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PARTE I: INQUADRAMENTO TEORICO

CAPITOLO 4: successo scolastico e ADHD

4.4 I fattori di rischio

Disagio e dispersione scolastica sono originati da una molteplicità di ragioni, che vanno lette secondo una visione integrata e interrelata tra variabili soggettive e macrosociali. “Quando ci si confronta con il disagio sociale ed educativo l’applicazione di uno schema di lettura lineare (“causeffettuale”) si rivela praticamente impossibile: la complessità delle variabili in gioco e l’imprevedibilità delle risposte soggettive di ciascun individuo, infatti, non consentono di anticipare in modo deterministico il manifestarsi dei fenomeni. Non è corretto in conclusione, parlare di “cause” ma piuttosto di “fattori-rischio”, cioè di variabili di ordine psicologico, culturale, sociale, che, combinandosi soggettivamente nella storia personale di ciascun ragazzo, possono condurlo a vivere situazioni di malessere o di aperto conflitto”.

(Regoliosi,1999, p.232) E’ possibile distinguere e considerare i fattori di

rischio in quattro aree di riferimento: l’area individuale, l’area

scolastica/pedagogica, l’area socio-familiare, l’area macrosociale, le ultime tre aree individuate anche come fattori endogeni e fattori esogeni. (Morgagni, 1999)

I fattori riconducibili al soggetto sono molteplici e sono ascrivibili alle caratteristiche psicologiche individuali che si riflettono in scarsa motivazione, basso livello di autostima, limitato controllo emotivo, limitata tolleranza alle frustrazioni e inadeguato stile attribuzionale. (Grazzini, 2005)

Accanto alle caratteristiche psicologiche si possono affiancare anche ridotti livelli di competenze e conoscenze, determinati da povertà di contenuti e di strutture cognitive, da stili di apprendimento inefficaci e assenza di riflessione sui processi metacognitivi. (Grazzini 2005)

Infine vanno considerati anche gli effetti determinati dalle tappe di sviluppo e nello specifico dalle situazioni di disagio che possono emergere da condizioni evolutive preadolescenziali e adolescenziali. Il disagio evolutivo può essere analizzato in termini descrittivi (tensione e ambivalenza tra sé e la società, sperimentazione e messa alla prova del sé, isolamento contrapposto a vissuti d’onnipotenza, rifiuto della socializzazione istituzionale) e in termini interpretativi (“compiti evolutivi” ossia insieme di prove di iniziazione alla vita adulta che possono generare stati transitori di sofferenza o conflitto) (Regoliosi, 1999). Non da ultimo vanno anche considerati aspetti relativi alla biografia personale (e familiare) del soggetto quali processi migratori, urbanizzazioni, provenienza da culture marginali o emarginate.

I fattori riconducibili alla scuola sono plurimi e si collocano su differenti piani. Sul piano delle interazioni, inadeguate competenze comunicative tra i vari attori coinvolti possono condurre a problemi relazionali tra pari, tra bambini e docenti, e tra famiglie e docenti, come anche tra gli stessi insegnanti con il rischio di una grave perdita in termini di collegialità,

efficienza ed efficacia e di una centratura sull’istruzione a scapito della relazione. Disagio e dispersione divengono allora “forme di rottura del patto formativo tra scuola e individuo”, (Liverta Sempio, 1999, p.34), configurandosi come un’interruzione nella relazione di complementarità e reciprocità. La psicologia culturale ha sottolineato come il rapporto pedagogico si costruisce a partire da una convergenza di soggettività, in cui i docenti hanno un ruolo determinante nella costruzione di spazi di incontro e dialogo. “Se per gli attori scolastici non vi sono possibilità interne ed esterne per questo incontro, allora il rapporto educativo, i processi d’insegnamento-apprendimento sono privi di fondamenta e, quando vengono intrapresi, risultano sia per l’insegnante che per l’allievo riproduzioni di copioni di vita sentiti come estranei anziché interpretazioni personali nella direzione della reciproca comprensione e della condivisone.” (Liverta Sempio, 1999, p. 36) La scuola può risultare fattore di rischio per il disagio e la dispersione scolastica anche nel momento in cui pratica una didassi con approcci desueti e prevalentemente trasmissivi, che non cogliendo le opportunità offerte da metodologie attive, laboratoriali e cooperative, e non accogliendo i nuovi linguaggi delle TIC e della multimedialità, non è in grado di rispondere ai bisogni motivazionali degli alunni. “Diversamente che in passato, il bambino di oggi si trova a interagire con tre tipi di realtà: quella virtuale, quella concreta, quella simbolica, che organizzano i significati secondo modalità molto diverse.” (Groppo, Locatelli, 1999, p.131) L’epoca odierna tecnologica e multimediale apre alla scuola nuove sfide e implica un vero e proprio cambio di paradigma, poiché i modelli di pensiero lineari tradizionali sono ora sostituiti da modelli complessi e reticolari, in cui i saperi non sono mai assoluti ma in divenire. L’utilizzo sincronico di più codici e canali comunicativi dà “alla conoscenza una nuova forma, che inevitabilmente influenza anche la struttura della nostra enciclopedia mentale” (ivi, p.130) Di fronte a ciò la scuola stessa è chiamata a rispondere attraverso l’assunzione di nuovi modelli conoscitivi e una rivisitazione non solo dei sillabi ma anche degli approcci e delle metodologie.

Infine anche il sistema scuola, inteso nei termini di struttura e organizzazione, può pesare sfavorevolmente sul successo formativo. Una gestione e strutturazione del tempo scolastico poco flessibile, spazi e strutture inadeguati, ambienti di apprendimento obsoleti, composizione delle classi in assenza di criteri di eterogeneità ed equilibrio, rigidità dei curricoli, assenza di reale continuità tra un ciclo di studi e il successivo, carenza nell’orientamento, scarsa formazione in servizio dei docenti sono solo alcune delle variabili che possono incidere negativamente nella realizzazione del mandato istituzionale volto a garantire il successo formativo di tutti gli allievi. Non da ultimo talvolta l’incapacità della scuola di tessere solide reti comunicative con il territorio può depauperare o non accogliere occasioni formative e culturali offerte dalla realtà locale, occasioni che possono avvicinare alunni con disaffezione/demotivazione scolastica e possono giocare un ruolo decisivo per aprire la scuola all’esterno e a vissuti esperienziali e a saperi non esclusivi delle aule scolastiche.

Tra i fattori di rischio contestuali la famiglia assume un’importanza strategica. Variabili influenti sono la composizione e la tipologia del nucleo familiare, il grado di scolarizzazione dei genitori, la condizione lavorativa e più in generale il livello socio-economico. Gli studi sociologici degli anni ’70 (Basil Bernstein e Pierre Bordieu) hanno evidenziato come la dimensione socio-economica familiare possa influenzare scelte scolastiche o determinare uscite precoci dal sistema formativo, favorendo processi di produzione-riproduzione delle disuguaglianze sociali ed educative. Gli studi degli ultimi decenni pur riconoscendo la multifattorialità dei fenomeni legati alla dispersione scolastica, individuano nello sviluppo socio-economico un fattore determinante per il manifestarsi del fenomeno e nell’emarginare ed escludere gli studenti in funzione delle loro caratteristiche di classe sociale, di sesso o di territorialità. (Besozzi, 1993).

Le famiglie sono anche spazi dell’affettività e delle relazioni, espressioni di culture familiari e veicoli di un patrimonio culturale che sono decisivi nelle ricadute sulle capacità di apprendimento e sui modelli di socializzazione dei

bambini e dei ragazzi. Ambienti familiari ipostimolanti possono generare un ridotto sostegno nei riguardi dei minori e una minore sensibilità nei confronti degli apprendimenti e più in generale dell’investimento da attribuire alla scuola e al valore del successo formativo. Anche gli stili educativi familiari possono incidere negativamente se si traducono in forme autoritarie, permissive, iperprotettive, come anche in modelli genitoriali che non trovano tra loro coerenza ed alleanza educativa. I fattori familiari divengono fattori di disadattamento specifico rispetto all’apprendimento nel momento in cui si manifestano attraverso “la latitanza del genitore come mediatore di cultura, estraneità e disinteresse dei genitori per la scuola, spesso derivanti da una percezione di inefficacia dello studio ai fini dell’inserimento lavorativo, o, di converso, eccessiva valorizzazione della scuola, da cui possono scaturire atteggiamenti ansiogeni o iperprotettivi (il rifiuto dell’insufficienza, la tendenza a negare le difficoltà del figlio, scaricando le responsabilità solo sull’insegnante.” (Regoliosi, 1999, pp.238-239)

Per quanto concerne i fattori di rischio riferiti all’area macrosociale questi afferiscono complessivamente a fenomeni di deprivazione socioculturale ed economica. Il grado di sviluppo socio-economico delle aree interessate incide sulle possibilità di reddito familiare. Analogamente lo stesso condiziona in modo sostanziale la realtà territoriale in termini d’infrastrutture e servizi (sistemi di comunicazione, di trasporto e collegamento, servizi alla persona, sostegni individuali, familiari, collettivi, sostegni alla scuola e alle politiche educative, offerte culturali e aggregative, ecc.). Aree economicamente povere e con inadempienze territoriali possono favorire forme di svantaggio socioculturale e produrre spinte maggiori per una fuoriuscita anticipata dal sistema scolastico-formativo. Va detto inoltre che “Il contesto socio-culturale nel quale viviamo è segnato da processi di marginalizzazione che interessano non più, esclusivamente, categorie di soggetti appartenenti a circuiti di devianza, ma anche classi sociali medie, che pur portando con sé una tradizione di “normalità” fatta di lavoro, istruzione e valori sociali, sono divenute economicamente classi a cavallo tra integrazione e malessere, posizionandosi ai margini delle stratificazioni

sociali, con tutte le conseguenze che ciò comporta.” (Di Maio, Maiorana, 2008)

Condizioni di sottosviluppo o povertà e degrado territoriale (regionale o metropolitano) possono in modo combinato veicolare modelli valoriali fragili o compromessi che possono essere fonte di disagio socio-culturale, i cui effetti si riproducono sui processi di formazione dell’identità giovanile. Gli stessi sono sintetizzati da Regoliosi (1999, p.237) in: frammentazione dell’esperienza individuale (vissuti quotidiani molteplici e non integrati organicamente in un progetto di vita), eccedenza nella pluralità di codici e riferimenti culturali che generano nei ragazzi una serie indefinita di modelli possibili, ostacoli all’autonomia, destrutturazione spazio-temporale con conseguenze sui tradizionali modelli familiari, sulla significatività della scuola, sulla dimensione tempo in termini di memoria storica e di progettualità futura.

I fattori di rischio alla radice dei fenomeni del disagio e della dispersione scolastica che abbiamo fin qui delineato – individuali, pedagogico-scolastico, familiari, sociali economici e culturali- indicano la natura plurale e interdipendente degli stessi. La letteratura scientifica invita a trattare il fenomeno del disagio e della dispersione scolastica abbandonando un’ottica lineare di causa effetto per abbracciare un approccio globale, al fine cogliere in chiave multidimensionale collegamenti e correlazioni. In sintesi solo un

approccio sistemico che metta in relazione fattori intra e inter individuali e

fattori endogeni ed esogeni può assicurare una lettura completa di un fenomeno così complesso e articolato.