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PARTE I: INQUADRAMENTO TEORICO

CAPITOLO 5: autostima e sistema attributivo negli ADHD

5.1 L’autostima

Il concetto di sé è l’insieme di elementi a cui un soggetto fa riferimento per descrivere se stesso. Il concetto di autostima è invece la valutazione che viene effettuata a partire dalle informazioni ricevute dal concetto si sé, e che permettono a ogni singolo individuo di avere un’opinione e determinare una valutazione su se stesso. L’autostima si genera attraverso la combinazione di informazioni oggettive e di valutazioni soggettive operate dall’individuo sui dati esterni che gli vengono rimandati su se stesso.

L’autostima afferisce alla capacità di accettare il proprio modo di essere, il proprio temperamento e carattere, di manifestare soddisfazione rispetto a ciò che si è realizzato o si sta realizzando, di conoscere i propri punti di forza e assumere con consapevolezza i propri limiti e difetti accettandoli o impegnandosi a modificarli.

All’opposto la disistima si configura nel momento in cui un individuo non accetta il suo modo di essere e agire e vive l’insoddisfazione in vari ambiti, siano essi relazionali, affettivi, scolastici e di realizzazione personale.

L’autostima emerge ed agisce in ciascun essere umano, che l’esprime attraverso necessarie motivazioni legate all’immagine di sé, all’autopercezione, all’autorealizzazione di aspettative, aspirazioni e bisogni. Proprio tra i bisogni, la stima è stata collocata da Maslow (1957) nella sua

piramide gerarchica, che dai bisogni primari e fisiologici giunge a quelli più elevati e complessi, rappresentati dalla piena autorealizzazione del potenziale individuale. Se alla base della piramide si trovano i bisogni materiali, salendo si incontrano bisogni più immateriali legati alla sicurezza (fisica, di occupazione, familiare, sociale, ecc.) all’appartenenza (familiare, amicale, affettiva) e alla stima, ovvero a ciò che concerne l’autostima, l’approvazione, il riconoscimento.

Il concetto di sé unitamente a quello di autostima hanno una lunga e forte tradizione nell’ambito degli studi scientifici e delle elaborazioni teoriche. Operando una lettura secondo una prospettiva storica, già nel 1890 è possibile leggere una delle prime definizioni di autostima proposta da William James, secondo cui la stessa è da intendersi come: “Autostima = Successo/Aspettative”. Questo approccio ha avuto il pregio di considerare l’autostima come un costrutto globale, ovvero una caratteristica psicologica unitaria. Parallelamente però ha esibito il limite di aver fortemente ed esclusivamente legato l’autostima personale al risultato dato dal confronto tra successi ed aspettative, relegando il paradigma in una dimensione strettamente intraindividuale. Questa interpretazione ha pertanto escluso la considerazione degli effetti e delle incidenze date dai fattori ambientali, siano essi fisici, culturali, educativi, familiari e sociali. Infatti, i diversi contesti e ambienti di vita condizionano –in termini migliorati o peggiorativi- i comportamenti, le azioni e le prestazioni di un soggetto, agendo conseguentemente nella costruzione dell’autostima personale.

Strettamente connessa alla definizione e interpretazione dell’autostima è stata la considerazione della sua origine, ovvero la necessità di comprendere se l’autostima si generi all’interno dell’individuo o se nasca dall’influsso di fattori esterni. Storicamente una delle prime risposte è stata fornita da Cooley (1902), il quale ha indicato che la considerazione di sé nasce dal modo in cui gli altri ci rimandano, specchiano e riflettono le nostre azioni e caratteristiche. Un rinvio negativo (indifferenza, disprezzo ...) da parte dell’altro ci porta ad assumere il punto di vista che ci è stato comunicato. La controversia sul fatto che l’autostima sia un processo individuale o sia

piuttosto originata da un processo interattivo e relazionale ha ricevuto una considerevole attenzione nell’ambito della letteratura psicologica. Rogers & Dymond (1954) ancora molti anni fa hanno posto l’attenzione sulla differenza tra sé reale e sé ideale, facendo evolvere la fomula di James in “Autostima = Risultati reali / aspettative ideali”. La formazione dell’autostima nascerebbe quindi dalla relazione che si instaura tra Sé reale e Sé ideale. Il primo rimanda alla visione soggettiva di abilità, capacità, qualità che ciascun soggetto individua come presenti o assenti in se stesso, alla luce dei successi o raggiunti o mancati. Il Sé ideale invece è rappresentato dall’immagine della persona cui ogni individuo aspira ad essere. Il livello di autostima sarà determinato dal confronto e sarà tanto più basso quanto il Sé reale si distanzierà dal Sé ideale.

Il concetto di sé “generalizzato” è stato ripreso successivamente da altri autori, i cui modelli teorici hanno condotto alla strutturazione di scale di valutazione dell’autostima di natura prettamente unidimensionale, che secondo Bracken (1993, p.14) “si sono rivelate di scarsa utilità sia nel lavoro clinico sia nell’ambito della ricerca poiché sono costituite da una mescolanza di item troppo disparati e combinati in modi spesso sbilanciati e non adatti a fornire un punteggio globale dell’autostima.” La questione che quindi si è aperta è stata quella di valutare se concetto di sé ed autostima dovessero essere letti secondo una prospettiva unidimensionale o multidimensionale. Il dibattito scientifico si è espresso attraverso studi e ricerche che si sono orientate prevalentemente verso una prospettiva multidimensionale (Harter, 1983; Piers, 1984; Marsh & Holmes, 1990), che in anni recenti è stata sempre più ampiamente accettata e considerata nella sua struttura gerarchica. Secondo questo modello l’autostima generale si trova all’apice, mentre le varie dimensioni interconnesse vengono ne costituiscono un sottolivello (Epstein, 1973; Shavelson et al. 1976). Gli ambiti indicati come fondamentali per un idoneo e sano sviluppo psicologico di un soggetto a partire dall’infanzia sono (Moè, 2014; Lawrence, 1996; Shirk & Harter, 1996):

• L’area delle relazioni interpersonali, che concerne le interazioni sociali che bambini e ragazzi instaurano con le altre persone nei diversi

ambienti di vita, ove l’autostima viene influenzata dal grado di positività del contatto, dalla reazione altrui, dal raggiungimento di obiettivi grazie a rapporti sociali riusciti.

• L’area di padronanza ambientale, che inerisce i successi o fallimenti che gli individui sperimentano nel tentativo di risolvere problemi, raggiungere gli scopi o determinare le situazioni nei contesti di azione. I successi sono vettori di autostima, mentre gli insuccessi compromettono una positiva percezione di sé e della propria stima. • L’area dell’emotività, per la quale le reazioni emotive di bambini e

adolescenti sono direttamente influenzate da rinforzi positivi o rifiuti posti in essere dal loro comportamento rispetto a situazioni attivanti. • L’area scolastica, in cui l’autostima si alimenta o si riduce in funzione

dei successi, delle esperienze, dei vissuti che si producono nel contesto scuola.

• L’area familiare, che interessa tutte le relazioni che l’individuo co-costruisce con le persone con cui condivide gran parte della giornata, persone che si prendono cura della sua persona, del suo sviluppo e della sua educazione, agendo sulla costruzione della sua autostima presente e futura.

• L’area del vissuto corporeo, in cui l’aspetto fisico ma anche prestazionale influenzano la percezione di sé, attraverso il proprio modo di vedersi e valutarsi e attraverso i ritorni che gli altri – dall’esterno- restituiscono sulla condizione corporea.

Alcuni autori hanno prediletto alcune solo alcune aree. Susan Harter (1983) per verificare l’autovalutazone che un bambino fa delle proprie competenze ha costruito la Percevied Competenzce Scale, appoggiandosi alla dimensione sociale, fisica e scolastica. Analogo è il caso di Pope, Mc Hale & Graighead (1992), che hanno considerato per la redazione del Five-scale of Self-Esteem for Children, quattro ambiti -e nello specifico le sottoscale dell’autostima scolastica, sociale, corporea e familiare- per misurare e ottenere il profilo dell’autostima di bambini e ragazzi.

Su questa matrice si colloca anche il modello gerarchico proposto da Bracken (1993), che diversamente dai casi precedenti, utilizza per il suo TMA, Test Multidimensionale dellAutostima, tutte e sei le sottoscale. Per Bracken i livelli muldimensionali sono interdipendenti e –come mostrato nella figura 5.1- si sovrappongono in parte tra di loro, in parte rispetto al nucleo centrale che genera l’autostima globale. Ogni dimensione specifica riveste livelli differenti d’importanza in relazione a ciascun soggetto ma ognuna concorre in egual misura alla costruzione dell’autostima globale.

Fig. 5.1 Modello gerarchico multidimensionale dell’autostima (Bracken, 1993, p.21)

Il modello multidemensionale dell’autostima proposto da Bracken si basa su processi di valutazione messi in atto dal singolo nella continua interazione con il proprio ambiente, integrando quindi una prospettiva individuale e una esterna determinata dal giudizio degli altri.

Fig. 5.2 Modello di acquisizione interattiva dell’autostima (Bracken, 1993, p.29)

L’autostima è così da leggersi come un costrutto complesso che al pari di altri (competenza, intelligenza) rappresenta secondo Bracken (1993) uno schema che ogni soggetto impara nell’interazione che man mano conduce con e su ambienti diversi. Nello specifico “L’autostima è uno schema comportamentale e cognitivo appreso, multidimensionale e riferito ai differenti contesti, che si basa sulla valutazione espressa da un individuo delle esperienze e dei comportamenti passati, influenza i suoi comportamenti attuali e ne predice quelli futuri. Quindi, il concetto di sé, sia negli ambiti specifici, sia in generale, è un costrutto in cui interagisco ambiente e

comportamenti. In questo costrutto il “Sé” è uno schema di comportamento sufficientemente peculiare a un determinato individuo da poter essere identificato solo con quell’individuo. Benché l’autostima legata ad ambiti specifici venga acquisita in ciascuno dei contesti in cui l’individuo opera, queste autostime specifiche sono moderatamente intercorrelate. In sintesi, le singole autostime che si sovrappongono rappresentano l’autostima globale”. (Bracken, 1993, p.30)

Appare quindi con evidenza come l’autostima è interessata e interessi tre differenti aree: quella cognitiva, quella emotiva e quella comportamentale. La prima riguarda le opinioni che ciascun individuo ha di se stesso e che derivano dalla sua percezione e dai suoi vissuti corporei, dalla vita affettiva e relazionale, dalla sua dimensione accademica e professionale, dalla sua autorealizzazione. La seconda concerne le reazioni emotive, quali affetto, ostilità, indifferenza, ecc., che si diversificano in funzione di come i comportamenti precedenti di un individuo siano stati rinforzati o puniti e che variano in relazione alle valutazioni personali e sociali rispetto al comportamento tenuto. Infine l’autostima attiene all’area comportamentale, ovvero a tutte le manifestazioni ed azioni attraverso cui una persona manifesta rispetto per se stesso, cura personale e ricerca del soddisfacimento dei propri bisogni. Campbell e Lavallee (1993) hanno dimostrato come l’autostima influisca su cognizione, emozioni, comportamento e anche motivazione.

L'autostima comincia a formarsi sin dall’infanzia e si struttura durante l’arco della vita. È importante sottolineare che “il sentimento di autostima non è innato: lo si impara in famiglia, nella scuola, nella società in genere. Dipende dai messaggi che un bambino riceve, se egli si sente accettato e prezioso” (Satir, 1972). La concezione d sé acquisita tra il primo e il secondo anno di vita, nel momento in cui il bambino inizia a separare se stesso e le sue azioni da altri oggetti dell’ambiente fisico e sociale, è ancora fortemente vincolata a caratteristiche molto concrete, qualità fisiche o elementi posseduti. La descrizione e valutazione di sé fatta in modo assoluto e di alternative radicali con il tempo si modifica ed anche il concetto di sé si trasforma passando da

idee sul Sé corporeo a quelle sul Sé interiore o morale (Epstein, 1973; Harter, 1983; Rosenberg, 1979). Un’autostima sana ed una positiva autovalutazione trovano le radici nell’infanzia e gettano le basi della percezione che un soggetto avrà di sé nel corso della vita. Con il processo di crescita e di sviluppo evolutivo i bambini passano da concezioni del Sé concrete a concezioni del Sé astratte e differenziate, iniziano a descrivere se stessi includendo elementi di personalità, accogliendo le opinioni di coloro che li circondano, operando confronti tra se e stessi e gli altri e comprendendo punti di vista altrui. Con l’adolescenza si inaugura un periodo cruciale nello sviluppo del concetto di Sé: il pensiero astratto ed ipotetico e le capacità introspettive si coniugano con un pensiero che riflette su sé e su come siamo visti dagli altri (Flavell, 1985). Avere una buona autostima risulta essere il fattore centrale di un buon adattamento socio-emozionale.

L’autostima non afferisce solo al benessere mentale e personale di un individuo ma influenza tutti i contesti di vita, mostrandosi strettamente associata ai successi scolastici (Pope et al., 1992). Bloom ha affermato che “a fini pratici, il concetto di sé scolastico è la più valida tra le misure psicologiche nel predire il successo scolastico, poiché incide per il 25% sulla variazione nel rendimento scolastico dopo il periodo della scuola elementare (Bloom, 1976, p. 95). Numerosi autori hanno rilevato una correlazione tra autostima e successo scolastico, correlazione ancor più evidente se si esaminano specificatemene le valutazioni che i bambini danno di se stessi come studenti e quindi della loro autostima scolastica (Pope et al., 1992). Alla luce di ciò non si può affermare che una buona autostima generi buone valutazioni scolastiche o il contrario, ma certamente si può sostenere che ci sia un principio di reciproca causalità tra positiva percezione di sé e riuscita nelle performance. Maggiore è la considerazione e valutazione che si ha di se stessi, maggiori saranno i risultati positivi, come analogamente il raggiungimento di un buon voto produrrà una ricaduta positiva innalzando il livello di autostima personale. Inversamente, una bassa o cattiva opinione di sé porteranno a impattare sulla realizzazione dei task scolastici, incidendo fortemente sull’efficacia della performance, talvolta sino a contraddire le reali

capacità del soggetto. Come sostiene Braken (1993, p.28): “Benché l’autostima scolastica non coincida con la capacità scolastica, essa viene comunque sviluppata attraverso i propri successi e fallimenti negli ambienti e nelle attività scolastiche. Viene manifestata con affermazioni e giudizi ed è altamente predittiva della performance scolastica futura. Allo stesso modo in cui le concrete abilità scolastiche sono un’indicazione di ciò che una persona può fare in ambito scolastico, l’autostima scolastica è una valutazione personale di come uno studente vede e vive la sua riuscita in ambito scolastico, e conduce anche a una produzione di come è verosimile che riesca a scuola in futuro.”