Il quadro teorico
2.3 La teoria connettivista
questa. Nel modello di Lave e Wenger la perifericità dei nuovi arrivati, che si contrappone alla partecipazione piena degli anziani, è collegata alle questioni dell’accesso alla rete della comunità e all’apertura, all’attraversamento dei confini della comunità stessa. A mano a mano che i nuovi arrivati diventano habituè passano dallo svolgimento di compiti minimi e superficiali – ma comunque utili– allo svolgere funzioni via via sempre più centrali nella comunità.
2.3 La teoria connettivista
Il connettivismo è l’integrazione dei principi esplorati dalle teorie della complessità e del caos, dalla telematica (la scienza delle reti) e dai principi di auto-organizzazione.
Connettivismo significa applicare i principi delle reti alla definizione sia della conoscenza sia dei processi d’apprendimento. È quindi sia una teoria della conoscenza sia una teoria dell’apprendimento. In questo contesto la conoscenza si definisce come un particolare modello di relazioni e l’apprendimento come la creazione di nuove connessioni e modelli che ci guidano nell’attuale modello reticolare. Il presupposto di questo modello si basa sul fatto che studi di altri ricercatori (per es. Klein 1998, Berenreiter 2002) hanno dimostrato che la nostra mente è una mente ‘modellizzante’, cioè che tendiamo, in situazioni ambientali complesse, a ritrovare schemi e modelli e a riorganizzare la nuova conoscenza in essi.
Il connettivismo tratta i principi dell’apprendimento a diversi livelli: neuro-biologico, concettuale e relazionale-sociale.
A livello neurologico l’apprendimento è il risultato della formazione di nuove connessioni neurali (sinapsi). Secondo G. Siemens la stessa struttura d’apprendimento che crea connessioni neurali, si ritrova anche nei tipi di collegamenti che facciamo tra le idee e nel nostro modo di relazionarci con gli altri e con le fonti d’informazione. Molti degli attributi delle reti neurali sono presenti in quelle concettuali e in quelle sociali ed esterne e, viceversa: c’è una relazione simmetrica tra i tre livelli di rete. Lo studio della corteccia cerebrale
ha dimostrato, per es., che le teorie dei legami deboli e dei piccoli mondi – che abbiamo illustrato sopra – si applicano anche alle reti neurali.
A livello concettuale da anni si è messo in evidenza che la capacità di chi apprende nuove informazioni è spesso legata alle reti concettuali già presenti nella sua mente: c’è già uno schema in chi ha già qualche nozione della materia e, talvolta anche in chi non la ha (non si è mai tabula rasa). Compito di chi apprende è trovare nuovi elementi (“punti di informazione”) e inserirli nella rete. Le “connessioni creano significato” afferma Siemens (2005b): il modo in cui mettiamo insieme le idee è un’indicazione della nostra comprensione di una particolare materia/argomento. Anche le reti concettuali – come già quelle neurali - presentano gli stessi attributi delle reti sociali (legami deboli, piccoli mondi ecc.). Tuttavia in questo campo non sono state ancora condotte ricerche sufficienti; studi recenti si sono piuttosto concentrati sull’utilizzo di strumenti informatici per la realizzazione di mappe mentali e concettuali. Il connettivismo si basa infatti sull’inclusione della tecnologia come parte integrante della nostra dotazione di cognizioni e conoscenze.
A livello sociale le reti sono state oggetto di studio – fin dagli anni Sessanta – non solo della sociologia ma, di recente, anche della matematica. In questo ambito, i ricercatori si sono concentrati su alcuni aspetti, in particolare su come siamo connessi (quantitativamente e qualitativamente) con altre persone e con le informazioni, riconoscendo il ruolo fondamentale delle tecnologie e l’importanza del contesto.
La nostra conoscenza sta nelle connessioni che riusciamo a creare con altre persone o con le risorse informatiche come i database. La tecnologia gioca un ruolo chiave nel processo di apprendimento assolvendo ai seguenti compiti:
• operando per la creazione e visualizzazione di modelli dal punto di vista cognitivo;
• estendendo e migliorando la nostra capacità cognitiva;
• conservando informazioni aziendali in forma immediatamente accessibile (per esempio, motori di ricerca, strutture semantiche, etc).
Osserviamo la nascita di questo concetto nel dibattito sugli strumenti della cosiddetta activity theory. Il connettivismo riconosce l’importanza degli strumenti come intermediari nel nostro sistema di attività ed estende tale
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importanza sostenendo che la tecnologia gioca un ruolo centrale nella distribuzione di identità, capacità e conoscenze.
Mentre altre teorie prestano scarsa attenzione al contesto, il connettivismo – come già l’activity theory - riconosce la natura fluida della conoscenza e dei collegamenti che si basano sul contesto. Come tale, diventa sempre più vitale focalizzarsi non su conoscenze predefinite o prefabbricate ma sulle interazioni con gli altri e sul contesto in cui queste interazioni si verificano. Il contesto produce uno spazio di conoscenza, connessione e scambio tra le parti coinvolte.
Il connettivismo si radica nel clima di abbondanza e di rapido cambiamento delle fonti e prospettive informative esistenti oggi e nella necessità cruciale di trovare un modo di filtrare le cose e dare senso al caos informativo. Il clima informativo in continuo e incessante mutamento determina l’importanza di essere continuamente aggiornati. La moltitudine di informazione e tecnologia crea il bisogno di essere sempre al corrente, sempre ‘connessi’. Determinanti sono dunque: la frequenza di esposizione alle fonti di informazione, i sistemi di filtraggio delle notizie e l’integrazione con idee/concetti già esistenti.
Nella visione connettivista è proprio la centralità delle reti a consentire di mettere in ordine e filtrare sia l’abbondanza sia la diversità. La profondità e la diversità delle connessioni determinano in tutti e tre i livelli – neurologico, concettuale e sociale – la comprensione, ovvero la capacità di dare coerenza, senso e significato alla mole di informazione che ogni giorno ci sopraggiunge.
2.3.1 Principi del connettivismo
Sintetizziamo qui di seguito – senza la pretesa di essere esaustivi - alcuni concetti-chiave del connettivismo, attingendo a vari scritti di G. Siemens (2005b, 2006) e S. Downes (2004a, 2005a, 2007).
• La conoscenza è in rete e distribuita.
• L’atto di conoscere significa porsi in una particolare situazione di connettività.
• L’esperienza di apprendimento consiste nel formare nuove reti neurali, concettuali e sociali.
• L’apprendimento connettivo avviene in ambienti complessi, caotici e mutanti.
• L’apprendimento e la conoscenza risiedono nella diversità delle opinioni.
• L’apprendimento è un processo di collegamento di nodi specializzati o fonti di informazione.
• L’apprendimento è sempre più supportato dalla tecnologia.
• Il sapere può risiedere in apparecchi non umani (in banche dati o all’interno di un’organizzazione).
• Coltivare e mantenere le connessioni è necessario al fine di agevolare il continuo apprendimento.
• Una competenza fondamentale (core skill) è quella di riconoscere i collegamenti tra i vari campi, tra le idee e i concetti.
• L’intento di tutte le attività di apprendimento è la validità (accuratezza, aggiornamento della conoscenza)
• Il processo decisionale è di per sé un processo di apprendimento. Scegliere cosa imparare e il significato delle informazioni è visto attraverso la lente di una realtà in movimento/cambiamento.
• Il canale è più importante del contenuto all’interno del canale. La nostra capacità di imparare ciò di cui abbiamo bisogno per il domani è più importante di quello che conosciamo oggi.
2.3.2 Oltre l’apprendimento personale
Il connettivismo affronta anche le sfide che molte società mettono in atto nelle attività di gestione della conoscenza. La conoscenza che risiede in una banca di dati deve essere collegata con le persone giuste nel giusto contesto, al fine di essere classificata come apprendimento. Il flusso di informazioni all’interno di un’organizzazione è un elemento importante nella efficacia delle organizzazioni. Creare, mantenere e utilizzare il flusso di informazioni dovrebbe essere un elemento fondamentale nelle attività organizzative. Nell’ecologia di una organizzazione, il flusso di conoscenza può essere paragonata ad un fiume che scorre. In alcune zone, il fiume ristagna in altri
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settori, invece, scorre. La salute dell’ecologia dell’apprendimento nell’organizzazione dipende dal promuovere un flusso di informazioni efficace.
L’analisi delle reti sociali è un elemento ulteriore di comprensione dei modelli di apprendimento in una era digitale. All’interno di reti sociali, gli hub sono persone ben collegate che sono in grado di favorire e mantenere il flusso di conoscenza. La loro interdipendenza ha come effetto un efficace flusso di conoscenze, e consente al personale la comprensione dello stato delle attività organizzative.
Il punto di partenza del connettivismo è il singolo individuo. La conoscenza personale è composta da una rete che alimenta le organizzazioni e le istituzioni, che a sua volta manda feedback alla rete, quindi continua a fornire ulteriore apprendimento agli individui. Questo ciclo dello sviluppo di conoscenza (da quella individuale a quella della organizzazione) consente a chi impara, di rimanere aggiornato nel proprio campo attraverso i collegamenti che hanno generato.
La nozione di connettivismo ha implicazioni in tutti gli aspetti della vita. Nel presente excursus ci siamo concentrati sul suo impatto sulla formazione, ma sarebbe interessante anche indagare altri aspetti come: la gestione delle risorse umane e la leadership; i mezzi di informazione e la diffusione delle notizie e delle informazioni; la gestione delle conoscenze personali in relazione al knowledge management di un’organizzazione; la progettazione di ambienti di apprendimento.
2.3.3 Critiche al connettivismo
Il connettivismo è stato soggetto anche a critiche su parecchi fronti. Pløn Verhagen (2006) ha sostenuto che il connettivismo non è una teoria dell’apprendimento, ma piuttosto una visione pedagogica. Verhagen afferma che le teorie dell’apprendimento dovrebbero trattare del livello educativo (come si impara) mentre invece il connettivismo si rivolge al livello curricolare (che cosa si impara e perché si impara). Bill Kerr (2007), un altro critico del connettivismo, crede che, sebbene le tecnologie influenzino gli
ambienti di apprendimento, le teorie attualmente esistenti sono sufficienti per spiegare la riflessione sui modi di prodursi della conoscenza nell’era digitale.
Secondo Kerr una teoria dell’apprendimento, per dirsi tale, dovrebbe: - contribuire a una spirale teorica/pratica di riforma del curriculum; - fornire una significativa prospettiva nuova a proposito di come l’apprendimento effettivamente avviene;
- rappresentare accuratamente le alternative storiche.
Il connettivismo usa terminologie e ‘slogan’ che sono talvolta corretti ma che rimangono a un livello troppo generalizzato per guidare nuove pratiche. Il connettivismo mirerebbe a fornire una visione generale del mondo ma abbiamo già alcune teorie (la teoria del caos, quella delle reti, dei sistemi, il manifesto cluetrain) che supportano questa visione e non è necessario un altro ‘ismo’.
Infine, il connettivismo non rende giustizia delle già affermate teorie del comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo e quindi le basi su cui si stabilisce la sua ‘presunta’ alternativa sono inefficaci e dubbie.
Anche Antonio Calvani (2008) mette in guardia dai facili entusiasmi, soprattutto quando in queste teorie si cerca di coinvolgere il mondo della scuola pretendendo che essa si adegui ai nuovi principi sottovalutando la complessità di operazioni tecniche e cognitive cui si perviene solo dopo un lungo ed articolato percorso formativo, percorso basato anche sull’apporto della cultura tradizionale. Basandosi sugli scritti dei principali rappresentanti di questo presunto nuovo paradigma (G. Siemens, di cui si sottolinea la carenza di una coerente cornice teorica di riferimento, e S. Downes, al quale si riconosce una maggior avvedutezza critica), Calvani evidenzia come le “dinamiche virtuose di autogenerazione acquisitiva nella rete” auspicate dai connettivisti, possano ragionevolmente emergere solo occasionalmente, in situazioni che vedono come attori “persone adulte dotate di buona capacità tecnologica e metacognitiva e di buona conoscenza nel dominio”, contraddistinte comunque dal forte rumore di fondo di “una miriade di interazioni del tutto futili e disorientanti”. Riguardo alle implicazioni di questo modello per la scuola, Calvani mette, dunque, in guardia da “un trasferimento selvaggio del connettivismo alla scuola” che rischia di consolidare dannosi