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Il quadro teorico

2.5.2 Evoluzione dei modelli di PKM

Nell’ultimo decennio, molti studiosi si sono cimentati nella creazione di un modello di PKM, ovvero nello sviluppo di un approccio metodologico necessario ad acquisire e gestire i processi di trasformazione dell’informazione in conoscenze. Una rassegna dei principali modelli è contenuta nel volume Personal Knowledge Management. Individual,

Organisational and Social Perspectives a cura di Pauleen e Gorman (2011). I

diversi contributi presentano varie prospettive, da quello della filosofia stoica, a quelle più moderne della teoria della comunicazione e dell’informatica. Non vi è però una chiara ricostruzione dei modelli che sono stati sviluppati negli ultimi 10 anni e che tenteremo di riportare di seguito, facendo riferimento ai principali autori di questo filone di ricerca, ancora poco esplorato, come detto in precedenza.

Modello della UCLA University (Frand & Hixon, 1999)

L'approccio della UCLA (Frand & Hixon, 1999) contemplava un percorso formativo di PKM articolato in cinque passaggi principali:

1. searching/finding 2. categorizing/classifying

3. naming things/making distinctions 4. evaluating/assessing

5. integrating/relating

Come osservano Cheong & Tsui (2011), il framework proposto da Frand & Hixon (1999) si focalizzava sulla gestione delle informazioni e non teneva in dovuta considerazione l’importanza della gestione delle relazioni e delle attività interpersonali.

Modello della Millikin University (Avery et al., 2001)

Avery et al. (2001), basandosi su un’idea di Paul Dorsey della Millikin University, svilupparono un altro framework che include sette tipologie di competenze:

1. Retrieving information 2. Evaluating information

2.5 PKM (Personal Knowledge Management)

3. Organizing information

4. Collaborating around information 5. Analyzing information

6. Presenting information 7. Securing information

Secondo Avery et al. (2001) occorre distinguere tra dati, informazioni e conoscenza. Le informazioni possono diventare conoscenza solo attraverso attività che includano comparazione, analisi delle conseguenze, costruzione di connessioni con altre informazioni e conoscenze e attraverso lo scambio conversazionale con altre persone.

Modello di Tsui (2002)

Tsui (2002) fornì un modello – piuttosto ‘tecnocentrico’ – del PKM, basato sull’insieme dei processi che gli individui devono portare a compimento nelle loro attività quotidiane come per esempio racccogliere, classificare, archiviare, cercare e riutilizzare conoscenza, non solo in ambito lavorativo, ma anche nelle attività sociali.

Le attività/competenze previste dal suo modello sono le seguenti: 1. locate the right information quickly;

2. stay abreast with business and technology trend; 3. switching between learning and practising; 4. create new knowledge and be innovative;

5. maintain communications and build trust among peers.

In realtà questo modello rappresenta solo un’evoluzione del framework proposto dalla Millikin (Avery et al., 2001), forse con un accento maggiore sull’innovazione e sulla capacità di innovare.

Modello di Barth (2003)

Il framework della Millikin è stato ripreso anche da Barth (2003), che lo arricchisce rispetto alla lacuna che egli trova più forte nel modello. Barth (2003) afferma che, riferendosi solo all'information, non si toccano tutti quei processi necessari per la creazione di conoscenza, andando così a suggerire di

aggiungere la parola ideas al modello, proprio per sottolinearne l'accezione cognitiva. Il modello di Barthes è quindi:

1. Retrieving information and ideas; 2. Evaluating information and ideas; 3. Organizing information and ideas;

4. Collaborating around information and ideas; 5. Analyzing information and ideas;

6. Presenting information and ideas; Securing information and ideas. La riflessione di Barth (2003) sta ad evidenziare quanto sia strategico, per la gestione di conoscenza, che le competenze messe in campo non si fermino solo alle informazioni, ma interagiscano con esse fino alla generazione stessa di conoscenza.

Modello di Berman & Annexstein (2003)

Riprendono il framework di Avery et al. (2001) anche Berman & Annexstein (2003), che svilupparono un PK-Book, ovvero un modello per fornire una struttura organizzativa e una metodologia, oltre a un set di strumenti e applicazioni utili. Il modello si compone di tre parti:

1. a structured and secured container for the organisation of information; 2. algorithms for the generation of associated contextual metadata; 3. utilisation of a contextual engine driven by applications.

Modello di Pollard (2004)

Pollard (2004) ha elaborato un proprio modello che si focalizza su tre dimensioni (acquisione delle informazioni, processamento delle informazioni e attività sociali), ognuna delle quali include varie attività.

1. Informazion acquisition

a. looking up data, finding / retrieving information & answers, compiling/ researching / reading/ studying / learning, and subscribing to information source.

2. Information processing

a. writing / analysing /narrating / interpreting, editing /reviewing / annotating, and sharing and publishing knowledge work.

2.5 PKM (Personal Knowledge Management)

3. Social activities

a. finding people and experts / connecting to people / collaborating and interacting.

Pollard (2004) sottolinea, inoltre, che questo ‘sistema’ non configura una sequenza pre-definita di attività, come accadeva nei modelli precedenti, ma in qualche modo descrive il set di operazioni che sottointendono tutte le attività intellettuali umane.

Altri modelli

Efimova (2005) sostiene che il PKM è un processo interattivo che coinvolge persone, organizzazioni e idee. Questo approccio sottolinea il supporto che un

knowledge worker può ricevere nell’assumere una prospettiva attiva nello

studio del suo lavoro e delle sue funzioni. Efimova afferma che aspetti importanti nel PKM sono l’auto-imprenditorialità (managing a one-person

enterprise) e altri aspetti connessi della letteratura sull’efficacia personale, la

gestione del tempo, il personal branding e la capacità di fare networking. Wright (2005) definisce PKM come la capacità di accedere alle informazioni e applicare le risorse e i processi conoscitivi per rafforzare l’efficacia, la produttività e la capacità innovativa dei singoli lavoratori. Per questo motivo, basandosi sullo studio di lavoratori della conoscenza di alto profilo, Wright propose un framework alternativo, in cui attività di problem solving vengono connesse a specifiche competenze cognitive, informatiche, sociali e di metacognitive.

Zuber-Skerritt (2005) hanno sviluppato una ‘soft methodology’ di PKM basato sui sette valori e principi del modello ALAR (Action learning and action

research) che, a loro volta, generano sette tipi di PKM che possono essere

utilizzati nella formazione manageriale e nelle strutture organizzative.

Agnihotri and Troutt (2009), rifacendosi al modello di Tsui (2002), riconoscono l’importanza degli strumenti tecnologici per rafforzare l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di PKM.

In effetti, in anni più recenti, lo sviluppo dei modelli di PKM ha cominciato a focalizzarsi sull’uso delle tecnologie, ovvero degli strumenti on-line, delle applicazioni del cosiddetto web 2.0 e del semantic web. Pettenati et al. (2007)

hanno studiato le relazioni tra strumenti di social networking e competenze di PKM.

Diao, Zuo e Liu (2009) hanno indagato sulla possibilità di applicare l’intelligenza artificale ai sistemi di PKM per permettere:

1. intelligent search of knowledge; 2. automatic classification of knowledge; 3. conversion of tacit knowledge

Kim, Breslin and Decker (2009) hanno studiato e realizzato un sistema di tagging semantico, basato su wiki (WANT, Wiki-based social Network Thin

Client) per rappresentare la conoscenza personale e per favorire i processi di

collaborazione e comunicazione nella costruzione di conoscenza.

Volkel & Haller (2009) hanno sviluppato un modello chiamato CDS (Conceptual Data Structure) per superare il gap tra contenuti non strutturati (per esempio note informali) e semantiche formali (ontologie). Gli utenti sono invitati a utilizzare semantiche generiche e poi a sottoporle tramite relazioni arbitrarie a semantiche più generali. In questo modo si cerca di raccordare la conoscenza personale con la necessità organizzativa di avere una semantica condivisa.

Come osservano Cheong & Tsui (2011) finora lo sviluppo dei modelli di PKM comprende due cluster principali: uno basato sulle skills/attività e l’altro sulle tecnologie, che possono essere, a loro volta, maggiormente focalizzati sull'individuo o sul gruppo. Una rappresentazione cronologica di questi due filoni è fornita nella Fig. 10.

1 1 9 F ig u ra 1 0 E vo lu zi on e d ei m od el li d i P K M . F o n te : C h eo n g & T su i, 2 0 1 1

Neuroscienze e PKM

In uno studio pubblicato su Scientific American, Gary Small (Small & Vorgan, 2008a, 2008b), professore in neuroscienze della UCLA, mette in evidenza l'evoluzione delle attività celebrali rilevabili dall'uso pervasivo delle tecnologie digitali: l'uso di internet attiva alcune aree celebrali, soprattutto quelle frontali e temporali, sede decisionali del cervello e fulcri del ragionamento complesso (Jacobs, 2008). I risvolti della ricerca sono molteplici: i riscontri neurali sostengono i processi di acquisizione e gestione della conoscenza in rete, con impatti diversi rispetto alle tipologie dei soggetti in rete (Small & Vorgan, 2008a). Per esempio, rispetto ai nativi digitali gli studi di Small confermano scientificamente la formazione di nuove competenze di multi-tasking.

Today’s frenetic progress in technology, communications, and lifestyles is evolving the way young brains develop, function, and process information – creating new neural pathways and altering brain activity at a biochemical level. "Instead, our brains are developing circuitry for online social networking and are adapting to a new multitasking technology culture” (Small & Voragan, 2008a).

Nelle persone più anziane, la ricerca in internet può essere utile per contrastare l’invecchiamento cerebrale:

A simple, everyday task like searching the Web appears to enhance brain circuitry in older adults, demonstrating that our brains are sensitive and can continue to learn as we grow older” (Small & Voragan, 2008a).

L'uso della rete per accrescere conoscenze e competenze si delinea su orizzonti positivi, rivalutando le proprie doti di bilanciamento degli aspetti formali e informali, in rete come in presenza:

The best approach is to make sure that we are spending enough time offline, both with other people and on our own. The lure of technology can present a daily challenge for many people so scheduling regular breaks and learning ways to reduce stress and increase focus are helpful too” (Small & Voragan, 2008a).

2.5 PKM (Personal Knowledge Management)