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2. La disciplina dopo la legge 38/2009

2.3. Il principio di tassatività

Il principio di tassatività nell’ambito del diritto penale, è uno dei corollari del principio di legalità.

Mentre il principio di legalità, così come esplicitato dall’art. 25 Cost. e dall’art. 1 c.p., prevede che nessuno possa essere punito se non per un fatto che sia preveduto dalla legge, in via non retroattiva, come reato, il principio di tassatività attiene alla tecnica di formulazione della fattispecie e richiede che la stessa sia descritta in modo chiaro e non lasci discrezionalità nell'individuazione della condotta punibile al Giudice84.

Il principio di tassatività non comporta che, sotto il profilo di redazione della fattispecie, non si possano creare i cosiddetti reati a forma aperta che si contrappongono ai reati a forma vincolata in quanto, contrariamente a questi ultimi che descrivono la condotta punibile, descrivono solo il risultato vietato essendo punibile qualsiasi condotta che produca questo determinato effetto85. La funzione del principio di tassatività, nel suo complesso, ha una duplice valenza: da un lato impone al legislatore di procedere, al momento della creazione della norma, ad una precisa determinazione della fattispecie legale, affinché risulti manifesto ciò che è e ciò che non è penalmente lecito; dall’altro vincola chi giudica ad applicare tale norma solo a fattispecie espressamente previste dalla legge, vietando quindi l’utilizzo dell’analogia86.

84www.diritto-penale.it, Il principio di tassatività nell’ambito del diritto penale. 85www.diritto-penale.it, Il principio di tassatività nell’ambito del diritto penale. 86

L’analogia è il procedimento attraverso cui vengono risolti casi non previsti espressamente dalla legge estendendo ad essi la disciplina dettata per casi simili (analogia legis), o altrimenti desunta dai pricipi generali del diritto (analogia iuris). Essendo il sistema italiano fondato sul principio di legalità formale, non può trovare applicazione, per colmare le lacune, il meccanismo dell’analogia. L’art. 14 disp. prel. c.c. stabilisce infatti che <<Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati (Cost. 25; Cod. Pen. 2)>>. In dottrina ed in giurisprudenza si discute sul carattere assoluto o relativo del divieto, ovverosia se questo sia riferito solo alle norme sfavorevoli all’imputato(analogia in malam partem) oppure anche alle norme favorevoli (analogia in bonam partem). L’orientamento maggioritario è quello che predilige il carattere relativo del divieto, vietando esclusivamente l’analogia in malam partem.

57 La tassatività trova dunque la propria essenza nella certezza del diritto penale, non tanto da un punto di vista razionale, bensì per esigenze garantiste del favor

libertatis: il nostro ordinamento è ancorato al principio secondo cui <<la libertà è

la regola e la pena l’eccezione>>87.

Volgendo lo sguarda alla normativa sullo stalking, è doveroso subito annotare come la maggiore difficoltà riscontrata da parte dei legislatori nella tipizzazione della fattispecie che stiamo analizzando consiste nell’individuazione della soglia di tipicità coincidente con una reale offesa del beni giuridici tutelati, difficoltà conseguente al fatto che la maggior parte delle condotte sono in sé lecite e socialmente adeguate, derivando la loro offensività dalla reiterazione delle stesse. Emerge, da un lato, l’esigenza di rispondere ad un fenomeno criminale che appare diffuso, se non dilagante, dall’altro, l’esigenza di tassatività che richiede l’emanazione di una normativa chiara e precisa, tale da indicare inequivocabilmente ciò che è lecito e ciò che non lo è e di descrivere fatti che poi possono essere provati in giudizio88.

Ad una prima lettura dell’art 612-bis, risulta assai difficile individuare il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è; come abbiamo già scritto sopra, il legislatore ha proceduto ad una tipizzazione delle condotte più apparente che reale, in quanto sia le molestie e sia le minacce possono presentarsi nelle forme più disparate; forme che, in concreto, non potevano essere previste e descritte dal legislatore, che ha concentrato la propria attenzione sulle conseguenze di tali condotte.

La nuova fattispecie si presenta come reato a forma libera (le minacce e le molestie possono essere realizzate nei modi più diversi); il loro carattere offensivo deriva dalla ripetizione ossessiva e caparbia.

87

www.canestrinilex.it, Il principio di tassatività della legge penale.

88 A.M.M

58 Appare fondamentale, per tracciare la linea di discrimine tra lecito ed illecito, notare che la nuova normativa ha introdotto una fattispecie causale, che richiede la verificazione dell’evento89, e non un reato di mera condotta.

Nel Dossier del Servizio Studi n. 124 (24 febbraio 2009) al d.d.l. AC 2232 e nel Dossier 114 al d.d.l. n. 1505 si richiede sostanzialmente la verificazione dell’evento, laddove si precisa che << il cosiddetto stalking si sostanzia dunque in un comportamento reiterato consistente in minacce e molestie. Sarà inoltre necessario la prova dello stato d’ansia o di paura ovvero del fondato timore per l’incolumità ovvero dell’alterazione delle abitudini di vita>>90. Dello stesso avviso era il Senatore Centaro quando, durante la seduta n. 190 del 21 aprile 2009, precisò che <<il reato di atti persecutori […] prevede una condotta reiterata di minaccia e molestia che comporti perdurante stato di ansia e di paura, timore per l’incolumità propria e dei congiunti>>.

La Commissione giustizia dalle Camera dei deputati aveva proposto di riformulare la norma in termini di pericolo concreto per evitare i difficoltosi accertamenti processuali sullo stato patologico della vittima, ma l’Aula non accettò la proposta per evitare di punire fatti sostanzialmente inoffensivi. Nel proprio parere al decreto il CSM lo interpreta come reato di danno e di evento la cui sussistenza richiede anche il verificarsi di un’alterazione nell’equilibrio della vittima91.

Per superare le difficoltà nell’individuare gli elementi che consentono di discernere una condotta rilevante da una non rilevante a titolo di stalking, vengono in risalto le proposte della dottrina di utilizzare la reazione della vittima per tracciare tale limite, nel senso che la condotta (di molestia o minaccia) diventa stalking quando viene percepita come non gradita ed intrusiva da chi la subisce, in quanto provoca in questa sentimenti di paura e ansia, poiché lo

stalking rappresenta <<un fenomeno di tipo relazionale, che trova la sua genesi in

equivoci ed incomprensioni nei rapporti interpersonali, nella non accettazione

89 Per la trattazione dell’evento si rimanda al paragrafo di riferimento (2.4.2.). 90

A.M.MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 131.

91 A.M.M

59

dell’atteggiamento altrui, in difetti di comunicazione oppure nella volontà del molestatore di imporre sull’altra persona un particolare tipo di rapporto che, per

chi ne è destinatario, risulta particolarmente sgradito>>92.

La giurisprudenza nelle prime decisioni ha accolto questo orientamento, come si evince ad esempio dalla Suprema Corte che ha stabilito che <<il delitto di atti persecutori è reato ad evento di danno e si distingue sotto tale profilo dal reato di minacce, che è reato di pericolo>>93.

Anche se l’interpretazione della fattispecie come reato di danno non è supportata da un inequivocabile testo normativo, risulta maggiormente conforme al principio di offensività94, laddove richiede l’accertamento del danno nella forma degli eventi indicati; la dottrina osserva che la stessa severità di trattamento appare più compatibile con una fattispecie incriminatrice di effettiva lesione e che se fosse ricostruita come reato di pericolo, <<porterebbe con sé l’inconveniente di un’eccessiva dilatazione applicativa della fattispecie incriminatrice (già di per se affetta da parziale indeterminatezza), col rischio di includervi forme di molestia di dubbio e incerto disvalore>>95.

Subito emergono le difficoltà di utilizzare i parametri indicati nell’art. 612-bis, ed in particolar modo il grave stato di ansia e di paura e il fondato timore, come elementi per stabilire il confine tra comportamenti punibili e comportamenti non punibili, dato che si tratta di eventi di difficile accertamento, in quanto psicologici, e prettamente soggettivi; la reazione alle medesime condotte può variare da persona a persona, la frequenza e la tipologia dei comportamenti (la soglia di tipicità) che possono far scattare la reazione in questione è assolutamente soggettiva e dipende da una miriade di fattori come la personalità, l’esperienza, ecc.

92 M.B

ONA, una nuova cornice giuridica per i molestatori insistenti, in Danno e Responsabilità, 2004, 1050.

93

Cass. 5 febbraio 2010, n.17698, M.C., in Riv. Pen., 2010, 7-8, 730.

94 Nel diritto penale italiano, il principio di offensività afferma che non vi può essere reato senza

un'offesa ad un bene giuridico, cioè ad una situazione di fatto o giuridica, protetta dall'ordinamento, modificabile oppure offendibile per effetto di un comportamento umano.

95 G.F

60 Come evidenzia la dottrina tedesca, la paura, l’ansia e sentimenti simili non possono costituire elementi costitutivi di una fattispecie penale, dato che non sono standardizzabili e non possono di conseguenza essere presi a parametro di comportamenti penalmente punibili.

Appare poi discutibile, in termini di conformità sempre al principio di tassatività, la richiesta del carattere grave dello stato di ansia e di paura, in quanto si inserisce un elemento quantitativo indeterminato, la cui interpretazione è totalmente rimessa alla discrezionalità dei giudici; tale carattere appare ancora più indeterminato se si considera che è riferito allo stato di ansia e di paura, che è uno stato in sé di difficile accertamento.

La dottrina sostiene che la richiesta del carattere grave, unito a perdurante, serve a escludere dall’orbita del nuovo art. 612-bis le condotte che determinano nella vittima uno stato psicologico di breve durata o di portata ridotta96.

La valutazione della gravità dello stato di ansia e di paura non solleva particolari problemi se si ritiene che spetti necessariamente a una perizia medico-psicologica stabilire se si è concretizzato lo stato di ansia e di paura stesso e la sua gravità. Diversamente si deve evidenziare come la gravità di suddetti stati psicologici sia connessa alla sensibilità della vittima e, quindi, assume un carattere completamente soggettivo.

La consumazione del crimine e la sua punibilità, comunque, dipende anche dal verificarsi di tale requisito; quindi contribuisce a stabilire il discrimine tra lecito ed illecito97.

In soccorso può essere utilizzata l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte al comma 2 dell’art 612 c.p., in relazione alla gravità della minaccia prevista come aggravante.

La Corte, nel valutare la gravità della minaccia, fornisce dei parametri per valutare la gravità del turbamento conseguente alla minaccia: la gravità del male

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F.MACRI, La repressione penale, cit., 1132.

97 A.M.M

61 minacciato e le circostanze in cui si inserisce la minaccia (elementi oggettivi); le condizioni del soggetto attivo e della vittima (elementi soggettivi)98.

Elemento di ulteriore incertezza e scarsa tassatività è l’ipotesi del timore per <<persona al medesimo legata da relazione affettiva>>, anche se l’equivocità dell’espressione dipende dalla necessità di comprendere tutti i possibili rapporti affettivi, indipendentemente da una loro possibile categorizzazione standardizzata.

Se si concepisse la fattispecie di atti persecutori come reato causale, inoltre, si dovrebbe richiedere anche la volontà del soggetto di cagionare l’evento, lo stato di ansia e paura, il fondato timore o il cambiamento delle abitudini di vita, mentre molto spesso l’autore non vuole nulla di tutto questo, ma vuole esclusivamente realizzare le condotte per contattare la vittima, per iniziare o continuare una relazione con la stessa.

La fattispecie in esame, dato che descrive più l’effetto perseguito che le condotte tipizzate, risulta quindi poco affine al principio di offensività e quindi scarsamente conforme al principio di tassatività.

Tutto questo rischia di non rendere chiaro il confine tra lecito e illecito, essendo la norma non in sintonia con il principio di precisione inteso come principio che impone che la norma sia teleologicamente comprensibile e stabilisca chiaramente questo confine.

La fattispecie, così come si presenta, rischia di affidare al potere giudiziario un ruolo creativo nella definizione di tale confine attraverso una valutazione del caso concreto.

Non solo ma si finisce per violare la ratio di garanzia del principio di precisione come garanzia della libertà del cittadino che, potendo conoscere in maniera chiara cos’è lecito e cosa non lo è, è libero di orientare la propria condotta. La funzione generalpreventiva della norma penale rischia di essere violata.

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62 Come sostenuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 364/1988, non garantendo la possibilità di riconoscere il vero contenuto del precetto si rischia di violare anche il principio di colpevolezza la cui ratio sta proprio nella necessità di garantire al privato libere scelte di azione99.

Dubbio sarà poi il rispetto dell’art 111 Cost. nella parte in cui impone l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziali, perché il giudice violerà tale obbligo quando finirà per non accertare l’evento psicologico ma per presumerlo; tutto è rimesso alla valutazione discrezionale del caso concreto, rendendo difficile anche il controllo della ratio decidendi da parte delle istanze superiori di giudizio e in particolare svuotando di contenuto lo stesso controllo di legittimità della sentenza, <<pure oggetto di garanzia costituzionale ai sensi del comma 7 dello steso art. 111>>100.

È utile ricordare come la difficoltà di accertare l’evento, o comunque sia l’incertezza nello stabilire i criteri empirici di accertamento comporti la violazione del principio di determinatezza, inteso come espressione dell’esigenza che una norma incriminatrice faccia riferimento a fatti empiricamente verificabili che possono essere provati in giudizio101.

Come sostenuto dalla Corte cost., la determinatezza è inoltre violata quando il legislatore si astiene dall’operare la scelta in tutto o in parte del tipo di disvalore di un illecito e rimette tale scelta al giudice102. Dovrebbero essere indicati in maniera esplicita gli elementi nei quali si esprime l’offesa; ma nella fattispecie in esame tali elementi sono scarsamente tassativi e verificabili.

Interpretando la norma come fattispecie causale, si incorre in un duplice ordine di conseguenze: da un lato si rischia di penalizzare un evento realizzato con una condotta che non sembri idonea ma che viene avvertita come tale solo dalla vittima in conseguenza della sua sensibilità; dall’altro si rischia di ostacolare la punibilità laddove si richiede l’accertamento di uno stato d’ansia o di paura o di

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Così Corte cost. 24 marzo 1988, n.364, in Foro.it., I,, 1385, con nota di G.FIANDACA.

100 F.V

IGANÒ, La tutela penale della libertà individuale, cit., 190-191.

101

A.M.MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 151.

102

63 un fondato timore che sia difficile da verificare oppure che non sia sorto data la particolare forza di carattere della vittima ma che meriterebbe di essere ugualmente tutelata.

Infine, facendo dipendere la punibilità dalla verificazione dell’evento psicologico, si incorre nel rischio di “false victimisation syndrome”103; la norma si espone a facili strumentalizzazioni da parte di ex partner o conoscenti che vogliono danneggiare l’autore per vendetta o altri motivi, accusandolo di stalking e simulando stati d’ansia e di paura come conseguenza di condotte oggettivamente non idonee.

Probabilmente una possibile soluzione sarebbe quella di interpretare la norma come fattispecie di pericolo concreto, assicurando un maggior rispetto del principio di determinatezza, una più stringente tutela della vittima e, forse, un maggior rispetto del principio di offensività. Seguendo questo filone interpretativo, il giudice dovrebbe fondare la propria decisione non sulla verifica dell’evento psicologico in capo alla vittima, ma su una valutazione oggettiva dell’idoneità della condotta, tenuta dal presunto stalker, a mettere in pericolo il bene tutelato; il disvalore si concentrerebbe sulla condotta anziché sull’evento provocato nella vittima.

Tale interpretazione appare però in netto contrasto con quella voluta dal legislatore e comporterebbe, come possibile conseguenza, il rischio di punire fatti sostanzialmente inoffensivi.

La Corte Costituzionale, di recente, ha risolto con una pronuncia la questione di legittimità costituzionale dell’art. 612-bis del codice penale promossa dal Tribunale ordinario di Trapani in relazione all’art. 25, comma 2 Cost. sotto il punto di vista del principio di determinatezza104.

Secondo la Consulta, in particolare, il fatto che il legislatore, nel definire le condotte e gli eventi, abbia fatto ricorso ad una enunciazione sintetica della norma incriminatrice – come avviene, del resto, nella gran parte dei Paesi dove è stata

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P.E.MULLEN-M.PATHÉ-R.PURCELL, Stalkers and their victims, cit., 209 ss.

64 adottata una normativa cosiddetta “anti-stalking” – e non abbia adottato, invece, una tecnica analitica di enumerazione dei comportamenti sanzionati, non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l’interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un significato chiaro, intelligibile e preciso dell’enunciato. L’esigenza costituzionale di determinatezza della fattispecie ai sensi dell’art. 25, comma 2 Cost., non coincide necessariamente con il carattere più o meno descrittivo della stessa, ben potendo la norma incriminatrice fare uso di una tecnica esemplificativa, oppure riferirsi a concetti extragiuridici diffusi, ovvero ancora a dati di esperienza comune o tecnica. Il principio di determinatezza non esclude – conclude la Corte – l’ammissibilità di formule elastiche, alle quali non infrequentemente il legislatore deve ricorrere stante la «impossibilità pratica di

elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a “giustificare” l’inosservanza del precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalità dell’incriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta».