• Non ci sono risultati.

PARTE I: INQUADRAMENTO TEORICO

CAPITOLO 1: l’ADHD, deficit di attenzione, iperattività/impulsività

1.8 Evoluzione del disturbo

L’ADHD rappresenta una delle condizioni maggiormente incidenti in età evolutiva. L’età d’insorgenza è collocata, secondo i sistemi nosografici internazionali, entro il settimo anno (ora dodicesimo con il DSM-5), anche se il disturbo comincia ad essere considerato e rilevato a partire dai 3-4 anni, poiché dall’anamnesi è possibile riconoscere sintomi di deficit di

autoregolazione comportamentale già a partire dal periodo prescolare. Come mostrato nella meta-analisi di Mulqueen et al. (2013), interventi comportamentali con i genitori di bambini ADHD in età prescolare producono benefici significativi e il trattamento appare un’ottima alternativa di fronte alla riluttanza di molti genitori di affidarsi ai farmaci psicostimolanti con soggetti in fascia prescolare. “E’ comunque interessante notare come negli ultimi anni la ricerca internazionale si stia confrontando con un problema particolarmente delicato: da un lato, infatti, c’è il tentativo di riconoscere indicatori sempre più precoci che consentano di individuare tempestivamente i bambini a rischio; dall’altro, è oggetto di discussione lo spostamento della soglia d’età oltre il settimo anno, non potendo escludere completamente la possibilità che una predisposizione neurobiologica emerga chiaramente solo più tardi, a seguito di specifici fattori ambientali elicitanti.” (Fedeli, 2013, p. 14)

Marzocchi et al. (2012) indicano un decorso evolutivo suddivisibile in 5 fasi, per ognuna delle quali è possibile riconoscere un particolare pattern di sintomi:

Ø la fase prenatale in cui è possibile valutare i fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo;

Ø la fase 3-6 anni Ø la fase dell’età scolare

Ø la fase tardo-infantile e pre-adolescenziale Ø la fase adulta.

(Per quanto concerne lo stadio prenatale si rimanda al § 1.6) Gli elementi che –nei primi anni di vita - possono essere letti come precursori di un disturbo strutturato vanno interpretati e collocati in un periodo evolutivo dei bambini caratterizzato da forte fluidità e instabilità. In questa fase di sviluppo è decisamente elevata la reattività a fattori contestuali e pertanto si presenta il rischio di produrre atti diagnostici basati su dati temporanei e non rappresentativi della condotta globale dell’individuo. Un’individuazione precoce del disturbo non è facile, poiché caratteristiche primarie dell’ADHD che potrebbero apparire come sintomatiche, possono rivelarsi transitorie per bambini che nella scuola dell’infanzia vivono situazioni meno strutturate,

rispetto alle quali l’osservazione e la definizione di comportamenti problematici risulta più complessa. Conseguentemente a ciò, va sottolineato che qualsiasi procedura diagnostica precoce “presenta un elevato rischio di incorrere in falsi positivi, ossia di riconoscere come ADHD bambini in realtà solo molto vivaci o comunque privi di un disturbo strutturato.” (Fedeli, 2013, p. 177) Nondimeno una diagnosi precoce può rappresentare anche una preziosa occasione per riconoscere rapidamente i soggetti a rischio al fine di predisporre interventi mirati ed efficaci volti a evitare o ridurre pericolose progressioni. Fedeli (2013) sostiene che pur con tutte le cautele valutative riferite alla diagnosi in età prescolare, e bilanciando rischi e vantaggi, è possibile propendere per una valutazione anticipata finalizzata a riconoscere alcuni fattori di rischio. A tal fine segnala tuttavia la necessità di dover affrontare delle criticità collocate in 4 aree:

• evolutività delle condotte, ossia i rapidi cambiamenti comportamentali dei bambini dettati sia dallo sviluppo di specifiche aree cerebrali, sia dagli stimoli ambientali, sia dalle pratiche educative;

• assenza di setting strutturati, cioè strutturazione di ambienti che divengono più rigidi a partire dalla scuola primaria e che facilitano la manifestazione e l’osservazione di deficit di attenzione e autocontrollo comportamentale;

• alta incidenza di fattori oppositivi che si accompagnano spesso in comorbilità all’ADHD, ma che compaiono come fisiologici nel periodo 2-5 anni, andando a ridursi nel corso del tempo;

• elevata variabilità delle prestazioni, ovvero estrema variabilità intra e inter individuale di comportamenti e performance in età prescolare, che rende assai complesso il riconoscimento di alcune traiettorie evolutive disfunzionali.

La sintomatologia dell’ADHD cambia con l’età e significativi sono i momenti di transizione, come quelli di passaggio da un ciclo formativo ad un altro. In questo senso è sostanziale, la fase scolare intorno ai 6 anni. Con l’ingresso alla scuola primaria, i bambini sono chiamati ad apprendere tutta una serie di

nuove abilità e competenze che richiedono attenzione, sforzo cognitivo prolungato nel tempo, organizzazione e/pianificazione delle attività e dei compiti, assunzione consapevole di regole e comportamenti adeguati al setting scolastico. Queste complesse e concomitanti richieste espongono i soggetti con ADHD a forti compromissioni in ambito scolastico e relazionale, che si esplicitano -con maggior chiarezza rispetto al passato- attraverso difficoltà sia in ambito cognitivo-comportamentale sia nell’area della prosocialità. Le difficoltà d’interazione con i pari si manifestano anche nelle attività sociali extrascolastiche, dove i bambini con il disturbo da deficit attentivo e d’iperattività/impulsività trovano grandi difficoltà di accettazione e inclusione a causa di comportamenti invasivi, distruttivi, provocatori e più in generale antisociali. Ciò ingenera un senso di frustrazione di fronte a richieste contestuali che non possono essere adeguatamente attesa dai bambini con tale disturbo, e che pertanto vivono un senso d’inadeguatezza che può condurre a sviluppare sentimenti depressivi. Con la crescita la maggior parte dei bambini con ADHD tende ad avere una persistenza dei sintomi (dalle forme più gravi a quelle con minor compromissione funzionale) pur manifestandosi una riduzione nella gravità degli stessi (Biederman et al. 2000).

Nello stadio che comprende la tarda infanzia e la preadolescenza emergono con forza i conflitti scolastici, familiari e sociali. Generalmente l’iperattività motoria si attenua ma permangono sintomi di disattenzione e impulsività. Inoltre in questa fase si presentano frequentemente comorbilità psichiatriche e “coloro che mantengono solo i sintomi cardine del disturbo ADHD con problemi di attenzione predominanti avranno più possibilità di avere una migliore evoluzione in adolescenza mostrando problemi prevalentemente scolastici.” (Marzocchi et al. 2012, p. 33)

Nella fase adolescenziale i livelli d’iperattività si abbassano, migliorano ma non si estinguono i deficit legati a disattenzione e controllo degli impulsi. In questo stadio possono sopraggiungere però problemi legati all’autostima e al tono umorale, collegati non solo alle difficoltà scolastiche ma anche alle

criticità connesse con il processo di costruzione identitaria e di realizzazione autonoma della interazioni sociali. “In circa il 25% dei casi, può svilupparsi una depressione associata a scarsa autostima, e una diminuita speranza di successo per il futuro scolastico e professionale (Marzocchi et al., 2012, p.33-34). Studi di follow-up su adolescenti con ADHD del sottotipo iperattivo, hanno evidenziato l’alto rischio di sviluppo di problemi di tipo psichiatrico, sociale, familiare, scolastico, legale destinati a persistere anche in età adulta. (Kooij, 2012) Le conseguenze in adolescenza date da una disfunzionalità evolutiva sono già state in precedenza messe in luce in uno studio di Barkley del 1998 ed in una successiva ricerca del 2006.

Fig. 1.4 ADHD in adolescenza (Barkley R.A., 2006)

Nell’ultima fase, corrispondente all’età adulta, l’ADHD assume caratteristiche diverse. In merito all’evoluzione del disturbo, 16 studi longitudinali condotti dal 1971 al 1996 indicano come una quota di soggetti diagnosticati affetti da ADHD nell'infanzia/adolescenza continui a manifestare una sintomatologia importante anche in età adulta (Faraone et al. 2006). In questo stadio permangono problemi legati alla pianificazione delle attività, all’organizzazione in campo lavorativo, a bassa autostima con tendenza all’isolamento sociale, a vulnerabilità psicopatologica e a condotte rischiose. Un tempo si supponeva che la patologia col tempo scomparisse, mentre attualmente la lettura del deficit di attenzione/iperattività ha evidenziato che nei soggetti diagnosticati già in età infantile:

- il 40% presenta una remissione del disturbo;

- il 40% manifesta una permanenza dello stesso con correlate difficoltà sociali, di regolazione emotiva ed inserimento professionale;

- il 20% presenta un mantenimento dei sintomi nucleari e disturbi di adattamento sociale, abuso di alcol e sostanze, basso livello accademico e occupazionale, problemi psichiatrici. (Ianes et al., 2009) A conclusione di questo paragrafo si riporta una breve sintesi delle modificazioni del disturbo in relazione all’età secondo la proposta di Ianes et al. (2009, pp.24-27)

DECORSO DEL DISTURBO IN ETA’ PRESCOLARE • Marcata iperattività

• Sonno discontinuo e agitato • Aggressività

• Litigiosità

• Frequenti scoppi d’ira • Oppositività

• Scarsa percezione del pericolo con presenza di frequenti incidenti DECORSO DEL DISTURBO IN ETA’ SCOLARE • Evidente inattenzione, impulsività e iperattività

• Tendenza a evitare compiti complessi e lunghi

• Difficoltà associate alle caratteristiche primarie: difficoltà scolastiche • Comportamenti aggressivi/provocazioni

• Senso di inadeguatezza e scarsa fiducia nelle proprie capacità • Relazioni sociali difficili

DECORSO DEL DISTURBO IN ADOLESCENZA • Evidente inattenzione

• Carente capacità di organizzazione e pianificazione • Abuso di sostanze

• Problemi emotivi, comportamento aggressivo

DECORSO DEL DISTURBO IN ETA’ ADULTA • Scarso successo scolastico e lavorativo

• Difficoltà di inserimento sociale

• Comportamento antisociale e delinquenza

CAPITOLO 2: la valutazione