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Nell’ordinamento interno, così come in altri stati europei, la decisione di prevedere per legge il principio comply or explain può essere considerata un elemento che contribuisce al miglioramento dell’informativa al mercato. Come già evidenziato infatti, il nostro ordinamento prevede che le società quotate debbano rendere pubblica la scelta di aver aderito o meno a codici di comportamento in materia

(84) L’articolo citato riporta che «Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da

euro diecimila a euro un milione e cinquecentomila: a) ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione che commettono irregolarità nell'adempimento dei doveri previsti dall'articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter, ovvero omettono le comunicazioni previste dall'articolo 149, comma 3».

(85) Cfr. M.STELLA RICHTER jr., Il nuovo Codice di autodisciplina delle società

quotate e le novità legislative in materia di autoregolamentazione, cit., pp. 105; S.SEMINARA, Nuovi illeciti penali e amministrativi nella legge sulla tutela del risparmio, in Diritto pensale e processo, 2006, pp. 549 ss.; S.BRUNO, L’azione di risarcimento per danni da informazione non corretta sul mercato finanziario, 2000, Napoli; A.ALESSANDRI, Un esercizio di diritto penale simbolico: la tutela penale del risparmio, in La legge per la tutela del risparmio. Un confronto tra giuristi ed economisti, a cura di P. Abbadessa e F. Cesarini, 2007, Bologna.

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di governo societario e, nel caso di adesione, quali condotte previste dal codice vengono effettivamente applicate e da quali la società decide di discostarsi. È stato il recepimento della Direttiva 2006/46/CE che ha sancito per le società quotate l’obbligo di redigere una relazione sul governo societario, armonizzandone i contenuti minimi. Ciò è stato previsto al fine di migliorare l’informativa al mercato sull’adesione ai Codici di autodisciplina. Sin dal loro primo sviluppo infatti i codici hanno avuto un innegabile successo: per quanto riguarda l’Italia, ad esempio, dalla prima pubblicazione del Codice Preda la quasi totalità delle società quotate italiane dichiarava di aderire in toto o in parte al Codice, e situazioni analoghe erano individuabili in altri stati europei. Ciò che però è stato sempre ambiguo è la possibilità di verificare se tali raccomandazioni siano effettivamente applicate e non solo formalmente. Come già trattato in precedenza il problema che ne consegue non è di poco conto. L’adesione solo formale al Codice compromette l’affidabilità stessa delle informazioni fornite al pubblico che rischiano, dunque, di rendere la relazione sulla corporate

governance solo uno «specchietto per le allodole» (86) per gli investitori, che potrebbero essere fuorviati nel prendere le loro decisioni da relazioni sulla corporate governance contenenti informazioni inesatte ad investire in un determinato emittente (87). Per questo si ritiene necessario cercare tra le pieghe del sistema la migliore soluzione per prestare congrua sanzione ai comportamenti che falsano l’informazione al mercato. Si è già evidenziato come nell’ottica di fondo del Codice di autodisciplina dovrebbe essere il mercato stesso ad esprimere le sanzioni nei confronti degli operatori che comunichino informazioni inesatte, facendo perdere loro reputazione e alzando quindi il costo della raccolta del capitale. Come già visto però, lasciare

(86) Come le definisce G.PRESTI, Tutela del risparmio e Codice di Autodisciplina delle

società quotate, cit., p. 53.

(87) Cfr. IBIDEM, p. 53, in cui si evidenzia come le esperienze di fallimenti di grandi

società quotate hanno mostrato quanto sia elevato il rischio che tramite la relazione sulla corporate governance siano veicolate agli investitori informazioni inesatte in grado di distorcere il corretto funzionamento del mercato.

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al mercato il compito di irrogare autonomamente sanzioni potrebbe non portare i risultati sperati.

Nella maggior parte degli ordinamenti giuridici i codici di

corporate governance non hanno uno specifico fondamento giuridico e

non sono giuridicamente vincolanti (88). Esprimono la presa di coscienza dei loro ideatori che i mercati finanziari sembrano attribuire un’importanza crescente alla corporate governance (89), diventata una

pietra di paragone nella valutazione del buon management e della società stessa. L’enforcement è posto nelle mani degli organi sociali, in particolar modo del consiglio di amministrazione (90), mentre nell’ottica di fondo del Codice dovrebbe essere lasciato alle forze di mercato che, in questo caso, non riguardano solo l’effetto di un’informazione inesatta sulla formazione del prezzo, ma anche – ad esempio – le decisioni fatte dalle banche di investimento, dalle agenzie di rating e gli effetti sull’opinione pubblica. È questo il caso di molti

(88) Esaminando l’ordinamento giuridico e il contesto a cui le regole di corporate

governance si riferiscono, si possono osservare diverse situazioni: la prima prevede che i codici di comportamento, introdotti su base volontaria e non giuridicamente vincolanti non abbiano particolari e specifiche tecniche di enforcement. La responsabilità che i principi dei codici adottati vengano effettivamente messi in atto è affidata al board della società. L’enforcement dunque si manifesterà tramite una serie di strumenti basati soprattutto sulla reputazione della società. Una seconda scuola di pensiero prevede una sorta di «juridification» e gli strumenti di enforcement possono essere identificati in regole di diritto esterne alla società. Il terzo caso esamina quelle situazioni in cui la legge fa riferimenti ai codici di comportamento, collegandoli a conseguenze legali anche se non espressamente richiamate dalla legge ma che derivano dall’ordinamento generale. Infine, ci sono casi in cui l’enforcement dei codici di corporate governance è rimesso nelle mani dell’autorità di vigilanza che deve quindi intervenire sull’effettiva attuazione degli stessi. Per approfondimenti E.WYMEERSCH, Enforcement of Corporate Governance Codes, in Journal of Corporate Law Studies, 2006, pp. 113 ss. è evidente come il problema dell’enforcement si profili sin dall’inizio complesso poiché instaura una relazione particolare con l’ordinamento vigente, creando un’interazione tra ciò che è volontario e ciò che è obbligatorio.

(89) Ciò sembra essere confermato anche dal fatto che la qualità del sistema di governo

rappresenta il terzo criterio di investimento dopo la qualità del management, ossia le risorse apicali che guidano l’azienda, e i fondamentali aziendali legati sostanzialmente al business, ai mercati geografici di riferimento, ai canali di vendita e all’efficienza. In prospettiva, la qualità della corporate governance, insieme al livello di responsabilità socio-ambientale, diventerà un criterio sempre più importante nel processo di valutazione degli investitori istituzionali. Cfr. V. DE MOLLI e M.VISANI, Quando è la governance a creare valore. Le società con un sistema di gestione efficace attirano capitali e remunerano i soci, in IlSole24Ore, 8 Marzo 2018, pp. 8 ss. (90) Anche l’assemblea può avere un ruolo attivo nel controllo della governance,

soprattutto quando devono essere prese importanti decisioni. Tuttavia, in molti ordinamenti giuridici non spetta all’assemblea intervenire con la gestione della società e la pressione esercitata dagli azionisti di maggioranza potrebbe influenzare o, addirittura, determinare le posizioni assunte dal consiglio di amministrazione.

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stati europei, tra cui figura anche l’Italia (91). Talvolta questo approccio

è sostenuto in modo piuttosto generale da parte dell'autorità di vigilanza del mercato, anche senza che la stessa si impegni a far rispettare i codici. Se l’enforcement da parte del mercato sia un valido strumento per garantire il rispetto dei codici è una questione molto controversa, e prove empiriche basate su un recente studio sulla Germania mostrano una risposta piuttosto negativa, o almeno nessuna correlazione positiva significativa con i prezzi di mercato. Altri studi indicano che, sebbene l'assenza di strutture di governance e di regole credibili possa avere un impatto negativo sulla formazione dei prezzi, non si può osservare in questo senso un’influenza positiva (92).

Si sono dunque nel tempo prospettate diverse soluzioni di

enforcement complementari alle sanzioni reputazionali, al fine di

garantire un’informativa corretta al pubblico relativa alla governance della società. Una buona qualità dell’informativa permetterebbe anche di verificare l’effettiva implementazione delle raccomandazioni adottate, poiché le relazioni sulla governance consentirebbero di compiere ex post una verifica di questo tipo, che necessita di un controllo avente come presupposto l’accesso a un ampio spettro di informazioni dettagliate ed aggiornate sulla realtà della società in questione. Ed è da considerare questo il motivo per cui molti degli ordinamenti europei hanno preferito affidarsi, in via prioritaria o pressoché esclusiva, a meccanismi di private enforcement per tutelare l’esigenza della rispondenza tra quanto dichiarato dalle società in materia di governo societario e il sistema concretamente posto in essere. Tale scelta da un lato, trova il suo fondamento nella natura, nella quantità e nella qualità delle informazioni che la società è tenuta a fornire al mercato e alle società di gestione dei mercati, da cui si originano rimedi la cui attivazione spetta alle stesse società di gestione; dall’altro gli ordinamenti europei hanno ritenuto opportuno estendere

(91) Oltre all’Italia, una situazione analoga riguardo il tema dell’enforcement si è

verificata in Francia, Belgio, Svezia e Svizzera.

(92) Per un approfondimento cfr. E.WYMEERSCH, Enforcement of Corporate

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l’applicazione dei tradizionali strumenti endo-societari generali anche a questioni relative alla corporate governance, dal momento che le condotte poste in essere dagli amministratori relativamente a tali aspetti possono, in alcuni casi, ledere direttamente diritti soggettivi dei soci, degli azionisti e dei creditori. Ecco perché si è optato per un

enforcement di tipo interno, che prevede controlli endo-societari per la

maggior parte e, in via residuale, un intervento delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari. In alcune circostanze infatti il ruolo delle autorità di vigilanza può essere rilevante, in particolar modo quando le dichiarazioni rese al mercato sono difformi rispetto alla realtà del governo societario in modo da configurare un abuso di mercato e specificatamente una «manipolazione del mercato» (93), anche se non

priva di ostacoli alla sua applicazione (94). L’organo di vigilanza può essere chiamato anche a rivestire un ruolo, anche se indiretto, con riferimento all’adesione sostanziale delle società quotate rispetto ai codici di corporate governance in ragione della sua vigilanza sugli organi endo-societari deputati ad effettuare lo specifico tipo di controllo di cui si sta ragionando.

Il caso italiano risulta singolare nella sua configurazione poiché da un lato viene affidato dalla legge per la tutela del risparmio espressamente al collegio sindacale il compito di vigilare sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dal

(93) Cfr. L. CARDIA, Considerazioni sul Codice di Autodisciplina delle Società

Quotate nel nuovo contesto normativo, in Politeia, 2006, pp. 123 ss.

(94) Come sottolineato da S. ALVARO, P. CICCAGLIONI e G. SICILIANO,

L’autodisciplina in materia di corporate governance. Un’analisi dell’esperienza italiana, Quaderni giuridici CONSOB, 2013, p. 26. nella definizione di «manipolazione del mercato» fornita dalla Direttiva 2003/6/CE art. 1 (c.d. direttiva del Market abuse) si ricomprende «la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, compresa la diffusione di notizie incontrollate o di informazioni false ovvero fuorvianti, se la persona che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti ” e in ogni caso, “le definizioni di manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la possibilità di includere nuovi tipi di attività che in base alla prassi costituiscono manipolazioni di mercato». Un potenziale ostacolo a questo tipo di fattispecie è legato alla manipolazione del mercato che, per far si che sussista la fattispecie sanzionabile, deve essere price sensitive ai sensi dell’art. 185 del t.u.f., quindi idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari. Pertanto, sarebbe necessario dimostrare che l’informativa contenuta nella relazione di governance sull’adesione ai codici di comportamento, poi non effettivamente implementate, può avere un impatto significativo sui corsi azionari.

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codice di comportamento cui la società, mediante informativa al pubblico dichiara di attenersi (95), affidando esplicitamente al collegio sindacale il compito di «vigilare affinché le società quotate attuino effettivamente le regole di corporate governance dettate dai codici cui hanno aderito» (96). All’interno di questo contesto si inserisce la funzione di vigilanza, con un connesso potere sanzionatorio, della Consob (97) nei confronti del collegio sindacale nei casi in cui siano commesse irregolarità nell’adempimento dei propri doveri. Si può quindi affermare che nel nostro ordinamento esiste una particolare fattispecie di public enforcement – detto indiretto o di secondo grado – che si concretizza nella vigilanza da parte dell’autorità di vigilanza sul soggetto che è designato dalla legge a controllare la rispondenza tra l’adesione dichiarata e quella effettiva.

Ad ogni modo le soluzioni proposte per garantire la veridicità delle informazioni tendono a preferire rimedi privati. Si analizzeranno in seguito i rimedi di natura privatistica tipici del nostro ordinamento (98).

Un singolare meccanismo di enforcement privato può essere considerato quello attivabile da Borsa Italiana s.p.a. con riferimento a specifici obblighi contrattuali che gravano sulle società che hanno azioni quotate nel segmento Star (99) del Mercato telematico azionario

(95) Con queste parole si esprime G.F.CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2004,

Torino.

(96) Cfr. L.DE ANGELIS, Sub art. 149, in Testo Unico della Finanza, a cura di M.

Fratini e G. Gasparri, 2012, Torino; S.FORTUNATO, Art. 149, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di G. Alpa e F. Capriglione, 1998, Padova; C.RABITTI BEDOGNI, Art. 149, in Il testo unico dell’intermediazione finanziaria: commentario al D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di C. Rabitti Bedogni, 1998, Milano.

(97) Cfr. anche G.SCONAMIGLIO, La responsabilità civile della Consob, in Trattato

di diritto commerciale e diritto pubblico dell’economia, a cura di F. Galgano, 2006, Padova. (98) I rimedi di private enforcement risultano inoltre simili in tutti i paesi europei. A

tal riguardo si veda la ricerca commissionata dalla Commissione europea pubblicata il 23 settembre 2009: Study on Monitoring and Enforcement Practices in Corporate Governance in the Member States.

(99) Come sottolineato da D. CATERINO, Autodisciplina societaria e doveri del

Collegio sindacale nella legge sul risparmio, in Banca borsa e titoli di credito, 2008, I, pp. 473 ss., «Borsa Italiana s.p.a. ha subordinato il solo accesso al più prestigioso segmento del mercato (c.d. STAR) non alla formale adesione ma al concreto adeguamento dello statuto sociale dell’emittente e dei comportamenti dovuti da parte dei suoi organi a una serie di principi di governance mutuati dal Codice di autodisciplina (…)», affiancando quindi al generico dovere di comply or explain un obbligo di compliance sostanziale su cui è necessario vigilare.

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organizzato e gestito dalla stessa Borsa Italiana. Il Regolamento dei Mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a. ritiene il rispetto di una serie di raccomandazioni dettate dal Codice di autodisciplina come un pre-requisito necessario per accedere alla qualifica d’eccellenza, nonché una condizione per mantenerla nel tempo (100). Il Regolamento dei Mercati attribuisce dunque a Borsa Italiana il potere di escludere dalla qualifica Star le azioni nel caso in cui le condizioni vengano a mancare, delistando la società quotata. Come già accennato in precedenza, per il settore Star è possibile affermare che l’adesione

sostanziale alle regole fondamentali del Codice di autodisciplina e la

corretta informativa al mercato in materia sia una condizione essenziale per mantenere la qualifica di eccellenza, che può e deve essere costantemente verificata da Borsa Italiana (101).

La maggior parte dei meccanismi di private enforcement rientrano, come accennato, negli strumenti ordinari previsti dalla tutela civilistica finalizzati a porre rimedio a comportamenti illegittimi posti in essere dagli amministratori della società (102), essendo esperibili nel momento in cui la violazione di un loro dovere si sia già realizzata. Riferendosi alla fattispecie dell’autoregolamentazione, è necessario chiedersi se sia configurabile la violazione di un dovere specifico da parte degli amministratori assumono comportamenti che si discostano da quanto dichiarato in materia di adesione al Codice di autodisciplina e di compliance alle singole raccomandazioni dettate. Gli strumenti civilistici ordinari infatti possono essere applicati soltanto se si

(100) I requisiti menzionati che devono essere rispettati per ottenere e mantenere tale

qualifica riguardano la composizione del consiglio di amministrazione, gli amministratori indipendenti, la remunerazione e i comitati interni, come specificato dal Regolamento Mercati. (101) In questo caso quindi si considera se la società di gestione sia garante della

veridicità delle informazioni che riguardano l’autoregolamentazione delle società ammesse al segmento in questione o se possa essere chiamata a rispondere solo in relazione all’incompletezza o incoerenza delle stesse. Sul punto cfr.F.CAFAGGI, Le responsabilità dei regolatori privati. Tra mercati finanziari e servizi professionali, in Mercato concorrenza regole, 2006, pp. 9 ss.

(102) A fronte della responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo si

configura una responsabilità dell’emittente. Per approfondimenti sul tema cfr. P.ABBADESSA, L’insider trading nel diritto privato italiano: prima e dopo la legge n. 157/1991, in Banca borsa e titoli di credito, 1992, I, pp. 749 ss.; C.AMATUCCI, L’azione collettiva nei mercati finanziari come strumento di governo societario (Divagazioni in tema di trasparenza obbligatoria e di effettività dell’art. 2395 c.c.), in Rivista delle società, 2005, pp. 1336 ss.; M. CAMPOBASSO, L’imputazione di conoscenza nelle società, 2002, Milano ed anche M. SPERANZIN, Vendita della partecipazione di “controllo” e garanzie contrattuali, 2006, Milano.

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configura la violazione di un dovere giuridico. Il dovere giuridico in capo agli amministratori di agire in conformità a quanto dichiarato in materia di governo societario, implementando un sistema che sia coerente rispetto a quanto affermato, sembra potersi desumere dall’art. 149, co. 1, lett. c bis del t.u.f. che, come già detto, prevede il dovere del collegio sindacale di vigilare sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario cui la società ha dichiarato di aderire. Esistendo dunque il dovere del Collegio sindacale di vigilare questo senso, è possibile ritenere esistente anche il dovere dell’organo di amministrazione di agire nella medesima direzione, assicurando che le modalità di concreta attuazione del Codice di autodisciplina siano conformi rispetto alle dichiarazioni rese al mercato (103).

Accettando questa tesi, per cui la mancata osservanza di dichiarazioni formalmente adottate configura una violazione di un dovere giuridico da parte degli amministratori (104), secondo il generale regime di responsabilità dettato dall’art. 2392 c.c. che prevede che gli amministratori debbano adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, si può ipotizzare l’applicabilità di rimedi generali che l’ordinamento interno fornisce per le violazioni dei doveri da parte dell’organo di amministrazione della società.

In primo luogo, la previsione di cui all’art. 2406 c.c., che riconosce al collegio sindacale il potere di convocare direttamente l’assemblea nei casi in cui siano ravvisati fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgenza di provvedere. Un possibile strumento utilizzabile è da considerare l’azione di responsabilità sociale (artt. 2393, 2393-bis c.c.): azione generale, di natura risarcitoria, riconosciuta alla società nei confronti degli amministratori che siano stati inadempienti

(103) A sostegno di ciò si noti che altrimenti, verrebbe a perdere di significato la

specifica vigilanza prevista in capo al Collegio sindacale.

(104) Sul punto M.STELLA RICHTER JR, Il nuovo Codice di autodisciplina delle società

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rispetto ai doveri che derivano dalla legge o dallo statuto (105). Proseguendo, si può considerare l’azione dei creditori prevista dall’art. 2394 c.c., che sancisce la responsabilità degli amministratori per i danni che il loro operato ha causato ai creditori sociali. L’ambito di applicazione della disposizione è tuttavia oggetto di dibattito giurisprudenziale e dottrinale (106). Tale possibilità potrebbe applicarsi però solo nel caso in cui si adotti un’interpretazione più estesa dell’articolo, secondo la quale gli amministratori sarebbero responsabili anche nei confronti dei creditori sociali per la violazione del generale obbligo di diligenza e vigilanza sull’andamento della gestione estendendo questa responsabilità rispetto a quella che grava per gli amministratori nei confronti della società. Tenendo in considerazione questa interpretazione si potrebbe ritenere esperibile l’azione prevista dal 2394 c.c. nel caso in cui i creditori abbiano subito un danno giuridicamente rilevabile dovuto alla violazione da parte degli amministratori del dovere di agire in conformità con quanto dichiarato in materia di governo societario, per la quale però si riscontrerebbero le stesse difficoltà di prova del nesso causale tra condotta e danno. Un altro