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2. La disciplina dopo la legge 38/2009

2.4. Elemento oggettivo del reato

2.4.2. L’evento

Sono alternativamente tre, come abbiamo avuto modo di rilevare più volte, gli eventi finali il cui verificarsi segna la consumazione del reato: il grave e perdurante stato di ansia e di paura; il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva; l’alterazione delle proprie abitudini di vita.

Essendo eventi che, senza dubbio, sono stati previsti in via alternativa, è sufficiente la realizzazione di uno di questi per far sì che la fattispecie sia integrata: <<il delitto di atti persecutori – cosiddetto “stalking” (art. 612-bis c.p.)

– è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per

la propria incolumità>>145. Non è escluso che se ne possa realizzare più di uno

144 A.M.M

AUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 128.

145

Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 2014, n. 6384. La decisione trae origine dal ricorso presentato dal P.M: avverso un’ordinanza del Tribunale di Brescia con cui si respingeva la richiesta di applicazione della misura cautelare di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa, nell’ambito di un procedimento in cui all’imputato venivano contestate condotte integranti, a parere dello setto P.M., il reato di cui all’art. 612-bis c.p. Il giudice di merito, pur riconoscendo un comportamento molesto dell’imputato, aveva escluso la sussistenza di uno stato d’ansia e paura in capo alla vittima in considerazione delle chiamate effettuate anche da questa all’imputato stesso, suo ex-coniuge, e del contesto conflittuale in cui i due versavano. La

83 come conseguenza delle condotte reiterate, ed anzi nella prassi succede molto spesso che gli eventi indicati dal legislatore si sovrappongano tra loro.

I primi due sono eventi di natura psicologica, la cui tipizzazione ha già suscitato e continua a suscitare in dottrina non pochi problemi e perplessità, poiché renderebbe incerti i contorni della fattispecie criminosa; bisogna ricordare che la scelta, in qualche modo, è stata dettata dalla necessità di garantire una certa aderenza dei suoi contenuti a quelli che sono i tratti più caratteristici del fenomeno criminale146.

Nella terza ipotesi vi è un costringimento psichico, al quale consegue, come evento materiale esteriore, l’alterazione delle abitudini di vita del soggetto passivo147. Appare tuttavia assai difficile che la scelta coartata di cambiare le proprie abitudini di vita non sia accompagnata da uno stata di ansia o di paura o da un fondato timore per l’incolumità.

Il perdurante e grave stato di ansia o di paura è senza dubbio il più complicato da definire e verificare. Si rileva, in dottrina, che si tratta << di stati emotivi, che la vittima deve avvertire quali effetti spiacevoli provocati dalle condotte assillanti, le quali devono dunque fungere da fattori di condizionamento rilevanti alla stregua delle regole generali in tema di rapporto di causalità>>148.

Appare chiaro come il legislatore abbia colto, nella descrizione di tale evento, una delle reazioni che risulta essere tra le più tipiche delle vittime di stalking. Ciò che si lamenta, però, non è la tipicità della reazione, ma la troppa genericità della formula normativa e la difficile e problematica verificabilità di un evento ritenuto

mancanza di tale elemento non permetteva di configuare il reato de que e di conseguenza di applicare la misura cautelare richiesta dal P.M.

La Suprema Corte, basandosi anche sulle sue precedenti pronunce, ed in particolare una nella quale stabiliva che “la reciprocità dei comportamenti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori”(n. 17698/2010), ritiene il ricorso del P.M. fondato. Secondo gli ermellini, invero, il delitto di atti persecutori è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo.

146G

IULIO DE SIMONE, Il delitto di atti persecutori, in Archivio Penale.

147

G.FIANDACA-E.MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol.2, p.230.

148 G.F

84 evanescente. Da qui sono sorti i vari dubbi di legittimità della norma in quanto ritenuta in contrasto con il principio di tassatività e determinatezza149.

La disposizione richiede il verificarsi di un grave e perdurante stato di ansia e di paura. Ciò significa che, per avere rilevanza penale, tali stati emotivi devono comunque essere significativi e protrarsi per un apprezzabile lasso di tempo, non risultando sufficienti stati emotivi leggeri e passeggeri.

A questo punto nascono quasi spontanei due quesiti: ci si chiede se i profili caratteriali della vittima possono assumere rilevanza nella verifica del rapporto di causalità tra l’evento e la condotta e se ansia e paura debbono essere o meno stati patologici clinicamente accertabili.

In relazione al primo quesito, dato che appare essenziale anche in relazione a tale tipologia di reato una valutazione ex ante circa l’idoneità delle reiterate condotte rispetto all’evento tipico, si potrà e si dovrà tener conto dell’eventuale fragilità psicologica della vittima, solo però a condizione che essa rientri nel bagaglio cognitivo del soggetto agente. Non è solo una questione di dolo e di delimitazione del suo oggetto, ma è , ancor prima, una questione di tipicità oggettiva150. Si sostiene, a questo proposito, che l’evento <<deve essere ricondotto a criteri di

oggettività, percepibili all’esterno, in modo che i presupposti della norma debbano essere riferiti non tanto alla sfera psicologica della vittima in sé, bensì all’uomo comune, pur considerando tutte le circostanze del caso, sia oggettive che soggettive. Inoltre i vari eventi della norma devono essere valutati in relazione alle circostanze della condotta, secondo la comune esperienza, benché

relazionata alle caratteristiche soggettive della vittima>>151.

A proposito del secondo quesito, la dottrina appare divisa.

Stando ad un’opinione diffusa, per definire e accertare l’ansia e la paura non sarebbe sufficiente affidarsi al senso comune né fare ricorso alle varie descrizioni della scienza psicologica. Ansia e paura andrebbero considerati come veri e propri

149 G

IULIO DE SIMONE, Il delitto di atti persecutori, p.36, in Archivio Penale.

150 G

IULIO DE SIMONE, Il delitto di atti persecutori, p.37, in Archivio Penale

151

A.ANCESCHI, La violenza familiare. Aspetti penali, civili e criminologici, Giappichelli, Torino, 2009, p.96.

85 disturbi psichici da accertare clinicamente. Sarebbe questo, in realtà, l’unico modo per dare al primo evento di cui all’art. 612-bis un grado sufficiente di determinatezza e di verificabilità, valorizzando anche il riferimento agli attributi “grave” e “perdurante”.

Ma c’è anche chi la pensa in maniera diametralmente opposta e sostiene la scarsa percorribilità della soluzione proposta, evidenziando, oltre alle difficoltà di inquadramento patologico dello stato di ansia e di paura, l’improbabilità della supposizione che un giudice disponga una perizia medica sulla vittima, <<ben

potendo valutare da sé se la vittima versi (o versasse all’epoca dei fatti) in stato di ansia e di paura, o comunque se la condotta dell’agente abbia cagionato uno

degli altri due eventi descritti dalla fattispecie>>152. L’equazione stati emotivi-

manifestazioni patologiche ristringerebbe il campo applicativo della fattispecie, compromettendo le esigenze di tutela delle vittime. Inoltre, a seguito dell’interpretazione in chiave psicopatologica, si rischierebbe la sovrapposizione con la fattispecie di lesioni personali.

Le obiezioni sollevate da questa parte della dottrina sembrano risolutive. Alla prima si è risposto sostenendo che si finirebbe per confondere il piano strutturale con quello probatorio. La valutazione del giudice non potrà che tener conto di criteri di valutazione oggettivi. Negare la dimensione oggettiva dell’evento del reato comporterebbe per un verso accettare l’indeterminatezza della formula legislativa, per l’altro svilire la funzione che l’evento svolge all’interno della fattispecie153.

Alla seconda obiezione si è replicato sostenendo che essa si risolverebbe nel contrapporre un dato empirico a un principio di carattere normativo e come tale è inaccettabile.

Quanto alla possibile sovrapposizione con la fattispecie di lesioni personali, non sembra di trovarsi davanti ad un problema insolubile: nel caso di lesioni gravi o gravissime, troveranno applicazione, in forza della clausola di sussidiarietà

152 A.V

ALSECCHI, Il delitto di atti persecutori (il c.d. stalking), cit., p. 1390.

153

L. PISTORELLI, Nuovo delitto di “atti persecutori” (cd. stalking), in Corbetta, Della Bella, Gatta (a cura di),Sistema penale e “sicurezza pubblica”: le riforme del 2009, Milano, 2009.

86 prevista dallo stesso art. 612-bis c.p., soltanto le disposizioni di cui agli artt. 582 e 583 c.p.; nel caso in cui si tratti di lesioni lievi o lievissime, si potrebbe ritenere che prevalga, in forza del principio di specialità, la norma che prevede lo stalking. Non costituendo l’uso della violenza fisica un’aggravante della fattispecie in esame, che avrebbe ben potuto meglio descrivere l’ipotesi particolare in cui la condotta persecutoria passa dalla fase delle molestie e delle minacce a quella della violenza fisica, si potrebbe ritenere corretta la posizione secondo la quale << la

differenza ontologica fra la minaccia e la molestia, quali condotte del reato di stalking, da una parte, e la violenza sulla persona, dall’altra, comporta che la nuova fattispecie di cui all’art. 612-bis c.p. concorra anche con tutti quei reati meno gravi che annoverano la violenza tra gli elementi costitutivi del fatto. Diversamente, infatti, il disvalore della violenza si sottrarrebbe alla sanzione penale, posto che non è stato preso in considerazione dal legislatore in sede di formulazione della fattispecie di atti persecutori. Riteniamo, pertanto, che si possa avere un concorso materiale fra atti persecutori e percosse o lesioni personali lievi o lievissime>>154.

Tuttavia, in considerazione della frequenza statistica del rapporto di interferenza reciproca tra le due fattispecie e della parziale coincidenza degli interessi tutelati, nonché della sanzione comminata per la fattispecie di stalking, sembra preferibile ritenere che si realizzi un concorso apparente di norme da disciplinare in base al principio di consunzione o dell’assorbimento perlomeno in relazione alle fattispecie di lesioni lievi e lievissime, che saranno assorbite nella più grave fattispecie di stalking.

Sta di fatto, però, che nella prassi applicativa è emerso con chiarezza un orientamento che tende ad accertare e ricostruire l’ansia e la paura facendo appello a criteri del senso comune, come emerge anche dalla Suprema Corte155, la quale sostiene che ai fini dell’integrazione del reato non si richiede l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima.

154

A.VALSECCHI,Il delitto di atti persecutori, CIT.,259.

155

87 È ragionevole pensare che il giudice si limiterà ad apprezzare l’idoneità dei reiterati comportamenti, valutandola alla stregua dell’ id quod plerumque

accidit156 e con riferimento ad una vittima modello, dando per scontato il

verificarsi dell’evento tipico.

Sempre secondo la già citata sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere157, la prova dell'evento del delitto in riferimento alla causazione di un grave e perdurante stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche dalla condotta stessa, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.

Passiamo al “fondato timore”.

Stando alla previsione normativa, l’oggetto di questo timore è rappresentato dall’incolumità propria (della vittima) o di un prossimo congiunto o di persona legata al medesimo da relazione affettiva. Per come è costruita la frase, sembra che la norma si riferisca alla relazione affettiva di una persona con il prossimo congiunto piuttosto che con il soggetto passivo, come sarebbe più logico; in realtà questa è una clamorosa svista grammaticale, messa in luce dalla dottrina e superabile con un’interpretazione correttiva.

Per quanto riguarda il concetto di “prossimo congiunto”, esso è definito dall’art. 307, comma 4 c.p.: «Agli effetti della legge penale s’intendono per prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole».

156 “Id quod plerumque accidit” è una locuzione in lingua latina di uso nel linguaggio giuridico, il

cui significato è “ciò che accade più spesso, ciò che accade d solito”.

157

88 Diverso è il discorso per quanto riguarda il concetto di “relazione affettiva”, che pare proprio non essere inappuntabile sotto il profilo della tassatività158. Pur non essendo semplice spiegare cosa debba intendersi per relazione affettiva, nella locuzione si può far rientrare tutte quelle relazioni personali basate su sentimenti di affetto, che non sono necessariamente amorose e quindi anche solo amicali e tra persone dello stesso sesso. Si ritengono rilevanti, dal punto di vista della tipicità oggettiva, soltanto le relazioni di un certo rilievo o di non poco conto159.

Ma la questione più problematica, dal punto di vista interpretativo, è quella legata al requisito della “fondatezza”, espressamente richiesto per il timore dalla norma. Sono state date diverse letture, più o meno plausibili. C’è chi ritiene che “fondato” stia per effettivamente provato. Così si potrebbe far rientrare nella fattispecie tutti quei casi in cui nessuno di ragionevole avrebbe temuto per l’incolumità propria o di altra persona, essendo il timore condeterminato dalla particolare sensibilità della vittima; ovviamente l’autore dovrebbe essere stato a conoscenza di questa situazione psicologica del soggetto passivo. Il tutto si risolverebbe ad un problema di definizione dell’oggetto del dolo: senza la consapevolezza dell’autore, non potrà dirsi che questi ha voluto cagionare l’evento. Pur in presenza di un effettivo timore, si escluderebbe la rilevanza penale per mancanza di dolo.

Così si renderebbe del tutto irrilevante l’attributo che qualifica il timore, che si ridurrebbe a far notare la necessità di un accertamento in concreto del reale ed effettivo verificarsi dell’evento previsto dalla norma.

Questa soluzione non sembra quella ottimale per andare incontro alle necessità di tutela della vittima, comprendenti l’esigenza di non trascurare il loro punto di vista.

È stato anche detto che l’aggettivo “fondato” potrebbe essere foriero di qualche confusione in sede applicativa, in quanto esso sembrerebbe evocare una valutazione sull’idoneità ex ante della condotta a suscitare timore in una persona

158

G.FIANDACA-E.MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol.2, p. 232.

159G

89 normale: valutazione che si ritiene poco compatibile con una fattispecie di danno, qual è, per l’appunto, quella di atti persecutori.

È doverosa un’ultima considerazione; se si dovesse utilizzare un parametro oggettivo di valutazione della fondatezza quale potrebbe essere la vittima modello, la particolare vulnerabilità della vittima dovrebbe giocoforza restare fuori dall’oggetto di questa valutazione160.

Infine, va ricordato e puntualizzato che una valutazione ex ante, riferita al momento in cui viene posta in essere la condotta, non è assolutamente incompatibile con una fattispecie di (evento di) danno. Anzi essa è rilevante ai fini dell’imputazione oggettiva dell’evento. È pur vero che è anche necessario un accertamento ex post, volto a verificare se l’evento concreto rappresenti una realizzazione del pericolo insito nelle condotte; ma questo non significa affatto che non sia parimenti necessaria una fase di giudizio ulteriore e precedente, volta, per l’appunto, a verificare ex ante se le condotte abbiano o meno creato un rischio per il bene giuridico tutelato. È proprio sul piano della valutazione ex ante che va risolto il problema della rilevanza o meno della particolare fragilità della vittima. Ai fini della valutazione di idoneità della condotta a creare un rischio giuridicamente riprovato (o ad aumentare un rischio già esistente), dovranno essere considerate anche le eventuali conoscenze superiori del soggetto agente. Il timore della vittima diventa così fondato dal punto di vista dell’autore proprio perché lui conosceva la particolare vulnerabilità161.

Resta da considerare il terzo evento previsto dalla norma, che sostanzialmente è quello che ha dato meno problemi da un punto di vista interpretativo. Qui la legge prevede una sorta di coazione psicologica (“costringere”) determinata dalle condotte dello stalker, che porta la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.

Gli esempi che si possono fare sono molteplici. La Cassazione ha precisato che per alterazione delle proprie abitudini si deve intendere ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione

160

P.COCO, La tutela della libertà individuale nel nuovo sistema “anti-stalking”, p. 167.

161 G

90 della vita quotidiana, indotto nella vittima dalla condotta persecutoria altrui e finalizzato ad evitare le ingerenze del molestatore nella propria vita privata162. Il testo originari del d.d.l. C. 1440 parlava anche di scelte di vita oltre che di abitudini; tale riferimento venne poi soppresso perché il concetto espresso ritenuto troppo vago.

Questo però non risolse il problema, dato che ancora oggi si lamenta un’eccessiva genericità della locuzione utilizzata per tipizzare nella norma ciò che la ricerca specialistica ha dimostrato essere uno degli effetti più tipici e frequenti delle campagne di stalking. Ciò comporta una maggior discrezionalità per l’interprete che deve decidere quali alterazioni di vita siano rilevanti e quali no.

Si ritiene che queste debbano essere modifiche di una certa entità, significative per la vita della vittima, o comunque per costei pregiudizievoli, al fine di evitare la criminalizzazione di ipotesi irrilevanti e di poca importanza. In realtà così non si risolve il problema, dato che appare chiaro come il tutto dipenda da le condizioni esistenziali, dai punti di vista, dalle necessità delle persone che subiscono le molestie. Inoltre, non sta scritto da nessuna parte che debbano avere risalto solo le modificazioni che comportino un peggioramento e un pregiudizio per le condizioni esistenziali della vittima.

Secondo un’interpretazione restrittiva della norma resterebbero esclusi dalla sua portata applicativa tutti quei fatti che vengono percepiti come fastidiosi dalla vittima, ma che la inducono a cambiare talune piccole abitudini di vita. Secondo questa teoria, sarebbero rilevanti solo quei cambiamenti derivanti da un fondato timore per la propria incolumità o per quello di un congiunto o di una persona cara163.

In questo modo si trascurerebbe l’ultimo evento tipizzato dalla norma, che resterebbe singolarmente privo di autonoma rilevanza giuridica. Un’interpretazione contra legem, si potrebbe dire, visto l’utilizzo della disgiuntiva

162

Cass. Pen., sez. V, 27 novembre 2012 (15 maggio 2013), n. 20933, in ww.altalex.com.

163G

91 “o” che lascia intendere che i tre eventi siano previsti in via alternativa e l’uno non può divenire la condicio sine qua non dell’altro.

La questione dovrebbe essere risolta dal legislatore; si percepisce la necessità di una clausola generale di esiguità, tale da consentire all’interprete di individuare i fatti penalmente rilevanti, e la cui introduzione nel nostro ordinamento è ritenuta necessaria da autorevole dottrina164.