l'identità di uno dei più importanti personaggi della storia statunitense: Alexander Hamilton. In una lettera a Morris, Hamilton suggerì la necessità di un'istituzione simile a una banca centrale per finanziare l'esercito continentale. (Per il testo della lettera del 30 aprile 1781: Alexander Hamilton, The Works of Alexander Hamilton,. Henry Cabot Lodge, Federal Edition, G.P. Putnam’s Sons, New York, 1904, Vol. 3 Chapter: Hamilton to Robert Morris,

http://oll.libertyfund.org/title/1380/64322; per la risposta di Morris: Robert Morris, The papers of Robert Morris, 1781-1784: July 22-October 31, Volume 6, 1782, p. 79). Durante il primo anno di mandato, Morris dunque sottopose al Congresso della Confederazione “A plan for establishing a National Bank for the United States”223 che incorporava nella nuova banca the president, the directors, the corporation of the Bank of

North America of Pennysilvania” (la precedente “creatura”). Nacque così la Bank of North America of Philadelphia, il primo istituto commerciale americano che avrebbe agito come unico agente fiscale e monetario per il governo. L'assemblea legislativa dello stato di Pennysilvania decise a metà degli anni '80 di revocarne la licenza, costringendo la neonata banca a ottenerne un'altra dallo stato del Delaware per continuare l'attività. Ma la banca riuscì ad assicurarsi una nuova licenza dalla Pennysilvania, anche se con termini più restrittivi, un paio di anni dopo. Fin dai primi momenti della storia americana dunque l'attività bancaria fu una “issue” politica sia nei rapporti fra gli Stati dell'unione, sia in quelli tra Stati e Federazione. (Armine Nixon Hart and C. H. H., Robert Morris, cit., p. 340).

224 Quando Robert Morris declinò l'invito del presidente Washintgton a diventare il primo Segretario al Tesoro degli Stati Uniti d'America, quest'ultimo chiese a Morris di indicargli chi secondo lui fosse la persona più adatta a ricoprire quel ruolo (Armine Nixon Hart and C. H. H., Robert Morris, cit., p. 341). Morris ripagò il suo debito di riconoscenza verso l'ex giovane consigliere di Washington. La persona indicata da Morris fu la

Entrambi i tentativi incontrarono la resistenza e l’ostilità degli Stati membri decretandone il fallimento e avviando la c.d. era del “free banking”: prevalse il principio liberista del lassaiz stessa che sul The federalist papers scrisse: "Money is, with propriety, considered as the vital principle of the body politic; as that which sustains its life and motion and enables it to perform its most essential functions": Alexander Hamilton. (Bruce Miroff, Alexander Hamilton: The Aristocrat as Visionary, International Political Science Review, Vol. 9, No. 1, 1988, pp. 43-54). Hamilton illustrò le più importanti disposizioni della sua politica economica durante il primo anno di mandato nel 1790. Tra queste la più controversa fu la creazione di una national bank che subentrasse alla Bank of North America of Philadelphia di Morris. Propose quindi al Congresso di emanare l'autorizzazione per la nuova Bank of United States, una vera e propria banca centrale nazionale. (Ron Chernow, Alexander Hamilton, The Penguin Press, New York, 2004, pp. 344-354) La proposta fu accolta dalla maggioranza federalista che richiese anche la proprietà del 20% della banca da parte del governo federale. (La banca nasce con un capitale di 10 milioni di dollari, dei quali 2 milioni sottoscritti,dal governo Federale, Roger T. Johnson, Historical Beginnings...The Federal Reserve, Federal Reserve Bank of Boston, 2009, p. 8) Ma l'opposizione repubblicana, guidata da James Madison e Thomas Jefferson, si rivolse al presidente Washington affermando che si trattava di una misura incostituzionale. Il contrasto era però soprattutto sul fatto che questo sistema avrebbe favorito le economie e gli uomini d'affari degli stati settentrionali mentre avrebbe avuto un impatto negativo sugli stati rurali del Sud. Hamilton, contrapponendosi agli argomenti dell'opposizione, fu fondamentale nel convincere Washington a firmare la legge. Anche Hamilton infatti credeva che la nuova banca dovesse avere poteri limitati ritenendo che questa avrebbe dovuto evitare operazioni commerciali e speculative. La licenza infatti proibiva alla Bank of United States di investire in terreni e in edifici, e di trattare merci e materie prime, prevedendo anche delle sanzioni in caso di violazione di tali limitazioni. (Jerry W.. Markham, A Financial History of the United States, from Christopher Columbus to the Robber Barons (1492-1900), Vol 1, M. E. Sharpe, 2001, p. 89). Nonostante questi limiti, la banca fu fin da subito un grande successo commerciale con cinque filiali operative aperte in tutto il paese. L'istituto fu anche un bene prezioso per il governo federale, che consentì all'esecutivo di prendere in prestito circa 6 milioni dollari nel 1796. (Jerry W.. Markham, A Financial History of the United States, p.90). Attraverso altre misure come l'istituzione di un conio centrale e di un’imposta indiretta, l'obbiettivo di Hamilton era stabilire un ordine e una prerogativa federale sulla gestione delle finanze del nuovo stato, stabilire un sistema di credito e risolvere la questione della moneta ufficiale. A quell'epoca infatti era ancora irrisolto il problema del Continental, ((Benson John Lossing e Woodrow Wilson, Harper's encyclopaedia of United States History from 458 A.D. to 1909, Harpers and Brothers, Harvard University, 1909, alla voce “Currency, Continental”. http://www.perseus.tufts.edu/ ) una moneta cartacea istituita dal Second Continental Congress nel 1775 per finanziare la rivoluzione, che, a seguito delle debolezze e dell'iperinflazione fu ufficialmente abolita nel 1781, ma rimase una questione aperta, controversa e irrisolta fino al 1790 (Farley Grubb, The Continental Dollar: What Happened to it after 1779?, NBER Working Paper No. W13770, Feb. 2008). Nel 1816 venne autorizzata la Second Bank of United States (Roger T. Johnson, Historical Beginnings ... The Federal Reserve, cit., p. 10). L'istituto, dopo una difficile situazione legata alla deflazione post-bellica, riuscì a dare una certa stabilità finanziaria al paese durante la cosiddetta “Era of Good Feeling” 1817-1825 (George Dangerfield, The Era of Good Feelings, Harcourt, Brace and Company, New York, 1952 e Harry Armon, James Monroe and the Era of Good Feelings, The Virginia Magazine of History and Biography, Vol. 66, No. 4 Ott., 1958, pp. 387-398. L'istituto divenne molto potente, tant'è che molti uomini d'affari e cittadini ritenevano che la Second Bank rappresentasse una minaccia per le libertà economiche e per la stessa democrazia americana. Andrew Jackson, Presidente degli Stati Uniti dal 1829, si fece portavoce di questo sentimento raccogliendo il sostegno delle state banks, degli uomini d'affari in ascesa, degli agricoltori, e di molti politici che vedevano nell'istituto un gigantesco “mostro” che intralciava i loro interessi. (Roger T. Johnson, Historical Beginnings...The Federal Reserve, cit., p. 11) Nel 1832 durante la campagna per le presidenziali il principale oppositore di Jackson, Henry Clay, decise di introdurre al Congresso il bill per rinnovare la licenza della second bank. Egli infatti riteneva che la posizione di Jackson sulla banca potesse giocare a suo vantaggio nella competizione elettorale, ma le cose non sarebbero andate così. Dopo l'approvazione del bill per il re-chartering della banca da parte del Congresso, Jackson oppose il veto presidenziale e nelle motivazioni denunciò i pericoli della concentrazione di un così grande potere nelle mani di un'élite e l'incostituzionalità dell'istituto - nonostante ci fosse già stata una sentenza della Corte Suprema sulla costituzionalità della banca (US Supreme Court, James McCulloch v.The State of Maryland, John James 17 U.S. 316 , 6th March, 1819). Le motivazioni di Jackson raccolsero un grande sostegno popolare che lo condusse a vincere con ampio margine le elezioni presidenziali. La vittoria schiacciante di Jackson fu dunque il colpo mortale che portò all'”estinzione” della Second Bank of the United States nel 1836 (Arthur M. Schlesinger, Jr., The Age of Jackson, Little Brown & Co., Boston 1945, pp. 74-131).

faire per il quale le uniche norme che disciplinavano il settore bancario rimanevano quelle del codice commerciale in vigore per tutte le tipologie di impresa.

Solo le banche che avessero voluto esercitare l’emissione di moneta avrebbero dovuto assoggettarsi ad alcune norme (state banks), che tuttavia rimanevano molto blande e prive di un efficiente sistema di controlli.225

In questa situazione, solamente le ingenti necessità finanziare dovute alla guerra civile resero possibile il successo del terzo tentativo effettuato dal governo federale attraverso l’emanazione del National Bank Act del 1864.226

Questa volta il governo centrale non perseguì la strada della costituzione di un’unica banca centrale, ma di un sistema pluralistico e decentrato di banche nazionali.

L'intento principale era quello di introdurre una moneta uniforme nel paese e un sistema di national banks per la sua emissione, sotto la supervisione di un organo centrale federale. Fu introdotto l'Office of the Comptroller of Currency (OCC) che concedeva le autorizzazioni per le national banks e applicava le regole di emissione delle banconote.

Furono previsti tre tipi di national banks: le country banks, vale a dire tutte le national banks che non avevano sede nelle cinquanta città individuate come reserve e central reserve cities (chiamate inizialmente “redemption cities”) e che dovevano mantenere parte delle loro riserve in vault cash227 e il resto in forma di depositi presso un'altra national bank in una reserve o

central reserve city; le Reserve city banks (tutte le national banks con sede nelle 47 città più importanti) che dovevano mantenere parte delle loro riserve in vault cash e il resto in forma di depositi presso una national bank in una central reserve city; e infine le Central reserve city banks (tutte le national banks con sede a New York, St. Louis e Chicago) che dovevano mantenere tutte le loro riserve in vault cash.228. Le banche nelle central reserve cities

dovevano mantenere il 25% di riserve. Quelle nelle reserve cities dovevano mantenere sempre il 25% in riserve ma potevano depositarne la metà presso le banche delle central reserve cities. Le altre avevano un obbligo di riserva del 15% dei loro assets229.

Con il National Bank Act veniva conferito alle national banks la possibilità di emettere una

225 Sull’era del“Free Banking”, vedi capitolo I

226 Il provvedimento fu approvato grazie alla secessione degli stati del Sud che rimosse dal Congresso i membri democratici da sempre sfavorevoli ad un sistema di regolazione bancaria federale; determinante fu il contributo del Segretario del Tesoro Salmon P. Chase (George A. Selgin and Lawrence H. White, Monetary Reform and the Redemption of National Bank Notes, 1863-1913 ,The Business History Review, Vol. 68, No. 2 Estate 1994, p. 207)

227 Il termine vault cash indica la valuta liquida prelevata ogni mattina, dalla cassaforte della banca, per far fronte alle operazioni bancarie giornaliere (cambio di assegni, prelievi dei correntisti, etc)

228 Benjamin Klebaner, Commercial Banking in the United States: A History, cit., p. 70 229 Ivi, p. 69

nuova banconota coperta da government bonds.

A differenza di altri paesi, come la Gran Bretagna, la Francia e il Canada, nei quali si sviluppò una concentrazione dell'attività bancaria commerciale in pochi ma grossi istituti, negli Stati Uniti si delineò un sistema composto da un gran numero di piccole e medie banche sparse sul territorio e prive di succursali (le “unit banks”) con alcune sporadiche eccezioni in specifiche aree come quelle del Midwest, della California e di Chicago, dove si crearono bank holding companies o gruppi e catene di banche230. Il carattere unitario delle banche americane

sottopose gli istituti ad una maggiore mortalità rispetto a quella registrata in altri paesi. Tra il 1864 e il 1896 fallirono 328 national banks e 1234 state banks.231

Per quanto riguardava le attività consentite alle banche, anche sul piano funzionale vi era una distinzione tra national e state bank. Con la nuova legge le national banks dovevano sottostare anche ad una serie di restrizioni sulle attività d'investimento. Mentre infatti le state banks erano libere di esercitare attività di sottoscrizione e negoziazione di tutti i tipi di azioni e titoli, (ed erano già leaders nell'investment banking232), le national banks erano limitate entro alcune

materie specificate dalla nuova legge. La sezione 28, ad esempio, restringeva le attività immobiliari consentite per le national banks. La negoziazione di titoli inoltre non era espressamente proibita ma “such a prohibition is implied from the failure to grant the power.”233 Tuttavia alle national banks era consentito vendere titoli per i propri clienti ma nel

1902 l'OCC stabilì il divieto per questi istituti di agire come sottoscrittori di titoli234. Per le

national banks, dunque, si stabiliva già un certo grado di separazione tra attività commerciali e attività d'investimento che secondo autori come E. J Perkins deriverebbe dal modello inglese, il quale:

“made a sharp division between the types of institutions participating in the commercial banking and investment banking functions. Recognized banking authorities there considered investment banking an inherently risky and speculative venture and, for that reason, considered any dealings in stocks and bonds an improper business pursuit for financial institutions entrusted with the savings of the general public. To a greater extent than we are apt to

230 Il “Mac Fadden Act” del 1927 sancirà definitivamente il divieto del branch banking negli USA 231 Susan E. Kennedy, The banking crisis of 1933, cit., p. 9

232 George G. Kaufman e Larry R. Mote, Glass-Steagall: Repeal by Regulatory and Judicial Reinterpretation, Banking Law Journal, Settembre-Ottobre 1990, pp. 391-392

233 First Nat’l Bank of Charlotte v. Nat’l Exch. Bank of Baltimore, 92 U.S. 2 Ottobre 1875

234 David M. Eaton, The Commercial Banking-Related Activities of Investment Banks and Other Nonbanks, 44 Emory Law Journal, n. 20, 1995, pp. 1187 e 1192

realize, what in the United States is generally meant by conservative, or sound, banking practice is simply the tacit acceptance of English standards.”235

Tuttavia mentre nel modello inglese era ben chiara la distinzione, anche grazie allo sviluppo di un settore privato per le attività d'investimento, negli Stati Uniti restò per molto tempo incerta. Nonostante le restrizioni, le commercial banks americane potevano svolgere alcune attività d'investimento, inoltre alcune interpretazioni, a partire dal 1900, del NBA Act da parte dell'OCC e ispirate alla clausola degli “incidental power” ampliarono gli ambiti in cui queste potevano agire. Inizialmente questa clausola permise alle commercial banks la sottoscrizione di titoli federali e municipali. In seguito, per non ampliare il divario competitivo tra state e national banks, furono permesse anche le attività in corporate bonds. Generalmente le operazioni in titoli venivano svolte in “bond department” interni alla banca. Tuttavia nei primi anni del XX secolo molte national banks, per aggirare le restrizioni e le limitazioni, spostarono le loro attività in titoli presso delle state banks a loro affiliate236.

Il National Banks Act non riuscì dunque da solo a soddisfare le attese del legislatore dell’affermarsi di un unico sistema bancario, omogeneo e strutturato.

Anche l’incentivo tentato dal Congresso Americano con l’innalzamento della tassazione dal 2 al 10 % sulle banconote statali venne vanificato dall’entrata in vigore della moneta scritturale, ricreando una condizione più favorevole per la banca statale rispetto alla banca nazionale.

Nel 1913 il numero delle banche statali (16.841) era così cresciuto più del doppio rispetto alle banche statali (7.467)237

Nello stesso anno, dopo alcune iniziative volte a metter mano alla legislazione in campo bancario e monetario, si arrivò ad un ulteriore tentativo per affermare l’idea di un sistema bancario nazionale attraverso il Federal Reserve Act238, mantenendo tuttavia vivo il principio

235 Edwin J. Perkins, The Divorce of Commercial and Investment Banking: A History, Banking Law Journal no. 88, 1971, pp. 484-485

236 George G. Kaufman e Larry R. Mote, Glass-Steagall: Repeal by Regulatory and Judicial Reinterpretation, cit., pp. 391-392

237 Sergio Ortino, in AAVV, Banca e Industria tra le due guerre, cit. p 357

238 Dopo la crisi del 1907 sotto la pressione del presidente Teodhore Roosvelt venne frettolosamente approvato dalla Camera a maggioranza Repubblicana il Vreeland-Aldrich Currency Law il 30 giugno 1908 (Milton Friedman e Anna J. Schwarz, A Monetary History of the United States, cit., p. 170) che prevedeva la possibilità di istituire una moneta di emergenza e l'istituzione di una National Monetary Commission per studiare le questioni della moneta nazionale e del sistema bancario.

La National Monetary Commission iniziò il suo lavoro di studio e ricerca sotto la direzione del senatore Nelson Aldrich, effettuando anche missioni all'estero per analizzare i sistemi bancari e monetari europei. Dal 1910 iniziò a circolare il c.d Aldrich Plan la cui leggenda vuole che fosse stato redatto nelle sue parti essenziali

durante un meeting segreto tra l'allora presidente del Committee on Banking and Currency (Aldrich) e personaggi tra i più influenti di Wall Street come Frank Vanderlip della National City (Citibank), Henry Davison della Morgan Bank, e Paul Warburg della Kuhn, Loeb Investment House (George B. Grey - Federal Reserve System: background, analyses and bibliography, Nova Science Publisher, 2002, p.74, Elmus Wicker, The great debate on banking reform: Nelson Aldrich and the origins of the Fed, EH.NET, August 2006, p.