Nel 1999 anche l’Italia si adegua alla tendenza europea e crea il proprio codice di corporate governance che prende il nome di Codice di autodisciplina delle società quotate o Codice Preda, da Stefano Preda che aveva presieduto il comitato che ha stilato i principi del Codice. La prima versione del Codice è preceduta da un rapporto a cura dei redattori che componevano il comitato, nella quale si legge che il contesto in cui il Codice nasce è una condizione della quale non si poteva non tenere conto. La redazione del Codice infatti è stata fortemente influenzata dal sistema del diritto societario vigente (peraltro non ancora riformato, come si vedrà in seguito) che nel caso italiano presenta notevoli differenze rispetto ai paesi dell’Europa continentale e soprattutto dei Paesi anglosassoni. Durante la stesura infatti, si è dovuto tenere conto di elementi peculiari e tipici del contesto italiano, quali ad esempio la struttura monistica del consiglio di amministrazione, la presenza obbligatoria del collegio sindacale come organo di controllo, la durata non superiore a tre anni degli organi sociali e la limitata presenza nei consigli di amministrazione dei
(38) Sia Maxwell, a suo tempo, sia più recentemente Enron e molte delle società che
sono fallite negli Stati Uniti avevano adottato ottime regole di corporate governance sulla carta. Evidentemente, la loro applicazione in concreto non è stata altrettanto soddisfacente.
(39) Come sottolineato da L.ENRIQUES, Codici di ”corporate governance”, diritto
societario e assetti proprietari: alcune considerazioni preliminari, in Banca impresa e società, 2003, I, p.115.
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managers. Ancora più importante è stata l’analisi condotta sulla
struttura di proprietà delle imprese quotate – tema cruciale nello studio del fenomeno dell’autoregolamentazione – che nella realtà interna vedeva in quel periodo un numero ristretto di società ad azionariato diffuso, a cui si affiancava un ampissimo numero di società a proprietà concentrata, struttura tipica delle società italiana (40). Questo ha costituito inizialmente un problema, in quanto è stato importato un modello di codice che veniva da stati diversi e con diverso diritto societario interno. In questo contesto il Codice viene concepito con il principale scopo di assicurare una buona governance, con l’auspicio di una massimizzazione del valore per gli azionisti, ritenendo il perseguimento di tale obiettivo capace di innescare un circolo virtuoso tale da ripercuotersi anche su tutti gli altri stakeholders – quali clienti, consumatori, fornitori, dipendenti, l’ambiente – i cui interessi sono già tutelati dall’ordinamento italiano. Il Comitato per la Corporate
Governance ha condotto, dunque, uno studio sui sistemi di governo
societario applicati dalle società quotate presso la Borsa Italiana, attraverso un questionario dettagliato che ha trovato la risposta della quasi totalità delle società quotate. Tale studio ha evidenziato che i sistemi di corporate governance delle società quotate apparivano validi – se pure diversificati a seconda delle caratteristiche proprie di ogni società -, ma non era presente uno standard di riferimento che rappresentasse la best practice verso cui tendere. Per questo, il Comitato per la corporate governance ha proposto nel 1999 un modello di Codice di autodisciplina allineato alla prassi internazionale, cercando di adattarlo alle specificità del contesto italiano.
(40) Come già accennato e come si vedrà in seguito, il grado di efficacia dei Codici di
autodisciplina è stato molto discusso. Nel particolare caso in questione, ci si è chiesti se le regole di buona governance individuate per modelli societari come le public companies possano essere importate in ambienti come quello italiano, in cui la separazione tra proprietà e controllo risulta meno evidente. A tal proposito si vedano L.SPAVENTA, Governo societario e assetti proprietari. Nota su un teorema non dimostrato, in Le nuove funzioni degli organi sociali: verso la Corporate Governance?, 2002, Milano, pp. 39 ss; S.RIGAMONTI, Nuove quotazioni alla borsa italiana. Separazione tra proprietà e controllo ed evoluzione della struttura proprietaria, 2006, Milano.
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Nella sua prima versione il Codice dedica sette dei tredici articoli totali che lo compongono al Consiglio di amministrazione, segnatamente alla definizione del suo ruolo e alla sua composizione (41), esaltandone la sua centralità e con l’obiettivo di rendere lo stesso il «baricentro del sistema di governance delle società quotate» (42) come è sancito dall’art. 1 del Codice stesso (43). Le altre raccomandazioni
riguardavano l’assemblea dei soci, la figura dei sindaci ed i rapporti con gli investitori istituzionali e gli altri soci (44). Oltre alla mancanza di previsioni riguardanti alcune tematiche che si possono notare nelle seguenti versione del codice, anche la struttura ha subito delle modifiche nel tempo. La particolarità del Codice Preda risiede anche nella sua struttura: ogni raccomandazione infatti era seguita da una sorta di commento, nel quale il Comitato poneva l’attenzione su questioni ritenute centrali o auspicava l’adozione di un determinato comportamento da parte dell’emittente o, ancora, forniva un’interpretazione e spiegazione delle raccomandazioni.
(41) In tema di composizione del consiglio di amministrazione di una società quotata
si veda: M.VENTUROZZO, La composizione del consiglio di amministrazione delle società quotate dopo il d. lgs. N. 303 del 2006: prime osservazioni, in Rivista delle società, 2007, pp. 205 ss. e M. STELLA RICHTER JR, Sulla composizione e sulla elezione dell’organo amministrativo di una società quotata, in Rivista del diritto commerciale, 2012, pp. 51 ss.
(42) Cfr. S.LOPREIATO eE.PUCCI, L’adeguamento del Consiglio di amministrazione
al codice Preda nelle società quotate, in Analisi giuridica dell'economia, 2003, I, p. 214. (43) Cfr. .2: «Il consiglio di amministrazione: a) esamina e approva i piani strategici,
industriali e finanziari della società e la struttura societaria del gruppo di cui essa sia a capo; b) attribuisce e revoca le deleghe agli amministratori delegati ed al comitato esecutivo definendo i limiti, le modalità di esercizio e la periodicità, di norma non inferiore al trimestre, con la quale gli organi delegati devono riferire al consiglio circa l’attività svolta nell’esercizio delle deleghe da loro conferite; c) determina, esaminate le proposte dell’apposito comitato e sentito il collegio sindacale, la remunerazione degli amministratori delegati e di quelli che ricoprono particolari cariche, nonché, qualora non vi abbia già provveduto l’assemblea, la suddivisione del compenso spettante ai singoli membri del consiglio e del comitato esecutivo; d) vigila sul generale andamento della gestione, con particolare attenzione alle situazioni di conflitto di interessi, tenendo in considerazione, in particolare, le informazioni ricevute dal comitato esecutivo (ove costituito), dagli amministratori delegati e dal comitato per il controllo interno, nonché confrontando, periodicamente, i risultati conseguiti con quelli programmati; e) esamina e approva le operazioni aventi un significativo rilievo economico, patrimoniale e finanziario, con particolare riferimento alle operazioni con parti correlate; f) verifica l’adeguatezza dell’assetto organizzativo ed amministrativo generale della società e del gruppo predisposto dagli amministratori delegati; f) riferisce agli azionisti in assemblea».
(44) Gli articoli della prima edizione del Codice di autodisciplina, anche detto Codice
Preda, erano le seguenti: 1. Ruolo del Consiglio di amministrazione; 2. Composizione del Consiglio di amministrazione; 3. Amministratori indipendenti; 4. Presidente del consiglio di amministrazione; 5. Informazioni al Consiglio di amministrazione; 6. Trattamento delle informazioni riservata; 7. Nomina degli amministratori; 8. Remunerazione degli amministratori; 9. Controllo interno; 10. Comitato per il controllo interno; 11. Rapporti con gli investitori istituzionali e con gli altri soci; 12. Assemblee; 13. Sindaci.
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Il verificarsi di diversi scandali finanziari nel mondo, nell’Europa e in Italia porta ad alcuni interventi legislativi che avranno come effetto anche quello di tornare sulle tematiche della corporate
governance e, conseguentemente, anche di modificare il Codice di
autodisciplina (in recepimento anche dei nuovi interventi legislativi). Dopo una piccola modifica nel luglio del 2002, che vede tra gli aspetti più rilevanti l’aggiunta al Codice di un articolo dedicato alle operazioni con parti correlate, intese come quelle parti in cui gli amministratori hanno “un interesse, anche potenziale o indiretto” (art. 11) (45), una più
incisiva modifica avviene nel 2006, questa volta sia dal punto di vista
strutturale che sostanziale. Sotto il primo profilo, il Codice assume la
peculiare struttura che ha poi conservato anche nelle modifiche successive: ogni articolo risulta ripartito in tre sezioni che prevedono principi, criteri applicativi e commenti. Sotto il profilo dei contenuti si verificano novità rilevanti dovute al fatto che questa specifica revisione del Codice proviene da un periodo denso di modifiche dell’ordinamento interno – in questo periodo hanno la riforma del diritto societario del 2003 e la Legge sulla tutela del risparmio del 2005 – con interventi che hanno apportato significative modifiche al Codice civile e al Testo Unico della Finanza. Inoltre, anche da parte degli attori del mercato, si assiste ad una sempre maggiore consapevolezza delle responsabilità che gli stessi hanno nei confronti degli investitori. Si evidenzia un’importante modifica riguardante il tema degli azionisti: si passa dall’articolo 13 del Codice del 2002 – che prevedeva la facilitazione della partecipazione degli azionisti alle assemblee – alla versione del 2006 che, abroga la versione precedente e modifica l’art. 11 rubricato “rapporti con gli investitori istituzionali e con gli altri soci” in “rapporti con gli azionisti” introducendo dunque le raccomandazioni previste in materia assembleare. Tale intervento risulta coerente con una delle necessità evidenziate dalla legge delega per la riforma del diritto societario, ossia quella di semplificare gli adempimenti concernenti la
(45) Tale articolo è stato successivamente abrogato, poiché nel 2010 la Consob ha
emanato un regolamento in materia di operazioni con parti correlate che avrebbe creato una sovrapposizione con quanto previsto nel Codice.
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partecipazione alle assemblee e di lasciarli – per quanto possibile – all’autonomia privata. Lo stesso intervento riformatore ha introdotto nell’ordinamento italiano i modelli di amministrazione e controllo alternativi rispetto a quello tradizionale – ossia il monistico e il dualistico – e anche il Codice di autodisciplina è stato adattato: nel 2006 compare, con l’introduzione dell’articolo 12, un riferimento ai sistemi di amministrazione e controllo monistico e dualistico.
Dopo le novelle di portata tendenzialmente generale del 2002 e del 2006, al fine di attuare la Raccomandazione della Commissione europea sul tema, nel 2010 si ha un’importante modifica del Codice con specifico riferimento alla remunerazione degli amministratori e dei dirigenti con responsabilità strategiche (46).La Raccomandazione aveva
come fine ultimo quello di far sì che gli Stati membri garantissero una maggiore trasparenza riguardo le politiche retributive ed il controllo da parte degli azionisti di tali politiche e delle singole remunerazioni. Gli interventi hanno riguardato: (i) l’introduzione della distinzione tra le remunerazioni degli amministratori esecutivi e di quelli non esecutivi; (ii) l’individuazione di condizioni per la corresponsione di retribuzioni formate da partecipazioni agli utili nei confronti degli amministratori (c.d. stock options); (iii) il contenimento dell’indennità dovuta all’amministratore per la cessazione anticipata del rapporto o per il mancato rinnovo (c.d. golden parachutes); (iv) la definizione delle funzioni svolte dal Comitato per la remunerazione; (v) la composizione del Comitato per la remunerazione e le garanzie volte ad ottenere una maggior correttezza delle decisioni (47).
Nel dicembre 2011 viene pubblicato il testo revisionato del Codice di autodisciplina per la corporate governance delle società quotate italiane, elaborato da un Comitato per la Corporate Governance composto da rappresentanti di Borsa Italiana s.p.a. e dalle associazioni
(46) La Raccomandazione cui ci si riferisce è la 2009/385/CE in materia di
“Remunerazione degli amministratori nelle società quotate”. L’articolo del Codice che viene coinvolto è l’art. 7 nella versione del 2010, mentre sarà il successivo art. 6 nella versione del 2011.
(47) In tema di comitati interni si veda anche R.LENER, Comitati interni e consiglieri
“non sorveglianti”, in Analisi giuridica dell’economia, 2007, pp. 370 ss.; M.STELLA RICHTER JR, I comitati interni all’organo amministrativo, in Rivista delle società, 2007, pp. 260 ss.
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di categoria delle imprese bancarie, assicurative e industriali – Abi, Ania, Assonime e Confindustria – e degli investitori istituzionali. Il Codice viene globalmente revisionato ed aggiornato con l’aggiunta di significative novità, l’eliminazione di alcune parti e la modifica di altre. Le novelle apportate al Codice seguono tendenzialmente tre direttive principali riguardanti la semplificazione e la chiarificazione delle regole già esistenti; l’allineamento delle condotte richieste alle nuove regole del diritto societario e comunitario; l’inserimento di nuovi principi volti ad innalzare gli standard di governance degli emittenti e ad anticipare i possibili futuri interventi legislativi (48). Seguendo questa linea l’intervento del 2011 persegue anche il fine di eliminare alcune sovrapposizioni con la legge, derivanti dalla riforma del diritto societario del 2003 che ha visto l’introduzione di significative novità legislative che recepivano alcune raccomandazioni del Codice – si dirà in seguito dell’influenza che l’autoregolamentazione ha, talvolta, sull’ordinamento e viceversa – rendendo quindi le stesse superflue (49).
Per quanto riguarda il ruolo ed il funzionamento del consiglio di amministrazione, le novità principali cui si assiste nel 2011 (50) riguardano (i) l’introduzione del nuovo compito di «definire la natura e il livello di rischio compatibile con gli obiettivi strategici»; (ii) il rafforzamento dell’autovalutazione che il consiglio è chiamato a svolgere con cadenza annuale; (iii) la specificazione delle funzioni del presidente in tema di circolazione delle informazioni. Viene confermata la funzione del consiglio quale organo guida dell’ente, viene nuovamente messa in luce la centralità del consiglio di amministrazione
(48) Le direttrici sono ben evidenziate da C. DI NOIA eE.PUCCI, Il nuovo Codice di
autodisciplina delle società quotate: motivazioni e principali novità, in Rivista del Diritto Societario, 1, 2012, pp. 115 ss., e da M.BAGLIONI E C.PRESCIANI, Nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate, in Le Società, 8/9, 2012, pp. 4 ss.
(49) Si pensi, ad esempio, al voto di lista per la nomina degli amministratori e dei
sindaci o delle operazioni con parti correlate, in principio contenute nel Codice di autodisciplina e, successivamente, disciplinate, rispettivamente, dagli artt. 147 ter; 148, comma 2, t.u.f.; 144 quater e seguenti del Regolamento Emittenti di Consob e, per quanto riguarda le operazioni con parti correlate l’art. 2391 bis c.c.
(50) Le novità riguardanti il consiglio di amministrazione sono volte ad assicurare una
maggiore effettività della sua azione, raccomandando condotte che ne garantiscano maggiore efficienza e miglior funzionamento. Sul punto si veda P.MARCHETTI, Il nuovo Codice di autodisciplina delle società quotate, in Rivista delle società, 2012, pp. 37 ss.
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in ambito di governance societaria, il quale persegue l’obiettivo della creazione di valore per gli azionisti, con la precisazione che questo deve riferirsi ad un «orizzonte di medio-lungo periodo». Viene ripresa in questa versione del Codice la disciplina prevista dall’art. 2381 c.c. (51),
confermando in linea generale il ruolo del consiglio di amministrazione quale organo di alta amministrazione e supervisore dell’operato degli amministratori delegati e in particolare (il Comitato) auspica che esso tenga monitorato lo stato di attuazione dei piani strategici industriali e finanziari approvati dallo stesso consiglio. La prima novità dunque che coinvolge il consiglio di amministrazione è quella che gli richiede di individuare i criteri in base ai quali la società potrà assumere rischi sostenibili dal punto di vista strategico. Questi criteri dovranno essere tenuti in considerazione dagli amministratori nelle loro scelte operative, in modo tale da evitare di prendere decisioni e compiere azioni che comporterebbero rischi eccessivi rispetto al livello stabilito. Il tema dell’auto-valutazione, rafforzata in questa edizione del Codice, ha un duplice scopo: da un lato verificare che in consiglio siedano membri con adeguate competenze professionali in relazione all’attività della società, dall’altro che sia sempre sotto controllo l’equilibrio delle componenti esecutiva, non esecutiva ed indipendente (52). Si cerca di
(51) L’art. 2381 c.c. afferma che «salvo diversa previsione dello statuto, il presidente
convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri. Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione». Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli articoli 2420 ter, 2423, 2443, 2446, 2447, 2501 ter e 2506 bis. Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate. Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.
(52) Data l’importanza che questo aspetto ha acquisito nel tempo ed in particolare con
l’edizione del Codice di autodisciplina in questione, è possibile oggi redigere l’auto-valutazione con l’aiuto di consulenti esterni, dando in seguito nella Relazione sul governo societario conto
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perseguire, dunque, l’obiettivo dell’efficiente composizione del consiglio di amministrazione, dove efficiente composizione è sinonimo di eterogeneità in ragione delle particolari professionalità, dell’esperienza, della diversità di genere, di anzianità di carica e della c.d. diversità internazionale (53). Per quanto riguarda invece l’ultimo insieme di modifiche che riguardano il consiglio di amministrazione, si sottolinea l’introduzione di due Criteri applicativi dell’articolo 1 riguardanti il compito del presidente, che deve garantire che «gli amministratori agiscono e deliberano con cognizione di causa», previsione già esistente a livello normativo nell’art. 2381, comma 6, c.c. che impone che sia il presidente del consiglio di amministrazione a provvedere che adeguate informazioni riguardanti l’ordine del giorno siano fornite a tutti i consiglieri (54).
Restano immutati i principi dettati dal Codice in tema di composizione del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per l’inciso che prevede che gli amministratori debbano essere «dotati di adeguata competenza e professionalità». Anche la figura dell’amministratore indipendente è stata oggetto di due importanti modifiche riguardanti la valutazione dell’indipendenza ed il numero di membri. Per quanto concerne il primo profilo, viene precisata la periodicità con la quale il consiglio di amministrazione dovrebbe
di eventuali ulteriori servizi che detti consulenti hanno fornito alla società. A riguardo si veda il Criterio 1.C.1, lett. h del Codice.
(53) Si noti che il rispetto della diversità internazionale rappresenta una condotta
virtuosa meramente auspicata - e non soggetta al comply or explain in caso di mancato adeguamento - contenuta nell’art. 1, sub Commento.
(54) Tale raccomandazione è ritenuta da alcuni fondamentale nel concreto
funzionamento del consiglio in quanto troppo spesso le informazioni e la documentazione pertinente è fornita poco prima della riunione o nella sede della riunione stessa agli amministratori, soprattutto se si tratta di amministratori non esecutivi, limitando così l’autonomia ed il libero apprezzamento del giudizio degli amministratori in sede di deliberazione. In questo senso, la modifica del Codice prevede, con il nuovo Criterio 1.C.6 la possibilità che, anche su richiesta di uno o più amministratori, i dirigenti responsabili delle diverse funzioni aziendali intervengano alle riunioni del consiglio per fornire i dovuti approfondimenti su un tema che sia anche di loro competenza. Sulle informazioni agli amministratori cfr. G.M.ZAMPERETTI, Il dovere di informazione degli amministratori nella governance della società per azioni, 2005; S.MARTUCCELLI,G.DI LORENZO e V.OCCORSIO, Mala gestio e responsabilità, in Rivista di diritto commerciale, 2017, pp. 38 ss.; M.STELLA RICHTER JR, L’informazione dei singoli amministratori, in Banca impresa e società, 2017, pp. 331 ss. e M.BAGLIONI E C.PRESCIANI, Nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate, in Le Società, 8/9, 2012, pp. 918 ss.
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valutare l’indipendenza dei suoi componenti e – come affermato nel Principio 3.P.2. – ciò deve avvenire «dopo la nomina e, successivamente, con cadenza annuale». In merito al secondo profilo, viene specificato il numero minimo di due indipendenti, eccezion fatta per le società appartenenti all’indice FTSE-MIB, raccomandazione che assume un rilievo particolare per quelle società il cui consiglio di amministrazione è composto da un numero inferiore a sette membri (55). Riconfermata anche la best practice dei comitati interni , le cui innovazioni più significative riguardanti i comitati riguardano la composizione e i requisiti richiesti per la nomina, al fine di rafforzare l’indipendenza e la professionalità dei membri (56). Il Codice auspica la