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1.1 ICT e apprendimento universitario

1.1.6 Il contesto italiano

Come abbiamo visto inizialmente, l’innovazione nell’ambito delle università italiane si era programmaticamente (CampusOne, 2004) concentrata su tre piani: la formazione delle competenze, le tecnologie didattiche per migliorare la qualità dell’apprendimento, gli strumenti organizzativi e tecnologici per la gestione ed il governo del sistema ateneo.

Sebbene esistano buone pratiche in tutti e tre gli ambiti, appare evidente che negli ultimi anni, dal punto di vista istituzionale, si è posto l’accento soprattutto sull’ultimo piano. Anche nelle recenti Linee guida Università

Digitale (2012), lo confermano, concentrandosi soprattutto sugli aspetti

amministrativi18. Le linee riguardano infatti:

- l'implementazione del processo di verbalizzazione digitale degli esami; - il fascicolo dello studente;

- la realizzazione della cooperazione applicativa; - l'adozione di sistemi VoIP;

- l'autenticazione federata per l'accesso a internet e risorse in rete; - la digitalizzazione delle tesi di laurea;

- i pagamenti online; - l’iscrizione online.

L’adozione dell’ICT negli atenei italiani ha riguardato dunque in primis gli aspetti organizzativi e istituzionali. Parallelamente però questo tipo di istituzioni si è resa conto anche della necessità di essere presente sul web allo scopo di innovare le proprie strategie comunicative, di pubbliche relazioni e di marketing per raggiungere nuovi pubblici (Aquilani & Lovari, 2008, 2009).

18 Le Linee guida sono state realizzate nell'ambito del progetto "Università digitale" previsto dal Piano eGov2012. Il Piano definisce un insieme di progetti di innovazione digitale che, nel loro complesso, si propongono di modernizzare, rendere più efficiente e trasparente la pubblica amministrazione, migliorando qualità ed efficienza dei servizi erogati a cittadini e imprese. Tra gli obiettivi prioritari del Piano vi è l'università: "Entro il termine della legislatura tutte le università italiane disporranno di servizi avanzati per studenti, docenti e personale amministrativo, a partire da una completa copertura wi-fi e disponibilità di servizio VoIP in tutte le sedi".

Gli ambienti digitali rappresentano strumenti con cui le università possono: - diffondere informazioni;

- offrire e fornire servizi;

- relazionarsi con gli studenti durante tutto il loro ciclo di vita accademica: da studenti potenziali a matricole, da corsiti a laureandi, da laureati ad alumni.

Alcune di queste funzioni sono state assolte, da anni, dai siti delle università che non solo sono serviti a divulgare informazioni e accrescere la visibilità dell’istituzione nel cyberspazio ma, sempre più, a creare una relazione dinamica, interattiva con gli studenti (Aquilani & Lovari, 2008). Ciò è stato soprattutto possibile quando i siti hanno cominciato a incorporare strumenti che consentissero un processo di comunicazione bidirezionale e simmetrica, come i social media. Sebbene molte università adottino ancora una pluralità di mezzi, anche ‘tradizionali’, c’è evidenza del fatto che un numero crescente di istituzioni sta integrando nelle proprie strategie comunicative strumenti interattivi e social media (Aquilani & Lovari, 2010).

Un’analisi sulla social presence dei 95 atenei italiani di Lovari e Giglietto (2012) ha messo in evidenza che circa la metà (51,6%) delle istituzioni è presente in almeno un social media. In particolare le università private e medio-piccole sono quelle che hanno maggiormente intuito le potenzialità di questi strumenti e le hanno adottate.

Lo strumento maggiormente utilizzato è Facebook (44,2%), seguito da YouTube (32,6%) e da Twitter (29,5%). Il 67,4% delle istituzioni con una presenza sui social media è, di fatto, presente in più di una piattaforma. Quando, invece, si è scelto di adottare un solo strumento, Facebook è spesso preferito (56,2%). Le istituzioni italiane, inoltre, si mostrano inclini al dialogo con i loro utenti/studenti: 39 delle 42 università italiane presenti su Facebook permettono diverse interazioni sulla piattaforma, non limitando il flusso alla trasmissione unidirezionale di informazioni da parte dell’università.

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Figura 3 Utilizzo dei Social media da parte dei 95 atenei italiani

Fonte: Lovari & Giglietto (2012)

La popolarità delle pagine di alcuni atenei è stimata attraverso il conteggio di Likes e anche dal rapporto tra Likes e numero di iscritti. Nel primo caso, la classifica dei Likes è dominata dall’Università degli studi di Torino, dal Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino19. Il secondo tipo di conteggio vede in testa l’Universitas Mercatorum, l’Università per Stranieri di Perugia, l’Università Europea di Roma20.

In generale, manca una chiara strategia istituzionale nella gestione della

social presence degli atenei italiani: solo 18 università hanno un ufficio

incaricato di gestire la pagina Facebook (Lovari & Giglietto, 2012, p. 11).

Per quanto riguarda YouTube, occorre rilevare che delle 31 università presenti solo 6 hanno creato un canale proprio. In generale, le università

19 http://larica.uniurb.it/nextmedia/lab/osservatorio-pagine-ufficiali-delle-universita-italiane-su-facebook/

20 http://larica.uniurb.it/nextmedia/lab/osservatorio-pagine-ufficiali-delle-universita-italiane-su-facebook/

italiane pubblicano in media meno di un video alla settimana (le più prolifiche arrivano a circa 4 video per settimana).

Twitter è utilizzato da 28 istituzioni. Gli account delle università su Twitter sono mediamente molto più recenti (una media di 517 giorni di attività) rispetto a quelli creati su YouTube (una media di 823,45 giorni). In media le università postano meno di un tweet al giorno (0,9), con le più prolifiche che possono arrivare a circa 3 tweet al giorno (Lovari & Giglietto, 2012). Secondo una ricerca MIUR (2012), il 64% dei 25 atenei maggiori per numero di iscritti ha aperto un profilo su Twitter. Tuttavia emerge che gli atenei ‘cinguettano’ poco, anche se hanno un seguito numeroso. La maggior parte degli atenei hanno un numero bassissimo di interazioni con i propri followers. Per esempio Bari e La Sapienza di Roma hanno inviato meno di 200 Tweet dal debutto e l’ateneo di Napoli solo 27, fino ad arrivare a Cagliari che, nonostante i suoi 1300 follower, non ha postato nemmeno un tweet di benvenuto.

Lovari & Giglietto (2012, pp. 12-16), partendo da classificazioni utilizzate in studi precedenti, analizzano anche comparativamente la presenza sociale degli atenei italiani in base alle loro dimensioni: le università di medie dimensioni sono quelle più presenti nei social network (63,2% del totale) e quelle più inclini ad utilizzare strumenti diversi. In generale, le università piccole e quelle grandi preferiscono Facebook; le medie fanno maggiormente ricorso a YouTube, mentre quelle extralarge usano di più Twitter. Dal confronto tra pubblico e privato, le istituzioni appartenenti al secondo gruppo registrano un lieve vantaggio: 17 delle 29 istituzioni private italiane utilizzano almeno un social media, con una media del 58,6% rispetto al 51,6% degli atenei pubblici.

Esistono relativamente pochi studi che hanno preso in esame l’impatto dell’uso dei social network universitari sugli studenti. Tra questi, le ricerche di Aquilani & Lovari (2009; 2010) che hanno, in una prima fase, analizzato le conversazioni di 150 gruppi Facebook creati da studenti dell’Università La Sapienza di Roma e, in un successivo studio, intervistato 415 studenti iscritti al medesimo ateneo. Dalla prima ricerca è emerso che dei 414 messaggi postati nei gruppi di discussione, solo il 7,2% riguardava i servizi universitari, 4,8% erano relativi alla reputazione dell’ateneo e circa 6,5% concernevano le relazioni tra gli studenti e La Sapienza. Le interviste hanno confermato

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l’attitudine positiva degli studenti relativamente alla presenza su Facebook del loro ateneo, evidenziando però che la maggior parte degli intervistati (84,68%) riteneva utile la pagina per ottenere facilmente e rapidamente informazioni aggiornate, piuttosto che per sviluppare il senso di appartenenza a una stessa comunità (54,5% degli intervistati).

Relativamente all’uso dei blog negli atenei italiani, non esistono rassegne sistematiche ma solo studi che raccontano buone pratiche relative all’uso di questi strumenti nella didattica (per es. Fedeli & Rossi, 2011; Formiconi, 2009; 2010; Bruni, 2012). Le tipologie di blog universitari spaziano dal blog dell’Università a quelli delle singole facoltà, dei corsi di laurea, dei dipartimenti, delle associazioni studentesche, delle biblioteche d’ateneo (solitamente i più attivi). Vi sono poi i blog di docenti, studenti, dottorandi, oltre a blog aperti e utilizzati specificamente per un corso. Un esempio molto noto è quello del Bloggato village dell’Università di Torino, una raccolta di blog di docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo - alcuni dei quali non sono però più attivi -, divisi per corsi di laurea e per sezioni tematiche.

Anche per quanto riguarda l’uso dei social media nella didattica universitaria, numerose sono le buone pratiche: alcune – ma non tutte - delle quali documentate nei tre volumi Didattica universitaria on-line (Ligorio, Mazzoni, Simone, Casini Schaerf, 2011); altre scaturite dalle iniziative di singoli atenei (si veda a tal proposito Ghislandi, Calidoni, Falcinelli & Scurati, 2008) o dei singoli docenti (per es. il corso di Informatica e disegno digitale allo IUAV di Venezia; il corso di Teoria e tecniche dei nuovi media dell’Università degli Studi di Udine, Farinosi & Fortunati, 2012) e molti altri.

Negli ultimi anni non sono mancati in Italia progetti che in misura più o meno ampia si sono ispirati al mondo Open (per es. SLOOP, www.sloopproject.org). Iniziative di erogazione gratuita di corsi online come Progetto Trio della Regione Toscana (www.progettotrio.it) esistono da anni. A livello universitario, ovviamente, sono numerosissimi i casi di pubblicazione online di risorse e materiali da parte di singoli docenti o, in rari casi, anche come politica di singoli corsi di laurea o facoltà. Per esempio, in alcuni casi, le piattaforme e-learning delle università consentono l’accesso ai corsi anche ad utenti non registrati (‘ospiti’), di solito in sola lettura.

Una citazione a parte però è necessaria per Federica e-learning, un progetto dell’Università degli Studi di Napoli Federico II21. Anche se in esso non vi è alcun riferimento al movimento OER, il portale di Federica offre accesso libero a materiali didattici di molti corsi, con uno stile che complessivamente è molto vicino a quello dei progetti OER internazionali22. L’Università della Tuscia ha annunciato l’avvio di un vero e proprio progetto OER che non è però ad oggi ancora disponibile al pubblico nella sua forma definitiva.

Infine, un cenno ad Arcipelago23, un progetto dell’Università di Torino che propone un repository di corsi in formato SCORM i quali sono tuttavia fruibili soltanto online.

Recentemente è stato esteso anche all’Italia il progetto YouTube Edu, una versione speciale di YouTube che consente agli atenei partner dell'iniziativa di avere un proprio canale riservato. Ad oggi risultano avere aderito soltanto il Politecnico di Milano, l’Università Bocconi, l’Università di Ferrara e la LUISS Guido Carli. Anche in questo caso non si tratta però di una vera e propria iniziativa OER, anche perché i video inseriti sono spesso soltanto interventi su argomenti di attualità.

Altre iniziative di comunicazione audio-video sono sicuramente interessanti, pur non potendo essere a rigore classificabili come progetti OER. Tra questi vanno ricordati, per es., il portale di webcasting dell’Università di Pisa24 e Pluriversiradio dell’Università di Bergamo25. L’attenzione è infatti più spesso orientata alla comunicazione, a far conoscere all’esterno particolari aspetti degli atenei o a fornire informazioni e contenuti integrativi agli studenti, ma non riguarda veri e propri corsi, in modo organizzato.

21 www.federica.unina.it

22 I contenuti, tuttavia, non sono tutti sempre scaricabili. Inoltre la licenza CC prescelta per la pubblicazione, riporta le clausole BY-NC-ND (Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate). La clausola ND, in pratica, impedisce qualunque modifica ai contenuti che devono essere pertanto fruiti “come sono”, senza possibilità di manipolazioni di alcun tipo, laddove l’idea di “apertura” include anche il riuso e il riadattamento delle risorse.

23 http://www.arcipelago.eu/

24 http://tv.unipi.it/