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2. La disciplina dopo la legge 38/2009

2.4. Elemento oggettivo del reato

2.4.1. La condotta

2.4.1.2. La molestia

Per l’interpretazione della forma di condotta indicata con il verbo “molesta” si può richiamare l’interpretazione giurisprudenziale della fattispecie di molestie; si deve, però, precisare che mentre in relazione a quest’ultima fattispecie la giurisprudenza ritiene che il comportamento <<non deve assumere carattere necessariamente abituale e può essere realizzato anche con una sola azione di per se idonea a recare molestia>>131, per integrare la fattispecie in esame si richiede la reiterazione della condotta molesta o comunque di condotte che, complessivamente valutate, risultano moleste.

La Suprema Corte sottolinea però come, anche per ciò che riguarda l’art. 660, normalmente la fattispecie si realizza attraverso la reiterazione delle condotte. <<Per accreditata lezione giurisprudenziale ricorre l’elemento oggettivo di cui all’art 660 c.p. allorché risulta provato, come nel caso in esame, un’insistente ed inopportuna interferenza nell’altrui libertà, produttiva di una fastidiosa intromissione nella vita privata della vittima>>132; da quest’ultima sentenza emerge una definizione della modalità di condotta in esame come insistente ed inopportuna interferenza nell’altrui sfera di libertà produttiva di fastidiosa intromissione nella vita privata. Lo stalker, allora, molesta nei casi in cui realizza

130 A.M.M

AUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 111.

131

Cass. pen., Sez. I, 24 febbraio 2009, n. 10409, A.G.; Cass. pen., Sez. I, 27 0tt0bre 2006, n. 37443, L., in Guida dir., 2006, 46, 88.

132

78 << un’ingiustificata interferenza nell’altrui sfera privata, capace di turbarne la serenità>>133.

Mentre la reiterazione della condotta, per ciò che riguarda la fattispecie di molestie, è connessa alla nozione di petulanza134, interpretata dalla dottrina come <<parametro di rilevanza penale di molestia o disturbo>>135, nella fattispecie ex art. 612-bis non è richiesta la petulanza, ma le condotte ripetitive devono molestare e, quindi, si tratterà di <<un modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto ed impertinente, che finisce per condizionare le abitudini e sfera psichica del soggetto passivo>>136: la condotta di molestia ex art.612-bis rientra in tale definizione, che riesce a dar conto sia del carattere ripetitivo, sia del carattere molesto e quindi offensivo del bene tutelato dei comportamenti necessari per integrare la fattispecie.

Dobbiamo inoltre evidenziare che, dato che per la giurisprudenza della Suprema Corte137 la molestia può derivare anche dalla mera reiterazione di una condotta in sé lecita o di condotte in sé inoffensive, che determinano un’indebita intromissione nella libertà e nella serenità altrui per la loro insistenza e per la modalità in cui vengono messe in atto, anche per ciò che riguarda la fattispecie di atti persecutori il carattere molesto della condotta potrebbe derivare da condotte che in sé non molestano, inoffensive, ma che ripetute nel tempo possono offendere i beni tutelati dalla fattispecie in esame, risultando moleste.

Per il resto, la condotta può realizzarsi nelle forme più disparate, come abbiamo già evidenziato quando abbiamo analizzato la fattispecie dal punto di vista criminologico e come emerge dalla giurisprudenza; le modalità si modificano anche con l’evoluzione tecnologica (ad esempio l’invio di SMS).

133

A.M.MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 112.

134

Cass 26 novembre 1988, n. 13555, Faedda, in Giustizia pen., 1999, II, 606. <<modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto ed impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e delle libertà delle persone>>.

135 F.B

ASLIE, Art. 660 c.p., cit., 4831.

136

Cass., Sez. I, 3 luglio 2008, n. 29971, N.C., in Diritto & Giustizia, 2008.

137

Cass., sez. I, 27 novembre 2008, n. 46231, B., in Guida dir., 2009, 4, 98; Trib. Milano, sez. I, 2 luglio 2008, n.8118, C., in Il merito, 2008, 10, 57.

79 Appare curioso come la giurisprudenza, ancora prima di disciplinare lo stalking, nell’applicare il reato di molestie ha espressamente ricondotto il caso alla fattispecie di atti persecutori: <<Commette l’illecito di cui al c.d. “stalking”, condotta, peraltro, non ancora prevista e regolamentata, in quanto tale, in maniera idonea ed esaustiva nel nostro ordinamento giuridico nazionale, chiunque, dopo aver, nel caso di specie, leso l’integrità fisica e morale di una persona, la perseguiti, altresì, con pedinamenti serrati ed assillanti, con frequentissimi appostamenti, con intrusioni indebite nella vita lavorativa, con atti di morbosa invasività e di sottile aggressività, generando nel soggetto passivo uno stato di non irragionevole paura e di continua giustificata grave apprensione>>138.

Nei primi provvedimenti in materia, poi, si è incominciato a dare una definizione del fenomeno:<< come emerge anche dalla lettura dei lavori parlamentari, ed in particolare dalle schede dell’ Ufficio Studi del Dipartimento giustizia, il fenomeno dello stalking – termine derivato dall’esperienza giuridica dei paesi di common- law e recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni _ è individuato nel comportamento assillante ed invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche). Si tratta, quindi, di comportamenti persecutori, diretti o indiretti, ripetuti nel tempo, che incutono uno stato di soggezione nella vittima provocandole un disagio fisico o psichico e un ragionevole senso di timore>>139.

Dato che la giurisprudenza ritiene che il comportamento molesto di cui all’art. 660 c.p. possa realizzarsi anche attraverso condotte a sfondo sessuale (dovendosi quest’ultimo ritenersi integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivi diversi dall’abuso sessuale, coincidendo in definitiva con tutte quelle condotte, sessualmente connotate, diverse dall’abuso sessuale, che vanno oltre il semplice complimento o la mera proposta di instaurazione di un rapporto interpersonale), si ritiene che anche gli

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App. Lecce, 28 gennaio 2008, in Dir. Famiglia, 2008, 3, 1242.

80 atti persecutori, nella forma della molestia, potranno realizzarsi con la forma delle molestie sessuali, purché sia presente l’elemento della reiterazione e la condotta cagioni un grave e perdurante stato di ansia e di paura, un fondato timore per l’incolumità, un cambiamento delle abitudini di vita.

Si assicura una tutela contro quelle condotte che, reiterate ed assillanti, non potevano essere adeguatamente sanzionate con la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p., non solo per la lieve sanzione, ma anche perché l’art. 660 c.p. richiede che la molestia venga realizzata in luogo pubblico o aperto al pubblico, mentre spesso questi tipi di comportamento si realizzano in privato140.

In relazione al reato di violenza sessuale, dopo la riforma della fattispecie avvenuta nel 1996, la possibilità che determinate condotte di minor entità possano essere ricondotte nell’area delle molestie sessuali e poi anche degli atti persecutori è strettamente dipendente dall’ampiezza con la quale viene interpretata la nozione di violenza sessuale: più è ampia tale nozione, così da ricomprendere tutte le possibili condotte, anche quelle di minor entità, minore è la possibilità che tali condotte integrino i reati ex artt. 612-bis e 660.

Nel valutare l’idoneità della fattispecie di atti persecutori a tutelare i beni giuridici protetti dal fenomeno criminale in esame, si deve riflettere sulla mancata tipizzazione da parte del legislatore dell’aspetto violento della condotta persecutoria, che al contrario frequentemente emerge nella prassi; la violenza non è prevista né come modalità di condotta, né come aggravante. Anzi la dottrina evidenzia come la nuova fattispecie di atti persecutori sia stata introdotta per punire condotte prive del requisito della violenza, essendo ogni atto caratterizzato dalla violenza sufficientemente sanzionato141.

Nel tipizzare la fattispecie, però, il legislatore deve riuscire a descrivere adeguatamente il fenomeno da un punto di vista empirico criminologico, criminalizzando ciò che emerge dalla realtà sociale; dall’esame criminologico emerge come si distingue lo stalking duro o violento (laddove si realizzano

140 A.M.M

AUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, p. 116-117.

141

A. VALSECCHI, Il delitto di atti persecutori, cit., 234; A. CADOPPI, Solo un approccio multidisciplinare, cit., 10s.

81 condotte minacciose o violente) dallo stalking mite o molesto. L’agente non si limita a voler stabilire un contatto con la vittima contro la sua volontà, ma procede a insulti minacce violente, aggressioni fisiche o molestie sessuali. La condotta degenera nell’aggressione fisica.

La dottrina evidenzia come la violenza possa essere sia fisica (uso di qualsiasi atto teso a far male o spaventare la vittima) che psicologica (atteggiamenti intimidatori, minacciosi, vessatori, utilizzo di ricatti, insulti verbali, colpevolizzazioni e ridicolizzazioni, denigrazioni, ecc.).

Nonostante la maggior parte degli stalker non sembrerebbe di indole violenta, i continui rifiuti possono portare il soggetto agente ad assumere comportamenti estremi come minacce esplicite o violenze142.

Nella fattispecie in esame, mentre le minacce sono già tipizzate e la violenza psicologica può essere fatta rientrare sotto il vasto concetto di molestia, manca qualunque espressa considerazione delle eventuali violenza fisica (intesa sia come violenza volta a costringere la vittima ad una condotta determinata paventandole ad esempio un imminente rischio di morte o di danno all’integrità fisica, sia come violenza che comporti un’aggressione fisica).

Laddove emerga, come assai di frequente avviene nella prassi, una qualche manifestazione di violenza fisica, la fattispecie che stiamo esaminando rischia di rivelarsi insufficiente; fatte salve le ipotesi nelle quali appaia opportuno ricorrere al concorso di reati, applicando le fattispecie di percosse ex art. 581 c.p. o di lesioni ex art. 582 c.p., e fatta salva l’applicazione della clausola di sussidiarietà143 prevista al primo comma dello stesso art. 612-bis c.p., sarebbe stato utile ed auspicabile che il legislatore avesse tenuto conto, durante la tipizzazione del fenomeno, anche della possibilità di utilizzo della violenza, considerando anche il fatto che la violenza rappresenta un elemento che molto spesso si accompagna alla mera minaccia e molestia.

142

G.BENEDETTO-M.ZAMPI-M.RICCI MESSORI-M.CINGOLANI, Stalking: aspetti giuridici, cit., 136.

82 Sarebbe insomma stato auspicabile l’espressa previsione di una circostanza aggravante che consentisse di descrivere questa sottofattispecie del fenomeno criminale di stalking, se non addirittura la scelta di tipizzare la violenza fisica come modalità della condotta insieme ad un più alto massimo della pena144. Il legislatore, con una tale previsione, avrebbe creato una norma maggiormente idonea a contrastare il fenomeno criminale in esame.

Si è invece preferito non tipizzare tale elemento, confidando nel ricorso all’istituto del concorso di reati.